Buone notizie, sul fronte del commercio internazionale, arrivano dall’ Irlanda del Nord, dove in questi giorni si tiene il vertice degli 8 Grandi del Pianeta e dove hanno trovato una prima intesa il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e i capi di stato europei, Cameron, Van Rompuy e Barroso.
Europa
L’ export alimentare traina il Made in Italy
La popolazione mondiale salirà a 11 miliardi nel 2100
La popolazione mondiale potrebbe aumentare e raggiungere gli 11 miliardi di persone, ovvero quasi 800 mila in più in confronto alle previsioni fatte nel 2011, nel 2100.
Stando a una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington per le Nazioni unite, a spingere l’aumento demografico è soprattutto l’Africa.
L’Italia, però, è in controtendenza e continua sulla strada della ‘crescita zero’: entro il 2100 – in base al rapporto Onu – perderà più di 6 milioni di abitanti.
Ed entro il 2050 un cittadino italiano su due sarà ultrasessantenne, con l’aspettativa di vita in costante aumento, in aumento a 82,3 anni nel 2015 e ancora a 93,3 anni a fine secolo.
Ci sono però anche casi in cui l’effettivo livello della fertilità sembra essere aumentato negli ultimi anni, in altri casi, la stima precedente era troppo bassa, come ha detto John Wilmoth, direttore della divisione popolazione del Dipartimento per gli Affari economici e sociali, il quale ha presentato il rapporto al Palazzo di Vetro di New York.
Le piccole distinzioni nella traiettoria della fertilità nei prossimi decenni potrebbero avere importanti conseguenze per quanto riguarda le dimensioni, la struttura e la distribuzione della popolazione a lungo termine.
La crisi dei finanziamenti universitari italiani
Una recente indagine effettuata dal Public Funding Observatory della European University Association ha diffuso delle interessanti statistiche sugli investimenti pubblici effettuati nel corso degli ultimi anni in Italia e in Europa nel campo dell’ università e della ricerca.
Dai dati pubblicati è quindi risultato chiaro che il mondo universitario italiano ha vissuto negli ultimi tempi una profonda crisi degli investimenti, che non hanno potuto non generare conseguenze negative anche sul mercato del lavoro e sull’ occupazione dei giovani italiani.
Verso i fondi europei per l’ occupazione giovanile
Il Presidente del Consiglio Enrico Letta ce l’ ha fatta. Nella bozza che circola in questi giorni a Bruxelles, relativa alle conclusioni del summit europeo previsto per il prossimo 27 e 28 giugno, sono state infatti inserite le richieste avanzate sin dai primi giorni di insediamento al governo, e relative alla messa a disposizione di fondi europei per finanziare l’ occupazione giovanile.
L’ Italia virtuosa stia attenta al disavanzo
L’ ultimo bollettino mensile pubblicato dalla Banca Centrale Europea – BCE – ha riportato parole di elogio nei confronti degli sforzi compiuti dall’ Italia per allinearsi tra i Paesi virtuosi dell’ Eurozona, che sono riusciti nel 2012 a mantenere il proprio deficit al di sotto del 3% del PIL nazionale.
E se fosse l’euro la causa della crisi?
Qualche giorno fa Bloomberg ha pubblicato un articolo scritto da tre economisti di fama mondiale che, cercando le ragioni alla crisi che sta attanagliando alcuni dei paesi europei, concordano nel dire che la moneta unica, così come è stata concepita e recepita dai diversi paesi, potrebbe decretare la fine dell’Unione Europea.
► La Germania contro l’euro ha effetto sulle borse
I tre economisti, infatti, partendo dal presupposto che la crisi si è sentita di più in quei paesi nei quali l’economia era già piuttosto debole – Grecia, Spagna, Portogallo, Italia e Cipro – concludono che il problema sta proprio nel fatto che questi paesi in difficoltà non possono recuperare competitività sui mercati perché non possono svalutare la moneta.
Questo finirà per acuire le disuguaglianze tra il nord e il sud dell’Europa, finendo anche per alimentari nuovi sentimenti anti-euro e anti-unione.
È necessario, proseguono gli economisti, fissare il tasso di cambio nominale ed eliminare il rischio valutario, cercando di far convergere, grazie all’euro, le due economie europee verso un punto comune in modo da facilitare l’affluenza di capitali dai paesi con un surplus commerciale verso quelli in difficoltà.
► Per uscire dalla crisi sono necessarie politiche nuove
In sostanza, l’euro, stando a quanto dicono questi economisti, non avrebbe fatto nulla di quanto avrebbe dovuto, ma avrebbe solo acuito il divario di competitività già presente tra il nord e il sud dell’Europa.