Il nuovo periodo regolatorio per il trasporto del gas svaluta Snam

 A partire dal prossimo gennaio 2014 entreranno in vigore nuove norme e nuove tariffe in relazione alle attività di trasporto e distribuzione del gas naturale. Lo ha reso recentemente noto l’ Autorità per l’ Energia, che ha pubblicato un documento di consultazione relativo ai particolari dell’ intera faccenda.

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A partire dal prossimo gennaio, dunque, entrerà in vigore e inizierà il nuovo periodo regolatorio di trasporto del gas, periodo che avrà una durata di 4 anni come avvenuto anche in passato.

La truffa alla Snam sarà pagata in bolletta?

L’introduzione e l’applicazione delle nuove norme, tuttavia, potranno produrre non poche modifiche in termini di fatturato alle società il cui business è rappresentato dal trasporto e dalla distribuzione del gas naturale. Fra queste, ad esempio, vi è Snam, che è saltata per un attimo sotto la lente di ingrandimento degli analisti e degli esperti di settore, che hanno analizzato il documento pubblicato dall’Autorità per l’ Energia individuando una possibile perdita di fatturato per Snam Trasporto di circa 20 miliardi di euro su un totale di 1,8 miliardi.

In seguito a questo calo di fatturato le azioni Snam, secondo gli analisti di Websim-Intermonte, potrebbero perdere circa il 10% ad unità. Di conseguenza è bastata la diffusione di questa notizia a Piazza Affari per far perdere al titolo un totale del 3,47% a partire da agosto scorso.

Il carbone è la materia prima più richiesta

 I dati sono quelli dello studio del World Economic Forum che mette in evidenza la discrepanza tra l’attenzione mediatica e non solo allo sviluppo e implementazione di fonti di energia rinnovabili e l’effettivo andamento della domanda, che vede il carbone al primo posto della classifica delle materie prime più richieste.
► Quanto costeranno i contributi per le energie rinnovabili?

Un aumento da capogiro per il carbone che negli ultimi dieci anni è stata la materia prima più richiesta in assoluto, con una domanda ben dieci volte superiore a quella delle fonti rinnovabili, il cui peso non supera l’1,6%, due volte quella del gas e tre volte quella del petrolio.

L’abbandono delle fonti fossili, secondo lo studio del WEF, non potrà avvenire prima di altri 20 anni, un periodo in cui le diverse fonti di energia giocheranno ruoli diversi, ma saranno comunque presenti. Come evidenziato da Roberto Bocca, responsabile per il World economic forum del settore Energy Industries:

Il convincimento generale è che si vada verso un mondo dominato dalle rinnovabili. Invece, sorprendentemente, la transizione sarà differente rispetto al passato e si andrà da un mix di poche fonti a un mix di molte fonti e molto differenziate tra loro.

A chiedere di più il carbone sono soprattutto i paesi emergenti, e il motivo è presto spiegato: rispetto alle altre fonti di energia il carbone ha un costo nettamente inferiore. E sarà proprio il fattore costo a determinare quale sarà la fonte di energia che useremo nei prossimi decenni.

Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

 E’ da circa un anno e mezzo che le aziende elettriche italiane vedono scendere continuamente la richiesta di energia elettrica. Solo nel mese di febbraio 2013 si è registrato un calo del 5,1% del consumo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, senza contare che non sono state prese in considerazioni variabili come calendario e temperatura, che avrebbero portato la percentuale a salire di altri tre punti.
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A fare maggiore paura non è tanto il dato di questo febbraio, ma il fatto che sembra trattarsi di una tendenza continua che sta mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa delle aziende elettriche italiane. Secondo Assoelettrica, l’associazione che rappresenta i produttori, infatti, il comparto versa in gravissime condizioni, che sono lo specchio dei profondi problemi dell’economia del paese.

A soffrire di più di questa tendenza di decrescita del consumo sono le società con grandi gruppi termoelettrici alimentati a gas, che hanno registrato un calo pari al 23,9%, mentre si registra un netto miglioramento per le altre fonti di energia: idroelettrico +43%, eolico + 19,1% e fotovoltaico +11,2%

Tendenzialmente, quindi, i dati mettono in evidenza un calo della domanda di energia pari al 2,8% rispetto al 2011, percentuale che raddoppia, però, se si guarda ai dati relativi ai primi due mesi del 2013. Per questo i produttori lanciano un accorato appello al Governo:

► La truffa alla Snam sarà pagata in bolletta?

I produttori termoelettrici, chiamati comunque a mettere a disposizione la potenza dei loro impianti, in particolare per bilanciare le fonti rinnovabili non programmabili, rischiano infatti di non essere più in grado di coprire i costi variabili, dopo che per più di un anno hanno visto azzerarsi i margini operativi.

Quanto costeranno i contributi per le energie rinnovabili?

 A stimare il valore dei contributi a favore delle energie rinnovabili in Italia è Assoelettrica (associazione che aderisce a Confindustria).200 miliardi di euro che saranno impiegati dal 2013 al 2032, con un picco di spesa nel 2016, anni in cui sono stimati circa 12,5 miliardi di euro di incentivi. Il calcolo è stato effettuato in base ai dati forniti dall’Autorità per l’energia e il Gestore dei servizi elettrici (Gse).
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Ora, la domanda è: chi pagherà per questi incentivi? Per rispondere occorre prima capire chi è che beneficerà delle energie rinnovabili.

► Il bonus IRPEF sulle ristrutturazioni “solari”

Partendo dal presupposto che solo il 22% della domanda di energia proviene dalle utenze domestiche e tutto il restante 78% è la richiesta delle aziende, molto probabilmente le spese saranno ripartite in base a queste percentuali: un quarto sarà addebitato sulle bollette delle famiglie -Assoelettrica stima che nel 2016 saranno circa 200 euro in più ad utenza- mentre gli altri tre quarti saranno pagati dalle piccole  e medie imprese italiane.

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Il che, ovviamente, va di nuovo a discapito dei consumatori, in quanto la maggiorazione del costo dell’energia verrà scaricata dalle azienda attraverso l’aumento del costo di prodotti e servizi.

 

Lo sconto massimo sui veicoli ecologici

 Lo Stato prevede per le famiglie un buon numero di agevolazioni e sconti, per esempio quelli legati all’acquisto dei veicoli ecologici sono molto interessanti e sono anche tornati di moda, adesso che i cittadini sembrano più sensibili ai pericoli che l’ambiente corre.

► Il bonus IRPEF sulle ristrutturazioni “solari”

Fatta questa piccola premessa ecofriendly, passiamo a considerare degli aspetti fiscali molto interessanti che – alla fine dei conti – ci dicono che lo sconto per l’acquisto di una macchina ecologica può arrivare fino a 5000 euro. Il governo, infatti, ha definito una serie di incentivi che servono a favorire la diffusione dei veicoli elettrici, di quelli ibridi, a gas o a idrogeno, comunque a bassa emissione di anidride carbonica.

Le agevolazioni valgono per tutto il periodo dal 2013 al 2015 e complessivamente, il fondo, contiene 120 milioni di euro. Il contributo è composto da due parti uguali, equivalenti al 20% del prezzo d’acquisto con un tesso massimo variabile dai 1800 ai 5000 euro: una parte è riconosciuta dallo Stato e una è riconosciuta direttamente dal venditore.

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I veicoli ammessi al contributo non devono avere scarichi superiori ai 120 g/km. Il bonus, in generale, è rivolto a chi compra veicoli per usarli in famiglia o per adibirli a beni strumentali. Il contributo, scontato al momento dell’acquisto, è poi rimborsato dai costruttori o dagli importatori.

 

La soluzione alla crisi è nelle infrastrutture

 Sono tanti i paesi europei in cui è stata data la precedenza alla produzione di energia elettrica attraverso fonti rinnovabili: partendo da questo fatto non si può che convenire sul fatto che, proprio questo settore, potrebbe essere quello che può portare l’Europa fuori dalla crisi.

Il metodo è semplice: basta investire nella ristrutturazione delle attuali reti elettriche per adeguarle al trasporto dell’energia prodotta dalle fonti rinnovabili. All’assemblea del Go 15 si è parlato di investimenti che dovrebbero aggirarsi intorno ai  700 miliardi di dollari da distribuire su 16 paesi, quelli in cui lo sviluppo delle energie rinnovabili è stato più massiccio, e nei quali, quindi, ha più senso intervenire in modo mirato.

Certo, si tratta di cifre piuttosto impegnative, che però possono portare a dei grandi profitti sul lungo termine. Infatti, la ricchezza prodotta attraverso le fonti di energia rinnovabili rischia di essere di spersa perché le attuali infrastrutture non sono adeguate alla sua distribuzione. Esemplare il caso dell’Italia: l’energia elettrica prodotta attraverso il fotovoltaico in larga parte si disperde a causa della rete troppo sovraccarica nei momenti di maggior produzione.

Interessante anche la proposta dell’Unione Europea che prevede, entro il 2020, la creazione di una rete interconnessa di distribuzione dell’energia, in modo da poter sfruttare al meglio la produzione dell’energia derivante dalle specifiche fonti rinnovabili di ogni paese membro.