L’euro forte spinge la Bce a una politica accomodante

 La Banca centrale europea (Bce) ha affermato che allenterà ulteriormente la politica monetaria se l’euro continua a rafforzarsi. Lo ha detto il presidente Mario Draghi per scongiurare la deflazione.

Il segnale lanciato dalla Bce è quello di essere disposti a un programma di acquisto di asset che sia stimolante. Draghi ha affermato che il rafforzamento del tasso di cambio richiede un’ulteriore politica monetaria accomodante. In questo modo, il presidente della Bce nella conferenza stampa ha affermato che un ulteriore rafforzamento del tasso di cambio richiederebbe un ulteriore stimolo.

 

Mercati valutari in fermento sulle possibili decisioni della Bce

 

La questione della debolezza dell’inflazione della zona euro ha preso il centro della scena nella riunione dei ministri delle finanze e dei banchieri centrali del comitato direttivo del Fondo monetario internazionale (Fmi), invitando la Bce a considerare di agire se la bassa inflazione diventerà persistente.

Il Fmi raccomanda un maggiore allentamento monetario alla Bce e i mercati finanziari di tutto il mondo seguono con attenzione. La scorsa settimana, la Bce ha mantenuto i tassi di interesse costanti e ha parlato di sostegno per amplificare la debole economia della zona euro e l’inflazione. Draghi ha detto che la Bce aveva raggiunto l’unanimità sul fatto che gli acquisti di asset, o il cosiddetto quantitative easing, potrebbe essere necessario.

Negli ultimi 12 mesi, l’euro si è rafforzato di circa il 5,5 per cento contro il dollaro e di quasi il 10 per cento nei confronti dello yen. Nelle ultime settimane ha raggiunto livelli rispetto al dollaro che non si vedevano dalla fine del 2011. La scorsa settimana era appena sotto gli 1,39 dollari. Draghi ha affermato che l’apprezzamento dell’euro nel corso dell’ultimo anno è stato un fattore importante nel portare l’inflazione nel blocco della moneta verso il basso.

Le principali banche europee hanno tagliato circa 80 mila posti di lavoro

 In Europa le banche hanno tagliato il loro personale di un altro 3,5 per cento lo scorso anno e la prospettiva di un ritorno ai livelli di occupazione pre crisi sembra lontana, nonostante la nascente ripresa economica della regione.

La scelta è spinta dal calo delle entrate, dalle perdite e dalla necessità di convincere i controllori che si è abbastanza grandi per non fallire. Le banche di tutto il mondo hanno ridotto radicalmente il loro personale dal 2008 dopo il crollo della banca statunitense Lehman Brothers che ha scatenato la crisi finanziaria.

 

Gli stress test per le banche

 

L’anno scorso, l’ondata di cattive notizie ha cominciato a girare per le banche europee, che sono tra i maggiori datori di lavoro della regione. Ma nonostante il miglioramento delle prospettive, trenta tra le più grandi banche d’Europa per valore di mercato hanno tagliato il loro personale di circa 80.000 unità nello scorso, calcolati sulla base delle loro dichiarazioni di fine anno.

I consulenti del lavoro avvertono che le speranze di una inversione di tendenza per quest’anno potrebbero essere fuori luogo. Non ci si aspetta che l’occupazione del settore possa ritornare a quello che era nel suo periodo di massimo splendore del 2008.

Il più drammatico dei tagli di posti di lavoro dello scorso anno proviene da importanti ristrutturazioni per contribuire a soddisfare le condizioni del salvataggio europeo. In Italia, Unicredit ha ridotto il maggior numero di dipendenti, 8.490 e ha affermato nella sua relazione annuale che alcune delle riduzioni sono il risultato di un progetto di esternalizzare funzioni IT alle joint venture.

Il ritmo di riduzione del personale si è quasi dimezzato lo scorso anno e la maggior parte delle banche stanno ora arrivando alla fine delle dismissioni e dei tagli concordati durante la crisi. Tuttavia, i prossimi test a livello dell’Unione europea sulle riserve di capitale delle banche potrebbero innescare una nuova ondata di vendite di asset e tagli.

Forex, la sterlina non segue particolari trend

 E’ il caso di dirlo: nel mercato forex finalmente la sterlina è rimasta stranamente calma. Dopo le montagne russe mostrate dal pound, in grado di reagire a qualsiasi notizia macro, ieri sulla decisione della Bank of England di non modificare la propria politica monetaria non è successo niente.

In Europa mercato immobiliare in calo nonostante la ripresa economica

 I prezzi delle case nella zona euro sono scesi alla fine dello scorso anno nonostante l’accelerazione della ripresa economica. Nell’Eurozona i valori degli immobili residenziali sono diminuiti dello 0,7 per cento trimestre su trimestre nel periodo che va da ottobre a dicembre, come mostrano le statistiche di Eurostat, dopo due aumenti trimestrali consecutivi dello 0,4 per cento.

Rispetto allo stesso periodo del 2012, i prezzi delle case sono scese dell’1,4 per cento a dicembre, dopo un calo dell’1,3 per cento del trimestre precedente.

 

Il mercato immobiliare negli Stati Uniti è in ripresa

 

Il calo dei prezzi degli immobili è stato condotto dal dato negativo dell’1,3 per cento in Spagna e dall’abbassamento dell’1,2 per cento in Italia. In Francia, la seconda più grande economia della zona euro, i prezzi scendono dell’1 per cento sul trimestre.

Nonostante i tassi di interesse bassi, molte famiglie stanno lottando per ottenere un finanziamento per acquistare una proprietà. Le banche restano caute nel concedere il credito, perché ancora diffidenti sulla ripresa economica e fragili.

Tuttavia, Spagna, Italia e Francia hanno visto un rallentamento del ritmo di calo dei prezzi anno su anno. I dati per la Germania, la più forte economia europea, non sono disponibili per il quarto e il terzo trimestre.

Sette Paesi della zona euro hanno visto aumenti dei prezzi degli immobili residenziali alla fine dello scorso anno. In Estonia la crescita è stata del 15,6 per cento, segue l’Irlanda con un aumento del 6,3 per cento.

La crescita dell’Europa è stata sopra le aspettative alla fine dello scorso anno e dovrebbe crescere quest’anno dell’1,2 per cento per poi accelerare nel 2015.

Spagna a rischio di deflazione

 La crisi in Spagna non è sicuramente finita, la disoccupazione ha raggiunto livelli addirittura superiori a quelli raggiunti in Italia e lo spettro della deflazione rischia di peggiorare il tutto.