Il mappamondo economico del 2050

 Chi investe in opzioni binarie è sempre alla ricerca di nuove opportunità d’investimento attraverso l’analisi dei dati e la ricerca di trend significativi. A poco servono i bollettini, come quello della BCE, in cui si lancia l’allarme per la fuga d’investimenti dai paesi periferici, verso i paesi con la tripla A, visto che i dati del mercato, quelli raccolti da Bankitalia, descrivono una situazione del tutto diversa.

La BCE contro Bankitalia sugli investitori

Molto meglio, dal punto di vista speculativo ed analitico, un articolo “futuristico” come quello redatto dal Sole 24 Ore in cui si analizzano i paesi che di qui al 2050 cresceranno di più. L’articolo nasce dalla considerazione dei dati di un’indagine di Pwc in cui si spiega lo spostamento del punto d’equilibrio economico a favore del versante asiatico. I paesi emergenti spingono le quotazioni auree e saranno anche quelli con le migliori performance positive.

La prima potenza mondiale, il paese che maggiormente crescerà fino al 2050 è la Cina e soltanto più in basso troviamo anche gli Stati Uniti e l’India ma ad una distanza abbastanza rassicurante per l’impero mandarino. Dal 2012 al 2050 le performance migliori saranno realizzate da Nigeria, Vietnam, India, Indonesia, Malesia, Cina, Arabia Saudita e Sudafrica.

 

L’Italia è considerata in progressiva discesa: oggi è al decimo posto e potrebbe crescere ancora un po’ ma potremmo ottenere un tredicesimo piazzamento alla fine dei giochi. La Turchia crescerà più dell’Italia, così come Russia, Messico ed Indonesia andranno meglio della Germania e del Regno Unito.

Roubini contro il ministro dell’economia ungherese

 Nel mercato valutario c’è una moneta che in questi giorni sta vivendo delle oscillazioni importanti alla luce di un episodio che rischia di condizionare la vita politica del paese. Stiamo parlando del fiorino ungherese e della discussione che ha coinvolto la Roubini Global Economics (RGE) e il ministero dell’economia ungherese.

Una panoramica sull’andamento dell’euro

Tutto nasce dalla raccomandazione della RGE che ha invitato i politici ungheresi a trarre vantaggio dai tassi di cambio attualmente in vigore. Il ministero dell’economia ha immediatamente diramato un comunicato informando gli investitori che in seguito alle parole dell’economista Roubini, sul fatto che il mancato accordo del FMI era una cattiva notizia per il mercato valutario nazionale, il fiorino ha iniziato a deprezzarsi.

► Chi ha guadagnato contro l’euro

La moneta ungherese, in effetti, ha raggiunto il suo livello minimo da sette mesi a questa parte, poi ha riguadagnato terreno nell’ultima settimana. L’attacco al fiorino nasce dal comportamento degli speculatori che hanno accettato il consiglio di Roubini.

L’economista, a sua volta, ha ribaltato la questione al Ministro dell’economia Matolcsy accusandolo di aver determinato il declino della valuta ungherese con le sue dichiarazioni di approvazione delle politiche economiche poco ortodosse.

In linea generale, le previsioni sul paese parlano di crescita pari a zero nel 2012 con prospettive leggermente migliori nel 2013.

FMI su Usa, Europa e politiche monetarie

 Christine Lagarde, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), ha rassicurato l’Europa e il mondo intero parlando del superamento del pericolo di un collasso dell’economia, ma avverte anche che è necessario prendere dei provvedimenti mirati al fine di evitare delle ricadute.

In attesa della pubblicazione del prossimo World Economic Outlook, nel quale saranno contenute le stime di crescita per i prossimi periodi, Christine Lagarde, si sofferma sulla necessità di innescare un circolo virtuoso di crescita e occupazione, che deve basarsi sulla sostenibilità dei conti pubblici.

Lagarde: priorità all’unione bancaria

Da qui introduce le sue preoccupazioni per quanto riguarda la questione del tetto del debito americano e sul ritardo nel raggiungimento di un accordo che mette in difficoltà mercati e popolazione. Ma non è solo la questione americana a preoccupare la numero uno del Fondo Monetario Internazionale, ma anche quella europea, in cui i provvedimenti prioritari devono essere quelli per una maggiore unione bancaria.

FMI: Accordo su Fiscal Cliff insufficiente

Ciò che deve essere evitato, inoltre, è uno scontro valutario tra Europa e Stati Uniti, che non porterebbe a nessun risultato ma che, invece, si profila sempre di più all’orizzonte se verranno ancora perseguite le politiche monetarie espansive.

Isole Cayman non più paradiso fiscale

 Pressioni politiche ed economiche stanno spingendo le Isole Cayman ad abbandonare lo status di paradiso fiscale, che detengono fin dalla fine del Settecento. Quindi, in queste isole vige l’esenzione dalle imposte e, dal 2003, anche un mercato deregolamentato per i fondi comuni di investimento.

Gli accordi fiscali con la Svizzera

Secondo il Financial Times questi territori sarebbero pronti ad una maggiore trasparenza per quanto riguarda le migliaia di società e le hedge fund con domicilio nell’isola. Il territorio inglese di oltremare, infatti, non gode di una buona reputazione presso gli altri stati e, nell’intento di non apparire più sulle Liste Nere – le Cayman sono inserite nella lista nera del governo italiano dal 1999 – le autorità delle Isole stanno cercando delle vie per rendere agevole la raccolta di informazioni su società e relativi manager che qui hanno sede.

Ancora nulla di fatto sul patto Italia Svizzera

La prima proposta è stata quella di creare un database in cui siano elencati tutti gli hedge fund con domicilio alle Cayman. Una proposta che raccoglie le critiche, sia di Europa che di America, nei confronti dei requisiti minimi di comunicazione imposti dalle Isole Cayman alle società registrate.

Indagato per frode Ministro Francese Fisco

Ma, come anticipato, le pressioni non sono solo politiche, ma anche di natura economica. Alle Isole Cayman, infatti, hanno sede un grande numero di fondi pensione al mondo che non hanno la possibilità di verificare i dettagli dei fondi delle Cayman in cui investono nè dei loro manager.

Recessione europea 2013

 Diciamolo senza girarci troppo intorno. Il Vecchio Continente nel 2013 cadrà nel baratro della recessione. Anche l’anno in corso non sarà semplice per l’Eurozona.

Un anno complicato, da trascorrere nel disperato tentativo di rafforzare l’economia, riportandola in salute e fornendo a tutti certezze e prospettive di occupazione.

► 10 cose da sapere sulla riforma del lavoro

Oggi che la crisi del debito sovrano preoccupa di meno, pur non essendo stata del tutto risolta, sono ancora molti i nodi da sciogliere per quanto riguarda l’economia reale La via dell’Austerity e del rigore, forse, è stata di aiuto per diminuire i problemi, anche se Austerity e rigore hanno reso più fragile la zona dell’Euro. Il problema, entrando nel gergo tecnico, è che la Banca Mondiale presenta cifre preoccupanti su tutti i fronti

RECESSIONE

Nell’anno in corso il Prodotto Interno Lordo è destinato a contrarsi dello 0,1%.

La diminuzione è minuscola e la recessione dovrebbe durare non più di 12 mesi. Ma saranno altri 12 mesi con l’acqua alla gola. Intorno alla fine del 2014 dovrebbe verificarsi una crescita del +0,9%.

PARALISI FISCALE

Conta poco fare previsioni per il biennio che verrà, poiché bisogna tenere in considerazione una variabile importante, la quale potrebbe condizionare l’economia globale: ci stiamo riferendo alla paralisi fiscale che coinvolge gli Stati Uniti, provocata dal braccio di ferro tra democratici e repubblicani sul budget.

Scongiurato il pericolo – fiscal cliff, al momento il duello concerne il tetto del debito, ormai a un passo dal limite deciso per legge di 16.394 miliardi. Se questo problema non sarà risolto, anche gli Usa saranno risucchiati dal vortice della recessione, con un -0,4% per quest’anno.

 

Stop al potere del rating

 Dall’Europa è arrivato l’argine per le agenzie di rating che nell’ultimo anno, con i loro giudizi, hanno influenzato in modo più o meno pesante l’andamento dei mercati europei e mondiali in generale. Sotto osservazione, naturalmente, le note diffuse da Standard&Poor’s, da Moody’s e da Fitch.

Nuove regole Agenzie Rating

L’Europarlamento, in questo momento, ha pensato di imporre un calendario ai giudizi delle agenzie così che anche le oscillazioni del mercato possano essere “previste”. Ottime notizie per gli investitori che potranno monitorare più facilmente quel che accade a livello tendenziale.

Un’informazione importante è relativa ai giudizi sulle ri-cartolarizzazioni: ogni 4 anni si dovranno cambiare le agenzie. Ora, la decisione dell’Europarlamento deve essere passato al vaglio del Consiglio UE, affinché, in 20 giorni, avvenga la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

► Borse in calo ma Fitch dice che l’Italia si stabilizzi

In generale, comunque, si possono evidenziare ben 4 novità: in primo luogo il debito sovrano potrà essere valutato soltanto 3 volte l’anno. Si potrà superare questa soglia soltanto su esplicita richiesta dello Stato interessato. La seconda novità riguarda il tempo che avranno imprese e Stati per studiare il rating: un giorno intero invece delle 12 ore previste fino a questo momento.

Il paletto relativo alle ricartolarizzazioni l’abbiamo già visto, non resta che considerare le note, le quali non potranno più contenere raccomandazioni sulla politica economica per i governi.

L’interesse della Francia per le energie rinnovabili

 Non è stato sotto i riflettori nonostante i risultati e le dichiarazioni, ma il vertice mondiale sulle energie rinnovabili, sviluppatori ad Abu Dhabi, può dare numerose indicazioni sulla politica energetica globale. A partecipare all’evento sono state ben 150 delegazioni, arrivate da tutto il mondo.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

 

Un episodio di questo tipo, per portata e risonanza, non si avrà di nuovo fino al 2015, anno in cui è in programma la conferenza sul clima, probabilmente in Francia. A candidarsi per la location, per accogliere questo evento “storico”, è stato proprio il presidente Hollande che ha proposto la Francia come sede della prossima conferenza ONU.

Non tanto la location, quanto i temi trattati, risultano di cruciale importanza. Si cercherà infatti di affrontare il tema dell’approvvigionamento energetico nel momento in cui finiranno le risorse petrolifere. Sarà tra l’altro necessario non dilungarsi in elucubrazioni teoriche ma trovare degli obiettivi realistici da raggiungere nel più breve tempo possibile.

Intanto si prende atto dell’incremento dell’uso delle energie rinnovabili a livello globale. Entro il 2030, infatti, si arriverà al 30 per cento d’uso nel mondo. Il motore dell’incremento, in questi anni, dovrebbe essere la sostenibilità di queste fonti energetiche.

L’economia è la prima sfida di Obama

Hollande, da parte sua, candida la Francia come capofila in questa piccola rivoluzione ed apre uno spiraglio anche per l’adesione del gigante cinese all’Agenzia internazionale per le rinnovabili.

Le evoluzioni del mercato dell’auto

 Il mercato automobilistico, nel 2012, ha subito un crollo molto drastico, soprattutto sul versante europeo dove, quanto a produzione automobilistica, l’Italia è subito diventata il fanalino di coda. Cosa ha zavorrato le industrie dell’Eurozona.

► Da cosa può dipendere la crisi dell’auto

Secondo gli analisti è tutta colpa delle misure di austerity in qualche modo richieste dai governi per fronteggiare la crisi che, al contrario, ha fatto diminuire in modo vertiginoso le immatricolazioni. Il calo più vistoso è stato evidenziato proprio nello Stivale.

► Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

A pubblicare i report ci ha pensato l’Acea che ha analizzato in modo dettagliato la situazione europea del 2012, spiegando che le nuove immatricolazioni sono state soltanto poco più di 12 milioni. Una soglia che porta il settore automobilistico ai livelli del 1993. In generale, in tutta Europa, si parla di un calo dell’8,2%.

L’unico stato ad andare molto bene è stato il Regno Unito dove le immatricolazioni sono cresciute del 5,3%. I cali, invece, si sono registrati in Italia (-19,9%), ma anche in Francia, Spagna e Germania dove le diminuzioni percentuali sono state rispettivamente del 13,9, del 13,4 e del 22,5 per cento.

Tutti i maggiori marchi automobilistici hanno subito una flessione, da GM Group a Fiat, da Toyota a Ford, ma ci sono state anche industrie che invece hanno concluso l’anno in positivo: Jeep, Jaguar Land Rover e Land Rover. La svolta cinese della FIAT non arriva a caso.

Banca Mondiale chiede riforme e certezze

 Il generalizzato stato di incertezza in cui versano la maggior parte delle economie sviluppate ha messo in allarme la Banca Mondiale, che vede nei problemi fiscali degli Stati Uniti un reale pericolo per tutte le altre economie.

A dirlo è Kaushik Basu, capo economista della Banca Mondiale, che parla di un anno molto rischioso, durante il quale una crisi degli Stati Uniti – in questo momento particolarmente a rischio a causa delle polemiche e degli slittamenti dell’accordo sul tetto del debito che influenza anche le borse mondiali – potrebbe portare a conseguenze ben più gravi di quanto possa fare quello che accade, ad oggi, ad Eurolandia.

Banca Mondiale taglia stime di crescita PIL

Gli Stati Uniti sono la prima economia al mondo e per quest’anno la crescita del paese sarà dell’1,9%, ma la recessione è dietro l’angolo e tutto dipenderà dallo sviluppo della situazione politica, mentre per l’Eurozona è stata prevista una contrazione dell’economia dello 0,1%.

A risentirne maggiormente i paesi in via di sviluppo, i quali, nel frattempo, hanno già evidenziato un rallentamento nella crescita come non succedeva da almeno dieci anni.

Obama preoccupato per il rischio default

La Banca Mondiale parla di un critical divide, ossia una situazione per cui anche se il sentiment degli investitori va migliorando grazie ai provvedimenti che sono stati presi soprattutto nell’Eurozona, le economie sottostanti manifestano evidenti segni di debolezza, che potrebbero venire a galla se la situazione di incertezza attuale non migliora, dando vita ad un’altra serie di rischi finanziari. Basu sottolinea che per le economie emergenti è necessaria la stabilità dell’economia USA, e chiede, quindi, che la situazione di paralisi fiscale attuale venga risolta prontamente con provvedimenti mirati ed efficaci.

Con la crisi generale rallenta anche la Germania

 La crisi economica che ha interessato da vicino il nostro paese nel 2012, non sembra allentare la presa in questo avvio d’anno. Eppure per il 2013 le prospettive sono ottimiste sia all’indirizzo dell’Italia che in relazione all’Europa in generale.

► Paesi in crescita nel 2013

Eppure il fatto che siamo lontani dal tunnel, secondo molti, si evidenzia dalla condizione della Germania che è stata interessata dalla crisi, per contagio, proprio sul finire dell’anno scorso. Adesso il governo Merkel tira le somme e si scopre che il PIL è sceso dello 0,5% nell’ultimo trimestre del 2012. Tutto è peggio di come se lo aspettavano analisti e investitori.

Se il paese che è considerato il pilastro dell’UE, si ferma, tutti pensano che presto ci sarà un nuovo ciclo di “perdite” anche per gli altri paesi membri dell’Eurozona, soprattutto per quelli periferici, tra i quali c’è anche l’Italia.

► Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

In Germania, per quanto riguarda il flusso inport/export, si nota che all’aumentare delle esportazioni, cresciute del 4,1%, non è seguito un aumento analogo delle importazioni che si sono fermate invece al +2,3%.

Quel che comunque è da tenere d’occhio è il rallentamento degli investimenti nell’impiantistica e nei macchinari, perché vuol dire che nonostante le condizioni vantaggiose dei finanziamenti siano vantaggiose, nonostante l’indice di disoccupazione resti al di sotto della media,la crisi del debito inizia a farsi sentire. La Germania, tra l’altro, da sola accumula il 28% del PIL dell’Eurozona.