Bruxelles pronta a mettere un tetto ai bonus dei manager

 La decisione sembra ormai presa, anche se sono in molti gli oppositori. Al centro del contenzioso la decisione dell’Unione Europea di mettere una soglia massima ai bonus dei manager, che non potranno più superare l’ammontare del salario fisso.
► Top manager inglesi: stipendi più alti del 27%

Una sorta di tragedia per i tanti banchieri dell’Unione europea che vedono ogni anno lievitare i propri guadagni proprio grazie a questi bonus. Le maggiori rimostranze sono arrivate da Londra. A parlarne diffusamente in questi giorni è proprio il quotidiano di riferimento della City, il Financial Times. 

La decisione dovrebbe essere presa al massimo entro la fine di questa settimana dal Parlamento europeo, al momento presieduto dall’Irlanda. Diverse le posizioni dei paesi dell’Unione. Per la Francia sarebbe opportuno che i bonus non superino il salario annuale (con rapporto di uno a uno); la Gran Bretagna prova a proporre un tetto più alto che possa arrivare ad essere il doppio della retribuzione fissa annuale.

► Il meccanismo unico di risoluzione della BCE

A cercare di mediare le posizioni la Germania che cercherà di equilibrare le richieste dei vari paesi e allo stesso tempo di non far inasprire troppo il clima a Bruxelles, dove, in questi ultimi tempi, si discute abbondantemente della riforma del sistema bancario europeo e di un ruolo più incisivo della BCE.

 

 

In Grecia è sempre crisi con 1000 disoccupati in più al giorno

In Grecia è sempre crisi economica e austerità con i disoccupati in crescita che sono quantificati intorno a mille in più al giorno. La situazione è sempre difficile nonostante siano arrivati gli aiuti dell’Ue.

Il tasso di disoccupazione è uno degli indicatori che meglio mostra la situazione di crisi in Grecia. I senza lavoro sono il 27% della popolazione e il 61,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni.

L’austerity richiesta dalla Ue per sbloccare i 230 miliardi di aiuti sta creando situazioni difficili nel Paese e gli unici dati incoraggianti sono quelli del turismo con le prenotazioni in crescita. Per quanto riguarda la ripresa, invece, al momento non se ne vedono gli effetti e si prevede che ne possa riparlare dal 2014.

La crescita della disoccupazione fa paura con i dati che parlano di 30 mila disoccupati in più in un mese. Lo studio del Gsee, il principale sindacato privato, quasi 4 milioni di persone saranno sotto la soglia di povertà entro la fine del 2013 con un reddito annuo minore di 7.200 Euro.

Il Pil dell’ultimo trimestre del 2012 è stato negativo. Il 2012 ha portato ad una caduta del Pil del 6% è tornata indietro all’ecoomia del 2001.

La Grecia ha avuto il riconoscimento dell’Ocse come Paese a maggior tasso di riforme tra il 2011 e il 2012, ma ad Atene si vedono serrande abbassate e manifestazioni di protesta che sono quotidiane.

La Spagna di oggi preoccupa tutti

 Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi, ma quel che preoccupa è soprattutto il futuro. La disoccupazione che è stata il risultato di una crisi importante del settore creditizio prima e dell’economia in generale poi, preoccupa molto il management, a corto d’idee per la risoluzione del problema.

In Spagna hanno provato a proporre un accordo tra i sindacati che risultava a danno dei lavoratori: molte aziende, infatti, proponevano di lavorare di più, mantenendo immutata la retribuzione, e volevano che questo accordo fosse rispettato per almeno tre anni. Cancellati tutti gli extra festivi, congelamento degli stipendi e 26 ore di lavoro in più in un anno: questo, ad esempio, il diktat del mondo della distribuzione.

 La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Intanto la disoccupazione cresce e a gennaio c’erano almeno 132.055 persone in più alla ricerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione, in termini percentuali, è aumentato del 2,72 per cento e si è arrivati a contare 5 milioni di disoccupati.

Di fronte a questa situazione è quasi automatico che si possa parlare di impoverimento della popolazione e la Croce Rossa lo conferma. Gli spagnoli, un po’ come gli italiani, non rinunciano alla pizza fuori casa e si scopre così che anche in questo settore il calo dei “viveur” è del 15 per cento circa.

 Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Per il futuro le prospettive sono poche visto che il governo, attualmente, deve risolvere i problemi interni legati allo scandalo Rajoy.

Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi

 Molto spesso, per interpretare cosa succederà tra non molti mesi, è necessario fare un’analisi lucida del passato. Per organizzare le idee è meglio procedere con una nazione alla volta, magari partendo da quelle maggiormente “in bilico”, dai paesi considerati rischiosi e periferici.

Molti analisti, alla luce degli scandali del governo e del piano pluriennale di austerity, hanno pensato di concentrarsi sulle scelte della Spagna.

► La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Madrid sta sicuramente meglio di Lisbona e di Atene, ma non naviga nel lusso e come per l’Italia le speranze di una ripresa repentina si allontanano. Anche in Spagna, tutto è cominciato dalle banche del paese che hanno avuto problemi di liquidità dopo l’introduzione dell’euro, nel periodo del boom immobiliare.

 I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Gli economisti si sono quindi accorti che il debito accumulato dagli istituti di credito era equivalente se non superiore al debito pubblico, non c’erano più investimenti e il tessuto economico era lacerato dalla disoccupazione, dovuta anche all’eccessiva rigidità del mercato.

L’unica via di scampo sembra quindi rappresentata proprio da una riforma del mercato del lavoro e per questo i politici si sono spesi nella ricerca di accordi tra le associazioni sindacali e i rappresentanti di categoria, proponendo impopolari decurtazioni degli stipendi e corrispondenti incrementi delle ore di lavoro.

Anche Peugeot Citroën in crisi

 Il 2012 è stato un anno drammatico per l’economia e soprattutto per il settore automobilistico. A risentirne però non è stata soltanto la FIAT, perennemente al centro dell’attenzione, ma anche industrie considerate più rodate e maggiormente in forma come ad esempio la Citroën Peugeot. 

Il gruppo industriale francese, nel 2012, è riuscito ad accumulare ben 5,01 miliardi di euro di perdite e nel 2011, non c’era stata alcuna avvisaglia di questa situazione, poiché il bilancio si era concluso con un utile di 588 milioni di euro. Secondo il Wall Street Journal che ha dedicato un po’ di spazio alla notizia, tutto dipende dalla più generale perdita di competitività dell’Europa.

 Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

Le perdite accusate dall’azienda in questione si sono quadruplicate rispetto al 2009, un altro anno che in termini storici può essere considerato come critico. Oltre alle perdite, della Citroën Peugeot sono scesi anche i ricavi che fanno registrare circa 55,45 miliardi di euro.

 I nuovi progetti di Volkswagen

In termini produttivi, sono state immessi nel mercato 2,82 milioni di auto, meno dell’anno precedente, infatti, nel 2011, le nuove macchine messe in campo sono state 3,09 milioni. L’ad dell’azienda automobilistica ha spiegato che la situazione tornerà nei ranghi entro il 2015, visto che è stato già avviato un piano di ristrutturazione che include il taglio dei costi, ma anche una migliore attività di vendita e un taglio dei posti di lavoro.

Saldo positivo per l’export italiano

 E’ l’export il piatto forte della bilancia commerciale italiana. Sono infatti le esportazioni a permettere di chiudere i conti in attivo per il 2012, con un avanzo record di 11 miliardi. Una cifra del genere non si vedeva dal 1999.
► Programma per aumentare Export prodotti italiani

Nel 2012, infatti, l’export è cresciuto del 3,7%, a fronte di una flessione del 5,7% degli acquisti. A trainare il settore delle esportazioni è sono stati i macchinari industriali (comparto delle “macchine e apparecchi non classificati”) che hanno raggiunto 48 miliardi, pari al 65% dell’avanzo registrato nei prodotti non energetici (74 miliardi).

Le maggiori esportazioni sono state verso il Giappone (+19,1%), gli Stati Uniti (+16,8%) e la Svizzera (+10,8%), mentre si sono ridotte di molto le vendite verso paesi quali India (-10,3%), Cina (-9,9%) e Spagna (-8,1%).

Si tratta di un buon risultato su base annua, che però non viene ribadito dalle performance su base mensile: a dicembre le esportazioni italiane hanno segnato un calo dello 0,5% rispetto a novembre e del 3,7% rispetto a dicembre 2011.

► Sempre minore l’import europeo dagli USA

Questa flessione congiunturale dell’export – fa notare l’Istituto di Statistica- è la stessa che si registra anche nelle aree Ue (-0,5%) ed extra Ue (-0,4%). Rapportando i dati a livello continentale, invece, si registra un surplus di 81,8 miliardi di euro, contro il deficit di 15,7 miliardi del 2011 dei paesi dell’Eurozona.