Guadagnare ai tempi della guerra valutaria

 Il mercato ForEx è probabilmente uno dei più semplici da interpretare ed è chiaro a tutti che in questo momento è interessato da una vera e propria guerra, legata molto spesso alle decisioni delle banche centrali. Sono questi istituti quelli maggiormente interessati al deprezzamento delle monete locali, utile ad attirare nuovi investimenti.

Le scelte della BoJ fanno arrabbiare la Germania e si determina una lotta valutaria tra Tokyo e Berlino. La Bank of Japan, come anche al Fed in America, stanno premendo affinché il dollaro e lo yen perdano quota e così, come già indicato dalle statistiche, l’euro resta la valuta forte in circolazione. 

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In questo panorama in cui le banche centrali sono impegnate fortemente nella rincorsa alla liquidità, ci rimette soprattutto l’euro. Ecco allora che le indicazioni su monete forti, monete deboli e monete indebolite a scapito di altre rafforzate, aiuta nella scelta del portafoglio ForEX.

Gli analisti e i broker consigliano anche di diversificare gli investimenti puntando qualcosa sui fondi comuni d’investimento e sui mercati che replicano le oscillazioni del mercato valutario. Parliamo ad esempio dei mercati ETF (Exchange Traded Funds), degli ETN(Exchange Traded Notes) e degli ETC (Exchange Traded Commodity).

 

Supervisione europea banche

 La situazione delle banche europee resta complicata. Vi è la necessità di portare a compimento l’unione bancaria, entro e non oltre il 2013.

Il motivo è che non basta più avere una sorveglianza prettamente nazionale. Nel contempo, è impossibile procedere addossando ai contribuenti i salvataggi.

In altri termini, le banche non hanno speranza di tornare al “solito business as usual”. A dirlo è Michel Barnier, commissario europeo del Mercato.

Barnier, che tra due giorni sarà a Roma a colloquio con il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli e con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha accennato anche qualcosa circa lo scandalo Monte Paschi: “Una cosa è chiara. Certamente la situazione del comparto in Europa timane fragile. Non è però di competenza del commissario fare commenti su questioni sottoposte in Italia, o altrove, alla giustizia nazionale, la quale deve fare il suo lavoro con la massima indipendenza”.

Barnier, dunque, chiede trasparenza, così che la verità possa saltare fuori.

Occorre conoscere i responsabili e imputare loro i reati precisi.

A monte delle considerazioni su Mps, Barnier vuole comunque riconoscere i dovuti strumenti di vigilanza, di trasparenza e di responsabilità all’Unione europea.

Lui è impegnato in questa missione da ben due anni. In ventiquattro mesi ha presentato ben 28 leggi, tutte finalizzate al miglioramento della qualità della vigilanza, anche a livello comune, della zona euro, proprio per aumentare trasparenza e responsabilità”.

 

Economia zona euro in ripresa

 Giungono buone notizie da Markit. Pare che finalmente l’economia che afferisce all’Area dell’euro sia in ripresa.

I direttori acquisti delle principali aziende hanno asserito di essere molto più ottimisti rispetto al passato e di aspettarsi un periodo di crescita.

In primo luogo occorre segnalare che l’indice PMI composito di Markit per l’area dell’euro, inteso come buon indicatore della crescita, è aumentato a gennaio al massimo di 10 mesi a 48,6 dal 47,2 di dicembre. Si tratta di un miglioramento rispetto alla lettura precedente di 48,2.

Ciò non toglie che tra le diverse economie statali vi siano dei divari ancora incolmabili.

L’industria privata che rappresenta quasi i due terzi dell’economia della zona euro, denota un profondo gap tra la Germania, prima economia europea, e la Francia, seconda economia europea.

Il capo economista di Markit, Chris Williamson, ha dichiarato che il blocco euro sta mostrando chiari segni di guarigione, con l’allentamento che ha di fatto reso più difficoltoso l’andamento in gennaio.

Ora siamo comunque più vicini alla stabilizzazione nel primo trimestre.

Il capo economista ha poi aggiunto che “in ogni caso la crescita è fortemente a vantaggio della Germania, dove il contrasto con la contrazione visto in Francia è il più grande visto da quando l’indagine è iniziata nel 1998.”

Il PMI composito tedesco ha messo in evidenza la crescita mensile più grande dall’agosto 2009, segnando il massimo dal giugno 2011. Invece nella vicina Francia l’indice è crollato ai minimi in quasi quattro anni.

Il PMI del settore servizi della zona euro, il quale rappresenta circa la metà dell’economia del blocco, è salito a un massimo di 10 mesi a 48,6 dal 47,8, sopra una stima flash di 48.3.

La crisi nella zona Euro non è finita

 Sono in molti a credere che in questo momento l’UE sta soltanto tirando un sospiro di sollievo per il fatto di aver sbrogliato alcuni nodi rimasti troppo tempo da parte, ma sono pochi quelli pronti a credere che la crisi sia davvero finita.

Se si dovesse scegliere un “capo banda”, in questi giorni, si farebbe sicuramente il nome di Wolfgang Münchau, un editorialista del Financial Times che spiega come tutti i buoni propositi contenuti nel progetto di unità bancaria, oggi, siano molto indeboliti.

Di sicuro, adesso, gli investitori che hanno assistito alla firma del trattato di Basilea III sono convinti che l’Europa ce la può fare e i governi hanno allentato la pressione sull’economia affidandosi alle capacità di gestione della BCE, ma questo non vuol dire che la crisi sia alle spalle. Anzi.

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Nella realtà gli stati membri dell’Unione Europea hanno semplicemente approvato una legislazione unilaterale sulla regolamentazione bancaria ma poco è stato fatto, a livello comunitario, riguardo le transazioni finanziarie. Così, nella pratica, sia la Francia che la Germania continuano a proteggere le attività di trading delle loro banche senza interesse ad agire in questo settore a livello comunitario.

► Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

L’Italia, dal punto di vista della carenza dell’attività di vigilanza bancaria, è emblematica, visti gli sviluppi dell’affare Monte dei Paschi.

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Morgan Stanley si preoccupa per l’Italia

Now we’re getting worried (“Ora ci stiamo preoccupando”). E’ questo quanto detto da Laurence Mutkin, “rate strategist” di Morgan Stanley, in una nota.

L’economista è preoccupato che la crisi europea, di tutta l’Europa, ma in particolare di Italia e Spagna, possa ulteriormente aggravarsi e dà due motivazioni: il rialzo dei tassi di mercato e l’apprezzamento dell’euro.

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Il rialzo dei tassi di mercato

Le banche hanno iniziato a restituire una parte del mega-prestito alla BCE. Si tratta di 139 miliardi di euro che le banche stanno rimborsando e che se da un lato può essere letta come un segno di stabilità da parte delle banche, secondo Mutkin, è, invece, una sottrazione di liquidità ad un’economia ancora lontana dalla ripresa, che potrebbe avere l’effetto di un nuovo rialzo dei tassi dei tassi di mercato: vendita di bond e bonos che farà alzare nuovamente lo spread con in bund tedeschi.

 Per Goldman Sachs l’Italia è un’ottima opportunità di investimento

Apprezzamento dell’euro

Il fatto che una moneta sia forte non è sempre positivo. Nel caso dell’euro, che sta raggiungendo la soglia critica dell’1,40 nel cambio con il dollaro, si tratta di un forte pericolo per le esportazioni, soprattutto per i paesi dell’Europa Meridionale.

 

Inversione di tendenza per l’Euribor

 Il mercato immobiliare si fa più ristretto e non navigano in buone acque, nell’ultimo periodo, coloro che hanno approfittato dei tassi variabili molto vantaggiosi dei mesi addietro. A livello statistico, infatti, è stata segnalata l’inversione di tendenza dell’Euribor.

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Quando diciamo che non navigano in buone acque, vuol dire che sono in apprensione e temono un rialzo repentino della rata anche se i cambiamenti, finora, hanno riguardato soprattutto, o meglio soltanto, l’Euribor a 1 anno. Gli analisti hanno rilevato un leggero rialzo dell’indice, quasi impercettibile.

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Più della percentuale d’incremento, il dato è considerato nel suo essere “avvisaglia” di un’inversione di tendenza. Dopo 14 mesi di ribassi si riprende la corsa in salita. La variazione, però, è stata percepita nell’indice Euribor a 12 mesi, il che vuol dire che, adesso, non ci sarà alcuna conseguenza sulle rate del mutuo.

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L’invito resta ed è quello a tenere sotto controllo le rate dei mutui per capire se anche gli altri indici Euribor di riferimento seguiranno “il padre” di tutte le variazioni. Si sbizzarriscono intanto le previsioni per il 2013, anno in cui l’Europa non uscirà dalla crisi e questo vuol dire che ancora per qualche mese, chi ha acceso un mutuo a tasso variabile, pagherà una quota d’interessi al di sotto dell’inflazione.

Le borse di Milano ed Madrid sono dei gamberi

 Gennaio è stato un mese incredibile per le borse, condito da diversi colpi di scena che hanno creato oscillazioni interessanti degli indici, fino a far considerare l’arretramento dei panieri di Milano e di Atene. Per Piazza Affari, basta considerare quel che è successo con il Monte dei Paschi di Siena e con SAIPEM.

a Milano affonda SAIPEM e la borsa va in panne. Sono le due notizie che vanno per la maggiore dalla metà di gennaio ad oggi. A questi particolari trend di alcuni titoli, si sono aggiunte le stime relative all’economia americana. 

Tutti speravano che l’America fosse ormai lontana dalla crisi ma negli ultimi 3 mesi del 2012, sembra che gli USA abbiano compiuto un passo indietro e infatti è stata registrata una contrazione del PIL dello 0,1 per cento. Gli investitori, a questo punto, hanno pensato bene di vendere i titoli dei paesi maggiormente rischiosi per salvaguardare i profitti del portafoglio d’investimenti. 

Si sono allora scatenate le vendite dei titoli italiani e spagnoli. La borsa di Milano e quella di Madrid sono arretrate rispettivamente del 2,3 e del 5,6 per cento. Hanno reagito con freddezza Francoforte, Parigi e Londra che hanno perso poco o, in alcuni casi, guadagnato leggermente.

Sempre minore l’import europeo dagli USA

 L’Europa è in crisi e se non arriva la metà del 2013 è molto difficile che siano evidenti i segnali di ripresa dai settori più svariati, quello immobiliare in primis.

► Per l’immobiliare ripresa dal 2014

Un recente report relativo ai traffici in entrata e in uscita dal Vecchio Continente, ha evidenziato che continua a scendere l’esportazione di legname di latifoglia dagli Stati Uniti verso l’UE. I dati sono chiaramente riferiti al 2012, ai primi nove mesi dell’anno scorso, quando c’è stata una diminuzione delle importazioni pari al 12 per cento. Se volessimo tradurre questa percentuali in dollari, diremmo che c’è stato un calo del valore del commercio di legname pari a 193,4 milioni di dollari.

L’export statunitense è calato per via della crisi dell’Europa, molto forte in alcuni paesi cruciali per il commercio del legname come lo sono l’Italia e la Spagna che stanno ancora sciogliendo alcuni nodi cruciali per l’economia.

► Nel 2013 si potrà investire tranquillamente sulle commodities

In generale gli acquisti di american hardwoods, nei primi 9 mesi del 2012, sono scesi del 33,6 per cento. L’Italia resta il primo tra i paesi acquirenti – in termini di volumi – di legname americano, ma se il riferimento sono i valori in dollari, l’Italia è stata superata dal Regno Unito.

Il mercato è comunque condizionato, in questo momento, dall’incertezza per le sorti future del Vecchio Continente.

L’indice Big Mac evidenzia la forza dell’euro

 Il mercato ForEX è un terreno d’azione molto importante a livello di investimenti perché consente di avere alti rendimenti a fronte di un impiego di risparmi anche molto contenuto. Ma per capire, in linea di massima, quali sono le valute più forti del momento, si può usare la potenza euristica dell’indice Big Mac.

► Uno sguardo al mercato valutario per calibrare gli investimenti

L’indicatore in questione è presentato ogni anno dall’Economist, per il 2013 la grande novità sta nel fatto che presentazione è interattiva. La teoria economica che sottosta all’indice Big Mac è quella della parità del potere d’acquisto. In pratica si cerca di capire quanto costa un prodotto diffuso universalmente, nelle varie zone del mondo.

► Tutto il ForEX concentrato sulla zona Euro

L’indicatore, all’inizio, aveva un solo riferimento, un elemento esclusivo, che era appunto il panino del McDonald Big Mac. Stando all’ultima rilevazione, l’indice Big Mac ci dice che l’euro è la valuta forte, sia rispetto allo yuan cinese, sia rispetto al dollaro americano.

I numeri parlano chiaro: un Big Mac acquistato nei 17 paesi dell’Eurozona viene a costare qualcosa come 3,59 euro, mentre se lo si acquista in Cina, bisogna corrispondere 16 yuan che sono anche 1,90 euro. Se invece si va a comprare un Big Mac in America, allora saranno pagati 4,37 dollari che equivalgono a 3,22 euro. In questo momento, quindi, l’euro è la valuta forte e lo yuan è la valuta più debole.