Guida alla richiesta del Bonus Bebè 2013

 Cos’è il Bonus Bebè

Il Bonus Bebè, facilitazione economica ad appannaggio delle famiglie con bambini piccoli, è stato istituito con la Legge n. 92 del 28 giugno 2012, ed è considerato come un aiuto per il reinserimento delle madri nel mondo del lavoro. La Legge citata prevede il Bonus Bebè ancora in via sperimentale per il triennio 2013, 2014 e 2015 e si pone come un’alternativa al congedo parentale: l’Inps mette a disposizione delle madri la possibilità di accedere ad un voucher di 300 euro mensili – erogabili per un periodo massimo pari a sei mesi – da utilizzare per il pagamento del servizio di baby sitting o per le spese dell’asilo nido.

Il fondo messo dell’Inps è pari a 60.000.000,00 di euro da suddividere nei tre anni previsti dalla legislazione in materia.

► Nessun congedo parentale per i lavoratori del pubblico impiego

Chi può richiedere il Bonus Bebè 2013?

Per l’anno in corso e per i due successivi, a meno di modifiche legislative in corso d’opera, possono fare richiesta del Bonus Bebè le madri – biologiche, adottive od affidatarie – dipendenti o autonome (iscritte, cioè, alla gestione separata) di bambini che siano già nati e per quelli che nasceranno (o che comunque, nel caso di affido o adozione, arriveranno in famiglia) entro 4 mesi dalla scadenza del bando.

Chi è escluso dal Bonus Bebè?

Non possono far richiesta del Bonus Bebè coltivatrici dirette, mezzadre e colone, artigiane ed esercenti attività commerciali, imprenditrici agricole, pescatrici autonome.

L’esclusione è valida anche per le lavoratrici che non sono tenute al pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati e le lavoratrici che già beneficiano del Fondo per le Politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità.

► Vademecum dell’Inps sull’utilizzo dei buoni lavoro

Durata e importo e limitazioni del Bonus Bebé 

Il bonus Bebè può essere erogato per un massimo di sei mesi per un importo mensile pari a 300 euro, divisibile solo per frazioni mensili intere in base a quanto del congedo parentale abbia già sfruttato.

I due benefici, infatti, non sono sovrapponibili, anche se possono essere richiesti entrambi, ma non contemporaneamente.

Le donne che lavorano part time hanno ugualmente diritto al Bonus Bebè, ma in misura ridotta e proporzionale all’impegno lavorativo; le lavoratrici iscritte alla gestione separata possono usufruire del Bonus Bebè solo per tre mesi.

Come si fa la domanda per accede al Bonus Bebè 2013?

Tutte le madri che hanno diritto all’erogazione del Bonus Bebè possono farne richiesta attraverso il sito Internet dell’Inps, previo ottenimento del PIN (numero segreto di 16 caratteri che l’Inps dà agli assistiti che ne fanno richiesta, tutte le informazioni su Richiesta PIN on line).

Per accedere al servizio telematico per la richiesta del Bonus Bebè 2013 è necessario, quindi, collegarsi al sito dell’INPS, seguendo questo percorso: servizio del cittadino – Autenticazione con PIN – Invio domande di prestazioni a sostegno del reddito – Invio delle domande per l’assegnazione dei contributi per l’acquisto dei servizi per l’infanzia.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

La richiesta per il Bonus Bebè 2013 può essere fatta per tutti i bambini che rientrano nei requisiti sopra indicati e può essere fatta anche per più figli della stessa madre, ma deve essere effettuata una richiesta per ogni figlio, anche in caso di parto gemellare, e anche prima che il figlio nasca.

Nella domanda deve essere obbligatoriamente indicato:

1. il servizio al quale si desidera aderire (baby sitter o asilo nido, in questo secondo caso, sia che si tratti di un istituto pubblico o provato, deve anche essere specificato il nome della struttura);

2. il numero dei mesi per i quali si intende richiedere il Bonus Bebè, che dovrà essere corredata dalla dichiarazione di rinuncia ai corrispettivi mesi di congedo parentale;

3. la dichiarazione di avvenuta presentazione del modulo ISEE.

Quando va presentata la domanda per il Bonus Bebè?

La domanda può essere inoltrata, secondo le modalità sopra descritte, in qualsiasi momento, ma avrà valore effettivo solo nel momento in cui verrà ufficialmente aperto il bando, nel quale sarà specificato anche il termine ultimo per la presentazione.

La domanda presentata prima della pubblicazione del bando rimarrà in bozza e sarà modificabile fino al momento dell’effettivo invio.

► Nuova normativa bonus bebè 2013

Come viene erogato il Bonus Bebè?

Se la madre ha scelto di utilizzare il Bonus Bebè per l’asilo nido sarà l’Inps stessa a provvedere all’erogazione del Bonus direttamente alla struttura indicata. Nel caso in cui, invece, si sia scelto il servizio di baby sitting l’Inps erogherà all’interessata buoni lavoro (voucher) per un valore mensile di 300 euro.

Graduatorie di accesso al Bonus Bebè 2013

La compilazione della graduatoria per gli aventi diritto al Bonus Bebè viene compilata in base all’ISEE. Nel caso di Isee dello stesso valore, il criterio adottato sarà quello temporale.

La graduatoria sarà pubblicata dopo due settimane dallo scadere del termine ultimo per la presentazione delle domanda. Dal giorno successivo alla pubblicazione sarà anche possibile rinunciare al Bonus, procedimento da effettuarsi in via telematica dal sito dell’Inps.Tutte le informazioni sul Bonus Bebè 2013

DECRETO 22 dicembre 2012 del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali

Circolare INPS n. 48 del 28 marzo 2013

Vademecum dell’Inps sull’utilizzo dei buoni lavoro

 Dopo l’introduzione dei buoni lavoro, detti anche voucher, una nuova forma di retribuzione del lavoro occasionale accessorio, ha subito, dopo l’entrata in vigore, delle sostanziali modifiche di cui ci dà notizia l’Inps nella Circolare del 29 marzo 2013 n. 49.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

In questa circolare si forniscono delle indicazioni sulle modifiche fatte, nello specifico, agli articoli 70 e 72 del D. Lgs. 29 settembre 2003, n. 276 sul “Lavoro occasionale accessorio”. 

Secondo la circolare dell’Inps in questione possono essere considerate forme di lavoro accessorio quelle attività lavorative di natura “meramente occasionale”, per le quali il lavoratore non percepisca uno o più compensi, nel complesso dei committenti, superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare. La precedente normativa fissava il limite di 5000 euro per ciascun committente.

Inoltre, partendo dal presupposto che il limite del compenso rimane quello indicato, secondo la Circolare Inps le prestazioni di natura meramente occasionale svolte per imprenditori commerciali o professionisti non possono essere superiori, con riferimento a ciascun committente, a i 2.000 euro annui.

Le modifiche apportate all’art. 70

Settore Agricolo

La Circolare Inps modifica sostanzialmente anche l’art. 70 (comma 2) che riguarda l’utilizzo dei buoni lavoro nel settore agricolo: a differenza di tutti gli altri settori, qui non vige il limite dei 2000 euro di compenso annui percepibili da un solo committente.

Committenti pubblici

Novità anche per i committenti pubblici che, secondo quanto scritto al comma 3, possono usufruire di prestazioni lavorative meramente occasionali solo se l’utilizzo dei voucher rientra nei vincoli previsti dalla disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e dal patto di stabilità interno.

► Congedi parentali e certificati medici: le novità del 2013

Compensi percepiti da lavoratori stranieri

Secondo le modifiche apportate all’art. 70 della legge sul mercato del lavoro si prevede che i compensi percepiti dai lavoratori siano computati anche per la determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Esclusioni

la Circolare dell’Inps ha introdotto anche delle importanti novità riguardo le esclusioni e le incompatibilità del lavoro occasionale di tipo accessorio: non ci sono più esclusioni di sorta, fermo restando casi particolari come gli studenti e i pensionati nel settore agricolo.

Quindi, ogni lavoratore può svolgere qualsiasi tipo di prestazione meramente occasionale con il solo limite previsto in caso di incompatibilità, per finalità antielusive, del ricorso al lavoro occasionale quando si tratta, invece, di lavoro subordinato presso lo stesso datore di lavoro.

Limite economico dei buoni lavoro

La circolare dell’Inps mette particolarmente in risalto le modifiche effettuate ai limiti economici dell’utilizzo dei buoni lavoro, con lo spostamento del parametro di riferimento per il computo non più al datore di lavoro, ma al prestatore del servizio. I nuovi limiti fissati per il prestatore di lavoro meramente occasionale sono:

– 5.000 euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari  a 6.666 € lordi;

– 2.000 euro per prestazioni svolte a favore di imprenditori commerciali o professionisti, con riferimento a ciascun committente, da intendersi come importo netto per il prestatore, pari  a 2.666 € lordi;

– 3.000 euro per anno solare per i prestatori  percettori di prestazioni integrative del salario o con sostegno al reddito che, per l’anno 2013, possono effettuare lavoro accessorio in tutti i settori produttivi compresi gli enti locali, da intendersi come importo netto per il prestatore, corrispondenti a 4000 € lordi.

► Proibiti alle aziende gli stage gratuiti

Le modifiche apportate all’art. 72

La nuova natura oraria del voucher lavoro

Al fine di avere una maggiore certezza e trasparenza per tutte le parti in causa, il novellato articolo 72 prevede che i

beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati.

In questo modo si potrà avere una maggiore precisione delle ore e della durata della prestazione pagata con i buoni lavoro. Nonostante le modifiche apportate, rimane comunque possibile retribuire le prestazioni lavorative occasionali in misura superiore di quella prevista dai voucher, utilizzando più di uno per il pagamento della medesima ora di lavoro.

 

Guida alla normativa sui tirocini retribuiti

 La nuova normativa sui tirocini retribuiti, voluta dal Ministro Fornero con l’obiettivo di evitare che gli stage aziendali si trasformassero, come spesso accaduto, in forme di lavoro gratuito alle quali i giovani erano costretti a sottostare per poter entrare nel mondo del lavoro, è entrata in vigore con la legge n. 92/2012, alla quale ha fatto seguito la firma del documento Linee guida in materia di tirocini tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, che contiene tutte le delucidazione del caso.

Cerchiamo di capire come si sono trasformati tirocini e stage con la nuova normativa.

► Proibiti alle aziende gli stage gratuiti

Le regole di base sugli stage retribuiti

Prima di entrare nel vivo del discorso sulla nuova normativa riguardante stage e tirocini, prendiamo in esame i primi vincoli che sono stati imposti alle aziende che vogliono assumere uno stagista o un tirocinante:

1. Partendo dal presupposto che stage e tirocini no possono più essere gratuiti, ad ogni assunto con questa tipologia di contratto deve essere assicurata un’indennità minima di 300 euro.

2. Il tirocinio e lo stage hanno lo scopo di formare e preparare i giovani al lavoro, quindi non è possibile impiegare tali assunti per attività che non prevedono formazione.

3. I tirocinanti e gli stagisti non possono sostituire lavoratori in malattia, maternità o ferie.

4. I tirocinanti non possono essere impiegati come lavoratori in periodi di particolare attività.

Le nuove tipologie di stage

Le Linee guida in materia di tirocini prevedono solo tre tipologie di stage:

1. Stage formativi e di orientamento

Sono stage che possono essere svolti da giovani che hanno conseguito il titolo di studio da non più di 12 mesi e hanno lo scopo di formare ed orientare i giovani alla scelta del lavoro che vorranno fare dopo la scuola; Hanno una durata massima di 6 mesi (comprese eventuali proroghe).

2. Stage di inserimento o reinserimento

Sono dei percorsi di recupero aziendale dedicati ai lavoratori in mobilità o comunque beneficiari di ammortizzatori sociali; hanno durata massima di 12 mesi (comprese eventuali proroghe).

3. Stage di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento

Periodi di formazione/lavoro dedicati a persone svantaggiate o con disabilità, richiedenti asilo politico o titolari di protezione internazionale. Nel primo caso possono avere durata massima di 12 mesi, in caso si persone con disabilità la durata massima è di 24 mesi.

► Stage: solo uno su dieci si trasforma in lavoro

L’indennità di partecipazione allo stage

La nuova normativa prevede che ad ogni stagista o tirocinante venga corrisposta una indennità di partecipazione, una sorta di stipendio, nella misura minima di 300 euro lordi al mese.

L’indennità di partecipazione non deve essere corrisposta in caso di stage inserimento o di reinserimento, in quanto gli stagisti sono già fruitori degli ammortizzatori sociali.

Quali garanzie sono previste per gli stagisti?

Agli stagisti deve essere assicurata, da parte del soggetto promotore, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro presso l’INAIL, salvo diverse disposizioni previste dalle varie convenzioni, oltre alla responsabilità civile verso i terzi attraverso compagnia assicuratrice.

I dettagli del contratto di stage o tirocinio

Il contratto di stage o tirocinio è una convenzione tra le due parti interessate (soggetto promotore e stagista o tirocinante) che deve essere corredato da tutte le informazioni  su: dati anagrafici dei soggetti coinvolti, descrizione del tirocinio, descrizione del progetto formativo, diritti e doveri delle parti;

Inoltre le Linee guida in materia di tirocini prevedono che allo stagista sia assegnato un tutor o un referente, come responsabile del suo percorso di formazione che faccia una continuata attività di monitoraggio e, al termine del periodo di formazione deve essere redatto un documento che valuti l’esperienza dello stagista, al quale deve essere anche consegnato un attestato dell’attività svolta e delle competenze acquisite.

Possibilità di interruzione e sospensione dello stage

Il tirocinante olio stagista può chiedere una sospensione della sua attività di formazione per maternità o lunga malattia (rientrano nella categoria lunga malattia le assenze che superino per durata un terzo del tirocinio). I giorni di assenza non saranno conteggiati nella durata complessiva del tirocinio.

Limitazioni al numero di stagisti

Il numero di stagisti che un soggetto ospitante può assumere variano in base al numero di dipendenti delle sue unità operative:

– 5 dipendenti: 1 stagista

– 6/20 dipendenti: 2 tirocinanti

– oltre 21 dipendenti: il numero dei tirocinanti non potrà superare il 10% del numero dei dipendenti.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

Quali tipologie di formazione non rientrano nelle Linee guida in materia di tirocini

Non rientrano nelle normative dettate dalle Linee guida in materia di tirocini i seguenti periodi formativi:

1. tirocini curriculari universitari;
2. periodi di pratica professionale (anche quelli per l’ingresso nelle professione che prevedono l’iscrizione all’albo o all’ordine);
3. tirocini transnazionali
4. tirocini per soggetti extracomunitari se previsti all’interno delle quote di ingresso;
5. tirocini estivi.

Per tutti dettagli consultare il testo dell’ Accordo e Linee guida sui tirocini.

Linee guida per la contribuzione Aspi per i licenziati

 La Riforma Fornero (legge n. 92/2012) ha apportato dei notevoli cambiamenti al mondo del lavoro, anche per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, con l’introduzione della contribuzione ASPI, il contributo previdenziale che i datori di lavoro ai lavoratori licenziati, solo in caso di contratto a tempo indeterminato, a partire dal 1° gennaio 2013.

Questo contributo, chiamato contributo sui licenziamenti o anche ticket sui licenziamenti, è necessario per il finanziamento delle indennità di disoccupazione (Aspi e mini-Aspi). L’Inps ha pubblicato la Circolare n. 44/2013 per fornire tutte le indicazioni in merito alla contribuzione ASPI.

► Quanto costa un dipendente a tempo determinato?

Come si paga il contributo sui licenziamenti?

Il contributo sui licenziamenti, ovvero il ticket sui licenziamenti, deve essere versato dal datore di lavoro che abbia licenziato uno o più dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro.

Ad esempio, se un lavoratore viene licenziato in data 4 maggio 2013, secondo quanto riporta la legge di riferimento e la circolare dell’Inps, il contributo sul licenziamento deve essere versato entro la denuncia riferita al mese di giugno 2013, i cui termini di versamento e di trasmissione sono fissati, rispettivamente, al 16 e al 31 luglio 2013.

Dal momento che si tratta di una nuova legge, è stato previsto un periodo di adeguamento graduale, che va da gennaio a marzo 2013, periodo durante il quale il contributo sul licenziamento del dipendente potrà essere versato, senza avere maggiori oneri o aggravi per mora, entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di emanazione della presente circolare, ossia entro il 16 Giugno 2013.

► La tassa sul licenziamento della colf

A quanto ammonta l’importo del contributo sui licenziamenti?

Per l’anno 2013, il contributo sui licenziamenti ammonta, a partire dal 1 gennaio, a 483,80 euro (€1.180X41%) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, per un massimo, nel caso il lavoratore abbia totalizzato i 36 mesi di anzianità aziendale, a 1.451,00 euro (€483,80 X 3), indipendentemente dall’orario di lavoro (part time o full time).

Se il rapporto di lavoro che si sta interrompendo ha avuto una durata inferiore ai 12 mesi, il ticket sul licenziamento deve essere ricalcolato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto lavorativo.

Il contributo sul licenziamento non prevede la possibilità di rateizzazione.

Ci sono dei casi in cui il datore non deve pagare il contributo sul licenziamento?

La legge n. 92/2012 prevede che per i casi di ’ingresso nelle procedure di mobilità ex art. 5, co. 4, legge n. 223/91 il datore di lavoro non è tenuto al pagamento del ticket sui licenziamenti.

Inoltre, riguardo al periodo 2013 – 2015, i datori di lavoro sono esentati dal pagamento del ticket nei seguenti casi:

1. licenziamento conseguente a cambio di appalto, ossia il lavoratore è stato assunto da altro datore di lavoro;

2. nel caso di lavoratori del settore edile, se il rapporto di lavoro cessa per completamento delle attività e chiusura del cantiere;

Il contributo Aspi ordinario per l’apprendistato

L’Aspi, la nuova assicurazione per i lavoratori, è un ammortizzatore sociale che viene finanziato attraverso due tipi di contribuzione, una è il contributo ordinario.

Questa prima tipologia di contributo per l’Aspi è dovuta dal datore di lavoro in formula piena (1,31%+0,30%) nel caso di assunzione con contratto di apprendistato, anche se su questi contratti, in base alla legge n. 183/2011, sono state applicati vari sgravi contributivi per l’incentivazione. Stesso discorso vale anche nel caso in cui il contratto di apprendistato venga risolto in altro tipo di collaborazione al termine del periodo di formazione.

Se l’apprendista è, invece, iscritto alle liste di mobilità per il datore di lavoro l’Aspi non dovrà essere pagata in misura piena, ma il contributo sarà del 10% per un periodo di 18 mesi dal giorno dell’inizio del rapporto di lavoro.

Nel caso di lavoratori che hanno contratti di somministrazione, l’Aspi sarà versata con un contributo pari all’1,31%, senza la maggiore prevista dello 0,30%,.

► Sondaggio Adecco su riforma del lavoro

Il contributo addizionale Aspi 

Il contributo addizionale Aspi, altra forma di finanziamento di questo ammortizzatore sociale, è dovuta per lavoro subordinato non a tempo indeterminato con un’imposizione pari all’1,40%, con la possibilità di usufruire delle riduzioni contributive previste dall’ordinamento per tutte le tipologie di assunzioni a tempo determinato agevolate.

Nel caso di assunzioni a tempo determinato di lavoratori iscritti alle liste di mobilità, il datore di lavoro non è tenuto a versare nessuna contribuzione aggiuntiva.

Tutti i dettagli relativi alla contribuzione Aspi sono contenuti nella  Circolare n. 44 – 2013 dell’INPS.

Il contratto a chiamata – Prestazioni ammesse

 Il contratto di lavoro a chiamata prevede che il lavoratore non abbia un impegno fisso con il datore di lavoro, ma che quest’ultimo lo chiami nel momento in cui ne ha la necessità.

Si tratta di una tipologia di contratto, come anche gli altri contratti di lavoro subordinato che non prevedono l’assunzione a tempo indeterminato, che ha ricevuto una stretta con la riforma del mercato del lavoro varata dal governo Monti.

Dopo aver visto per il contratto a chiamata le tipologie e le prestazioni, vediamo di capire quali sono le prestazioni che il datore di lavoro può richiedere al lavoratore.

Le prestazioni ammesse nel contratto di lavoro a chiamata

Le prestazioni lavorative ammesse dal contratto di lavoro a chiamata sono:

1. prestazioni a carattere discontinuo che rientrino nelle esigenze previste dai contratti collettivi di ogni categoria lavorativa (art. 34, c. 1, D.Lgs. n. 276/2003);

2. prestazioni lavorative rese da soggetti con meno di 24 anni di età (comunque entro il compimento dei 25 anni) e da lavoratori con età superiore i 55 anni, anche nel caso di pensionati (art. 34, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003);

3. prestazioni per il fine settimana: dalle 13 del venerdì alle 6 del lunedì successivo;

4. prestazioni per ferie estive: dal 1º giugno al 30 settembre;

5. prestazioni per vacanze natalizie dal 1º dicembre al 10 gennaio;

6. prestazioni per vacanze pasquali: dalla domenica delle Palme al martedì successivo il lunedì dell’Angelo.

Il contratto a chiamata – Tipologie e limitazioni

 Dal luglio 2012 è entrata in vigore la riforma del mercato del lavoro che prevede numerose variazioni dei contratti esistenti in Italia al fine di disincentivare l’utilizzo di contratti a termine in favore di forme di lavoro a tempo indeterminato. Occupiamoci del contratto a chiamata.

► I motivi del boom delle partite Iva under35

Che cos’è e come funziona il contratto a chiamata

Il contratto a chiamata è una tipologia di contratto di lavoro subordinato che viene utilizzato per prestazioni occasionali e discontinue. Le aziende lo utilizzano per assumere personale solo in situazioni di necessità momentanea.

Il contratto a chiamata può essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e, per ognuna delle due durate esistono due tipi di contratto che differiscono per l’impegno che viene richiesto al lavoratore:

1. senza obbligo di disponibilità, per cui il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore sia sempre disponibile alla chiamata;

2. con obbligo di disponibilità, quindi il lavoratore si impegna ad essere disponibili ogni volta che il datore di lavoro richiede la sua presenza, obbligo per il quale il lavoratore riceve una indennità.

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Limitazioni al contratto di lavoro a chiamata

Esistono delle circostanze in cui non è possibile stipulare un contratto di lavoro a chiamata, nello specifico:

1. per sostituzione di lavoratori in sciopero;

2. se l’azienda ha effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti

3. per imprese che non hanno effettuato la valutazione del rischio.

 

 

Incentivo per i datori di lavoro che assumono i licenziati delle PMI

 Il Ministro Elsa Fornero ha deciso di chiudere il suo mandato con un decreto che, anche se non apporta significativi cambiamenti alla disastrosa situazione lavorativa in cui versa l’Italia, può essere comunque uno stimolo per dare nuova speranza a chi ha perso il lavoro negli ultimi mesi.

Nello specifico il decreto voluto dal Ministro si rivolge ai datori di lavoro che vorranno assumere i licenziati delle Piccole e Medie Imprese per giustificato motivo oggettivo (GMO). Per giustificato motivo oggettivo si intende un licenziamento dovuto a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro.

Questi lavoratori, a patto che siano stati licenziati nei dodici mesi precedenti l’assunzione porteranno a chi li assume un incentivo di 190 euro in forma capitaria (cifra fissa mensile, riproporzionata per le assunzioni a tempo parziale), valido sia in caso di assunzione full time o part time, con contratto a tempo determinato o indeterminato.

L’incentivo sarà versato per tutto l’arco del durata del rapporto di lavoro, per un massimo di 12 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato e per un massimo di 6 per contratti a tempo determinato.

Le risorse stanziate per l’erogazione dell’incentivo -gestita dall’Inps con procedura informatizzata e automatica fino a capienza delle risorse stanziate- sono pari a 20 milioni di euro.

 

CDM approva il codice di comportamento per i dipendenti delle P.A.

 E’ stato approvato oggi dal Consiglio dei Ministri il pacchetto di regole per i dipendenti e i dirigenti delle amministrazioni pubbliche proposto dal ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi. Un ultimo ‘regalo’ prima della fine del suo mandato, che prevede regole e pene molto più severe, fino al licenziamento.

Il codice è stato approvato ‘salvo intese’ e è stato emanato in attuazione della legge n. 190 del 2012 (la legge anti-corruzione) e seguendo le direttive dell’Ocse.

Cosa prevede il codice di comportamento per i dipendenti delle P.A.?

L’illecito disciplinare derivante dalla violazione di un dovere di comportamento previsto dal presente codice va accertato all’esito del procedimento disciplinare regolato dalla normativa vigente e il tipo di sanzione disciplinare concretamente applicabile, incluse quelle espulsive, va rinvenuto nei contratti collettivi e nella normativa, anche regolamentare, vigenti in ciascun settore, tenuto conto, anche ai fini dell’entità della sanzione, della gravità del comportamento e dell’ammontare del pregiudizio, anche morale, arrecato al decoro o al prestigio dell’amministrazione.

Questa la premessa del nuovo codice di comportamento per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche italiane che ha l’intento di disciplinare anche il comportamento dei dirigenti che da ora in poi hanno l’obbligo di comunicare all’amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possono porli in conflitto d’interesse con le funzioni che svolgono.

I regali

Parlando dei dipendenti, il nuovo codice prevede che sia precluso chiedere e accettare regali, di qualsiasi natura, per un valore superiore ai 150 euro, stretta che vale anche per i regali ricevuti sotto forma di sconto. Tutto ciò che arriva al dipendente delle pubbliche amministrazioni che abbia importo superiore a quanto indicato deve immediatamente essere messo a disposizione dell’amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali.

Obblighi di comunicazione

I dipendenti sono altresì obbligati a dichiarare la partecipazione o l’appartenenza ad associazioni e organizzazioni (esclusi partici politici e sindacati) i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento delle attività dell’ufficio. Ma non solo, i dipendenti devono anche dichiarare, al momento della loro entrata nella pubblica amministrazione, tutti i rapporti diretti o indiretti di collaborazione avuti con soggetti privati nei 3 anni precedenti e in qualunque modo retribuiti.

I dipendenti delle P.A. devono anche astenersi, si legge nel provvedimento,

dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti le sue mansioni in situazioni di conflitto di interessi anche non patrimoniali, derivanti dall’assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Con obbligo di tracciabilità e di trasparenza di tutti i processi decisionali adottati.

Utilizzo dei materiali e delle strutture

Ultimo punto sul quale si concentra il nuovo codice di comportamento per i dipendenti delle P.A. è quello dell’utilizzo dei materiali e delle attrezzature messe a disposizione dalle P.A. per lo svolgimento delle mansioni di ufficio, con particolare riferimento a linee telematiche e telefoniche e mezzi di trasporto, che possono essere utilizzati solo per ragioni d’ufficio.

Sentenza della Corte di Cassazione su controlli per locali ad uso promiscuo

 La sentenza 4140/13 della Corte di Cassazione, depositata in data 20 febbraio 2013, sancisce che se il luogo dove viene svolta l’attività commerciale o professionale ha porte comunicanti con l’abitazione del contribuente il locale deve essere considerato ad uso promiscuo e, quindi, qualsiasi controllo da parte dell’amministrazione finanziaria deve essere fatto previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

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Se non c’è autorizzazione atti compiuti e avviso di accertamento sono nulli.

Il caso riguardava la contestazione di alcune violazioni fiscali ed emissione di fatture ritenute false. L’amministrazione ha preposto i controlli che si sono svolti presso la sede del professionista, ma che, come risulta dagli atti catastali, è adiacente e comunicante con l’abitazione.

Per questo il controllato ha impugnato l’avviso di accertamento. La tesi difensiva, accolta nei vari gradi di giudizio fino alla sentenza definitiva di ieri, si basava proprio sul principio che in caso si locale ad uso promiscuo gli accertamenti possono essere fatti solo se ricevuta l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

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Oltre a sancire l’annullamento dell’atto impositivo, la Cassazione ha inoltre precisato che se i locali ad uso opificio sono distinti da quelli ad uso abitativo ma comunicanti devono essere classificati come promiscui e quindi passibili delle garanzie dell’articolo 52 del Dpr 633/72.

Nuova normativa bonus bebè 2013

 La nuova normativa riguardante il bonus bebè -decreto del Ministero del lavoro del 22 dicembre 2012- è stata pubblicata il 13 febbraio in Gazzetta Ufficiale e prevede, per il triennio 2013/2015 nuove regole per il congedo obbligatorio e per il congedo facoltativo del padre, per le forme di sostegno economico alla madre e per favorire il rientro nel mondo del lavoro. La nuova legge si applica per tutti i bambini nati dal 1° gennaio 2013.

Di seguito il dettaglio e i riferimenti per la nuova normativa sul Bonus Bebè 2013.

Bonus Bebè 2013 – Congedo del padre

Il padre potrà usufruire del congedo obbligatorio e del congedo facoltativo entro i primi cinque (5) mesi dalla nascita del figlio. Ai congedi sono applicati i seguenti vincoli:

Congedo obbligatorio

1. se di un giorno può essere sfruttato anche in concomitanza con il congedo di maternità;

2. possono avvalersene anche i padri già in congedo di paternità;

Congedo facoltativo

1. la fruizione del congedo per il padre di uno o due giorni è soggetto alla scelta della madre di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo, con conseguente anticipazione del termine finale del congedo post-partum;

2 il congedo è fruibile dal padre anche contemporaneamente all’astensione della madre.

Bonus Bebè 2013 – Trattamento economico del congedo di paternità

Il trattamento economico previsto per il congedo di paternità, sia esso obbligatorio che facoltativo, è pari al 100% della retribuzione giornaliera che sarà totalmente a carico dell’Inps.

Bonus Bebè 2013 – Modalità di comunicazione del congedo di paternità

La volontà di usufruire del congedo di paternità deve essere comunicata con un preavviso di quindici giorni rispetto ai giorni previsto per il congedo. La comunicazione può essere inviata sia in forma scritta che telematica, in base alle regole aziendali.

Se il padre usufruisce del congedo facoltativo alla comunicazione deve essere allegata la dichiarazione della madre di non usufruire di un numero equivalente di giorni del suo congedo di maternità.

Bonus Bebè 2013 – Contributi per i servizi all’infanzia

Se la madre non intende usufruire del congedo parentale  al termine della maternità, può far richiesta di un contributo per il servizio di baby-sitting o per il pagamento di asili pubblici e provati, ma solo se accreditati. La nuova normativa prevede un contributo mensile pari a 300 euro per un periodo massimo di sei mesi.

Il contributo è erogato dall’Inps in buoni lavoro o in pagamento diretto verso l’asilo o la struttura indicata. Il contributo può essere richiesto anche se si è già sfruttata una parte del congedo parentale.

Bonus Bebè 2013 – Modalità di richiesta contributi

Per richiedere il contributo Inps è sufficiente collegarsi al sito dell’Inps e inviare la domanda telematica indicando la quale tipologia di beneficio alla quale si vuole aderire o la struttura destinataria (da scegliere tra le strutture indicate).

Bonus Bebè 2013 – Chi può beneficiarne

I contributi previsti dalla nuova normativa sono proporzionali alla tipologia di orario del lavoro svolto dalla madre (le donne iscritte alla gestione separata possono avere il contributo per un massimo di tre mesi).

Il contributo non è erogabile per le donne che hanno già l’esenzione totale  dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati.

Inoltre, le donne che richiedono il contributo dovranno rinunciare ad un periodo del loro congedo parentale uguale al numero di mesi per i quali è stato richiesto il contributo.

Bonus Bebè 2013 – La graduatoria

Le graduatorie per l’accesso al bonus bebè sono stilate in base al reddito dichiarato dall’Isee. Nel complesso sono stati messi a disposizione dal governo 60 milioni di euro da distribuire in parti uguali nei tre anni di sperimentazione.