10 miliardi per il duo Fiat-Chrysler

 La fusione tra Fiat e Chrysler, ormai, è il grande tormentone del mercato finanziario ma adesso sembra di essere arrivati davvero agli sgoccioli. La scadenza per la fusione di queste realtà industriali, infatti, è stata procrastinata al massimo fino all’estate, sempre che riesca il coinvolgimento delle banche necessarie a concludere l’operazione a livello finanziario.

Poi, entro la fine dell’anno, ci dovrà essere il completamento della fusione anche dal punto di vista amministrativo. Insomma, il futuro di Chrysler e Fiat è unico. Adesso la parola sull’operazione spetta al Ministro dello sviluppo economico che ha già dichiarato di voler approfondire che impatto ha questa operazione sull’Italia.

Fiat-Chrysler, un affaire da venti miliardi di dollari

La Fiat ha gli obiettivi chiari, nel senso che punta a scalare Chrysler fino al 100 per cento ma per farlo ha bisogno delle banche e in particolare di un finanziamento di 10 miliardi di dollari. Dove sono questi soldi? Secondo gli analisti di Bloomberg, potrebbero presto entrare in campo la Bank of America, la Deutsche Bank e poi anche BNP Paribas e Goldman Sachs. Con questi aiuti la Fiat dovrebbe riuscire a rilevare il 41,5 per cento della Chrysler.

Fiat Industrial emigra in Regno Unito per pagare meno tasse

I 10 miliardi menzionati servono in parte per finanziare l’acquisto di questa quota Chrysler da parte della Fiat, circa 4 miliardi, il resto serve poi per assottigliare il debito in scadenza.

Fiat-Chrysler, un affaire da venti miliardi di dollari

 L’operazione con la quale Fiat vuole acquistare il controllo totale di Chrysler ammonterebbe a 20 miliardi di dollari.

Poco meno dei 23 miliardi di dollari con i quali General Motors nel 2010 è sbarcata in Borsa.

L’indiscrezione proviene dal Wall Street Journal, che ha quantificato la “mossa” del Ceo del lingotto Sergio Marchionne per acquistare il controllo del 100% di Chrysler e per quotare in Borsa la società che nascerà dal legame con Fiat.

La richiesta di finanziamento

Senza dubbio, per il giornale, si tratta di un affare “complicato”. Per portarlo a termine Fiat si è rivolta a Goldman Sachs, Bank of America, Deutsche Bank e ad altri istituti per una potenziale richiesta di credito.

Marchionne e Fiat puntano a permettere al Lingotto di possedere “il totale controllo della casa automobilistica americana e a quotare i titoli su un listino americano, una manovra che probabilmente includerà una complicata reazione a catena che potrebbe significare più di 20 miliardi di dollari di accordi”.

Per il Wsj si tratta di una cifra grande quasi quanto i 23 miliardi di dollari dello sbarco in Borsa di General Motors di tre anni fa.

Marchionne vuole puntare ad un’ipo della società Fiat-Chrysler che possa alimentare il bilancio della casa torinese.

Fiat tranquillizza sulla sede di Industrial all’estero

 Una nota diffusa oggi da un portavoce del Lingotto ha cercato di placare le numerose polemiche sorte all’ indomani della diffusione della notizia del trasferimento della sede legale di New Fiat Industrial all’ estero, nel Regno Unito.

Fiat Industrial emigra in Regno Unito per pagare meno tasse

Fiat ha infatti spiegato che nel trasferimento della sede non vi è alcun tentativo di arrecare danno al fisco italiano, ma che si tratta semplicemente di una strategia aziendale volta ad attrarre nuovi investitori e a mettere gli azionisti nelle stesse condizioni dei loro maggiori concorrenti, ovvero di quelli di altre aziende globali del settore dei capital goods.

Torna a crescere il mercato dell’auto in Europa

Il trasferimento della sede di New Fiat Industrial all’ estero, inoltre, non arrecherà grandi modifiche all’ assetto tributario e fiscale del Gruppo Fiat, che versa, sin dal 2012, al fisco italiano solo il 5% delle proprie imposte, cioè una cifra pari a 27 milioni di euro, sulla base del fatto che il resto dei  tributi è di competenza delle società operanti altrove (ovvero in Nord America, America Latina e Europa).

Il trasferimento della sede nel Regno Unito non avrà dunque effetti sul fisco, ma al massimo sui mercati, per ragioni di dividendo, dal momento che la nuova società si ta ora quotando a Wall Street.

Fiat Industrial emigra in Regno Unito per pagare meno tasse

Un altro brutto colpo per l’Italia da parte di Marchionne, dicono. Successivamente alla fusione con l’americana Cnh, Fiat Industrial ha trasferito la propria residenza fiscale nel Regno Unito.

Dal Financial Times, nel commentare la notizia, fanno sapere che si tratta di una sorta di affronto all’esecutivo guidato da Enrico Letta, il quale sta cercando di arrestare il deflusso di investimenti dopo quasi due anni di recessione.

Il giornale afferma inoltre che Fiat Industrial intende approfittare di un regime fiscale agevolato. Sarebbe questo il motivo del trasferimento: in soldoni, nel Regno Unito le imprese pagano meno tasse.

Chi meno del quotidiano britannico può dirlo? L’aliquota della corporate tax è stata ridotta di gran lunga negli ultimi anni. Il Regno unito l’ha portata dal 30% del 2007 all’attuale 23,25%. E tra due anni scenderà ulteriormente al 20%.

Nel contempo, dall’inizio del 2012, il Regno Unito ha alleggerito le regole fiscali riguardanti le imprese straniere.

Insomma, rispetto all’Italia, Paese in cui le imprese sono soggette ad un’aliquota fiscale del 31,14%, si sta meglio.

Fiat Industrial ha dunque trovato nella Gran Bretagna il teatro ideale per completare la fusione con la controllata americana Cnh. Un affare, consistente nel acquisto del 12% dell’azienda statunitense, che si farà entro fine anno.

 

Stop agli stabilimenti europei di Fiat

 Sospensione degli stabilimenti Fiat in Europa per via dell’assenza delle forniture da parte di Selmat. Una mancanza che sta provocando “serissimi danni al gruppo”. Lo hanno comunicato in una nota da Torino, sottolineando che anche oggi l’impianto di Officine Maserati di Grugliasco ha dovuto bloccare la produzione, come era già successo venerdì scorso, per via della mancanza delle forniture.

Si tratta di pezzi in plastica per gli interni, da parte del gruppo Selmat, in grave crisi finanziaria e già interessato dalla cassa integrazione per i propri dipendenti.

Gli altri stabilimenti

Per la stessa ragione è fermo lo stabilimento di Fiat Automobiles in Serbia.

Quello Iveco di Madrid, invece, non produce da venerdì. Altri stabilimenti sono a rischio. La loro attività si potrebbe bloccare da qui a poco. Nella nota si legge che tutto ciò “Sta provocando enormi danni al Gruppo Fiat e agli altri fornitori, che stanno regolarmente consegnando il proprio materiale”.

Migliaia di persone rimaste a casa

Intanto, le persone che venerdì scorso ed oggi sono rimaste a casa sono migliaia. Prosegue dunque una situazione di grave difficoltà che si porta avanti ormai da tempo ed il cui protrarsi non può non destare preoccupazione per le prospettive dei rapporti tra Fiat ed il fornitore e per le inevitabili ricadute occupazionali.

Già nelle scorse settimane diversi stabilimenti Fiat avevano dovuto interrompere la produzione in conseguenza delle mancate consegne da parte di Selmat.

Fiat investirà 7 miliardi in Brasile

 Il Gruppo Fiat è pronto ad ampliare il paniere degli investimenti oltreoceano. Questa volta si tratta del Brasile, per il quale sarebbe già pronto un piano dal valore di 7 miliardi di dollari.

Sempre più giù il mercato dell’auto

L’ Agenzia di stampa brasiliana Agencia Brasil ha infatti diffuso oggi la notizia che l’  amministratore delegato del Gruppo Fiat, Sergio Marchionne, ha inviato al Presidente brasiliano Dilma Rouseff il resoconto di un piano di investimenti che prevede, entro il 2016, un impegno del Gruppo – sia su Fiat Spa che su Fiat Industrial – per circa 7 miliardi di dollari.

Il nuovo piano, in realtà, sviluppa una precedente strategia aziendale relativa al triennio 2011 – 2014, per la quale erano previsti già 4 miliardi di dollari, di cui costituisce una sorta di implementazione.

FIAT Industrial ripensa ai suoi conti

Gli investimenti previsti serviranno a finanziare non solo la costruzione del nuovo stabilimento industriale di Pernambuco, che entrerà in attività nel 2014, ma anche la produzione di motori e veicoli industriali.

In seguito a questa manovra, dunque, il gruppo Fiat aumenterà nel Paese il numero degli addetti diretti, che saliranno di 7.700 unità, mentre l’ indotto subirà un incremento per 12 mila posti di lavoro:  del resto il Brasile è il più grande mercato Fiat presente fuori Italia e il quarto più grande al mondo per il settore delle automobili.

Sempre più giù il mercato dell’auto

 Continua anche nel mese di aprile il trend negativo che ha investito il settore dell’ automobile da un po’ di mesi a questa parte.

Basta guardare, infatti, i dati relativi al gruppo Fiat (Fiat Group Automobiles), tutt’oggi ancora leader di mercato per avere un chiara idea della flessione che il mercato dell’ auto sta attraversando.

> Trattativa Fiat-Chrysler: la palla passa ai sindacati

Ad aprile, ad esempio, il gruppo ha potuto registrare il 14,4% delle immatricolazioni in meno, anche se la quota di mercato di Fiat è passata dal  28,75% di marzo scorso al 30,20% di quello di aprile.

L’epopea del titolo e dell’azienda Fiat

Questo nonostante le auto più vendute in Italia continuano ad essere sempre vetture del gruppo Fiat: nella top four si hanno infatti, nell’ordine, Panda, Punto, Ypsilon e 500, con Panda e Punto che risultano contemporaneamente anche le vetture più vendute del mese, con un totale di  9.300 esemplari per la prima e  di 6.400 unita’ per la seconda.

Non male, poi, i risultati ottenuti fino ad oggi dalla 500L, in costante crescita almeno nel suo settore con un totale di 2.400 immatricolazioni a soli pochi mesi dal lancio.

Non vanno del tutto male, però, in definitiva, neanche le performance del brand Lancia e di quello Alfa Romeo, con i modelli di punta Ypsilon, nelle diverse versioni e Giulietta.

Trattativa Fiat-Chrysler: la palla passa ai sindacati

 Fiat potrebbe essere costretta a versare più dei 139,7 milioni di dollari offerti al fine di esercitare la call option e acquistare una quota del 3,3% di Chrysler di proprietà del Veba, il fondo del United Auto Workers (Uaw), il sindacato dei metalmeccanici americano.

Il giudice della corte del Delaware, Donald Parsons, pare infatti intentzionato alla valutazione del Uaw, in base al quale la quota vale almeno 342 milioni di dollari.

La decisione della corte sul prezzo della call option, che dovrebbe arrivare entro giugno, potrebbe influenzare il prezzo d’acquisto complessivo dell’intera quota del 41,5% di Chrysler che fa capo al Veba e che Fiat è intenzionata a comprare.

Le voci di corridoio relative ad un’accelerazione del piano di fusione Fiat-Chrysler si sono moltiplicate nelle ultime settimane, facendo volare il titolo del Lingotto, salito oggi in Borsa del 3,8%. Durante l’udienza di oggi in tribunale, il giudice Parsons ha dichiarato di essere “intenzionato” nella direzione del Veba.

In base le stime di JPMorgan, notiamo che la quota di Chrysler oggi in mano al Veba ha un valore che oscilla fra i 3 e i 4 miliardi di dollari. Una cifra alla quale Fiat può fronteggiare utilizzando i suoi asset, come Ferrari e Maserati, al fine di assicurarsi un finanziamento dalle banche per 2,9 miliardi di dollari.

Fiat, stando alle indiscrezioni, sarebbe in trattative avanzante con un gruppo di banche al fine di ottenere un finanziamento per l’acquisto del 100% di Chrysler.

FIAT Industrial ripensa ai suoi conti

 Le stime di crescita e di guadagno per il 2013 di FIAT Industrial sono state riviste al ribasso. La revisione al ribasso degli obiettivi per l’anno in corso ha influito in modo determinante sui listini dove si è assistito al crollo del titolo FIAT in borsa fino alla sospensione delle contrattazioni.

L’epopea del titolo e dell’azienda Fiat

L’unica cosa che ha tenuto svegli gli investitori è stato il risultato oltre le stime portato a casa da CNH. Sul versante opposto troviamo invece l’IVECO che fa registrare una perdita operativa per 9 milioni di euro. Insomma la crisi torna alla carica, ma in realtà possiamo dire che la crisi non ha mai abbandonato il settore automobilistico, specie se ci si riferisce all’Italia.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

Per il 2013 di FIAT Industrial i nuovi dati sono i seguenti: la crescita dei ricavi passa dal 5 per cento al 3-4 per cento. Poi il margine della gestione ordinaria dall’essere considerato tra l’8,3 e l’8,5 per cento, adesso è ridotto ad un range tra il 7,5  e l’8,3 per cento. Infine l’indebitamente netto industriale passa da 1,1-1,4 miliardi di euro a 1,4-1,6 miliardi di euro.

La società automobilistica, infatti, ha chiuso il primo trimestre molto al di sotto delle aspettative, visto che non è riuscita a raggiungere gli obiettivi fissati dagli analisti. Questo non ha impedito a Sergio Marchionne di aumentare il suo reddito.

L’epopea del titolo e dell’azienda Fiat

 Tutti gli investitori, soprattutto quelli di Wall Street, si stanno concentrando sul titolo FIAT dopoché il Wall Street Journal, ha diffuso una serie d’indiscrezioni. Sembra infatti che la FIAT abbia deciso di mettere il piede sull’acceleratore e procedere alla svelta con l’acquisizione di Chrysler.

Una volta completata l’operazione, poi, si potrebbe andare avanti con la quotazione a Wall Street. Questa notizia, relativa alle trattative tra le due aziende automobilistiche, ha fatto crescere in modo davvero interessante il titolo FIAT nella borsa di Milano. Resta però un problema da affrontare e risolvere, quello relativo al contenzioso con il fondo Veba, il quale, ricordiamolo, ha in gestione il 41,5 per cento della società americana su “commissione” del sindacato Uaw.

Marchionne e lo stipendio nel periodo di crisi

La Reuters, intanto, ha deciso di pubblicare qualche indiscrezione sul prezzo dell’acquisizione del 41% di Chrysler da parte di Veba. Si tratta di una cifra che non dovrebbe superare i 3,5 miliardi di dollari. Fiat, al momento, è soltanto alla ricerca degli strumenti finanziari necessari per portare a termine l’operazione. Sembra che dopo la fusione si possa procedere con la quotazione e che questo “ultimo” passaggio non ci sarà prima del 2014.

Il punto del FT sulla crisi europea

I rappresentanti Fiat saranno presto in tribunale per trovare una soluzione al contenzioso relativo al 3,32 per cento di Chrysler che adesso è nelle mani di Veba.