Barroso parla dell’emergenza sociale

 Alcune considerazioni, fatte nel contesto della politica, possono avere un’importanza sovranazionale, soprattutto se, in qualche modo, parlano di un trend comune a più stati. Sono queste le considerazioni che chi investe in opzioni binarie, puntando principalmente sui titoli di stato, deve tenere a mente.

Ecco allora che dobbiamo parlare di quanto detto da Josè Barroso, il Presidente della Commissione Europea che si è presentato al Parlamento dell’UE mettendo sotto gli occhi di tutti un problema molto urgente da risolvere: la disoccupazione.

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Le statistiche parlano chiaro: in 12 paesi su 27 dell’Unione Europea il 25 per cento dei ragazzi non ha un lavoro. Ci sono stati sicuramente altri obiettivi negli ultimi mesi, tra cui quello di uscire dall’impasse economico ma adesso bisogna, secondo Barroso, iniziare a ragionare sul mercato del lavoro, per evitare una vera e propria emergenza sociale.

 Barroso lancia allarme lavoro per l’Europa

A livello economico l’UE ha dato la sua prova di forza, dimostrando che non c’è assolutamente niente da temere riguardo la stabilità dell’Euro, ma adesso, il mercato valutario deve essere un attimo accantonato per lasciare spazio ai problemi emergenti come quello dell’occupazione.

Barroso ha detto:

Abbiamo fatto molto per affrontare i punti deboli dell’Europa, e oggi possiamo dire che chi prevedeva la fine dell’euro si è sbagliato. Da fine 2012 la Ue e l’Eurozona hanno iniziato a uscire dalla crisi, gli indicatori sono migliorati, ma dobbiamo dire che non ci possiamo fermare perchè la situazione resta molto grave, soprattutto quella della disoccupazione.

Un rinnovato ottimismo percorre le borse europee

 Bene Wall Street, migliorano le borse europee, il mercato immobiliare va riprendendosi dal suo stato comatoso e i titoli di Stato si riprendono una parte del mercato.

Sono gli indici borsistici a dare misura di come il sentiment degli investitori stia cambiando e non solo verso quelle economie che hanno dato dimostrazione di avere delle basi su cui poter costruire la ripresa, ma anche verso quei paesi che, fino a poco tempo fa, erano considerati impossibili da salvare.

Parliamo dei Piigs, acronimo che racchiude in un nome che connotati non certo positivi i nomi di PortogalloItalia IrlandaGrecia e Spagna, nei cui mercati si stanno riversando fondi e risparmi in quei comparti che danno alti rendimenti.

Come definire questo cambio di rotta? Bene, in America è stato definito esuberanza razionale, ossia un ottimismo verso i mercati dato da delle evidenze di fatto -gli indici azionari, appunto- che si contrappone a esuberanza irrazionale, ossia alle tanto temute bolle speculative. Mario Draghi l’ha voluto chiamare contagio positivo.

Qualunque sia il termine che si vuole utilizzare, rimane l’evidenza e, come sottolinea anche il Financial Times, questa nuova ondata di capitali che ha investito le borse italiane, spagnole, portoghesi e greche è particolarmente importante perché per la prima volta dall’inizio della crisi non si tratta di denaro immesso ad opera delle banche centrali, ma di denaro reale che proviene da investitori (perlopiù extraeuropei) che credono possibile un alto ritorno del proprio investimento. Si tratta di un nuovo ottimismo che si spande per l’Europa proprio grazie al progetto dell’Europa Unita.

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Il segnale più forte di questo ottimismo arriva dalla salita dei tassi di interesse dei titoli di Stato, in modo particolare di quelli tedeschi e di quelli americani. Al momento della crisi questi bond sono stati considerati da tutti gli investitori un bene rifugio, nel quale investire anche se i rendimenti erano piuttosto bassi. Il fatto che nell’ultimo periodo si sta assistendo ad un rialzo dei loro tassi di interesse, indica che le persone decidono di investire in titoli di stato che rendono di più, come quelli italiani o spagnoli.

Chiaro segno che la paura del default è finita. Quali sono le cause di questo cambiamento. Gli analisit e gli esperti ne hanno indicate tre:

1. la vittoria di Barack Obama alle elezioni e la risoluzione, anche se solo temporanea, del Fiscal Cliff e del tetto del debito;

2. la Cina che ha ripreso a crescere dopo gli allarmi sul rallentamento di quella che è considerata la nuova tigre dell’economia mondiale;

3. la politica monetaria delle banche centrali

Philips si abbandona al rosso

 Sorti alterne per le grandi aziende americane e non, che in questo periodo sono costrette a presentare i conti trimestrali. I bilanci mettono a nudo la salute delle società ma sono anche una bussola per gli investitori che adesso conoscono meglio dove inviare i loro risparmi.

Abbiamo già parlato di Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti, oppure di P&G che fa progressi anche in borsa. Sul fronte italiano, invece, brilla l’esperienza di Lavazza pronta a sfidare Starbucks in Inghilterra.

Adesso vogliamo conoscere un po’ meglio quel che accade invece alla Philips, la società olandese che è tornata in terreno positivo soltanto alla fine dell’anno scorso. Un bilancio in realtà macchiato da una sanzione da record, di 509 milioni di euro che è stata imposta dalla Commissione UE che ha deciso di punirla per i prezzi applicati ai tubi catodici.

Quindi, l’ultimo trimestre dell’anno passato i conti Philips sono in rosso per questa ammenda ma poi la società, che si occupa di elettronica ed elettrodomestici, può fare affidamento su un utile netto di 231 milioni di euro. Il fatturato è cresciuto comunque fino a 7,16 miliardi che in termini percentuali si traducono in un incremento del 6,7%.

A livello programmatico l’azienda ha deciso di cedere per 150 milioni di euro il suo settore dedicato all’intrattenimento.

Olli Rehn parla di Italia e Europa

 Olli Rehn ha parlato diffusamente al Parlamento europeo dell’Italia, in una lunga analisi che vede il nostro paese preso sia come esempio di ciò che non andrebbe fatto e anche come esempio, invece, di ciò che tutti dovrebbero fare per accompagnare l’Europa fuori dalla crisi.

Rehn attacca Berlusconi e difende Monti

Nel secondo esempio, com’era prevedibile, Rehn ha citato quanto fatto dal governo tecnico presieduto da Mario Monti, per il primo la stoccata è arrivata direttamente a Silvio Berlusconi.

Secondo il Commissario, infatti, il Cavaliere non ha rispettato gli impegni presi per il consolidamento di bilancio previsti per l’estate del 2011 (il consolidamento era fondamentale per l’acquisto dei titoli di Stato italiani da parte della BCE).Il mancato rispetto dei termini ha fatto sì che il costo del finanziamento diventasse molto più pesante per lo Stato e questo ha provocato il soffocamento della crescita dell’Italia, fino a che, come dichiarato dallo stesso Rehn, l’Italia non ha fatto passi da gigante, riguadagnando la fiducia dell’Europa, con l’arrivo di Monti.

Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

Oltre al caso Italia, Rehn è anche intervenuto sulla situazione dell’Europa e dell’euro, definendo la situazione buona, ma ancora insicura. Ciò che gli stati membri devono fare, ora, è consolidare il mercato del lavoro con riforme atte a rimuovere gli ostacoli all’occupazione.

 

La possibile espansione di Geox

 Ci sono molte aziende nel nostro paese che stanno scegliendo la delocalizzazione per ridurre i costi e mantenere un certo standard di produttività. Una vicenda emblematica in questo senso è quella della Geox che ha volto il suo sguardo imprenditoriale verso i lidi d’Oriente.

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Un movimento che oltre ad essere interessante per il portafoglio dei manager, è cruciale per quello degli azionisti.

L’azionista a presidente della Geox, Mario Moretti Polegato, da tempo ha deciso di far parte del World economic forum di Davos e da qualche giorno tenta di fare il punto sulla situazione della sua azienda, la società che si occupa di produrre e vendere le famose “scarpe che respirano”.

L’azienda ha intenzione di continuare ad espandersi, ma per farlo deve andare oltre i confini europei. La meta definita dal presidente è la Cina oppure Hong Kong. In entrambi questi territori, da qui a tre anni, Geox intende aprire 400 nuovi negozi. Un quantitativo enorme di punti vendita, soprattutto se si considera che i negozi Geox nel mondo, oggi, sono 1200 in tutto.

Il mercato cinese rappresenta un’opportunità enorme per l’azienda che non vuole certo posizionarsi come l’azienda che produce scarpe di lusso, ma come portavoce dell’urban style, produttrice, insomma, delle scarpe “da tutti i giorni”.

Tagli banche inglesi 2013

 Tremano le grandi banche. Le loro strutture, note per aver per permesso agli istituti internazionali di consolidare il loro primato in tutto il mondo,continuano ad essere vittime di tagli, per effetto di una situazione economica tutt’altro che favorevole.

I grandi istituti sono sempre più condizionati dalla pesantezza dei conti delle ultimi stagioni, i cui effetti stanno influendo non poco nella conduzione odierna.

Barclays

Fonti autorevoli affermano ad esempio che in Gran Bretagna Barclays avrebbe dato l’ok per un piano di taglio del 15% della forza lavoro in Asia, Giappone compreso, in particolar modo nel comparto dell’investment banking.

Morgan Stanley

Lo stesso provvedimento, quello dei tagli al comparto dell’investment banking, era stato già avviato in un recente passato da Morgan Stanley. La decisione è stata presa a causa dello scarso livello di marginalità creato dalle tradizionali attività di supporto alla sottoscrizione di azioni e bond, di advisory in generale e di consulenza nelle attività extra finanzarie.

Lloyds Banking Group

Quella che è la banca numero due del Regno Unito, dopo aver avviato modifiche significative ai vertici nella scorsa estate in seguito allo scoppio dello scandalo Libor, ha anche da poco intrapreso la strada per la riduzione degli organici in Europa, sempre per quanto riguarda le posizioni dell’investment banking. I tagli dovrebbero riguardare circa 2 mila dipendenti. Anche Lloyds Banking Group ha cominciato un piano di licenziamenti da oltre mille unità.

Italia e Francia unite dalla produttività e divise dallo spread

 L’anomalia dello spread è una questione tutta italiana ma è anche vero che c’è qualcosa che non va nella definizione del differenziale. La stranezza emerge da una comparazione tra la situazione dello Stivale e la situazione della Francia.

I nostri vicini hanno un rapporto deficit/PIL fissato al 5,7% e un rapporto debito/PIL, sempre in aumento, vicino a quota 90%. Il 2013, poi, non è iniziato nel migliore dei modi e infatti tutta la bilancia francese risulta fuori dal baricentro definito dai parametri di Maastricht.

 Anche i prestiti sono in calo come i mutui

Hollande ha già definito i suoi obiettivi: portare il deficit all’1 per cento entro il 2015. Nonostante la situazione non proprio rosea, la Francia ha uno spread di 60 punti circa.

Il nostro paese, invece, viaggia intorno ad uno spread di 260 punti base, con una riforma strutturale del mondo del lavoro e delle pensioni già a buon punto.

 Spread ai minimi

Nella battaglia tra i numeri si scopre che la Francia ha un costo del lavoro pari a 116,4, una produttività dell’85,3 e una spesa pubblica del 50%. L’Italia è messa bene in fondo con un indice di produttività all’85,2 e una spesa pubblica al 45%.
Gli analisti spiegano la situazione dicendo che l’Europa, a livello finanziario è maggiormente dipendente dai buoni rapporti tra la Francia e la Germania piuttosto che dal rapporto Italia/Germania.

Draghi al WEF: il 2012 anno dell’euro

 Mario Draghi al WEF non solo si è scagliato contro il governo Monti, ma nel suo intervento a Davos ha anche parlato di quanto la Banca da lui governata abbia fatto per aiutare i paesi dell’Eurozona a uscire dalla drammatica situazione economica in cui ci troviamo.

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Per il presidente della BCE, infatti, il 29012 è stato un anno in cui la moneta unica ha fatto da protagonista e di come abbia riguadagnato terreno, anche grazie agli interventi mirati fatti dal suo istituto. Ma non è finita, la crisi è ancora presente, ma già a partire dalla seconda metà dell’anno sarà possibile vedere i primi segni di miglioramento.

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Ora, però, dopo il tanto lavoro fatto dalla Banca Centrale Europea per evitare problemi drammatici, come i tagli ai tassi e le iniezioni di liquidità per gli istituti bancari in difficoltà, la palla passa in mano ai singoli paesi, perché proseguano la strada del consolidamento fiscale e delle riforme strutturali.

World Economic Forum Outlook 2013

Mario Draghi ha colto l’occasione anche per definire la sua opinione per quanto riguarda la supervisione bancaria: i paesi coinvolti non devono agire come singoli, ma in sinergia con tutti gli altri e con il supervisore centrale che sarà, appunto, la Banca Centrale Europea.

Le scelte della BoJ fanno arrabbiare la Germania

 Quella che sembra delinearsi nel mercato ForEX è una vera guerra valutaria, soprattutto in considerazioni delle reazioni tedesche alla scelta della Banca del Giappone di confermare la politica di allentamento monetario.

BoJ e governo discutono della crescita

La Bank of Japan, in realtà, ha scelto soltanto di allentare la pressione sull’inflazione, ma questa decisione è stata mal digerita dalla Germania e il direttore della Bundesbank è intervenuto in prima persona per annunciare che la svalutazione dello yen è da considerare una minaccia che potrebbe ridurre l’indipendenza e l’autonomia delle banche centrali di tutto il mondo. Insomma, la Germania sembra disposta a lottare per mantenere vivo più che mai l’euro.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

Tokyo ha deciso di deprezzare la moneta locale al fine di rilanciare l’economia e gli investimenti nel paese. Una cosa simile è già stata fatta dagli Stati Uniti per il dollaro della Cina per lo yuan. A questo punto è l’euro che sembra rimanere nel mezzo, è troppo forte e deve fare i conti con l’export dimezzato. 

La BCE, adesso, dovrà tenere in considerazione le scelte delle varie banche centrali, compresa la politica della Bank of Japan in merito allo yen. Secondo il direttore della Bundesbank ci sono tutti i presupposti per l’inizio di una vera guerra tra le valute, scandita dalla competizione tra le banche centrali, che potrebbe determinare una nuova crisi, anche più pesante di quella in atto.

Tutto il ForEX concentrato sulla zona Euro

 Il calendario economico odierno è scandito dalla pubblicazione di numerosi documenti che, per il loro impatto sull’andamento delle valute, possono essere considerati dei veri market mover. A livello extraeuropeo c’è sicuramente da tenere d’occhio la pubblicazione settimanale delle richieste di sussidi per la disoccupazione in America. E per l’Europa?

La crisi dell’Eurozona sul viale del tramonto

Nel Vecchio Continente, l’attenzione è tutta concentrata sugli indici PMI manifatturieri e dei servizi, rilasciati con riferimento alla Francia e alla Germania. L’indice PMI manifatturiero francese è dato leggermente in rialzo, fino a quota 44,9, ma non si è ancora fuori dalla zona rossa della contrazione. Per la Germania la lettura dello stesso indice è data in rialzo ma in fin dei conti la situazione complessiva della zona Euro resta piuttosto stabile.

L’indice PMI della zona euro

L’indice PMI dei servizi, sempre con riferimento alla Francia e alla Germania, dovrebbe subire un leggero incremento nel primo paese, restare stabile per la Germania, mentre, nel resto dell’Europa si potrebbe definire un trend di crescita. In genere, ricordano gli analisti, le letture al di sopra delle aspettative possono generare un trend rialzista dell’euro.

A completare il quadro delle pubblicazioni dell’Eurozona ci saranno poi altri quattro elementi: i dati sulla disoccupazione in Spagna, prevista in aumento di 0,2 punti; i dati sulle vendite al dettaglio nel nostro Paese, dati in recupero dopo la precedente lettura negativa; la bilancia dei pagamenti della zona euro e il business climate elaborato dal Belgio.