Cipro cambierà l’Europa, lo dice la Germania

 Il presidente della Bundesbank è convinto che il fallimento di Cipro segnerà un punto di svolta nelle crisi che interessano il Vecchio Continente. Jens Weidman, infatti, in un’intervista rilasciata alla radio del paese ha parlato sia della gestione della crisi europea, sia del caso particolare di Cipro, sia degli obiettivi economici definiti dalla Commissione Europea.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

La Bundesbank, prima di tutte le altre banche europee, è stata scossa dall’eccessiva tensione, causata e alimentata soprattutto dalla bancarotta di Cipro. Il primo pensiero di Weidman è stato rivolto ai depositi tedeschi presenti a Cipro, molti anche tedeschi. Le misure adottate hanno arginato la crisi ma è importante, secondo la Bundesbank, trarne la lezione giusta: le banche, anche in mezzo a mille difficoltà potranno essere ristrutturate. Un segnale decisamente positivo per chi pensava che dall’isola stato si scatenasse l’ennesimo effetto domino.

La Germania contro l’antieuropeismo italiano

Riguardo alla possibilità di Cipro di essere un punto di partenza per una crisi più grande, Weidman è convinto che l’isola abbia una struttura creditizia e bancaria che fa storia a sé quindi dal punto di vista della crisi è sicuramente un caso unico. Mentre potrà essere usato come “esempio” il modello di salvataggio proposto dall’Europa. Anche perchè c’è un altro paese in posizione molto critica: la Slovenia.

Spread stabile e borse positive in Europa

 Cosa succede a Piazza Affari e cosa succede alle borse europee? In questi giorni sembra che nel Vecchio Continente si stia allentando la pressione sul debito sovrano dei paesi maggiormente in difficoltà e soprattutto si è aperta in modo positivo la stagione delle trimestrali.

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

Ad aprire questo periodo di verifica delle attività delle grandi industrie, ci ha pensato Alcoa che nei primi tre mesi del 2013 ha fatto segnare un utile netto di 149 milioni di dollari, in aumento del 59 per cento rispetto al 2012. Il suo risultato è nettamente in controtendenza rispetto alle stime degli analisti che si aspettavamo invece per gli S&P 500 dei trimestrali in calo su base annua.

Commissario per la Parmalat legato all’affare Lactalis

Il debutto positivo di Alcoa potrebbe o inaugurare o una stagione positiva per l’S&P 500, oppure far ricredere gli investitori.

Per quanto riguarda in generale lo spread tra Btp e bund, il differenziale è stabile intorno ai 310 punti con i titoli italiani che adesso hanno un rendimento del 4,53 per cento, che cambierà ancora fino a giovedì prossimo, giorno dell’ulteriore asta da 3-4 miliardi di euro.

Se poii volessimo fare uno zoom su Piazza Affari si scoprirebbe che la borsa italiana è in aumento dello 0,9 per cento e sale più di Londra (+0,5%), di Francoforte (invariata) e di Parigi (+0,3%).

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

 Secondo Munchau l’Italia sta peggio di tutti. L’editorialista del Financial Times ritiene che tra tutti gli stati membri d’Europa, il nostro paese è quello che sta messo peggio di tutti visto che sia le imprese che le famiglie stanno affrontando con grande difficoltà la crisi.

La crisi nella zona Euro non è finita

In Italia le piccole e medie imprese devono fare i conti con una crisi del debito da un lato e quindi con l’impossibilità di accedere a prestiti e mutui nelle banche di riferimento, e dall’altro con l’austerity fiscale che ha alleggerito ancora di più il loro portafoglio. Non va meglio per le famiglie che oltre a chiedere meno mutui hanno iniziato anche a ridurre i consumi, compresi quelli alimentari.

Eppure le agenzie di rating che da tempo tengono nel mirino l’Italia, si stanno accorgendo anche delle criticità della Spagna. In particolare sulla situazione iberica è intervenuta Moody’s. Questa agenzia di rating spiega che Madrid sta facendo degli sforzi enormi ed è riuscita a riequilibrare i conti pubblici.

Eppure le sfide che la Spagna ha intrapreso prevedono un cammino lungo e per questo l’outlook sul debito sovrano del paese resta in territorio negativo. Il tutto fa pensare a ragione che gli obiettivi sul deficit per il 2013, il raggiungimento del 4,5 per cento del PIL, non saranno raggiunti.

La borsa madrilena, però, spera ancora e l’Ibex35 sale allo 0,4 per cento.

L’austerity colpisce anche la corruzione

 La situazione dell’Europa è critica. La crisi, e la conseguente recessione, stanno mettendo a dura prova tutti i paesi, anche quelli, come la Germania, che ancora stanno vivendo una situazione piuttosto tranquilla. Sono state tante le misure proposte, meno quelle realmente attuate, per cercare di risollevare le sorti di un continente in serio pericolo, e spesso sono state misure che hanno toccato i cittadini.
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Quindi le misure di austerity hanno portato più malcontento che reali benefici, almeno a breve termine, ma, come rivela uno studio effettuato dalla Hertie School of Governance l’austerity ha anche un lato positivo: la riduzione della corruzione. Com’è possibile?

Secondo quanto riportato dal Die Welt queste misure, infatti, hanno tolto molto spazio alla corruzione, riducendo al minimo i fondi disponibili per la corruzione. In effetti il ragionamento è molto semplice: i soldi sono pochi e, in un momento di particolare tensione e controllo come questo, non sono utilizzati per chiedere e ottenere favori.

La crisi della corruzione è più evidente nella zona meridionale dell’Europa, in coincidenza di quei paesi che, appunto, stanno vivendo le situazioni più difficili.

La mancanza di fondi per il finanziamento della corruzione riguarda tanto il settore privato che quello pubblico.

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Interessante, poi,  la classifica dei paesi più corrotti secondo la Hertie School of Governance: al primo posto c’è la Romania, seguita Grecia e Cipro. L’Italia è fuori da questo triste podio, ma si aggiudica comunque un settimo posto, dopo paesi come la Repubblica Ceca, la Polonia, l’Ungheria, la Lettonia e la Slovenia. Tra i paesi meno corrotti ci sono Finlandia, Belgio, Germania, Francia, Svezia, Olanda, Lussemburgo e Danimarca.

Abbattere le barriere economiche europee per far crescere l’Europa

 Il danno causato dai dazi doganali e dai vari altri ostacoli che impediscono la libera circolazione delle merci ammonta, secondo quanto riportato dal Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti della Commissione europea ad una cifra che oscilla tra i 90 e i 130 miliardi di euro.Sono tanti gli ostacoli che frenano lo sviluppo economico: si va dai classici dazi doganali ai controlli eccessivi, passando per le assicurazioni obbligatorie e i divieti che ogni paese mette alle merci in entrata come a quelle in ufficio. Secondo gli esperti della Commissione Europea l’eliminazione di queste barriere porterebbe ad evidenti ed immediati benefici, il primo fra tutti la crescita del pil di circa 2 punti percentuali, pari a circa 25o miliardi di euro.

Più merci che si muovono liberamente tra i 27 paesi che fanno parte dell’Unione Europea, il che sarebbe possibile se tutti gli accordi e i trattati per il libero scambio venissero ratificati, vuol dire più ricchezza e, quindi, anche più lavoro: la Commissione Europea stima che i nuovi posti di lavoro potrebbero essere circa 2 milioni.

Tra i trattati in via di ratificazione presi in considerazione dal rapporto ci sono quello con l’India, con il Canada, e infine,anche se le trattative sono iniziate da poco tempo, quelli con gli Stati Uniti e il Giappone.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

 Alcuni esperti nominati dalla Commissione Europea, hanno deciso di redigere un “Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti” per capire quello che non va nel Vecchio Continente.

Bilancia commerciale italiana in fase di miglioramento

Il risultato è che si sono intensificate negli anni le politiche protezionistiche e questo ha portato alla riduzione del volume dell’export con una perdita stimata tra i 90 e i 130 miliardi di euro. Un conto che è pagato salato da tutti 27 paesi dell’Unione Europea.

Il protezionismo, fattivamente, si traduce in dazi doganali troppo alti, nell’incoraggiamento eccessivo della produzione interna, negli ostacoli all’ingresso delle merci e nelle assicurazioni obbligatorie che alla fine sembrano piuttosto dei divieti.

L’accordo europeo sui bilanci degli stati membri

Se anche ci fosse un settore fiorente dell’economia europea, quindi, non avrebbe modo di espandersi. Se invece ci fosse una maggiore promozione dell’export, allora si potrebbe avere nel giro di poco tempo un aumento del PIL del 2 per cento che in termini “euro” corrisponde a ben 250 miliardi.

La strada è sicuramente in salita ma una via d’uscita potrebbe essere nella stipula dei contratti bilaterali. In tal senso le negoziazioni con l’India, da chiudere in pochi mesi, quelle con il Canada, con gli Stati Uniti e con il Giappone, ripartite da poco, potrebbero essere provvidenziali.

Cala il numero dei senza lavoro, ma la disoccupazione è ancora un’emergenza

 I senza lavoro in Italia sono in lieve calo, ma il loro numero non si discosta molto dai tre milioni registrati a gennaio, quando la percentuale dei disoccupati in Italia era dell’11,7%, contro l’11,6% registrato per questo febbraio 2013.
► Le donne al Sud lavorano menoUn calo, quindi, molto lieve che non deve essere preso come un segnale di un miglioramento, dato che la percentuale dei disoccupati in Italia è aumentata di 1,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. Scende, comunque, anche il tasso di disoccupazione giovanile, che si attesta a 37,8% a febbraio,-0,8% rispetto al mese precedente ma in aumento del 3,9 punti percentuali rispetto al febbraio 2012, per un totale di 647mila giovani senza occupazione.

Nel mese di febbraio 2013 gli italiani senza lavoro sono 2 milioni 739mila. Il numero è in aumento rispetto dello 0,2% rispetto al mese precedente, e la quasi totalità dei nuovi disoccupati è composto da donne.

► Donne e occupazione, un confronto impari

Anche in Europa la disoccupazione rimane  a livelli di allarme: per il mese di febbraio, infatti, il dato è rimasto invariato rispetto al preoccupante 12%, per un totale di 19,071 milioni di cittadini europei senza lavoro.

 

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

 Ogni volta che si considera la grande depressione del paese e ogni volta che si parla di crescita europea ed italiana, non si possono evitare i paragoni, non si può quindi evitare di dire come sta crescendo o arretrando il paese o il continente.

Si può tornare alla lira?

Per quanto riguarda l’Europa, che durante il secolo scorso ha dovuto affrontare due guerre, oggi le condizioni economiche di lungo periodo dei maggiori paesi dell’Unione, sembrano essere quelle dell’inizio del Novecento.

La Spagna, l’Italia e la Francia hanno fatto un passo indietro piuttosto che un passo in avanti e sono tornate ai livelli di crescita che c’erano più di 100 anni fa. A dirlo e spiegarlo è un grafico dell’analista di JP Morgan, tale Michael Cembalest.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Come 100 anni fa, infatti, aumentano le pressioni sui mercati del credito, i differenziali dei tassi del debito sovrano dei paesi periferici si allontanano dai valori della Germania e anche i prestiti erogati a favore delle famiglie e delle imprese fanno registrare una progressiva contrazione.

Se si pensa ai costi necessari per la richiesta di un finanziamento, da parte delle PMI italiane, si scopre che è maggiore del tasso nominale e reale del paese.

Molto dipende dalla crisi economica che si è trasformata in crisi politica.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

 Quanto l’Europa ha proposto il prelievo forzoso sui conti deposito di Cipro, come conditio sine qua non salvare l’isola, a parte le proteste vive dell’amministrazione del paese, ci sono stati degli analisti che hanno visto in questa proposta di salvataggio un modello da replicare in Europa. Ma con chi? Con i paesi periferici in crisi tra cui abbiamo la Spagna e l’Italia.

Lo spread vola dopo il gran rifiuto a 5 stelle

Nel nostro paese sono profilerati sondaggi sul prelievo forzoso che hanno dimostrato i timori degli italiani: vedersi rubare da sotto gli occhi, la rendita sudata con il lavoro di accontonamento di una vita.

Svelato uno dei problemi delle banche di Cipro

Sondaggi a parte l’analogia tra Cipro e l’Italia è stata fornita agli investitori su un piatto d’argento, condita dalle recenti minacce rivolte all’Italia circa un nuovo possibile downgrade. Poi ci ha pensato la Germania a riequilibrare gli animi. A parlare, ancora una volta, è il ministro delle Finanze tedesco, Schaeuble che, in un’intervista al Bild, ha deciso di rassicurare l’Italia: la nostra condizione non è come quella di Cipro e non c’è niente di cui preoccuparsi.

I risparmiatori tedeschi che si erano esposti molto sul fronte delle banche cipriote, dicono che i loro investimenti, in Europa, sono ancora al sicuro e quello che è successo a Cipro è da considerare un caso unico.

 

La crisi della Bulgaria fa discutere

 La Bulgaria è in crisi ma fino a questo momento erano in pochi ad accorgersene all’estero. La situazione però si è aggravata nel giro di qualche settimana. E’ bastato un mese e si deve fare il conto con ben 3 morti su 6 persone che si sono date fuoco.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

Uno di questi morti è un ragazzo di 36 anni che faceva il fotografo a livello amatoriale e l’opinione pubblica è stata talmente scossa dal gesto che è stato proclamato il lutto nazionale. Il giovane ha conquistato con il gesto anche le colonne dell’Economist che spiega con dettaglio la crisi economica che interessa la Bulgaria.

2013 consacrato anno del Forex

Si tratta infatti dl paese con il più alto livello di povertà d’Europa. 22 persone su 100 nel paese vivono al di sotto della cosiddetta soglia di povertà. E da cosa dipende? Sembra che ci siano state molte proteste contro la corruzione, contro la disoccupazione giovanile e anche contro la cattiva gestione dei servizi pubblici. In più c’è la mancanza di fiducia e le irregolarità persistenti durante le elezioni. Basta pensare che dal crollo del comunismo ad oggi nessun governo è stato rieletto due volte.

Dal 2007, l’entrata in Europa, ha costretto il paese a fare delle riforme molto austere che hanno portato i conti pubblici ad un livello accettabile ma a patto di avere grossi tagli alla spesa pubblica ed un congelamento potente degli stipendi. Nel 2012, la crescita del PIL è stata dello 0,8 per cento, ma si pensava ad una crescita dell’1 per cento.