Fiscal cliff, le borse chiudono con entusiasmo

 Il fiscal cliff è stato considerato bloccante per gli affari degli Stati Uniti, sia per i traffici verso questo paese, penalizzato dall’apprezzamento del dollaro, sia per i traffici in uscita dall’America che ha frenato gli investimenti stranieri per paura di dover far fronte a gravi dissesti interni.

Oggi il precipizio fiscale, ad un giorno dalla soluzione trovata dall’amministrazione Obama, sembra un ricordo vago, soprattutto se si considera la reazione delle borse che già a metà mattinata erano fiduciose, benché in attesa di conoscere l’esito della riunione europea dedicata al caso greco.

Wall Street, alla fine della giornata può contare sul rialzo di tutti i suoi maggiori indici: il Dow Jones guadagna l’1,65 per cento, il Nasdaq cresce del 2,21 per cento e lo S&P 500 fa registrare un buon +1,98 per cento.

In Europa è molto interessante il progresso di Milano. Piazza Affari è incoronata migliore borsa europea nella giornata di ieri con una crescita del Ftse Mib del 3,05 per cento. Vanno bene anche Parigi il cui Cac 40 recupera il 2,93 per cento, Londra con un Ftse 100 al +2,36%, Francoforte che cresce del 2,49 per cento e Madrid che segna un balzo in avanti di 2,31 punti percentuali.

Interessante anche la reazione di Atene che alla fine della giornata fa registrare un +5,54 per cento.

Fiscal cliff, le borse si riprendono

 Sembra quasi un controsenso: il pericolo del fiscal cliff incombe e le borse si riprendono. In realtà questo accade perché i mercati e gli investitori sono convinti del fatto che gli Stati Uniti, presto, raggiungeranno un accordo sulla questione.

Le borse europee, dunque, nella giornata di ieri, fino a metà mattina si sono dimostrate molto vivaci. In America si vociferava che l’accordo sarebbe stato raggiunto in pochissimo tempo. In realtà a fare da traino ai listini del Vecchio Continente ha contribuito anche l’attesa per la riunione europea in cui i ministri delle finanze degli stati membri dovranno decidere sul pacchetto di aiuti da “versare” alla Grecia.

Interessante, quindi, il balzo in avanti di 1,5 punti percentuali del Ftse Mib che si è riportato prossimo a quota 15 mila punti. Le altre borse europee sono apparse comunque in rialzo, grazie ad esempio al +1,5 per cento di Parigi.

Le buone notizie sul fiscal cliff hanno influito sulle contrattazioni perché nel momento in cui l’America troverà una tregua sotto il profilo fiscale, dovrebbero riprendere le spese e gli investimenti degli USA.

Riguardo Piazza Affari che c’interessa più da vicino, osserviamo con piacere che lo spread è fermo nel range dei 350-355 punti che erano quelli della chiusura di venerdì. L’euro è scambiato a 1,276 dollari.

L’economia tedesca sempre più a rischio, gli Usa sono la nuova speranza

 La Germania, fino a questo momento, è stata considerata il motore dell’Europa, ma la crisi sta facendo sentire i suoi effetti e l’economia del paese della lady di ferro rallenterà la sua crescita. La tendenza è stata confermata dal rapporto di novembre della Bundesbank.

Ancora, grazie ai frutti degli investimenti passati, la situazione è controllabile ma il presidente Weidmann avverte: se non si prenderanno provvedimenti adeguati, entro fine anno lo scenario potrebbe irrimediabilmente cambiare.

Dalla Bundesbank arrivano avvertimenti ben precisi: l’unione bancaria per il salvataggio delle banche in difficoltà non può essere una soluzione per la crisi.

Se fatta in modo corretto, l’unione bancaria può essere un pilastro importante, perfino per sostenere un’unione monetaria stabile. Ma non è la chiave per risolvere la crisi e non dovremmo pretendere che lo sia.

A dare la possibilità ai mercati finanziari stanno subentrando, al posto della Germania, gli Stati Uniti. Sono le decisioni che il presidente Obama ha preso e prenderà sul Fiscal Cliff, e la possibilità, sempre più concreta, di un accordo al Congresso, a dare nuova linfa vitale ai mercati.

Reputiamo che il sentiment positivo sui mercati sia legato all’aumento delle attese degli investitori su un esito favorevole delle trattative tra democratici e repubblicani al Congresso per risolvere il problema del fiscal cliff, il precipizio fiscale, tagli alla spesa automatici e aumento dell’imposizione fiscale per un ammontare complessivo di 607 miliardi di dollari ovvero il 4% del pil del Paese a stelle e strisce.

afferma Filippo Diodovich, market strategist di IG.

Fiscal Cliff, economia e lavoro: la prima conferenza stampa di Obama

 Si è tenuta ieri la prima conferenza stampa del presidente Obama. Un’ora e mezzo davanti ai giornalisti americani e alla stampa di tutto il mondo in cui il presidente ha esposto le sue opinioni e le sue intenzioni per il risanamento dell’economia americana: il Fiscal Cliff, le tasse ai ricchi e il lavoro.

E’ possibile che tutti noi precipitiamo nel ‘fiscal cliff’ se al Congresso prevale la testardaggine. Non farò marcia indietro come due anni fa.

Obama è intenzionato ad evitare il Fiscal Cliff e per farlo deve trovare un accordo al Congresso, cosa non facile visto che i repubblicani non sono d’accordo sulle metodologie democratiche. Obama, infatti, è intenzionato a tassare la classe ricca, e puntare su quella media per far risalire l’economia:

Non dobbiamo tenere la classe media in ostaggio, mentre discutiamo dei tagli alle tasse per i ricchi. Dovremmo almeno procedere sui punti su cui siamo d’accordo, come quello di mantenere basse le tasse per la classe media. Farò firmare un documento a tutti in modo da poter dare alla gente una certa sicurezza prima delle vacanze.

Tra gli altri obiettivi c’è quello del lavoro, un aspetto fondamentale se si vuole davvero procedere ad un risanamento sano e duraturo dell’economia.

 

 

Il fiscal cliff pesa sul dollaro

 Il pericolo che l’America possa finire nel baratro della recessione impensierisce gli americani ma soprattutto ha determinato molta incertezza sui mercati che adesso si concentrano sulle oscillazione dell’US Dollar Index e non solo.

Il fiscal cliff è l’incubo dell’America post elezioni. Il pericolo della recessione, adesso che tange anche gli States, si configura come l’inevitabile e nuova sfida per Obama e per il suo entourage. Peccato che a fare le spese di questa situazione non siano solo i cittadini ma anche la moneta americana.

Il dollaro sta perdendo consistenza proprio alla luce dell’incertezza sul futuro finanziario dell’America e il fatto che la situazione sta diventando piuttosto urgente, si può dedurre dall’andamento dell’US Dollar Index.

Gli Stati Uniti, Obama lo sa bene, devono provvedere al più presto a risparmiare qualcosa come 600  miliardi di dollari. La manovra economica, se possiamo chiamarla così, passa dall’aumento delle tasse e da un taglio della spesa pubblica per alcuni servizi.

Due pilastri dell’economia americana che non sono visti nello stesso modo da repubblicani e democratici. L’inquilino della Casa Bianca, però, in questo momento ha bisogno dell’appoggio del Congresso per intero. Repubblicani e Democratici hanno in serbo proposte diverse ma la base di partenza è la stessa: bisogna rinnovare il fisco a stelle e strisce.

Mercati nervosi, perde terreno piazza Affari

 Il nervosismo dei mercati si è tradotto in performance pessime di Piazza Affari su cui pesano da un lato le preoccupazioni sui vicini di casa e dall’altro i timori Oltreoceano. Ecco cosa ha influito sul leggero tonfo del nostro mercato finanziario.

Nella giornata di contrattazioni di ieri, i mercati sono apparsi molto nervosi e così piazza Affari è stata colonizzata dalla volatilità degli scambi. In fondo ha pesato il fatto che gli investitori non abbiano preso una direzione certa.

Sicuramente Atene influisce sull’andamento degli investimenti, ma è necessario aspettare ancora un po’ visto che nel corso della settimana prossima i vertici greci incontreranno i rappresentati dell’Eurogruppo, chiamati a decidere sulla prossima tranche di aiuti per il paese in difficoltà.

Come se non bastasse il peso del fiscal cliff ostacola la serenità degli scambi di Wall Street che sono peggiorati parecchio nell’ultima seduta. Sul fronte italiano non ci sono stati tanti movimenti riguardo lo spread tra Btp e Bund che è rimasto intorno ai 360 punti base, mentre il Ftse Mib e il Ftse Italia All Share hanno chiuso a -0,52 e -0,53 punti percentuali.

Riguardo i titoli di Piazza Affari c’è stata una battuta d’arresto dei bancari che nei giorni scorsi non erano andati affatto male con un recupero più deciso di A2A ed Enel.

Cibo e benzina sono meno cari, l’inflazione frena

Buone notizie. Nel mese di ottobre il tasso d’inflazione annuo è sceso al 2,6% dal 3,2%. Il rallentamento è stato possibile anche in virtù del calo dei prezzi della benzina e della favorevole comparazione con il 2011. I dati provengono dall’Istat, confermando le stime. Il dato tendenziale torna così ai livelli di circa un anno e mezzo fa, ovvero al maggio 2011. Su base mensile i prezzi sono rimasti fermi.

Ad ottobre il rincaro annuo del cosiddetto carrello della spesa, i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (da cibo a carburanti), è del 4%, un rialzo superiore all’inflazione (2,6%), ma in forte rallentamento rispetto a quanto registrato a settembre (4,7%). Lo rileva l’Istat diffondendo i dati definitivi e aggiungendo che la variazione su base mensile è stata nulla.

Se ci soffermiamo sull’analisi delle voci dei prodotti della tavola, emerge il forte rialzo dei seguenti prodotti:

– vegetali freschi (+2,7%, +8,3% in termini tendenziali);

– cioccolato (+0,6%, +4,2% su base annua).

Nel capitolo energia invece cala rispetto a settembre, oltre alla benzina e al diesel, anche il prezzo del gasolio per riscaldamento (-0,3%), con una decelerazione del tasso di crescita annuo (9,3%, dal 10,3% di settembre). Quanto al settore regolamentato, l’Istat fa notare gli aumenti congiunturali dell’energia elettrica (+1,4%), il cui rialzo tendenziale sale al 15,9% (dal 14,4%), e del gas naturale (+1,1%), che registra un incremento su base annua del 9,2% (era +13,2% a settembre).

Ad ottobre, rispetto al mese precedente, calano sia i prezzi della benzina sia del gasolio per mezzi di trasporto. Secondo i dati definiti dell’Istat, la verde scende del 2,4% su base mensile e il diesel dell’1,5%. Su base annua i rialzi restano a doppia cifra ma in deciso rallentamento, per la benzina si passa al 16,3% (dal 20,1% di settembre), per il gasolio si passa al 17,9% (dal 21,7%).

 

Scende l’EUR/USD: una spiegazione

 Quando il mercato è in movimento, il primo settore a subire l’impatto delle oscillazioni è sicuramente quello delle valute. Oggi il ForEX è influenzato dal rapporto tra la moneta unica del Vecchio Continente e il Dollaro americano.

La coppia EUR/USD dopo diversi mesi in cui si era tenuta all’interno del range 1375-2800, ha rotto al ribasso nelle scorse ore e questo dipende dall’incremento di valore della moneta americana. In questo andamento però, la rielezione di Obama c’entra poco, nel senso che ha avuto maggiore incidenza la dichiarazione pessimistica di Draghi sulla condizione della Germania.

Fatta questa premessa c’è da considerare che pesa molto sul ForEX e sulla coppia EUR/USD anche l’incertezza della Spagna nel chiedere aiuti all’Europa e la decisione di Atene di chiedere più soldi per la gestione del debito, da restituire in un lasso di tempo più ampio.

Junker si è dimostrato fiducioso verso Atene che fino a questo momento, con l’ennesimo varo del pacchetto di austerity, è riuscita ad assolvere agli impegni presi con il resto degli stati membri dell’UE.

Sul fronte americano, invece il dollaro è trainato dalle buone sensazioni sulla ripresa americana. Si ha molta paura del cosiddetto fiscal cliff ma gli analisti sono convinti che l’America ce la farà ad uscire dalla crisi.

 

Dollaro forte, mercati depressi

 Tutto resta com’era in America ma il dollaro subisce delle variazioni che fanno deprimere i mercati. Obama resta l’inquilino della Casa Bianca e i democratici ottengono la maggioranza al Senato nonostante una leggera perdita di terreno nella Camera del Congresso.

Il primo dato a livello finanziario che si deduce è che la cacciata di Bernanke dalla Fed, che era nei piani dei repubblicani di Romney, deve aspettare ancora un po’. Per Obama si prevedono comunque periodi complessi in cui dovrà gestire al meglio l’ostruzionismo dei Repubblicani al Senato e l’opposizione degli stessi alla Camera.

A livello fiscale, il cosiddetto baratro, passato alla storia con l’espressione fiscal cliff anche in Italia, è ancora nell’aria: Wall Street perde il 4 per cento dopo la vittoria di Obama e trascina verso il basso anche le borse europee.

Analizzando superficialmente la situazione si potrebbe dire che le borse hanno manifestato una considerazione negativa sulla rielezione di Obama, in realtà si tratta di una reazione all’apprezzamento del dollaro legato ai problemi dell’UE piuttosto che a quelli degli States. 

Peccato che un dollaro più forte e il contestuale calo dell’euro (seguito all’annuncio della crisi tedesca), sia diventato l’input per le vendite sulle azioni e le materie prime a fronte di ingenti acquisti di titoli di Stato.

Fiscal Cliff, Obama: “Più tasse ai ricchi”. E il Dow Jones crolla.

Per evitare il Fiscal Cliff  i cittadini statunitensi maggiormente benestanti saranno costretti a dover pagare più tasse. Ad annunciarlo è il neo-rieletto Presidente americano Barack Obama. La dichiarazione era prevedibile ma immediatamente il Dow Jones è sceso giù a quota -0,05%.

Ma perché il Fiscal Cliff è così importante per l’amministrazione di Obama?

Lo United States Fiscal Cliff  si riferisce agli effetti di una serie di leggi recenti che, se non modificate, si tradurranno in aumenti delle tasse, tagli alla spesa e una corrispondente riduzione del disavanzo di bilancio a partire dal 2013. Queste leggi includono l’aumento delle imposte dovute della scadenza dei tagli fiscali di Bush e tagli alla spesa ai sensi della Budget Control Act del 2011.

Tradotto in numeri, il Fiscal Cliff sarà una scure sul popolo americano, che comporterà un aumento delle tasse e tagli automatici alla spesa per un totale di 600 miliardi di dollari solo nel 2013.

Ma il rischio non è solo per la popolazione, il Fiscal Cliff, se non giunge ad un accordo in tempi brevi, porterà l’amministrazione di Obama alla perdita della tripla A.

In questi giorni l’America di Barack Obama sta vivendo uno scontro interno accesissimo per fare in modo che questo non accada.  Le due controparti della politica americana, purtroppo, sono in completo disaccordo sulla questione legata alla riduzione del deficit di bilancio del paese (che è arrivato a toccare 1,09 miliardi di dollari), e quindi difficilmente riusciranno a trovare una intesa sul mezzo che porterà l’America a superare questo delicato obiettivo.

La proposta di Obama è quella di tagli alle spese (soprattutto sulla Difesa) compensati dall’aumento del prelievo fiscale sui redditi più alti:

«Non possiamo tagliare la nostra strada verso la prosperità. Se siamo seri sulla riduzione del deficit dobbiamo combinare i tagli alla spesa con le entrate e questo significa chiedere agli americani più ricchi di pagare un po’ più di tasse».

Di avviso contrario i repubblicani che per risparmiare propongono lo smantellamento del welfare.

Le trattative al Congresso inizieranno il 13 novembre e, se non si arriverà ad un accordo, non si potrà evitare il Fiscal Cliff e, come previsto dal Congressional Budget Office, l’economia cadrà in recessione nel 2013.