Pensione di invalidità a rischio per le donne sposate

 Sono le donne sposate a rischiare di più, dopo che l’Inps ha deciso che il reddito sul quale si decide l’ammontare dell’assegno pensionistico di invalidità dovrà essere calcolato non più sul reddito individuale ma su quello coniugale.► Le spese di ricovero dei famigliari portatori di handicap

Fino a questo momento, il reddito limite per l’ottenimento della pensione di invalidità era individuale, fissato a 16500 euro e 4650 euro all’anno a seconda della percentuale di perdita della capacità lavorativa.

Ora, l’Inps ha deciso che questi limiti saranno considerati sul totale del reddito coniugale, il che vuol dire che migliaia di donne sposate potrebbero perdere il loro assegno e, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero anche essere costrette a restituire quanto ricevuto negli ultimi dieci anni.Secondo l’avvocato previdenzialista Sante Assennato

Per 34 anni tanto per l’assegno quanto per la pensione gli stanziamenti delle leggi di bilancio dello Stato hanno previsto limiti reddituali personali: una deroga a questa prassi rappresenterebbe la più grave controriforma in materia assistenziale con conseguenze devastanti soprattutto per la donna.

Questo perché, essendo il mercato del lavoro a forte prevalenza maschile, l’assegno e la pensione di invalidità erano volti a tutelare proprio il sesso meno avvantaggiato nel momento in cui, per motivi di salute, si trova senza lavoro.

► Fornero blocca circolare Inps su pensioni invalidità

Ora, la questione è stata rimandata alla magistratura e il verdetto della Corte di Cassazione è atteso per il prossimo 13 febbraio.

 

Reintroduzione della pensione con 15 anni di contributi

 Queste 65 mila persone, lavoratori -ma soprattutto lavoratrici- usciti dal mondo del lavoro prima di raggiungere i requisiti per la pensione di anzianità, a causa di impedimenti quali i figli, problemi in famiglia o altre questioni non dipendenti dalla loro volontà, che si sono trovate escluse dalla pensione dopo con l’entrata in vigore della riforma Fornero.

► Età pensionabile italiana più alta d’Europa

Grazie alla circolare emanata dall’Inps il primo febbraio, questi lavoratori potranno presentare la domanda per  la pensione di anzianità. I requisiti minimi sono il compimento del 60° anno d’età per le donne e del 65° per gli uomini per coloro che alla data del 31 dicembre 1992 sono stati autorizzati al versamento dei contributi volontari per  la totalizzazione di 15 anni. Nel caso di lavoratori dipendenti il requisito è l’aver raggiunto un’anzianità assicurativa di almeno 25 anni ed un cumulo di 10 anni di contributi, anche per periodi inferiori alle 52 settimane in un anno.

► Obiettivo Welfare: le proposte dei partiti in lizza per le elezioni

Una grande vittoria per i lavoratori e per i sindacati che si erano immediatamente schierati contro questa legge che, nella sostanza, depennava le deroghe previste dall’art. 4 del decreto legge num 503 del 1992. Una legge che, nella lettura aziendalistica che ne era stata fatta, cancellava quei diritti che i lavoratori sono riusciti ad ottenere con oltre 20 anni di lotte.

 

Guida alla pensione di vecchiaia

 Cos’è la pensione di vecchiaia?

La pensione di vecchiaia è una prestazione economica che viene erogata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale a lavoratori dipendenti o autonomi che ne fanno richiesta.

I requisiti minimi per fare richiesta di pensione di vecchiaia

Per poter fare domanda di pensione di anzianità è necessario:

1. aver raggiunto l’età anagrafica stabilita dalla legge per la propria categoria lavorativa;

2. aver raggiunto il monte contribuzione e di assicurazione stabilito dalla legge per la propria categoria lavorativa;

3. aver cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze di terze persone.

Chi può fare richiesta di pensione di vecchiaia?

La pensione di anzianità spetta a tutti i lavoratori dipendenti ed autonomi che, previa soddisfazione dei requisiti richiesti, ne facciano domanda.

Con la Riforma Fornero sono entrati in vigore nuovi criteri anagrafici per ogni categoria lavorative differenziati tra uomini e donne tra chi ha raggiunto i requisiti contributivi prima e dopo il 31 dicembre 1995. Vediamo nel dettaglio tutte le tipologie.

1. Soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995

Tutti i soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 che abbiano raggiunto un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni.

Per quanto riguarda il requisito anagrafico ci sono delle importanti differenze tra le diverse categorie di lavoratori, di seguito il dettaglio:

Lavoratrici dipendenti settore privato

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 62 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 62 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 63 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratrici autonome e gestione separata

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 63 anni e 6 mesi
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 63 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 64 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 9 mesi (da adeguare alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratori dipendenti e lavoratrici dipendenti settore pubblico

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratori autonomi e gestione separata

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

2.  Soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996

Tutti i soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996 che abbiano raggiunto il requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico in base alle seguenti condizioni:

– Se l’importo della pensione non è inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d. importo soglia) i requisiti sono gli stessi che valgono per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;

Indipendentemente dall’importo della pensione i lavoratori che abbiano compiuto i 70 anni di età e perfezionato 5 anni di contribuzione “effettiva”.

A partire dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015 il requisito dei 70 anni sarà incrementato di tre mesi ogni anno per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita.

Come di presenta la domanda di pensione di vecchiaia?

Sono tre i canali attraverso i quali è possibile fare domanda di pensione di vecchiaia:

1. Richiesta telematica dal portale dell’Inps con il Pin che va richiesto direttamente all’Istituto;

2. Richiesta telefonica al Contact Center dell’Inps (803164 da rete fissa o 06164164 da mobile);

3. Richiesta attraverso enti di Patronato e intermediari autorizzati.

Quando viene erogata la pensione di vecchiaia?

La pensione di vecchiaia viene erogata a decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile.

Se, per tale data, non sono stati perfezionati i requisiti contributivi e assicurativi la pensione di vecchiaia verrà erogata a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui vengono raggiunti tali requisiti.

Pensione di vecchiaia e rapporto di lavoro

I lavoratori dipendenti che vogliono accedere alla pensione di vecchiaia devono aver cessato tutti i rapporti di lavoro e la pensione sarà erogata a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Per i lavoratori autonomi non sussiste lo stesso obbligo.

Tempi di attesa per la pensione

 Saranno pochi i lavoratori che riusciranno ad andare in pensione i questi primi mesi del 2013. Con l’entrata in vigore, all’inizio dell’anno, delle nuove regole portate dalla riforma Fornero e dai nuovi criteri sull’aspettativa di vita, fino ad aprile saranno solo i lavoratori autonomi che hanno raggiunto i requisiti per la pensione nel 2011 e hanno usufruito dei 18 mesi di finestra mobile.

► Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi

Per i restanti lavoratori in attesa di pensione ci sarà ancora da aspettare. Anche i lavoratori che hanno raggiunto l’età dei 66 anni – che avrebbero potuto andare in pensione con le regole della riforma Sacconi che prevedeva i 65 anni più uno di finestra mobile – grazie all’entrata in vigore dei coefficienti basati sull’aspettativa di vita dovranno lavorare per altri tre mesi.

► Elenco coefficienti di calcolo delle pensioni

Una sospiro di sollievo per l’Inps, che per questi mesi di inizio 2013, dovrà emettere davvero pochi nuovi assegni pensionistici. L’incognita, per l’Istituto di Previdenza, sono le norme che tra poco verranno comunicate dal Ministro del Welfare per gli esodati. (Al momento gli esodati che rientrano nella norme di salvaguardia sono solo 55.000).

Tutti gli altri dovranno aspettare. Le lavoratrici dipendenti dovranno raggiungere i 62 anni e tre mesi e, per l’inizio del 2013, quindi il numero delle pensioni rimarrà uguale a quello dello scorso anno. Stesso discorso per chi si vuole avvalere del prepensionamento: la riforma ha portato da 41 a 42 e 5 mesi gli anni di anzianità contributiva necessari per chi vuole andare in pensione senza il raggiungimento del requisito di età.

Novità pensioni forze dell’ordine

 Nel decreto legge Salva Italia è stata prevista l’adozione di un regolamento di armonizzazione dei requisiti minimi di accesso al pensionamento per il personale delle forze dell’ordine. Questa particolare categoria, infatti, finora ha calcolato i requisiti su una base diversa rispetto alle altre.

► Elenco coefficienti di calcolo delle pensioni

Continuerà ad essere così, ma i requisiti minimi saranno adeguati, come tutti gli altri, alla speranza di vita. L’Inps ha fatto sapere che, dal momento che il regolamento non è ancora stato emanato, si continuerà ad applicare i requisiti pensionistici vigenti, che saranno soggetti all’adeguamento della speranza di vita a decorrere dal 1° gennaio 2013 (saranno validi fino al 31 dicembre 2015). A partire da questa data, inoltre, se il pensionamento avviene a prescindere dall’età, l’adeguamento deve essere applicato anche al requisito contributivo.

► Cambiamenti pensioni di invalidità: è polemica

La pensioni di vecchiaia per il personale appartenente a Forze armate, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia, Vigili del fuoco sarà ottenuta al raggiungimento dell’età anagrafica massima prescritta dai singoli ordinamenti, variabile in funzione della qualifica o grado, e al requisito contributivo previsto per la generalità dei lavoratori.

► 6 milioni di pensionati non godranno della rivalutazione delle pensioni

Se, al raggiungimento dell’età pensionabile prevista, non si è raggiunto il requisito contributivo, si dovrà lavorare per ulteriori tre mesi. I parametri per la pensione di anzianità, ad oggi, sono:

– 40 anni e 3 mesi di contributi, indipendentemente dall’età;
– anzianità contributiva non inferiore a 35 anni e con un’età di almeno 57 e anni e 3 mesi;
– massima anzianità contributiva corrispondente all’aliquota dell’80% con età anagrafica di almeno 53 anni e 3 mesi (solo se raggiunta prima dell 31 dicembre 2011).

 

Elenco coefficienti di calcolo delle pensioni

 Con l’inizio dell’anno sono entrati in vigore i nuovi coefficienti per il calcolo delle pensioni che rivoluzionano lì’attuale sistema di valutazione dell’assegno pensionistico.

I nuovi coefficienti, come abbiamo visto anche nell’articolo Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi saranno calcolati sia in base all’età in cui si decide di andare in pensione sia in base alle aspettative di vita (secondo i dati che ogni due anni fornirà l’Istat). Questo nuovo parametro è stato inserito per tenere conto di quanto si resterà i pensione: chi sceglie di andare in pensione più tardi (quindi lavorando per più anni) percepirà una pensione maggiore, ma per meno tempo.

Rispetto agli anni precedenti, nella pratica del calcolo, per ottenere lo stesso importo pensionistico si deve lavorare in media un anno in più.

Di seguito vi riportiamo la tabella dei nuovi coefficienti che saranno validi per il calcolo delle pensioni tra i 57 e i 70 anni.

57 anni: 4,304% (4,42% fino al 2012)
58 anni: 4,416% (4,54% fino al 2012)
59 anni: 4,535% (4,66% il precedente)
60 anni: 4,661% (4,80% il precedente)
61 anni: 4,796% (4,94% il precedente)
62 anni: 4,940% (5,09% il precedente)
63 anni: 5,094% (5,26% il precedente)
64 anni: 5,259% (5,43% il precedente)
65 anni: 5,435% (5,62% il precedente)
66 anni: 5,624%
67 anni: 5,826%
68 anni: 6,046%
69 anni: 6,283%
70 anni: 6,541%

 

Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi

 In base ai calcoli fatti dall’Agi sui nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi fissati dal Ministero del Lavoro, chi maggiormente risentirà di questa novità saranno coloro che andranno in pensione prima del raggiungimento dei 65 anni di età. Per un montante contributivo complessivo medio di 400 mila euro (lordi), infatti, questa categoria l’assegno pensionistico sarà di 50 euro in meno rispetto a quelli calcolati con i vecchi coefficienti.

Stessa decurtazione anche per i 65 che hanno accumulato 300 mila euro di contributi, per loro l’assegno sarà di 1.254 euro, contro i 1.297 che avrebbe avuto con i vecchi coefficienti.

Questo accade perché i nuovi coefficienti sui quali si calcola l’importo della pensione, oltre a prendere come riferimento l‘età in cui si va in pensione, tengono conto anche i dati anagrafici generali sull’evoluzione della vita media. Per il prossimo triennio (2013/2015) saranno ancora i n vigore i vecchi coefficienti, il calcolo verrà poi effettuato di nuovo per il triennio 2016-2019. Quando l’età pensionabile sarà per tutti di 67 anni, ossia nel 2020, i coefficienti saranno rivisti ogni due anni.

In pratica il totale dei contributi versati dal lavoratore viene rivalutato in base al Pil nominale dell’ultimo quinquennio e la cifra risultante viene trasformata in rendita pensionistica in base ai coefficienti sopra descritti.

Rivalutazione delle pensioni: assegni più alti, ma non per tutti

 A partite da gennaio 2013 le pensioni degli italiani saranno un po’ più alte, per effetto della rivalutazione che ogni anno viene fatta dall’Istituto di Previdenza Sociale per adeguare l’ammontare delle pensioni all’andamento del tasso di inflazione, in modo da mantenere inalterato il potere d’acquisto di chi vive con il solo reddito da pensione.

Questo calcolo viene effettuato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo e, per il 2013, è stato previsto un aumento del 3,1%, dove lo 0,1% è il residuo dello scorso anno.

Per effetto di questa rivalutazione nel 2013 gli assegni di coloro che percepiscono la pensione minima saranno di  € 495,43, gli assegni sociali arriveranno a € 442,72 e le pensioni sociali toccheranno quota 364,85. L’aumento dell’assegno non riguarda però coloro che hanno un assegno pensionistico il cui ammontare supera di almeno tre volte l’importo delle pensioni base.

Quindi, chi ha un assegno pensionistico di € 1.486,3 percepirà la stessa somma per tutto il 2013, come già successo anche per l’anno in corso (queste sono state le conseguenze del Decreto Salva-Italia che ha bloccato la rivalutazione per tutto il biennio 2012/2013).

Anche nel caso in cui la cifra limite sia raggiunta con più assegni pensionistici vale comunque il blocco della rivalutazione.

Ricongiunzione gratuita: chi può farla?

 La riforma delle pensioni del Ministro Fornero, oltre a prevedere un aumento graduale dell’età pensionistica, ha corretto anche i termini per la ricongiunzione contributiva. Questa, da sempre gratuita, un paio di anni con la riforma voluta dall’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi è diventata onerosa e, in alcuni casi eclatanti, la richiesta dell’Inps era di centinaia di migliaia di euro.

Ora tutto torna come prima, o quasi.

La riforma, che entrerà in vigore a partire dal 2013, prevede che i lavoratori possano ricongiungere i contributi versate nelle casse previdenziali pubbliche e privata, ma solo se soddisfano determinate condizioni. Potranno usufruire della ricongiunzione gratuita tutti gli ex-dipendenti statali che sono passati dall’Inpdap (o da altri  fondi speciali) all’Inps prima del 31 luglio 2010 (giorno di entrata in vigore della legge n. 122 di Sacconi).

Oltre a loro a godere della rettifica saranno gli ex dipendenti statali che sono passati all’Inpdap all’Inps dopo il 31 luglio 2010 solo nel caso in cui abbiamo maturato i requisiti contributivi per la pensione di anzianità (66 anni e tre mesi di età per gli uomini e tra i 63 e i 66 anni per  le donne).

Gli ex statali che hanno effettuato il passaggio dopo il luglio del 2010 che hanno raggiunto i requisti per la pensione anticipata (la pensione che si ottine solo in base agli anni di contribuzione) se vogliono ricongiungere dovranno pagare quanto richiesto dall’Inps.

Approvati emendamenti su ricongiunzione previdenziale non onerosa

 Dal Parlamento arrivano le prime soluzioni per tutti quei lavoratori che sono passati (anche solo sul piano formale) dal lavoro pubblico a quello privato. Sono i primi effetti della legge di stabilità e dei vari emendamenti che sono stati proposti in questi ultimi giorni.

Si tratta comunque di intervento ancora parziale sul quale restano ancora molti nodi da sciogliere. Per il momento, comunque, si sta ponendo rimedio alla norma del precedente esecutivo che ha reso onerosa la ricongiunzione contributiva per chi ha fatto il passaggio dal pubblico al privato. Molti di questi lavoratori si sono sentiti chiedere delle cifre altissime, anche di centinaia di migliaia di euro, il che metteva una barriera insormontabile alla riscossione della pensione anche se i requisti necessari erano stati raggiunti.

Con l’emendamento voluto dal governo e dai relatori della legge di stabilità, questi lavoratori avranno diritto ad una ricongiunzione on onerosa solo, però, se il passaggio è avvenuto prima del 30 luglio 2010.

Per tutti gli altri c’è la possibilità di cumulare i diversi periodi previdenziali se hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia in base alle norme della riforma Fornero.