Dalla BCE un nuovo piano di cartolarizzazioni per le banche?

 La Banca Centrale Europea starebbe elaborando un nuovo piano per risolvere il problema della concessione del credito e dei prestiti alle PMI da parte degli istituti di credito sparsi sul territorio europeo.

E il ventaglio delle soluzioni sembra essersi posato, per il momento, sulla reintroduzione del vecchio sistema delle cartolarizzazioni Abs, cioè le asset-backed securities, già impiegate in passato e tristemente note per le conseguenze negative che sono state in grado di creare nel biennio 2007 – 2008.

> La risoluzione bancaria al centro del dibattito europeo

Basti pensare, infatti, alla situazione italiana. In occasione di quel primo aiutino della BCE alle banche, ben 260 miliardi sono stati dirottati verso gli istituti del nostro Paese, senza però restituire neanche un centesimo fino ad oggi. Ora, tuttavia, si parla di dare in prestito mille miliardi in tre anni ad un tasso agevolato dell” 1%.

> Le banche puntano sui Titoli di Stato

Le cartolarizzazioni Abs sono infatti sistemi che consentono agli istituti di credito di erogare i finanziamenti alle PMI, incassare le commissioni e parte degli interessi, ma scaricare i rischi degli investimenti su altri soggetti, anche pubblici.

I rischi di insolvenza dei debitori, infatti, vengono in genere scaricati sulle spalle di chi compra le obbligazioni emesse da quella società fuori bilancio  creata ad hoc per risultare intestataria dei prestiti emessi dalla banca.

Un’economia unica e un bilancio comune per l’Europa

 La Francia, dal punto di vista della concezione delle istituzioni, della politica e della economia comunitaria si avvia, a quanto pare, ad un importante cambio di rotta. Durante la conferenza stampa semestrale all’Eliseo il presidente francese Francois Hollande ha infatti dichiarato ai giornalisti che ai Paesi dell’ Eurozona servirebbe ora un unico governo economico.

>Un patto europeo contro la disoccupazione

La Francia sarebbe quindi favorevole finalmente ad una iniziativa che portasse ad una unificazione politica dell’ Europa già entro due anni, che potrebbe poi esprimersi anche in una unica economia e in un unico bilancio. Il Presidente francese ha definito questa nuova visione delle cose a ragione di una valutazione del proprio primo anno di governo e della necessità di una svolta per il secondo.

>La crisi della Francia è più preoccupante

E’ tempo, infatti, – ha detto il premier francese – che la Francia contribuisca a far uscire l’ Europa da quello stato di prostrazione in cui è piombata, anche favorendo un rafforzamento delle istituzioni politiche europee. E i mezzi individuati per ottenere un tale risultato potrebbero essere a suo avviso i seguenti:

  1. la creazione di un governo economico e di un bilancio comune
  2. l’ attuazione di politiche a favore dell’ occupazione giovanile
  3. la creazione di una unione politica
  4. la formazione di una comunità europea delle energie rinnovabili.

Torna a crescere il mercato dell’auto in Europa

 Secondo gli ultimi dati diffusi dall’ Acea, nel mese di aprile scorso il mercato dell’ auto è tornato a crescere nell’ Unione Europea a 27 Paesi comprensiva dei Paesi Efta, dove le nuove immatricolazioni hanno fatto registrare un dato positivo dell’ 1,8% rispetto ai dati che è stato possibile rilevare nel corso dell’ anno precedente e si sono attestate sul 1.081.307 di unità.

>In aumento i veicoli privi di assicurazione RCA

Si tratta di un dato alquanto straordinario per il mercato dell’ auto che negli ultimi tempi aveva vissuto ben 18 cali consecutivi. Ad ogni modo, i problemi del settore non sono ancora completamente risolti, dato che nei primi quattro mesi dell’ anno si è potuto registrare, complessivamente, ancora un altro calo del 7%, con sole 4.176.690 di unità vendute.

>Fiat investirà 7 miliardi in Brasile

Per quanto riguarda infatti il mercato italiano, il nostro Paese rimane ancora ancorato ai numeri negativi. Si è potuto registrare, anche in occasione della ripersa europea un calo del 10%. Una nota del Lingotto ha quindi commentato che il Gruppo Fiat “continua ad essere pesantemente penalizzato dal risultato negativo del mercato italiano”, anche se può vantare una propria quota di mercato in debole crescita, rispetto al mese di marzo 2013, con un +6,3%. Tra i modelli maggiormente competitivi della Fiat è soprattutto la nuova Ypsilon a mietere i migliori risultati.

Un patto europeo contro la disoccupazione

 Tutti i leader europei sono concordi nel ritenere che la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è da considerarsi il problema più urgente da risolvere in Europa e nei paesi del Sud del Vecchio Continente in particolare.

Ecco allora giustificato il patto che sarà siglato il 28 maggio dalla Francia, dalla Germania, dalla Spagna e dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI). Il loro obiettivo è quello di mettere un freno alla disoccupazione giovanile.

L’industria italiana in cattive acque

Per prima cosa sarà costituito un fondo di sei miliardi di euro che sarà usato come garanzia per ottenere fino a 60 miliardi di euro dalla BEI, da destinare alle aziende che si assumono la responsabilità e l’onere di impiegare giovani che non hanno ancora compiuto 25 anni, tra il 2014 e il 2020.

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali

Il fondo che abbiamo indicato , in realtà, era stato istituito nel febbraio dell’anno scorso quando era stato definito il bilancio dell’Unione Europea e anche Barroso, come molti altri commentatori, l’aveva considerato insufficiente. Certo è che l’obiettivo è sempre più evidente: determinare un effetto a catena  sulla base dei crediti a basso interesse che sono forniti alle imprese che puntano sui giovani.

La bontà del progetto è tanto evidente quanto l’assenza dell’Italia che ha un tasso di disoccupazione prossimo al 40 per cento.

L’esempio della Svezia per l’Europa

 La gestione della spesa pubblica è sempre un banco di prova per i governi, soprattutto per quelli che economicamente attraversano un momento di crisi. Se si cercasse un esempio di paese quanto a spesa pubblica, si scoprirebbe allora che fa parte della zona euro ed è la Svezia.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

La Svezia è stata d’esempio nella gestione della spesa pubblica perché in appena 19 anni, dal 1993 al 2012, è riuscita a ridurre il rapporto tra spesa pubblica e Pil dal 70,5% al 52%. Per capire l’importanza di questo risultato è sufficiente considerare quello che nello stesso tempo ha ottenuto la Francia che in 19 anni ha ridotto la spesa pubblica soltanto di pochissimi punti, passando dal 56,6 al 53,9 per cento.

I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Quello che contraddistingue la Svezia è la determinazione nella ricerca del risultato. Infatti Stoccolma, nel 1993, era in una situazione molto critica e aveva un deficit prossimo all’11,2 per cento del prodotto interno lordo, con una serie di problemi importanti legati al sistema bancario.

Il governo ha deciso dunque di adottare delle riforme in grado di stimolare la crescita e ridurre il tasso di disoccupazione, con un incremento del numero di lavoratori rispetto agli inattivi. È stato inoltre rivisto il sistema pensionistico e ridotto il sussidio di disoccupazione che è ancora più difficile da ottenere.

Qualcosa sull’uscita della GB dall’Europa

 La Gran Bretagna, come molti sanno, è un paese che adotta una moneta propria, la sterlina. Una valuta, questa, che negli ultimi mesi ha dato prova di grande forza. Nonostante la crisi, infatti, ha saputo sopportare le oscillazioni delle quotazioni e degli scambi.

I cittadini europei sono sempre più scettici

Non si può dire lo stesso dell’establishment politico inglese visto che nelle ultime consultazioni elettorali locali ha vinto un partito che da anni promuove l’uscita dall’Europa. Il Regno Unito, secondo molti analisi, è in una fase di profonda crisi economica ed è proprio la criticità contingente ad incoraggiare l’abbandono “formale” del Vecchio Continente.

Alle elezioni locali in Gran Bretagna, ha vinto il partito Ukip che è guidato da Nigel Farage. Molti accomunano questo leader al nostrano Beppe Grillo e il suo partito al Movimento 5 Stelle. In realtà è soltanto il sentimento antieuropeo ad accomunarli.

E se la Gran Bretagna uscisse dall’Europa?

L’Ukip ha ottenuto il 26 per cento dei voti, mentre nel 2009 le preferenze erano inchiodate al 12 per cento. Il suo obiettivo,adesso, è lavorare in vista delle elezioni europee e politiche che ti terranno rispettivamente nel 2014 e nel 2015, per portare il paese fuori dall’Europa. Una scelta che in prima battuta potrebbe penalizzare il paese ma che sul lungo periodo, a livello economico, potrebbe risultare vincente.

La BCE considerata responsabile unica della crisi

 La crisi economica europea è importante soprattutto nei paesi che stanno a sud del paese. Ma chi ha causato questa situazione? Sembra che tutta la colpa oggi si possa attribuire alla BCE. A sostenere questa tesi è in primo luogo Paul De Grauwe che pensa che a rendere meno nervosi i mercati non sia stata l’austerity ma piuttosto il backstop di liquidità imposto dalla Banca Centrale.

La salvezza dell’Italia dalla BCE

Se si analizza nel dettaglio quello che è successo all’Italia e alla Spagna si può ottenere una spiegazione approfondita delle cause della crisi. In molti paesi, infatti, le politiche economiche applicate, pur con le differenze relative allo spread che è diverso per ogni nazione, hanno ottenuto praticamente lo stesso risultato. Com’è possibile? Si è verificata questa omogeneità dei risultati a causa dei cambiamenti voluti dalla BCE e validi per tutti.

L’Italia combatte contro la crisi

Un grafico proposto da Paul Krugman dimostra che tutte le teorie promosse in questi anni di sviluppo della crisi, a sostegno delle politiche economiche di austerità, che avrebbero dovuto far abbassare i tassi d’interesse e stimolare la crescita, sono fasulle.

La BCE, con i suoi continui ribassi dei tassi, è da considerarsi l’unica responsabile della crisi. Il grafico dimostra che tutte le modifiche dei trend e dei tassi, in Spagna e in Italia, sono legate agli interventi della banca centrale.

I cittadini europei sono sempre più scettici

 Un recente studio di Pew Research Center ha dimostrato che l’Unione Europea è il nuovo “stato malato” dell’Europa, del Vecchio Continente. Una frase che sembrerebbe senza senso ma che in realtà ha soltanto come obiettivo quello di evidenziare che il progetto europeo non gode più della stima di un tempo.

Negli USA torna la fiducia dei consumatori

Questa situazione dipende molto anche dalla crisi economica che ha interessato l’Europa e l’euro e che ha coinvolto in primo luogo le economie del sud del Vecchio Continente. La situazione, adesso, sembra in leggero miglioramento, ma il malcontento persiste.

L’idea dell’Unione Europea, infatti, non convince più i cittadini e la crisi dell’euro, la fiducia nella moneta unica è senz’altro sfumata. Lo dice la ricerca che è stata condotta in otto paesi: Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Spagna, Grecia, Polonia e Repubblica Ceca.

L’Italia combatte contro la crisi

Sotto accusa ci sono i costi dell’integrazione, sempre più elevati e sempre meno sopportabili dagli stati membri. I cittadini europei si riscoprono oggi, sempre più nazionalisti e si dicono contrari al trasferimento di potere alle istituzioni europee. Un’Europa più unita dal punto di vista politico ed economico, è l’unico presupposto possibile per una ripresa finanziaria del Vecchio Continente.

Soltanto con questo ipotetico ed auspicabile nuovo trend, si possono neutralizzare le forze centrifughe presenti in Europa.

La Slovenia si può salvare con questo piano

 La Slovenia deve essere assidua nel rispetto delle regole stabilite nel piano di salvataggio per fare in modo che si eviti il ricorso ai prestiti dell’Europa. Il piano di salvataggio, all’indirizzo del quale è stato manifestato molto scetticismo, comporta l’aumento dell’IVA e l’avvio di una fase importante di privatizzazioni.

La Slovenia ristruttura le banche

Il primo ministro sloveno, Alenka Bratusek, giovedì scorso ha annunciato le misure economiche che intende mettere in atto per evitare di rivolgersi all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale. Le misure indicate sono anche inserite in un’agenda molto serrata.

I titoli sloveni sono considerati tossici

Entro il primo luglio ci sarà un aumento di due punti percentuali dell’IVA che dovrà passare dal 20 al 22 per cento. Poi si passerà alla privatizzazione di ben 15 imprese pubbliche, tra cui anche la seconda banca del paese, vale a dire la Nova KBM, la compagnia aerea nazionale e l’operatore di telecomunicazioni più importante del paese. Insomma, dal settore creditizio a quello tecnologico, sono tutti impegnati nel salvataggio della Slovenia.

Il paese in questione, infatti, nel 2012, ha chiuso i conti con un rapporto tra deficit e PIL pari al 3,7 per cento. Secondo le stime, il 2013 si chiuderà con un deficit tra il 5 e il 7 per cento.

La Germania dall’austerity alla competitività

 Si torna a parlare di crescita, in Germania, si torna a parlare di competitività.  Dopo anni dedicati al rigido consolidamento dei conti pubblici e dopo anni investiti nelle politiche di austerity, Berlino cambia ufficialmente rotta e sposa la causa da tempo sottopostale da numerosi capi di governo europei, e dallo stesso governatore della Banca Centrale Europea – BCE, Mario Draghi, che da mesi si affanna a ripetere come da sole, le politiche monetarie non siano sufficienti a promuovere la crescita economica.

Tutta l’Eurozona è in recessione

Così anche la Merkel torna a porre la competitività tra le priorità, competitività che dovrà certo essere espressa attraverso delle riforme strutturali che consentano al Paese di ritrovare la capacità di produrre ricchezza e di creare nuova occupazione. Niente più solo tagli alle spese, dunque, niente più solo risanamento dei conti pubblici. La Germania, infatti, alla luce degli ultimi dati, non può continuare a mantenere la sua crescita economica se attorno a lei la maggior parte delle nazioni vivono in recessione. Urge dunque un cambiamento di marcia, una inversione di tendenza.

Calano le vendite nell’Eurozona

E per dare concretezza alla speculazione teorica un primo passo è costituito dalla lotta alla disoccupazione giovanile europea, con uno stanziamento di fondi comunitari e l’ organizzazione di una conferenza per decidere sul loro migliore utilizzo.