Anche l’Europa paga l’imposta sulla casa

 Sono ormai diverse settimane che in Italia si dibatte sul tema e sul problema – a seconda dei punti di vista – dell’ IMU, la famigerata imposta municipale sugli immobili che proprio non è andata giù agli abitanti del Belpaese. In particolar modo, da quando si è fatto della sua abolizione uno stendardo elettorale.

Ma la cosa forse più interessante da scoprire è che le imposte sugli immobili, nella nostra civilissima Europa, non sono poi così straordinarie.  Si pagano, infatti, regolarmente, tasse sugli immobili analoghe all’ IMU nella maggior parte dei Paesi europei, ovvero, solo per fare qualche esempio, in Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania.

Un piano casa al posto dell’IMU?

Più nello specifico, i proprietari francesi di casa sono tenuti al pagamento della taxe foncière, mentre in Germania si paga un tributo molto simile alla nostra Imposta Municipale Unica, calcolata sulla base di una serie di indicatori. Per il Regno Unito, invece, c’è la cosiddetta «council tax», una tassa che ricade sempre sulle spalle dei proprietari degli immobili.

L’IMU sui capannoni subirà un aumento del 35%

E per quanto riguarda l’ ammontare specifico di queste imposte europee, che cosa si può dire, facendo un veloce confronto con la situazione italiana? Si può dire che, in definitiva, le imposte italiane si collocano solo a metà di quelle pagate in  Europa.

In Bulgaria crisi ed elezioni difficili

 I guai non vengono mai da soli, soprattutto se si considera la situazione di alcuni paesi europei. Basta pensare alla Bulgaria che è stata lontano dai riflettori, eppure nel paese si è scatenata una guerra civile senza precedenti, scioperi che hanno portato anche alla morte di un fotoreporter.

La crisi della Bulgaria fa discutere

La Bulgaria, in questi giorni, è andata alle urne e la situazione che è venuta fuori dalla votazioni, somiglia molto a quella italiana di due mesi fa. Il partito dell’ex primo ministro Boiko Borisov ha vinto ma ha ottenuto una maggioranza molto risicata che non gli consente di costituire un esecutivo se non con larghe intese con la popolazione.

Le elezioni bulgare sono state accompagnate dagli scontri di piazza e da una serie di accuse di brogli elettorali, tanto che anche in questo paese si è parlato di complotto. In più, come se non bastasse, si è scatenato un vero e proprio watergate.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

Il partito dalla maggioranza risicata è un partito conservatore ed ha ottenuto il 31,4 per cento dei voti. A seguire ci sono i socialisti con il 27,3 per cento. In coda le urne hanno premiato un partito di etnia turca che ha ottenuto il 9,2 per cento ed un partito nazionalista di Ataka che ha raggiunto il 7,6% di preferenze.

 

Bini Smaghi: “Italia chieda aiuto all’Esm”

Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Banca centrale europea nel comitato esecutivo, ha le idee chiare: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi europei per salvare il proprio sistema bancario.

Bini Smaghi, attualmente presidente di Snam, ha parlato a latere di un convegno tenutosi a Milano, dichiarando che in Italia “non funziona la trasmissione delle decisioni di politica monetaria dalla Bce verso imprese e famiglie” poiché “è bloccato” il canale bancario”.

Il presidente di Snam ha molta esperienza dal punto di vista bancario e conosce alla perfezione i meccanismi dell’Eurotower, essendone stato consigliere per oltre sei anni. Il suo mandato scadrebbe a maggio, ma Bini Smaghi non è più membro del comitato esecutivo della Bce per via dell’arrivo al vertice di Mario Draghi al posto di Trichet.

Con il nuovo governatore, la Francia ha puntato i piedi chiedendo le dimissioni di Bini Smaghi. Il motivo? Due italiani nel board erano troppi.

Data la sua esperienza in Bce, il presidente di Snam è stato chiaro: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi all’Esm.

L’Esm è il meccanismo di stabilità europea che ha già dato soldi alla Spagna e alle sue banche. Questi fondi l’Italia potrebbe usarli proprio per ricapitalizzare il sistema bancario.

Saxo Bank spiega il disastro euro

 Il CEO di Saxo Bank Lars Seier Christensen, presente ad un evento molto importante per il mercato finanziario, tenutosi a Londra, spiega che non è mai stato protagonista di un periodo economico così turbolento ma al tempo stesso interessante sotto il profilo analitico. Il riferimento è alla crisi dell’euro.

C’è chi crede nella fine dell’euro

Perché non funzionano l’euro e l’Europa? La prima domanda cui il CEO di Saxo Bank deve rispondere è questa. La risposta sembra semplice: l’euro è un disastro e la sua situazione non è destinata a migliorare nel giro di pochi mesi. Bruxelles da sempre promette di essere sulla strada del recupero ma negli ultimi sei mesi non ci sono stati segnali positivi nel Forex all’indirizzo della moneta unica.

I titoli sloveni sono considerati tossici

Quando la crisi interesserà anche la Slovenia e Malta che sono sul punto di crollare, sarà evidente che la metà dei paesi dell’area euro, sono andati in rovina proprio dopo aver adottato l’euro nel quale avevano riposto le migliori speranze. L’euro, oggi, più che essere una moneta, è da considerare un costrutto politico senza fondamento economico e fiscale.

Visto l’impegno politico nel mantenimento dell’euro è molto probabile che si continui a fare di tutto per tenere in vita la moneta unica ma l’euro, ormai è spacciato e su questo non ci sono dubbi. Il fatto è che l’unità politica necessaria al sostentamento dell’euro, si pensava potesse essere costruita con l’unione monetaria. Ma così non è stato.

Per la BCE il PIL europeo diminuirà dello 0,4% nel 2013

 Non sono troppo lunsinghiere le previsioni relative al PIL dell’ Eurozona contenute all’ interno dell’ ultimo bollettino mensile emesso dalla Banca Centrale Europea. Secondo le stime dell’ Istituto, infatti, il Pil europeo subirà, entro la fine del 2013, una ulteriore contrazione, arrivando a far registrare un calo dello 0,4%, rispetto alle precedenti stime, che avevano previsto invece uno 0%.

> Per la BCE i tassi rimarranno bassi fin quando necessario

Nell’ ultimo bollettino della Bce, inoltre, sono state modificate anche le stime relative al Pil europeo previsto per il 2014, che è stato ridotto di alcuni punti, passando dal precedente +1,1% all’ attuale +1%. Sono rimasti invece invariate le previsioni passate relative al Pil europeo per l’ anno 2015 (+1,6%) e per l’ anno 2017 (+1,8%).

Far ripartire la crescita in Europa

All’ interno del bollettino la Banca Centrale Europea ha poi spiegato che le revisioni a ribasso del prodotto interno lordo per l’ anno 2013 sono state dovute alla forte debolezza economica che si è potuta avvertire tra la fine del 2012 e l’ inizio del 2013.

La congiuntura attuale infatti è stata caratterizzata da una ulteriore perdita di posti di lavoro e dall’ aumento della disoccupazione, fenomeni che insieme ad una intrinseca debolezza dell’ industria non fanno ben sperare per una ripresa della situazione in tempi rapidi.

L’Europa contro la Cina per i pannelli solari

 Quello dei pannelli solari è un settore dell’economia molto proficuo anche se spesso, negli ultimi anni, la concorrenza cinese nel settore è stata esagerata. Adesso che la Suntech Power è stata annunciata sull’orlo del fallimento molte aziende europee sembravano aver ripreso fiato. Invece sembra che la concorrenza sia ancora spietata al punto che l’Europa prende le contromisure.

Suntech Power pronta a chiedere il fallimento

Sono arrivate in un momento di crisi ed è facile pensare che siano figlie delle difficoltà economiche, ma non è così. L’Europa ha sempre storto il naso davanti al predominio cinese nel settore dei pannelli solari.

Energicamente Gran Prestito

Adesso a mettere un punto sulla questione ci ha pensato la Commissione Europea che ha deciso di difendersi dall’invasione dei pannelli solari cinesi attraverso l’imposizione di dazi ancora più forti sulle importazioni di questo genere di prodotti. Le tasse d’importazione si assestano quindi sul 47 per cento.

La decisione è stata condivisa anche se in pratica la sua applicazione, dopo la ratifica formale, sarà rimandata a giugno. Nei prossimi giorni, quindi, Bruxelles si è riproposta di consultare tutti gli Stati membri dell’UE, le 27 nazioni che ne fanno parte, sull’argomento. Il loro parere, però, non sarà vincolante.

Dazi UE sui pannelli solari cinesi

 La Commissione europea ha finalmente reso ufficiale l’ introduzione di forti dazi sui pannelli solari di importazione cinese che era stata anticipata durante i mesi scorsi.

Il provvedimento è infatti il risultato di ben 8 mesi di indagini che hanno fatto seguito all’ apertura di uno specifico provvedimento europeo volto a contrastare lo sfrenato dumping esercitato dai produttori orientali.

Le “sirene” cinesi ammaliano Telecom

Il mercato europeo, dunque, d’ ora in avanti sarà riequilibrato, per volontà di Bruxelles, attraverso l’ imposizione di un onere medio aggiuntivo che sarà pari dal 35% al 47%  del prezzo finale dei prodotti, in base al grado di collaborazione che gli stessi produttori cinesi offriranno in sede di controllo.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

La nuova misura per il momento entrerà in vigore il prossimo 5 giugno in via provvisoria, per poi arrivare ad una risoluzione definitiva nel mese di dicembre 2013, quando anche il  Consiglio europeo sarà chiamato ad esprimersi sulla questione.

Il provvedimento della Commissione europea in realtà viene  incontro ad una specifica richiesta dei produttori dell’ Eurozona, che da tempo accusavano i produttori cinesi di aver imposto un abbassamento dei prezzi tale non riuscire più coprire neanche i costi di produzione.

Sono state comunque immediate anche le reazioni da parte delle lobby che intrattengono interessi nella produzioni dei pannelli.

Per la BCE i tassi rimarranno bassi fin quando necessario

 Arrivano oggi dalla Banca Centrale Europea ulteriori conferme sul proseguimento della politica di tagli al costo del denaro e di riduzione dei tassi di interesse attuata nell’ ultimo periodo.

> La Bce taglia il costo del denaro allo 0,5%

Nell’ ultimo bollettino mensile emesso dall’ Istituto, infatti, i vertici della Bce hanno confermato che il costo del denaro rimarrà basso fino a quando sarà necessario, in modo da contribuire le prospettive di ripresa che potranno verificarsi nel resto dell’ anno.

Draghi pronto a nuovi tagli

Tutto il primo periodo del 2013, invece, è stato caratterizzato da un generale clima di sfiducia nei confronti dei mercati, sfiducia che tuttavia è stata momentaneamente “interrotta” dal recente successo dei Titoli di Stato italiani e spagnoli, che ha avuto conseguenze anche sull’ andamento dei mercati periferici dell’ Eurozona.

Una possibile ripresa sarà forse possibile solo verso fine anno, ma secondo la Banca Centrale si rendono particolarmente necessarie quelle riforme strutturali che mirino ad un definitivo risanamento dei conti e, se necessario, alla ricapitalizzazione delle banche.

E’ inoltre necessario proseguire sulla strada di una sempre maggiore unione economica, monetaria e, si spera presto, anche bancaria.

Anche se bisogna dire, per dovere di cronaca, che l’ ottimismo della Bce si scontra ancora al momento con le stime al ribasso di molti economisti del settore privato.

Far ripartire la crescita in Europa

 La crescita, prima o poi, ci deve essere, questo è poco ma sicuro ma da dove si ripartirà, questo è un po’ complicato da scoprire. E la domanda assilla soprattutto gli investitori. Secondo Open Europe, in questo momento, è importante prendere spunto dal trend di liberalizzazione del settore dei servizi.

La BCE e i tassi d’interesse sui mutui

La liberalizzazione passa attraverso due cose, in primo luogo l’attuazione della direttiva sui servizi in corso e poi sull’ampliamento del campo di applicazione dei servizi. Questo tipo di provvedimenti, secondo le stime di Open Europe, dovrebbe portare ad un incremento del PIL dell’Unione Europea di almeno 300 miliardi di euro.

La BCE chiede attenzione per le PMI

I benefici che si possono ottenere dalla liberalizzazione dei servizi, sostanzialmente, sono tre: in primo luogo ci sarebbe uno strumento costruttivo in grado di garantire il continuo impegno nell’Unione Europea di paesi che non appartengono all’area euro, per esempio il Regno Unito. 

In secondo luogo ci sarebbe un quadro normativo più vincolante capace di migliorare la competitività e la crescita degli Stati membri dell’Europa meridionale.

Secondo Open Europe ci sarebbe anche un miglioramento della crescita a livello europeo, della competitività e dell’occupazione in un momento in cui il declino economico globale è il vero rischio che il Continente corre.