Prestiti online anche per protestati e disoccupati

 I prestiti sono uno strumento molto richiesto dai cittadini soprattutto in un periodo di crisi ma gli enti erogatori e le banche hanno delle difficoltà ad individuare i buoni pagatori. In genere i disoccupati e i protestati non fanno parte dell’insieme.

Bankitalia parla dei finanziamenti in calo

Tramite i prestiti online, invece, si apre una seconda chance per queste persone. In rete, infatti, è possibile trovare delle offerte di prestiti anche per chi non ha un lavoro o in passato è finito nell’albo dei cattivi pagatori. La crisi economica non dà certo una mano a queste persone che hanno bisogno di contanti senza offrire troppe garanzie.

Il possesso della busta paga, in realtà, spalanca le porte del prestito, consente anche di saltare le rate, cambiare gli importi delle rate e, nel caso in cui si abbia una disponibilità importante di contanti, estinguere anche il debito in modo anticipato e senza pagare penali.

Microcredito per disoccupati dalla Toscana

Il discorso che sembra generico, si può estendere a tutte le categorie di contribuenti, anche ai protestati e ai disoccupati. E’ fondamentale, però, pagare un tasso d’interesse maggiore e qualche spesa d’istruttoria in più. I prestiti online, così facendo, stanno riequilibrando il sistema bancario offrendo una chance alle famiglie in difficoltà.

Tutta la pratica, in genere, si risolve in poco più di 24-48 ore.

Qualche ragguaglio per gli investitori

 In questo momento, iniziare a fare trading online, può essere rischioso anche se si limitano i propri investimenti al settore del Forex. Per questo è importante, con l’aiuto di qualche esperto, ripassare alcune nozioni di macroeconomia che possano essere d’aiuto per individuare il trend corretto.

La ripresa è vicina secondo la BCE

I soldi, oggi, sono considerati un bene indispensabile nell’acquisto e nella vendita di beni e servizi ma il denaro ha almeno tre tipologie d’uso differenti che dipendono dalla sua natura composita. Quindi, prima di avviarsi verso il Forex che sembra tanto rassicurante, è bene ricordare che esiste un denaro commodity, una moneta legate e un denaro cosiddetto bancario.

I rischi delle valute dei paesi emergenti

Il denaro inteso come commodity è quello che viene usato per designare il prezzo di un’altra materia prima, per esempio l’oro o l’argento. La moneta legale, invece è il denaro che ha un valore inferiore al valore monetario che rappresenta. Si pensi, in tal senso al ruolo ricoperto dalle banconote. E abbiamo infine il denaro bancario che è quello a disposizione dei correnti degli istituti di credito.

Il denaro, quindi, non è soltanto la valuta da scambiare ma è uno strumento di pagamento che sostituisce l’antico baratto, è comodo, è veloce e durerà ancora a lungo, nonostante le ipotesi catastrofiste sul ritorno alla società d’un tempo.

L’esigenza di un rating imparziale

 Le agenzie di rating sono degli strumenti in mano ai privati e questo danneggia tantissimo i paesi che la loro agenzia di rating non ce l’hanno. Nel nostro paese, la procura di Trani ha avviato anche un’inchiesta per capire fino a che punto sono manipolate le valutazioni.

Declassate 18 banche italiane

Il nostro paese, tra l’altro, nell’ultimo periodo è stato notevolmente bersagliato dalle agenzie di rating che ne hanno declassato prima la reputazione in generale e poi hanno effettuato il downgrade di alcune banche tricolore. Una declassamento che pone in una condizione molto rischiosa anche il governo.

Adesso, al di là di quello che succederà a Montecitorio, è necessario fare in modo che siano create delle agenzie di rating non più private ma imparziali. Il nostro paese ha già elaborato una proposta e forse verrà presentata in modo articolato anche al G20.

Dov’è arrivato il debito italiano

Il problema più grande evidenziato non solo nello Stivale è che abbassando il rating dei titoli di stato di un paese, si mette lo stesso in una condizione di difficoltà ma allo stesso tempo gli si chiudono le strade d’accesso al credito sovrastatale. L’Europa, per esempio, che ottiene i bond come garanzia della credibilità di un paese, non offre denaro ai paesi che hanno un rating basso.

In che situazione è la zona euro

 La zona Euro è cruciale nell’equilibrio mondiale, per questo è importante che non crolli sotto il peso della crisi. Purtroppo da qualche settimana a questa parte, quella che sembrava calma piatta sul fronte finanziario, si è rivelata un’autentica preparazione ad un nuovo stadio.

Che vuol dire? Che la recessione è agli sgoccioli ma è molto difficile prevedere ciò che avverrà in un secondo momento. I dati sulle piccole e medie imprese sono emblematici da questo punto di vista. In Europa, infatti, sono aumentate più del previsto le attività economiche e si pensa perciò che presto il paese crescerà di nuovo.

PIL del Regno Unito e sterlina

Gli indici PMI sono riferiti nel dettaglio all’occupazione, alla produzione, ai nuovi ordini, agli inventari e alle consegne. Si capisce allora che l’andamento delle imprese va di pari passo alla fluttuazione del PIL e ne rappresenta una parte importante.

Dov’è arrivato il debito italiano

L’analisi accurata dei report dimostra che la situazione è meno rosea del previsto e di fronte ad una domanda interna europea ancora debole, come accade ad esempio in Francia dove gli ordinativi sono addirittura in calo, c’è un aumento importante dei magazzini. Un dato che unito a quello sulla disoccupazione giovanile, non lascia scampo all’ottimismo.

Si spiega adesso perché il rally dell’euro sulla divisa statunitense non ha avuto l’effetto ipotizzato.

Torna la sfiducia nell’euro

 La nostra moneta è ai minimi storici per quel che riguarda la fiducia dimostrata dalla popolazione. Il fatto è che tutte le speranze riposte nel miglioramento dell’economia, in questo momento, sembrano essere molto fragili. Se si vanno a contare gli italiani che ancora vedono vicina la ripresa, troviamo che 9 su 10 hanno in corpo preoccupazione più che fiducia.

Ridurre i contanti per combattere l’evasione

La primavera non ha portato consiglio e la fiducia nella cosiddetta unione monetaria ha vacillato. Il 51 per cento degli europei, ormai, teme il peggio soprattutto per quel che riguarda le condizioni lavorative dei cittadini. Il problema occupazione è caldo nel nostro paese ma preoccupa moltissimo anche il resto dell’Unione. Anzi, è la preoccupazione principale del Vecchio Continente.

Nel mercato forex il dollaro perde quota

L’ottimismo dell’Eurobarometro primaverile è un eufemismo. Sono stati interrogati ben 30 mila cittadini europei e quasi tutti si sono dimostrati preoccupati per quel che succederà in Europa. Il fatto è che se prima credevano almeno nella tenuta della moneta unica, adesso sembrano mettere in discussione anche l’euro.

La percentuale di persone che sono contrarie all’unione monetaria del Vecchio Continente, sono in crescita. I favorevoli sono scesi fino al 51 per cento della popolazione mentre cresce il parco degli euroscettici che sale fino a quota 42%. Il clima d’incertezza resta stabile.

In calo la fiducia degli europei nell’ euro

 Nelle ultime rilevazioni proposte a livello comunitario in merito alla fiducia che gli abitanti dell’ Eurozona nutrono nei confronti della economia e della moneta unica, il gap tra coloro sono favorevoli e coloro che sono contrari si è ridotto di molto rispetto al passato. 

Italia recupera terreno ma i fondi UE sono a rischio

 L’Europa è diventata un terreno d’investimento per tutti coloro che sono a caccia di opportunità economiche e finanziarie. L’Europa, d’altro canto, con una serie di fondi tende a stimolare l’economia di tutti gli stati membri del Vecchio Continente. Peccato che non tutti sappiano usufruire di questi fondi.

► Olli Rehn tiene duro sulla questione deficit

L’Italia, all’indomani del meeting di Bruxelles in cui sono stati definiti gli obiettivi di bilancio e in cui si è deciso di destinare parecchi soldi alla lotta contro la disoccupazione giovanile, era molto felice del risultato ottenuto. Lo stesso premier ha precisato di aver ottenuto più del previsto.

Trovato l’accordo sul bilancio UE

Purtroppo le ultime ricerche non sono altrettanto ottimiste visto che dopo la fine del periodo di programmazione 2007-2013, i soldi europei usati dall’Italia sono stati pochissimi. Il resoconto parla chiaro: il nostro paese ha usato soltanto il 38 per cento delle risorse del Fers, il Fondo per lo sviluppo regionale, ed ha usato meno risorse del previsto del Fse, il Fondo sociale europeo.

Peggio del nostro paese è riuscita a fare soltanto la Romania. In fondo, anche l’uso più corposo del Fse è da a attribuirsi all’escamotage trovato dal ministro Barca che ha usato quei soldi messi a disposizione dall’Europa per finanziare gli ammortizzatori sociali.

I rischi delle valute dei paesi emergenti

 I paesi emergenti sono da tempo protagonisti della rivoluzione in atto nel settore economico, finanziario e valutario globale. Adesso sono tirate in ballo le divise dei paesi emergenti che sembrano soffrire moltissimo della recessione generalizzata.

Nel primo semestre del 2013 questa sofferenza è stata ancora più evidente: le valute che fanno riferimento ai paesi emergenti, infatti, hanno perso parte del loro valore, in termini percentuali si parla di una flessione del 5 per cento rispetto al dollaro americano e all’euro.

Continua la discesa del prezzo dell’oro

Le ultime due valute citate, infatti, fanno il bello e il cattivo tempo. In fondo, proprio il dollaro è il riferimento per la maggior parte degli scambi delle commodities più diffuse. Le valute emergenti, dal canto loro, hanno sofferto sostanzialmente per la crisi economica e per altri due motivi: per il calo degli ordinativi di alcuni importanti prodotti caratteristici delle periferie del mondo, per la decisione della FED di ridurre gli stimoli monetari che ha mandato nel pallone parecchi investitori.

L’ascesa dei paesi emergenti è imbarazzante

Niente paura per chi ha comunque deciso di mettere i risparmi nel mondo Forex: si può puntare sul dollaro americano, ma anche sul renmimbi cinese e sul peso messicano come propone Morgan Stanely, oppure spostarsi al nord Europa, puntando sulle valute di Norvegia e Svezia.