Il modello del family business e le imprese europee

 Secondo alcuni recenti studi tra le imprese italiane, per lo più piccole e medie imprese con una alta percentuale di imprenditori oltre i settanta anni, è molto diffuso il modello del family business, cioè il passaggio automatico di padre in figlio delle realtà aziendali. Questo modello, tuttavia, non sembra essere più adeguato ai tempi della globalizzazione e ad un contesto estremamente competitivo come quello attuale. 

Il Fondo per la competitività e lo sviluppo imprenditoriale non funziona

 Forse non tutti sanno che il sistema imprenditoriale italiano può beneficiare dell’aiuto di un apposito Fondo per la competitività e lo sviluppo, all’interno del quale vengono raccolte risorse che dovrebbero essere poi ridistribuite a chi ne fa richiesta. Sembra però che questo strumento di così grande importanza in un momento in cui la morsa del credito ancora aggredisce il mondo imprenditoriale italiano da più parti non funzioni ancora alla perfezione. 

Ventiduesima flessione per l’industria italiana ad ottobre 2013

 L’Istat ha recentemente rilasciato gli ultimi dati relativi all’andamento dell’industria italiana nel mese di ottobre 2013. Nel decimo mese dell’anno, però, dopo i mesi di agosto e settembre, si è venuto a registrare ancora un altro pesante calo nel comparto produttivo italiano. 

Le previsioni di Confindustria per il 2014 alla luce della Legge di Stabilità

 L’Associazione degli Industriali Italiani – Confindustria – torna a tracciare in questi giorni un quadro e un bilancio della situazione italiana, facendo riferimento in particolare alla Legge di Stabilità, che in questi giorni è passata finalmente all’esame del Senato per avere l’approvazione definitiva dopo molti giorni di modifiche e di emendamenti. 

Arrivano i mini-bond e il fondo di garanzia per il credito alle imprese

 Solo alcuni giorni fa il governo ha presentato in via ufficiale gli interventi contenuti all’interno del piano Destinazione Italia, il cui scopo è quello di promuovere la crescita economica e di incentivare lo sviluppo delle imprese italiane. Il piano è stato infatti sviluppato di concerto con il Ministero per lo Sviluppo Economico e contiene diverse misure per migliorare le condizioni di vita delle aziende del nostro paese, sia sotto il profilo generale che in alcuni specifici settori. 

Le aziende più diffuse in Italia sono le microimprese

 Una recente ricerca compiuta dall’Istat ha fatto luce sulla situazione delle imprese e delle industrie italiane, dimostrando come il tessuto produttivo del nostro paese sia caratterizzato dalle piccole dimensioni delle sue aziende. L’Italia infatti oggi appare sempre di più come un paese non votato alla grande impresa, dal momento che le dimensioni medie delle aziende arrivano al massimo a 3,7 addetti. 

L’industria delle energie rinnovabili perde il 50% del suo fatturato

 Nel giro di due anni, i due anni che vanno dal 2011 al 2012, il settore industriale delle energie rinnovabili ha visto eclissarsi la sua buona stella. Quella stella che invece l’aveva incoronato tempi prima come uno dei business più promettenti e come il miglior investimento per l’interno paese. 

Sempre più numerose le multinazionali italiane che emigrano all’estero

 Negli ultimi giorni ha fatto molto discutere il fatto che la crisi economica abbia provocato il passaggio in mani di imprenditori stranieri di molti storici marchi dell’industria italiana.  In un post pubblicato in precedenza abbiamo sottolineato, infatti, come negli anni centrali della crisi, dal 2008 al 2012, più di 400 marchi storici italiani abbiano preso la strada dell’estero. 

Il Pil ferma la caduta e la produzione industriale cresce

 Dopo due anni, otto trimestri, il Prodotto interno lordo (Pil) non mostra dati negativi. Dal 7 luglio 2011 la crisi economica si è vista anche nel dato del Pil sempre negativo, ma gli ultimi dati mostrano un cambiamento e non proprio una inversione di tendenza. Il Pil è nullo a settembre, uno zero che è accolto come un dato interessante visti i precedenti da cui arriva.
Due anni di caduta del Pil che si è quindi fermata e che significa la fine della recessione. In effetti, anche i dati sulla produzione industriale sono buoni dopo quelli negativi dei mesi precedenti. L’Istat ha rilevato una crescita dello 0,5% a ottobre, ma su base annua il dato è di -3,5%.
Parlare di ripresa economica è ancora presto, ma i dati mostrano che la crisi potrebbe essere meno pesante nei prossimi mesi. Tanto che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si Twitter ha scritto: “L’Istat certifica lo stop della recessione. In ripresa import, export e produzione industriale. Ancora molta strada da fare ma la direzione è giusta”. Saccomanni si aspetta un Pil in crescita nel quarto trimestre con la ripartenza delle imprese che dovrebbe migliorare l’occupazione, che è il problema probabilmente più importante in questa fase.
Il mercato del lavoro sente la crisi economica in maniera preponderante. La Cgia di Mestre ha mostrato dati non rassicuranti, con 415 mila partite Iva chiuse in cinque anni, mentre Confcommercio rileva come il rapporto tra ttività che aprono e attività che chiudono è negativo, per ogni negozio che apre ce ne sono due che chiudono. L’Inps, poi, ha comunicato che sono aumentate del 31% le richieste di disoccupazione nei primi dieci mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In aumento anche le ore di cassa integrazione a novembre.
Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha detto che i dati sull’occupazione non sorprendono in quanto è necessario che ripartano i consumi e che si riducano le tasse sul lavoro per vedere scendere il tasso di disoccupazione nel nostro Paese. Confcommercio, Confesercenti e sindacati sono concordi nel considerare difficile la ripresa dei consumi nel 2014.
Il lavoro è sempre una emergenza e lo conferma anche il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che afferma come i piccoli miglioramenti dell’economia difficilmente avranno un impatto immediato sull’occupazione. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini sottolinea come ci sia un saldo soddisfacente tra lavori attivati e cessati  e che questo non si vedeva da cinque trimestri. In aumento sono però solo i contratti a termine.