Senza rivali gli americani sul consumo eccessivo di tecnologia nel 2024

Gli americani sono i primi nel consumo eccessivo di tecnologia con una media di 13 dispositivi e connessioni a testa, quattro in più degli europei e 4 volte in più degli asiatici. Sebbene la spesa globale per i dispositivi tecnologici sia diminuita dal picco di mercato del 2021, i consumatori di tutto il mondo pagheranno comunque la sbalorditiva cifra di 710 miliardi di dollari per l’acquisto di PC, tablet e smartphone quest’anno. Tuttavia, questa è solo una parte dei dispositivi tecnologici che un consumatore medio possiede oggi e il loro numero continua ad aumentare.

Negli ultimi cinque anni, il numero medio di dispositivi e connessioni pro capite in tutto il mondo è aumentato da 2,4 a 3,6. Tuttavia, ci sono enormi differenze regionali, con il Nord America al primo posto per consumo eccessivo di tecnologia.

consumo eccessivo di tecnologia

Finanza Mia: il mondo della finanza in parole semplici

Sin dai tempi risalenti all’antica Mesopotamia, gli esseri umani avvertirono la necessità di creare un sistema che li aiutasse a gestire la fiscalità e il debito pubblico. Fu così che si diede il via alle prime istituzioni bancarie.

Finanza mia

Big Data: l’importanza di saperli interpretare

Si parla di Big Data quando si ha un insieme talmente grande e complesso di dati da richiedere la definizione di nuovi strumenti e metodologie per estrapolare, gestire e processare informazioni entro un tempo ragionevole.

Quali saranno le dinamiche dei mercati finanziari nei prossimi mesi

 Dal punto di vista di movimenti correlati tra strumenti appartenenti allo stesso mercato o di mercati diversi continuiamo a notare dei movimenti all’unisono del dollaro americano, pur se in misura minore rispetto a quanto visto dopo l’ultima decisione da parte della Fed di tagliare di ulteriori 10 miliardi il piano di stimolo all’economia (tra l’altro questo mercoledì verranno rilasciate le minute dell’incontro).

Il centro finanziario di Londra sta perdendo la sua influenza

 L’area della City di Londra è il centro finanziario probabilmente più importante  del mondo. Il settore finanziario è un elemento chiave dell’economia britannica, in particolare dal 1980 quando Margaret Thatcher è andata a capo del Paese.

Tuttavia, questo gioiello dell’economia britannica sta vivendo una serie di dubbi sulla sua sostenibilità in un contesto che è cambiato notevolmente dall’inizio della crisi globale. Infatti, la crisi economica si trascina in Europa con la crisi del credito che ha portato a un rallentamento nel centro finanziario di Londra. Inoltre, la crisi finanziaria del 2008-2009 ha dato luogo a un aumento della domanda per la regolazione delle attività finanziarie. Infine, l’ascesa dell’Asia e l’inclinazione del mondo degli affari verso questa parte del globo possono fare temere un cambiamento nella finanza internazionale.

 

La Borsa di Londra a rischio ribasso

 

La crisi finanziaria  del 2008-2009 ha sollevato una serie di problematiche finanziarie. Una delle soluzioni è stata la separazione delle attività bancarie. L’obiettivo era quello di proteggere le industrie nazionali e banche del Regno Unito. Al culmine della crisi, il Regno Unito teme che salvare le banche che corrono il rischio di fallimento potrebbe portare a un rischio sistemico per l’economia globale.

Le banche sostengono che questa prospettiva rappresenterebbe un costo compreso tra i 5 ei 10 miliardi di euro all’anno. Il risultato sarebbe che le banche dovrebbero ridurre le loro operazioni nei mercati finanziari, vale a dire ridurre il volume delle transazioni. Tale legislazione limiterebbe le prospettive delle banche nazionali e minerebbe la capacità di Londra di attrarre investimenti. Il centro finanziario di Londra sarebbe in grande difficoltà a mantenere la propria posizione sui mercati internazionali su beni come le azioni, le obbligazioni o i derivati.

Da notare tuttavia che lo sviluppo della finanza britannica è principalmente il risultato di banche internazionali , più che le banche britanniche. Infatti, oltre il 50% delle attività bancarie nel Regno Unito sono detenuti da istituzioni straniere. In questo senso è possibile affermare che Londra fornisce il centro finanziario, ma gli attori sono essenzialmente stranieri.

Renzi si oppone al “dictat” dell’Europa

 È ora di finirla con il “costante refrain italiano per cui si dipinge l’Europa come il luogo dove veniamo a prendere i compiti da fare a casa. L’Italia sa perfettamente cosa deve fare e lo farà da sola per il futuro dei nostri figli”.

I beni rifugio un investimento sicuro in periodi di crisi

 Nei periodi di crisi, come quello che da più di tre anni si ha in Italia, investire in beni rifugio è spesso un’alternativa più che interessante. Questi beni rifugio sono l’oro, le opere d’arte, le valute e gli immobili, anche se qui la crisi si è sentita. I beni rifugio offrono, in linea teorica, la tranquillità che in periodi di crisi non si hanno svalutazioni. Questi beni “fisici” sembrano adatti nei periodi di crisi finanziaria perché materiali e quindi in grado di dare una maggiore sicurezza agli investitori. Nei periodi di crisi finanziaria, quindi, tutto sembra perdere valore e le persone sono portate ad acquistare questi beni rifugio perché materiali e in grado di garantire una maggiore tranquillità.
In base al tipo di bene rifugio, l’acquisto può essere diretto o indiretto. Ad esempio, le opere d’arte si possono acquistare direttamente, mentre l’oro si può acquistare direttamente o indirettamente attraverso Certificate o Etc. Le valute si possono acquistare attraverso le banche o sul Forex. E anche gli immobili possono essere acquistati direttamente o indirettamente, attraverso i fondi immobiliari.
I beni rifugio, come detto, sono più utili da acquistare in periodi di crisi. In questi periodi, si può aumentare la presenza di beni rifugio nel proprio portafoglio arrivando anche al 15%-20%. Questi beni sono infruttiferi è quindi è meglio non andare oltre nell’acquisto.
L’investimento in beni rifugio è quindi un’opportunità che permette di avere beni non legati agli strumenti finanziari. Questo tipo di investimento, però, ha dei rischi che devono essere conosciuti e calcolati. Il primo è relativo al fatto che nei beni rifugio c’è scarsa liquidità. E poi c’è il fatto che vendere questi beni, come ad esempio l’oro, un’opera d’arte o un immobile, non è facile come vendere delle azioni. Per l’investimento c’è da fare attenzione anche alla sopravvalutazione dei beni. Per questi beni rifugio la valutazione potrebbe abbassarsi e portare al semi fallimento  dell’investimento.
Rispetto agli strumenti finanziari, i beni rifugio non hanno un rimborso. Si pensi ai Bund tedeschi o ad altri investimenti in obbligazioni di società e dello Stato. I beni rifugio sono sicuri in periodo di crisi e il loro prezzo cambia come per gli altri strumenti finanziari. In caso di cambiamento a livello internazionali delle condizioni finanziarie, i prezzi dei beni rifugio potrebbero abbassarsi ed essere meno sicuri.

La Bank of England punta sul mondo della finanza

 Per la Banca d’Inghilterra si apre in questi giorni quello che può essere definito un nuovo corso. Il nuovo governatore della Bank of England, infatti, Mark Carney, alla guida del prestigioso istituto britannico a partire dal mese di giugno scorso, ha infatti dichiarato in una intervista rilasciata in questi giorni al Financial Time londineseche il motore economico dei prossimi anni sarà ancora il mondo della finanza

Presto un nuovo mercato europeo unsecured promosso da Assiom Forex

 L’obiettivo di Assiom Forex, l’Associazione italiana e internazionale degli operatori finanziari, è quello di promuovere la circolazione di liquidità tra le banche e gli investitori e per fare questo sta prendendo sempre più corpo una iniziativa che arriverà al via tra circa sei mesi, nel mese di febbraio 2014. 

Che cosa sono le Società di Investimento a Capitale Variabile – SICAV

 In un post pubblicato in precedenza abbiamo visto in che cosa consistono gli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio di cui può capitare di sentire parlare quando si decide di aderire ad un programma di investimento, di sottoscrivere dei piani di accumulo del capitale o dei fondi comuni di investimento.