I rilievi di Bruxelles sull’industria italiana

 L’Unione Europea ha recentemente redatto il tradizionale rapporto annuale sulla competitività dell’Eurozona, elemento di fondamentale importanza per valutare la tenuta e l’andamento dell’economia del Vecchio Continente. I dati relativi al PIL europeo e a quello dello sviluppo della sua industria, però, lasciano ancora molto a desiderare, dal momento che i valori ufficiali sono ancora molto lontani da quelli previsti come target. 

La competitività europea cala e l’Europa ammonisce l’Italia

 La Commissione Europea ha presentato proprio in questi giorni il tradizionale rapporto annuale sulla competitività dell’Europa, scattando in particolare una fotografia dettagliata sul panorama dell’industria del Vecchio Continente. Dai dati rilevati dalla Commissione europea non si evincono, però, note positive. Il Prodotto Interno Lordo europeo, infatti, sta soffrendo in modo particolare del calo dell’industria e nel corso del 2012 il suo valore si è attestato sul 15,2%, rimanendo ben lontano dall’obiettivo che la stessa Unione Europea si è posta per il 2020, ovvero quello di superare il 20% del valore. 

L’Eurozona combattuta tra crescita e riforme strutturali

 Nelle ultime settimane i Governi dei Paesi europei sono stati interessati da lunghe riflessioni relative alla presente situazione economica dell’Europa. Il Vecchio continente, infatti, dal punto di vista macroeconomico, con una debole ripresa che si affaccia appena alle porte, sembra essere arrivato ad un bivio. Quello che impone ai governanti di optare per le scelte giuste che facciano decollare, una volta per tutte e dopo lunghi anni di crisi economica, lo sviluppo e la crescita

L’IVA evasa in Italia nel 2011 ammonta a 36 miliardi secondo Bruxelles

 In Italia, proprio in questi giorni, si discute se far scattare o meno l’aumento dell’aliquota dell’IVA a partire dal 1 di ottobre, misura del resto già inserita nei programmi di legge da molti mesi, ma bloccata per decreto alla data del 1 luglio scorso. E il partito delle voci di coloro che sembrano disposti a fare di necessità virtù aumenta giorno dopo giorno. Anche il Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si è recentemente espresso con termini molto chiari sulla questione, dichiarando che un ulteriore blocco dell’IVA sarebbe la causa di una reintroduzione dell’IMU.

Ad ottobre ci sarà l’aumento dell’aliquota dell’IVA

Ma mentre in Italia si discute sugli aumenti delle aliquote, in Europa, a Bruxelles, si tirano intanto i bilanci delle imposte evase. La Commissione Europea ha infatti calcolato che nel corso dell’anno 2011 i commercianti e le imprese italiane hanno evaso in totale 36 miliardi di euro di IVA, una cifra pari al 2,1% del Prodotto Interno Lordo della nazione. Tutte risorse, quindi, che non sono finite nelle casse dello Stato che oggi fatica a raggiungere il suo pareggio di bilancio.

Le misure per l’aggiornamento del Def e la definizione della Legge di Stabilità

E se si mettono a confronto i dati italiani con quelli europei, la situazione che si ottiene è la seguente. In Europa, nel corso dello stesso anno, gli stati dell’Unione a 26 non hanno versato in totale 193 miliardi di euro di imposte IVA, generando una perdita per il PIL europeo pari all’1,5%. Queste cifre costituiscono il cosiddetto Vat Gap, ovvero l’ammontare delle evasioni europee per l’imposta indiretta sui consumi, che, in relazione al presunto totale, rappresenta il 17%. In quanto a Vat Gap, dunque, l’Italia è prima in classifica.

Per Olli Rehn la crisi non è ancora finita e l’Italia deve fare attenzione ai suoi conti

 Il vicepresidente della Commissione Ue responsabile degli Affari economici, Olli  Rehn, è tornato recentemente sulla questione della situazione economica europea parlando nel corso di una audizione alla Camera. Il commissario, che già nei giorni scorsi era intervenuto sulla questione a livello internazionale, ha ribadito infatti che la crisi economica nel Vecchio Continente ancora non appare del tutto terminata e che quindi non è possibile lasciarsi andare a facili entusiasmi. 

Le banche italiane reagiscono alla svalutazione dei titoli di Stato delle banche di Londra

 Dopo la serrata che si è avuta nei giorni scorsi da parte delle banche inglesi, che hanno affermato di non voler più garantire per le operazioni di credito che riguardano le banche italiane, attraverso il ruolo che da sempre è appartenuto ad una autorità del settore finanziario, la Cassa compensazione e garanzia, gli istituti di credito italiano e il Tesoro reagiscono alla decisione e si pongono sulla difensiva.

Le priorità della BCE per la ripresa economica europea

 Il numero uno dell’Eurotower Mario Draghi ha parlato, in un convegno tenutosi a Berlino, delle priorità che attendono la Banca Centrale Europea – BCE – al fine di favorire la ripresa economica del Vecchio Continente. Se infatti quella crescita dello 0,3% del Prodotto Interno Lordo Europeo dei mesi scorsi vuole essere l’avvisaglia di un corso economico che sembra aver finalmente trovato una diversa direzione, ancora molto lavoro resta da fare nei singoli Stati, poiché la ripresa economica non ha toccato in maniera simile tutti i mercati finanziari europei. 

La Borsa di Londra non garantirà più per le banche italiane

 Nel mese di agosto, anche se in maniera molto silenziosa, nel mondo internazionale del credito è avvenuto un vero e proprio terremoto. A Londra, infatti, nella City, dove opera la cosiddetta “controparte centrale“, ovvero il grande intermediario che si pone fra chi offre e chi richiede titoli di Stato – o denaro – e garantisce che nessuna delle parti perda soldi se l’altra fallisce, è stato stilato un documento che afferma che tutti gli operatori del credito internazionale non avranno più la copertura della controparte centrale in caso di default delle banche italiane.

Stretta di vite sul’evasione, l’UE in cerca di paradisi fiscali

 I paesi che cercano di attirare le grandi aziende e i grandi capitali con le loro morbide regole fiscali sono avvertiti: l’UE si è messa alla caccia di chi cerca di sottrarre denaro alle casse degli stati facendo accordi con le grandi aziende.

 L’Ocse presenta al G20 il piano anti – elusione

Nel mirino dell’Unione Europea, che ha fatto partire una serie di richieste, sono finiti paesi come Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi che da sempre ospitano sul loro territorio molte grandissime aziende, per la maggior parte aziende hi-tech (vedi Google e Apple) che, nonostante i fatturati da capogiro che mettono a segno ogni anno, pagano delle cifre irrisorie al fisco.

Al momento l’Unione Europea non ha formalizzato nessuna accusa, ha solo voluto ‘mettere in guardia’ alcuni paesi che sembra facciano questo tipo di accordi: la sua azione al momento si limita solo alla richiesta di informazioni più dettagliate sulle politiche fiscali applicate.

In realtà l’UE ha un quadro ben chiaro di come i vari paesi applichino la tassazione, ma questa azione mira a portare allo scoperto, laddove esistono, i vari accordi e intese che le grandi aziende stipulano con i governi che le ospitano, come si sospetta sia già accaduto tra la Apple e Dublino.

Nel caso le risposte e le successive analisi dell’Unione Europea provino la sussistenza dell’evasione fiscale, l’UE potrebbe richiedere tutti gli arretrati.

► Gran Bretagna di nuovo contro Google

Lo scopo di questa azione è duplice: da un lato l’Unione Europea vuol mettere un freno a queste incresciose situazioni che rischiano di esacerbare una situazione economica e sociale già molto tesa e, dall’altro, c’è un’evidente necessità di far cassa.