L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

 I paesi periferici dell’Unione Europea sono stati aiutati dal meccanismo anti-spread organizzato dall’Europa e l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e l’Irlanda, sono venuti fuori dalla crisi, chi più, chi meno. Adesso però, la crisi fa sentire la sua ultima (si spera) sferzata, sui conti dei paesi considerati più solidi.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

L’ultimo allarme in ordine cronologico arriva dalla Francia che, rispetto alla Germania che continua a crescere, ha inaugurato un trend opposto. Ci si aspettava una crescita motorizzata da queste due nazioni, ma resiste soltanto la filiera tedesca.

Confermata la crisi del settore auto UE

La secondo economia d’Europa accusa qualche colpo. A livello economico sembra che l’austerità fiscale della Germania abbia messo i bastoni tra le ruote al recupero della Francia. A livello politico, poi, dopo l’uscita di scena di Sarkozy, che aveva trovato l’intesa giusta con la Merkel, sembra che adesso ci sia un rapporto Merkel-Hollande, fatto di troppi alti e e bassi.

Sale lo spread per l’incertezza politica

La Francia, a questo punto, è costretta a rivedere al ribasso le stime di crescita. Se anche si pensava ad un miglioramento irrisorio, appena lo 0,8 per cento, bisognerà rivedere anche questo passaggio. La notizia non piace agli analisti che avevano affidato le redini economico-finanziarie dell’Europa, al duo Francia-Germania.

La stagnazione francese apre le porte ad una crisi che valica i confini della politica.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

 Ieri è stata una giornata molto nervosa per i mercati anche in conseguenza dell’aumento dell’incertezza legata al risultato elettorale. Le piazze hanno oscillato un po’ rimanendo nei confini negativi, poiché la Fed americana ha deciso di interrompere il programma di stimoli all’economia d’Oltreoceano. Fino a questo momento aveva schedulato l’acquisto mensile di 85 miliardi di bond.

A questa notizia negativa si sono uniti i dati relativi al PMI europeo che – a febbraio – è sceso dai 48,6 ai 47,3 punti. La BCE, da parte sua, in risposta agli annunci della FED ha soltanto parlato dell’utile netto del 2012 che ammonta a 998 milioni di euro.

Le sfide economiche per l’Italia

Mario Draghi, nel presentare i risultati della Banca Centrale Europea, ha ribadito che l’Italia, tra tutti gli stati membri, è stato il paese più attivo nel programma di titoli di Stato, con 102,8 miliardi di euro. Soltanto dietro di noi troviamo sia la Spagna, sia la Grecia, ma anche il Portogallo e l‘Irlanda.

Il FT parla delle sfide del prossimo governo

Con un orientamento estremo alla trasparenza, la BCE ha pubblicato gli stipendi dei “dipendenti” della Banca Centrale illustrando che Mario Draghi, ad esempio, guadagna più del doppio di quello che si mette in tasca il suo collega americano Ben Bernanke.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

Piazza Affari, data la notizia, crolla cedendo oltre il 3 per cento e riportandosi con lo spread a 290 punti.

L’accordo europeo sui bilanci degli stati membri

 L’Europa prova a risorgere e lo fa mettendo un po’ d’ordine nella normativa comunitaria. In questo momento, archiviate le questioni monetarie sollevate prima e durante il G20, l’UE si concentra sui bilanci. Alla Commissione Europea è stato assegnato un maggior potere di controllo e coordinamento delle politiche di bilancio dei paesi membri dell’Unione e le regole definite potrebbero essere in vigore già a partire dal 2014.

Saldo positivo per l’export italiano

Secondo il Commissario europeo agli Affari economici e monetari, in Europa, questo provvedimento, è da salutare come un rinforzo all’attività di governance. Un modo per rendere più stringenti gli interventi sul deficit pubblico. Il pacchetto di provvedimenti che è stato approvato, prevede che si costituisca un gruppo di esperti che devono garantire all’Europa di uscire dalla crisi del debito.

Draghi ripete ancora che non c’è una guerra di valute

L’Italia, che dovrebbe essere uno dei paesi maggiormente interessati dall’iniziativa europea, in questo momento non può occuparsene, perché al centro del dibattito c’è l’attesa per le elezioni politiche. Tutti, in ogni caso, si augurano che il vincitore della competizione, il prossimo premier, sia sostenuto e garantisca un governo stabile, in grado di affrontare i nodi strutturali dell’economia del Belpaese.

Si tratta di una conditio sine qua non riportare gli investimenti nel nostro paese. E a niente serve insistere sul fatto che l’euro scoraggia le iniziative, visto che l’apprezzamento della moneta unica e la corrispondente svalutazione di dollaro e yen, non sono collegate al calo delle esportazioni.

Guerra di valute ed esportazioni

 La guerra di valute non esiste, lo ha detto Mario Draghi nel discorso al Parlamento Europeo ma è stato accettato anche dai leader politici riuniti a Mosca per il G20. Ogni banca centrale ha la possibilità e il dovere di studiare la strategia finanziaria migliore per aiutare il proprio paese in difficoltà.

Gli ostacoli al new deal di Shinzo Abe

Dall’Europa, le proteste che si sono levate nei confronti delle scelte di Shinzo Abe e della Bank of Japan, quindi sono state eccessive. Un economista di origini danesi, però, ha cercato di capire se la relazione tra il volume delle esportazioni e il valore della moneta locale, tanto usato nei discorsi sulla guerra di valute, è realmente come lo descrivono i politici.

La ripresa ci sarà ma alla fine dell’anno

Il risultato, neanche a dirlo, è stato del tutto differente dalle aspettative. Delusi, quindi, tutti coloro che si aspettavano una conferma delle paure buttate sull’arena mediatica riguardo il fatto che la guerra di valute deprime le esportazioni, soprattutto in Europa. Un grafico, pubblicato sul blog di Lars Christensen, l’economista danese, ne è la prova.

Il calendario economico del 19 febbraio

La guerra di valute che si è scatenata a livello internazionale non ha ridotto in povertà l’Europa che ha dovuto fare sì i conti con l’apprezzamento dell’euro, dovuto alle azioni della Fed e della BoJ, ma la variazione dei prezzi ha salvato il Vecchio Continente.

L’Euro è più forte quindi, per l’allentamento monetario deciso per dollaro e yen, ma in America e in Giappone è stata così rilanciata la domanda interna e le importazioni, a tutto vantaggio dell’euro.

Accordo raggiunto sui poteri della Commissione Europea

 L’Europarlamento, il Consiglio Europeo e i governi dei paesi membri dell’Unione Europea sono giunti ad un accordo per aumentare i poteri della Commissione Europea.C’è voluto un anno, ma alla fine la Commissione ha ricevuto il potere di intervenire sul bilancio dei singoli stati e chiedere correzioni in caso di scostamenti importanti dagli obiettivi di consolidamento fiscale.

► Proposta della Commissione Europea per la Tobin Tax

Secondo il commissario europeo agli Affari economici e monetari, Olli Rehn è stato fatto un passo avanti che permetterà un ulteriore, significativo rafforzamento della governance economica dell’eurozona, un passo oltre la strenua opposizione della Germania.

Il ‘two pack‘, così è stato chiamato il programma, prevede, oltre ai maggiori poteri in seno alla Commissione Europea, anche emendamenti per il sostegno alla crescita, soprattutto nel caso in cui ad un paese siano richiesti sacrifici particolari per i consolidamenti del bilancio, con una particolare tutela per i settori della sanità e dell’istruzione.

► Ue chiede all’Italia di estinguere il debito

Il ‘two pack’ prevede, inoltre, l’obbligo per gli Stati dell’Eurozona di sottoporre le bozze del bilancio per gli anni successivi alla Commissione europea e all’Eurogruppo prima del 15 ottobre e un sistema di monitoraggio graduato per assicurare la correzione rapida e durevole del deficit eccessivo con meccanismi di controllo e allarme a fronte di rischi.

In Europa diminuzione a sorpresa dell’indice Pmi

Nel mese di Febbraio diminuisce a sorpresa l’indice Pmi. Questo è l’indice dell’istituto Markit che considera le aspettative dei direttori degli acquisti delle aziende. Un indice che il mercato ritiene affidabile. L’indice è in calo in Europa, con la Germania che tiene e la Francia che invece è in netta diminuzione.

Indice Pmi dà i primi segnali di ripresa

La situazione economica nell’Eurozona torna quindi a fare preoccupare.

In particolare, l’indice Pmi riguarda l’attività economica nei servizi e nell’ambito manifatturiero In Europa e il dato del suo calo è negativo e diverso dalle aspettative. La diminuzione a Febbraio lo ha portato a 47,3, in maniera inattesa, mentre a Gennaio era a 48,6. Ci si aspettava una crescita è l’arrivo dell’indice Pmi a 49, ma così non è stato. Questo indice sotto i 50 punti significa che l’economia è in contrazione.

Economia zona euro in ripresa

I dati sull’indice Pmi stanno influenzando anche l’andamento delle piazze finanziarie d’Europa. La Borsa di Milano è la peggiore d’Europa.

In Germania l’indice Pmi è tornato a crescere arrivando a 50,1 punti per quanto riguarda il manifatturiero. In Francia è arrivato al 43,6 per il manifatturiero, il risultato peggiore da cinque anni. Il Pmi dei servizi è a 42,7 e i dati dimostrano un’economia in contrazione.

La Germani è quindi in ripresa, ma al momento è la sola. Gli altri Paesi dell’Eurozona sono ancora in una situazione di economia debole e di ripresa che è rimandata di circa un anno.

La ripresa ci sarà ma alla fine dell’anno

 La crisi del debito in Europa non è acqua passata e quando sembrano finiti gli interrogativi sulle economie maggiormente in difficoltà come l’Italia o la Spagna, è iniziata la tiritera sulla guerra delle valute. La preoccupazione per la perdita di competitività del Vecchio Continente, è stata farcita da una serie di rassicurazioni sull’euro: non ci sarà alcune lotta con dollaro e yen, ogni banca centrale farà quello che ritiene più opportuno per il proprio paese, come da mandato.

Il meccanismo unico di risoluzione della BCE

Ma quando si uscirà da questa fase di debolezza che si riflette nella fragilità dell’economia reale? Il 2013, secondo Mario Draghi, ha messo davanti agli occhi dei cittadini, un quadro più stabile, anche se le sofferenze del settore creditizio diventano sempre più urgenti e sarà necessario trovare una soluzione, in tempi brevi, alla tenuta delle banche rispetto alla lunga recessione.

Draghi parla della debolezza dell’economia reale

L’Europa e ogni singolo paese, è chiamato dunque a fare degli sforzi per uscire dalla crisi e tra le misure più gettonate per spazzare via la recessione ci sono i tagli alla spesa senza un corrispondente aumento delle tasse, un consolidamento finanziario, il ripristino della fiducia nelle banche e la creazione del meccanismo di vigilanza unico per l’UE.

Tutte misure che non si attivano da un giorno all’altro tanto che l’uscita della crisi è stata procrastinata alla fine del 2013.

Ottimo risultato per l’Ipo della Borsa di Mosca

Il Moscow Times, il quotidiano in lingua inglese, ha parlato della raccolta dell’operazione di quotazione lanciata nei giorni scorsi dalla Borsa di Mosca. L’Ipo, Initial public offering è la più grande offerta pubblica lanciata in Russia dal 2008, cioè dopo la crisi . La raccolta è stata di 500 milioni di Dollari con il prezzo delle azioni di 55 Rubli. Questa operazione mostra come il valore della capitalizzazione della Borsa russa è di circa 4 miliardi di Dollari.

Ocse paradisi fiscali

Le domande raccolte sono il doppio delle offerte e gli investitori sono soprattutto stranieri, su tutti Germania, Paesi scandinavi, Stati Uniti e paesi asiatici. Il più grande acquirente è stato comunque  il fondo russo per gli investimenti diretti con un investimento di 80 milioni di dollari.

C’è anche la Cina tra i grandi investitori. Una controllata Fondo sovrano cinese, la Chengdong Investment Corporation, ha investito molti fondi. Gli investitori privati sono circa mille.

Per Dmitri Pankin, capo del servizio federale per i mercati finanziari, questo “E’ l’inizio di un lungo viaggio, e ci sono molti obiettivi che la Borsa deve completare. Ma ci sarà una vera competizione con Londra, Francoforte e New York”.

Per l’auto calo di vendite in Europa

Secondo i dati dell’Acea, l’associazione dei produttori europei, la vendita di auto in Europa è in diminuzione. Nei Paesi europei il calo è dell’8,5% a Gennaio, con un dato che è il peggiore dal 1990. Il mercato dell’auto in Europa è quindi in crisi.

Anche Peugeot Citroen in crisi

In Italia il calo delle vendite è sostanzioso con il -17,6%, mentre le vendite della Fiat in Europa sono diminuite del 12,4% nel confronto con il mese di Gennaio dello scorso anno. Le immatricolazioni per la Fiat scendono del 4%. Scendono anche le quote di mercato per il gruppo Fiat in Europa che in un anno sono passate dal 6,9% al 6,6%, mentre per il marchio Fiat c’è un aumento dal 4,9% al 5,1%.

Renault guadagnerà di più producendo in Francia

In particolare, il Gruppo Fiat cresce nel Regno Unito con i volumi che aumentano del 6,9%. Ci sono miglioramenti anche nei mercati minori, come in Belgio e Lussemburgo, dove c’è la crescita più alta che è del 63,2%, o in Svezia con il 18,4%, in Austria con l’8,9% e in Danimarca con l’8,4%.

Le automobili della Fiat più vendute si confermano la Panda e la 500, che fanno parte del segmento A e hanno rispettivamente 15,6% e il 12,3% di quota. La 500L fa un ottimo risultato arrivando al secondo posto nel suo segmento con il 14,85% di quota. Bene anche la Punto e la Freemont che sono tra i primi dieci dei loro segmenti.