Chi organizza e compie la frode è colpevole

 S’inaspriscono le pene per coloro che oltre a compiere una frode si permettono anche il lusso di organizzarla. Lo ha spiegato bene l’Agenzia delle Entrate facendo riferimento ad una recente sentenza della Corte di Cassazione. Un giudice che sia chiamato a giudicare gli indicati per organizzazione e realizzazione di una frode, non è tenuto a valutare in modo analitico tutti gli elementi dedotti dalle parti.

Quando si presume che il contratto sia fittizio

In pratica il giudice deve tenere sì conto delle argomentazioni difensive ma non deve giudicare tutti gli elementi in modo analitico. Questo al fine di evitare delle consuetudini ormai ritenute inammissibili anche dell’opinione comune. A precisare tutta la questione è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza numero 28899 dell’8 luglio 2013.

Il reato della doppia vendita

In questa sentenza si spiega che un giudice penale può anche non ridurre la pena e quindi non concedere le famose attenuanti generiche all’imputato accusato di frode fiscale. Lo può fare motivando l’esercizio del potere discrezionale e tenendo conto degli elementi considerati decisivi e rilevanti.

Insomma, le attenuanti avranno ancora una vita breve. Come tutte le sentenze della Cassazione, il punto di partenza è un fatto reale sottoposto al giudizio dei porporati di Palermo. Loro sono stati chiamati ad esaminare la posizione di un contribuente ed hanno scelto di non concedere attenuanti dopo aver provato il dolo ed esaminato gli elementi psicologici in campo.

Quando si presume che il contratto sia fittizio

 L’Agenzia delle Entrate ha di recente ribadito che esistono dei casi in cui un contratto di compravendita può essere ritenuto fittizio e quindi passibile di giudizio. In effetti capita molto spesso, anche nel nostro paese, che invece di effettuare un passaggio di proprietà, magari di un immobile, ci sia una vendita dello stesso ai parenti. In questo caso, la relazione di consanguineità ed eventuali “prezzi di favore”, fanno pensare che il passaggio di mano sia stato concordano al riparo dalla legge. Entriamo nei dettagli.

L’Erario fornisce i dati sul mercato immobilare

L’Amministrazione, davanti ad un’operazione finanziaria che non sembra del tutto lineare o chiara, ha l’onere di provare che si tratta di un contratto fittizio. Il primo elemento che fa pensare che si tratti di un contratto fittizio è quello economico. Per esempio se è stata registrata un’operazione ad un costo fittizio e non c’è un reale trasferimento di denaro, se l’operazione commerciale è stata fatta tra persone legate da un vincolo di parentela, anche nel caso di dichiarazioni di prestazioni reciproche e simili, si può pensare di essere di fronte ad una frode.

Come funziona il regime di vantaggio

Lo ha spiegato per filo e per segno la Corte di Cassazione nella riforma della decisione dei giudici di merito, con la sentenza numero 16857 del 5 luglio 2013.

Vale la confisca anche sui beni del figlio

 Sono molti i casi in cui le persone sottoposte ad un procedimento giudiziario che hanno paura di vedere polverizzate le loro proprietà, provvedono ad intestare i beni alla prole. L’Amministrazione finanziaria ha voluto vederci chiaro in queste faccende e alla fine ha stabilito, grazie al parere delle Corte di Cassazione che si possono confiscare anche i beni appartenenti ai figli del condannato.

Per i sequestri basta la disponibilità della casa

La relazione di consanguineità che c’è tra la persona che si presume colpevole e quella a favore della quale sono trasferiti i patrimoni, consente all’Erario e alla Giustizia di andare avanti con la confisca. E’ tutto spiegato nella sentenza numero 28913 pubblicata l’8 luglio 2013, della Corte di Cassazione.

In questa sentenza si ribadisce che il sequestro preventivo dei beni, finalizzato alla confisca, può essere richiesto sia per i beni intestati apparentemente ad un soggetto interposto, sia per i beni intestati effettivamente al soggetto interposto che, come risulta dagli atti, ha un legame fiduciario con l’interponente. Nel primo caso, quindi, si parla d’interposizione fittizia e nel secondo caso d’interposizione reale.

Le intestazioni di comodo non piacciono al Gip

La definizione della Cassazione è arrivata dopo che un contribuente ha chiesto un chiarimento perché, indagato per dichiarazione infedele ed indebita compensazione, ha chiesto la revoca del sequestro preventivo dei beni.

Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

 Il decreto legge n. 83 del 2013 ha apportato delle significative modifiche al regime Iva applicabile ai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e strumentale, dando la possibilità ai locatori di applicare l’imposta sul valore aggiunto.

Con la Circolare Circolare n. 22 del 28 giugno 2013 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito i particolari della legge. Vediamo cosa accade in caso di locazione di immobili ad uso strumentale.

Il regime naturale di applicazione dell’Iva per tutti i contratti di locazione di immobili è l’esenzione. Con questa nuova legge il locatario di un immobile ad uso strumentale – fabbricati strumentali le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali B, C, D, E e nella categoria A10 – può decidere di applicare l’Iva con aliquota pari al 21%.

Il locatore che decida di applicare l’Iva deve manifestarne la volontà all’atto di stipula del contratto di locazione.

Come specifica l’Agenzia delle Entrate, la nuova disciplina per l’applicazione dell’Iva sulla locazione di immobili ad uso strumentale ha modificato il regime IVA solo in funzione dei contratti che, in base alla disciplina precedente, erano assoggettati ad un regime di imponibilità obbligatorio.

Nello specifico si tratta dei contratti di locazione che riguardano:

– immobili strumentali effettuati nei confronti di soggetti passivi d’imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione dell’imposta in percentuale pari o inferiore al 25%;

– locazioni di fabbricati strumentali effettuate nei confronti di soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni.

L’imposta di registro è applicata con aliquota pari all’1%.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

 Il decreto legge n. 83 del 2013 ha cambiato le regole per quanto riguarda la scelta del regime Iva da applicare alla locazione o cessione di immobili. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta su alcuni punti del decreto.

Fermo restando che, anche dal 26 giugno 2013, giorno di entrata in vigore del decreto, il regime naturale di imposizione Iva è l’esenzione. Ma la legge dà la possibilità ai locatori di immobili ad uso abitativo, se imprese costruttrici locatrici, di optare per l’applicazione dell’Iva – esprimendo tale opzione nel contratto – con aliquota pari al 10%, che può essere applicata anche ai contratti stipulati a partire dal 24 gennaio 201

L’opzione resta valida per tutta la durata del contratto, salvo che in tale periodo non avvenga il subentro di un terzo in qualità di locatore.

In base alla Circolare dell’Agenzia delle Entrate i canoni di locazione non ancora pagati o non ancora fatturati saranno comunque esenti da Iva anche dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, a meno di scelta del locatore del regime di applicazione.

In questo caso il locatore deve dare comunicazione della scelta di imponibilità Iva per in contrati in corso con atto integrativo del contratto di locazione.

Se non redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, non esiste l’obbligatorietà di comunicazione all’Agenzia delle Entrate, ma si deve effettuare la registrazione dello stesso. La registrazione del contratto è sottoposta al pagamento dell’imposta di registro, che è pari a 67 euro.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

 Intervenendo con la circolare Circolare n. 22 del 28 giugno 2013 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni punti della legge n. 83 del 2013 con la quale, a partire dal 26 giugno 2013, giorno di entrata in vigore della nuova legge, sono state modificate le regole vigenti per l’applicazione dell’Iva alla locazione di immobili abitativi e ad uso strumentale.

Partendo dal presupposto che il regime naturale di imposizione Iva per la locazione di immobili è l’esenzione, con la nuova legge il locatore, se impresa costruttrice o di ripristino, può decidere di applicare l’Imposta sul valore aggiunto, in misura pari al 10%.

Il locatore deve dichiarare nel contratto di locazione di aver deciso per l’applicazione dell’Iva.

Dal momento che la scelta deve essere effettuata alla produzione del contratto, l’Iva sarà applicata per tutta la durata dello stesso.

Solo in caso di subentro di un terzo in qualità di locatore si può modificare il contratto e tornare al regime naturale di applicazione dell’Iva, ossia l’esenzione. Tale scelta deve essere comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

 Con il decreto legge n. 83 del 2013 sono entrate in vigore delle nuove regole per quanto riguarda la scelta del regime Iva da applicare alla locazione o cessione di immobili. Con la Circolare n. 22 del 28 giugno 2013 l’Agenzia delle Entrate ne ha chiarito alcuni punti.

In particolare l’Agenzia ricorda che in generale le locazioni di fabbricati abitativi – fabbricati abitativi classificati o classificabili nel gruppo catastale A (esclusa la categoria A/10, uffici) – sono esenti da imposizione Iva.

Il locatore, se impresa costruttrice o di ripristino, può però effettuare l’opzione dell’applicazione dell’Iva – chiarendo la scelta nel contratto – solo in caso di:

1) locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi;

2) locazioni di fabbricati abitativi destinati ad “alloggi sociali” come definiti dal D.M. 22 aprile 2008.

Con la nuova legge, a partire dal 26 giugno 2013, tutte le locazioni immobiliari sono esenti dall’applicazione dell’Iva, salvo i casi in cui l’impresa di costruzione o di ripristino che loca l’immobile decida, effettuando la relativa opzione nel contratto, per l’applicazione Iva. L’Iva può essere applicata a tutti i contratti di locazione stipulati a partire dal 24 gennaio 2012.

Le aliquote Iva per la locazione di immobili ad uso abitativo sono pari al 10%, nel caso in cui il locatore decida per l’imponibilità, e l’imposta di registro è pari a 67 euro (nel caso di esenzione Iva è del 2%).

Per saperne di più:

► Nuove regole per il regime Iva per la locazione di immobili abitativi

► Come si esercita l’opzione di imponibilità dell’Iva per i contratti di locazione

► Chiarimenti sulle nuove regole Iva per i contratti di locazione in corso

► Nuove regole per il regime Iva sulla locazione di immobili strumentali

 

Come funziona la rateizzazione dei debiti con Equitalia

 Il Decreto del Fare prevede che i contribuenti che abbiano contratto dei debiti fiscali con Equitalia potranno accedere, in modo più semplice e veloce, alla rateizzazione, con metodologie e rate diverse in base all’ammontare del debito stesso.

► Come funziona il fermo amministrativo di Equitalia

Vediamo nel dettaglio come funziona la rateizzazione per i debiti contratti con Equitalia per  importo fino a 50 mila euro, per importi superiori ai 50 mila euro e la rateizzazione in 120 rate e quali sono le restrizioni finanziarie prese in considerazione da Equitalia per concedere o meno la rateizzazione.

Prima di procedere all’analisi delle singole situazioni, ricordiamo che è stato anche aumentato il numero delle rate dopo le quali viene sospesa la possibilità di rateizzazione del debito: da 2 consecutive a 7 rate su tutto il periodo di dilazione del pagamento.

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Rateizzazione debiti Equitalia fino a 50 mila euro

Equitalia ha deciso di sua spontanea volontà di alzare la soglia massima per la quale è possibile richiedere la rateizzazione veloce del debito, portandola da 20 mila a 50 mila euro.

Per accedere a questa rateizzazione, che prevede la restituzione del debito in un massimo di 72 rate in due anni – è sufficiente presentare la domanda allo sportello Equitalia competente per il territorio.

Per questo tipo di rateizzazione è prevista una rata minima di 100 euro, ma il contribuente debitore può richiedere anche un piano personalizzato di restituzione del debito con rate crescenti ogni anno.

Rateizzazione debiti Equitalia superiori a 50 mila euro

Anche nel caso in cui il contribuente abbia contratto con il Fisco un debito superiore a 50 mila euro, ma inferiore ai 120 mila, è possibile accedere al piano di restituzione veloce – 72 rate in sei anni – ma la rateizzazione deve essere approvata da Equitalia.

Sarà quindi necessario produrre la documentazione che dimostra la possibilità da parte del contribuente di saldare il debito a rate o l’impossibilità di saldare il debito in tempi più ristretti.

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Possibilità di rateizzazione in 120 rate

La possibilità di rateizzazione dei debiti con il Fisco in 120 rate è riservata ai contribuenti la cui condizione economica non permette più di assolvere alla restituzione del debito in 72 rate.

La rateizzazione del debito in 120 è sottoposta, da parte dell’ente di riscossione, all’accertamento dell’esistenza di una comprovata e grave situazione di difficoltà che non possa ricondursi alla responsabilità del privato o dell’impresa.

Inoltre, per accedere alla rateizzazione del debito con il Fisco in 120 rate è necessario che il contribuente abbia anche i due seguenti requisiti:

accertata impossibilità per il contribuente di assolvere al pagamento del debito secondo il precedente piano di rateazione ordinario

valutazione di solvibilità del nuovo piano di rateizzazione in 120 versamenti.

Non sempre la ritenuta d’acconto è obbligatoria

 L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione numero 49/E dell’11 luglio 2013, ha deciso di regolamentare la questione della ritenuta d’acconto. In pratica ha stabilito che non è sempre obbligatorio per il datore di lavoro pagare la ritenuta ai lavoratori. Tutto rientra nella volontà di semplificare la strada ormai da troppo tempo in salita per le aziende. A spiegare la novità ci ha pensato proprio il direttore dell’Erario Attilio Befera.

Qualche detrazione fiscale per lavoratori autonomi

La ritenuta d’acconto, secondo il nuovo sistema, non è da ritenersi obbligatoria per le prestazioni in cui sono previsti soltanto rimborsi per le spese di vitto, alloggio, viaggio e tutte le altre spese legate allo svolgimento della prestazione, nonché l’anticipo delle spese del committente.

In più si spiega che i redditi da lavoro autonomo non abituale sono stabiliti sulla base del collegamento tra scompenso e spesa sostenuta per conseguirlo tanto che il reddito diverso è arti a zero. Per questo, qualora si rientrasse nel caso esposto, la ritenuta è da non considerarsi obbligatoria. I rimborsi percepiti, tra l’altro, così come le spese corrispondenti, possono non essere inserite nella dichiarazione dei redditi.

I contribuenti obbligati all’UNICO

Una semplificazione che alleggerisce parecchio il lavoro delle imprese. La ritenuta d’acconto, invece, è obbligatoria quando il compenso, anche se si tratta di spese rimborsate o anticipate, va oltre le spese strettamente necessarie allo svolgimento dell’attività. A questo punto, infatti, l’attività non è più “gratuita”.

Cos’è e come funziona il contrasto di interessi

 Tra i punti principali del programma di governo di Enrico Letta c’è sicuramente la lotta all’evasione fiscale. Una piaga del nostro paese che tutti i governo provano a risolvere ma che mai come adesso, in un periodo di difficoltà economiche generalizzate, si presenta come una priorità.

► I problemi della lotta all’ evasione fiscale italiana

Una delle idee del governo per riuscire a debellare l’evasione fiscale è quella del contrasto di interessi, ossia un meccanismo che porti ad implementare il numero degli scontrini e delle fatture emesse grazie ad sconti ed incentivi.

Si tratta dello stesso meccanismo utilizzato da Letta per i bonus per l’edilizia e le ristrutturazioni: in questo caso per accedere agli sconti e agli incentivi previsti è necessario portare la documentazione che attesti l’avvenuto pagamento.

Nel programma di Letta questo meccanismo dovrà essere esteso anche a tutti gli altri settori. In pratica, più scontrini e fatture verranno emessi, maggiori saranno gli sconti e i bonus ai quali si potrà accedere.

Il contrasto di interessi era stato già presentato dal Governo Monti, ma la proposta è caduta insieme al governo per essere poi ripresa da Letta.

► I 10 punti dell’ accordo contro l’evasione fiscale

In questo modo si dovrebbe disincentivare il ricorso ai pagamenti in nero, ma il sistema del contrasto di interessi potrebbe essere bloccato sul nascere a causa della mancanza di coperture finanziarie per i bonus e gli incentivi.