I fondi comunitari, in Italia sono poco utilizzati

 L’Italia ha fatto proprio il 53,7% dei fondi delle politiche di coesione di cofinanziamento stanziati dall’Unione Europea della programmazione 2007-2013, e ad oggi rimangono 12,9 miliardi di stanziamenti Ue (tutti impegnati), da utilizzare entro il 2015.

Commissione Europea: no fondi comunitari europei per cuneo fiscale

 La Commissione europea blocca sul nascere l’idea che i fondi comunitari europei possano essere usati dall’Italia per ridurre il cuneo fiscale. Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, pensavano di usare una decina di miliardi per eliminare l’impatto di tasse e simili sul costo del lavoro.

Ripresa, i mercati guardano al prossimo trimestre

 In questo momento gli operatori di mercato stanno già guardando al prossimo trimestre, e sui mercati si nota un certo scetticismo sulla sostenibilità della ripresa economica globale alla luce dei segnali di rallentamento negli Stati Uniti e in Cina, della continua pressione sulle valute emergenti e delle crescenti preoccupazioni geopolitiche sulla crisi Ucraina. Il nervosismo è particolarmente acuto, considerato che finora i mercati azionari hanno ignorato i segnali di debolezza lanciati dagli ultimi dati macro.

La politica monetaria della Bce

 La Banca centrale europea (Bce) ha affinato il suo orientamento in avanti sui tassi di interesse, dando agli investitori un nuovo indicatore economico da considerare. La settimana scorsa, il presidente della Bce Mario Draghi, il vicepresidente Vitor Constancio e il membro del Comitato esecutivo Sabine Lautenschlaeger hanno tutti citato il cosiddetto output gap come un motivo per cui l’area dell’euro a 18 nazioni avrà bisogno di tassi bassi anche dopo che la crescita e l’inflazione saranno migliorati.

Draghi sta cercando di assicurare agli investitori che che sarà lui a evitare l’errore del suo predecessore, Jean Claude Trichet, che ha sollevato oneri finanziari nel 2011 e ha inavvertitamente accentuato una crisi del debito sovrano che ha quasi fratturato la moneta unica.

 

In Europa la produzione industriale scende inaspettatamente

 

Draghi ha fatto un deliberato tentativo di spingere la discussione sugli aumenti dei tassi nel futuro nonostante le prove che la ripresa sta avendo uno slancio. La sua strategia di difesa è contro quelli che collegano la crescita con una politica più stretta.

Il Fondo Monetario Internazionale prevede che il Prodotto interno lordo (pil) della zona euro resterà sotto al potenziale per il 2014. Si stima che il deficit si ridurrà gradualmente allo 0,4% del Pil potenziale nel 2018 dal 2,5% di quest’anno.

Mario Draghi ha affermato che la politica monetaria della Bce resterà in vigore anche dopo che ci saranno dei miglioramenti dell’economia. La Bce ha mantenuto il suo tasso di interesse di riferimento al minimo storico dello 0,25% nel corso della riunione. le previsioni sono di una crescita che accelererà all’1,8% nel 2016 dall’1,2% di quest’anno e l’inflazione salirà all’1,5% dall’1%.

Come la Bank Of England e la Federal Reserve, la Bce è alla ricerca di modi per garantire la fragile ripresa economica evitando una ricaduta considerando che le aspettative per una politica monetaria più restrittiva potrebbero spingere verso l’alto i tassi di mercato.

Vicino l’accordo sull’unione bancaria

 I ministri delle Finanze dell’Unione Europea, che si sono riuniti ieri per trovare un accordo sull’unione bancaria, hanno affermato che ci sono stati buoni progressi dopo i colloqui a Bruxelles e che hanno lavorato per superare la situazione di stallo.

L’Unione europea è alla ricerca di un compromesso sul meccanismo di risoluzione unico e sul fondo comune di accompagnamento per coprire i costi di salvataggio o di chiusura delle banche. Il Presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi aveva avvertito la scorsa settimana che il mancato raggiungimento di un accordo prima delle elezioni del Parlamento europeo di maggio avrebbe avuto conseguenze gravi per la zona euro e per la neonata unione bancaria.

 

Riunione dell’Ecofin sull’unione bancaria e non solo

 

Il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem ha affermato che nessuna conclusione è stata raggiunta sulle regole per il processo decisionale. Le domande su come costruire il fondo e quando e come potrebbe toccare i mercati finanziari rimangono aperte. I ministri riprenderanno i colloqui oggi.

Dijsselbloem dopo la riunione ha detto ai giornalisti che si dovrebbe cercare di rafforzare ulteriormente le proposte in materia di liquidità del fondo proposto e che gli Stati membri e il Parlamento europeo europeo vogliono un accordo entro la fine di marzo.

Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, la cui nazione ha portato la più alta resistenza alle richieste del parlamento, ha rifiutato di commentare la riunione. Il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici ha invece affermato che la Germania non era lontana dall’accettare una proposta di calendario di otto anni per la costruzione del nuovo fondo.

L’obiettivo dell’Ue è di prevenire future crisi finanziarie mettendo in comune la responsabilità per le banche dell’area dell’euro. Un progetto presentato lo scorso anno da Michel Barnier, capo dei servizi finanziari capo del blocco,che si basa sulla realizzazione di un’agenzia centrale sostenuta da un fondo finanziato dai prelievi del settore di 55 miliardi di euro. Per Barnier questa settimana è fondamentale si può raggiungere un compromesso sulla grande maggioranza dei temi in discussione.

Le posizioni di Stati Uniti e Ue sulla Russia: il tema è la dipendenza dal gas

 La Russia rischia di essere isolata dall’occidente che minaccia nuove sanzioni. L’Unione europea fa però affidamento sulla Russia per le forniture energetiche e ha forti legami commerciali. Diversa la situazione per gli Stati Uniti, per i quali il commercio con la Russia non è così importante in quanto stanno diventando autosufficienti in termini energetici.

Gli Stati Uniti e l’Europa hanno reagito contro l’intervento militare della Russia in Crimea della settimana scorsa con minacce di sanzioni economiche, ma le loro posizioni sono quindi  leggermente diverse.

 

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 

La Russia è l’ottava economia più grande del mondo con un Pil di più di 2 trilioni di dollari. La sua economia, che è fortemente dipendente dalle materie prime, in particolare petrolio e gas, è destinata a crescere solo leggermente nel 2014.

La Russia esplose alla fine del 1990 e primi anni 2000, per effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia. Le sue forniture energetiche rimangono di vitale importanza per l’Unione europea, al quale fornisce un terzo del suo gas naturale. In Germania, la più grande economia della zona euro, le importazioni di gas arrivano per circa il 40% dalla Russia.

Il rapporto tra Russia ed Europa si è incrinato nel corso della crisi Ucraina e ora il Paese rischia di essere economicamente isolato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea. Sono stati introdotti divieti di visto e minacciato sanzioni più severe. Questo può avere delle conseguenze economiche per l’Europa.

Con gli Stati Uniti sulla strada dell’autosufficienza, L’Ue ha fatto un passo più cauto rispetto sulle sanzioni. Il Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha affermato che i negoziati sono necessari e da avviare nei prossimi giorni. In Europa si pensa a possibili sanzioni, ma senza causare problemi di tipo finanziario.

Renzi si oppone al “dictat” dell’Europa

 È ora di finirla con il “costante refrain italiano per cui si dipinge l’Europa come il luogo dove veniamo a prendere i compiti da fare a casa. L’Italia sa perfettamente cosa deve fare e lo farà da sola per il futuro dei nostri figli”.

A Bruxelles, occhi puntati sul neo premier italiano Matteo Renzi

 A Bruxelles, occhi puntati sul neo premier italiano Matteo Renzi: aspettato dagli altri leader dell’Ue nel debutto al Consiglio europeo, Renzi, dovrà affrontare da subito il complesso dossier internazionale sulla crisi ucraina. Per l’Italia inoltre questo vertice imprevisto dei capi di Stato e di governo dell’Ue ha un’altro significato particolare, perché deve anche dimostrare la sua credibilità come prossimo presidente di turno del Consiglio Ue.

Pil Eurozona in ripresa e meglio anche i consumi

 L’economia dell’ Eurozona è in lenta ma costante ripresa. La conferma del trend positivo è attestata dai dati diffusi da Eurostat, in base ai quali negli ultimi tre mesi dello scorso anno il Prodotto interno lordo (Pil) nell’area dell’euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% sullo stesso periodo del 2012. Segnali ancor più incoraggianti vengono dal complessivo dei paesi membri dell’Unione Europea: l’economia ha infatti registrato migliori risultati nella misura dello 0,4% rispetto al periodo giugno-settembre e dell’1,1% rispetto all’anno precedente.

Gli indici di Eurostat confermano anche per l’ Italia la medesima tendenza alla crescita, con valori pari ad un +0,1% congiunturale e ad un -0,8% tendenziale.

 

La ripresa in Europa con la Bce che aspetta un consolidamento

 

Sulla base dell’intero 2013, tuttavia, il dato resta negativo nell’ambito di Eurozona (-0,5%) mentre risale su numeri positivi nella UE a 28 paesi (+0,1%). Per quanto riguarda il Pil vanno segnalati i valori negativi di Cipro (-1%), Danimarca (-0,5%), Finlandia (-0,3%) ed Estonia (-0,1%) ed il miglior risultato (+1,7%) conseguito dalla Svezia.

In questo quadro tendenzialmente incoraggiante, il trend verso la ripresa viene confermato anche dai dati sulle vendite al dettaglio nel mese di gennaio 2014. Nell’Eurozona infatti esse sono cresciute dell’1,6% rispetto a dicembre, quando avevano fatto registrare il segno negativo di 1,3%. Nell’Unione Europea la progressione si è collocata a +0,9% dopo un calo dello 0,7%. Il segno positivo si evidenzia anche nel confronto con l’anno precedente: +1,3% e +1,9%.

Sul fronte dei consumi, i maggiori incrementi su base annua si evidenziano in paesi com il Lussemburgo (+12,2%), l’Estonia (8%) e il Portogallo (6,6%). Valori negativi invece per la Danimarca e Malta, entrambe a -0,7%.

Quattro idee per gli investimenti nel 2014

 Mentre l’economia globale continua la sua ripresa, si riflette su quali possano essere le idee migliori di investimento per il 2014. Vediamo di seguito quattro possibilità.

La ripresa ecnomica in Europa. La ripresa dell’Europa sta lentamente prendendo piede e si un’accelerazione della crescita degli utili nel 2014. Le valutazioni sono più attraenti rispetto agli Stati Uniti. Si possono quindi comprare azioni nelle Borse europee. Tra i Paesi consigliati per gli investimenti c’è la Germania data la sua leva operativa verso la ripresa.

 

Tornare a investire in Europa

 

Mercati emergenti. Nel 2014 le previsioni considerano che la maggior parte dei mercati emergenti potranno beneficiare di una ripresa congiunturale sostenuta da opportunità di esportazione verso i mercati sviluppati. I tassi di crescita dei Paesi emergenti restano in tendenza superiori a quelli dei mercati sviluppati, anche se inferiori rispetto a prima, e potrebbero ulteriormente riaccelerare con le riforme strutturali. Il deficit è ancora una fonte di volatilità. Gli investimenti si possono concentrare in quei Paesi sensibili alla crescita dell’export, come Taiwan, e anche in quelli in cui il potenziale di riforme strutturali non è stato ancora pienamente realizzato. Valutazioni interessanti si possono trovare ancora in Cina, dove i fondamentali a lungo termine, come il consumo, l’urbanizzazione, il potenziale di esportazione, rimangono i driver di investimento chiave.

Reddito Fisso. La necessità di ottenere rendimenti a reddito fisso può essere ragionevole in un momento in cui i rendimenti possono salire sulla base di una ripresa economica. Il focus è sulle attività di breve durata nelle zone in cui esiste ancora un valore, come i prestiti corporate senior, di solito detenute tramite un fondo, il debito subordinato bancario, banca Cocos, gli ibridi aziendali.

Forex. Con il tapering il dollaro americano è impostato a rafforzarsi contro alcune valute, come lo yen e anche l’Euro. Nel portafogli, una posizione di lungo periodo sul dollaro americano offre una diversificazione nei momenti di stress. Acquisto quindi di dollari americani e vendita di Euro vicino al top della gamma. Nei mercati emergenti, è bene vendere le valute dei Paesi in deficit rispetto a quelle dei Paesi in surplus e in fase di riforme.