Per Bankitalia la disoccupazione crescerà nei prossimi due anni

 Bankitalia ha presentato il suo bollettino in cui si parla della situazione economica in Italia. Le previsioni economiche sono di una ripresa debole grazie soprattutto alle esportazioni. Per le piccole imprese e per la domanda interna invece la situazione è negativa. I problemi sono soprattutto per le imprese del sud. In questo senso, la crescita debole non è per così dire lineare e ci sono incertezze che bisogna considerare.

 

► Disoccupazione in crescita e quella giovanile è da record

 

La Banca d’Italia parla anche di uno dei principali problemi dell’Italia in questo periodo, la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è alto ed è in crescita, con il livello raggiunto dalla disoccupazione giovanile che desta una certa preoccupazione.

La ripresa del Pil è prevista per quest’anno e per il prossimo anno. Una ripresa debole che non avrà influenze significative sul tasso di disoccupazione. Bankitalia prevede quindi la disoccupazione in crescita al 12,8% per quest’anno e al 12,9% per il 2015. La Banca d’Italia afferma che il miglioramento dell’attività economica “si trasmetterebbe gradualmente e con ritardo al mercato del lavoro”.

Per ciò che concerne l’inflazione, le previsioni sono al ribasso rispetto a luglio. Si prevede un calo per quest’anno all1,1% mentre nel 2015 dovrebbe risalire all1,5%. Questa crescita dovrebbe dipendere dalla “flessione della componente energetica e dalla contenuta dinamica dei prezzi interni che sconta l’ampia capacità produttiva inutilizzata delle imprese”.

Il possibile rischio deflazione viene visto modesto e c’è il rischio che l’inflazioni cali più di quanto atteso.

Sulla questione del credito, per Bankitalia è un peso che influenza in maniera negativa la crescita. Gli acquisti di titoli italiani all’estero sono invece ripresi a settembre e a ottobre.

 

La Bce sulla crescita lenta e sull’inflazione

 La Banca centrale europea (Bce) ha comunicato nel suo bollettino di giovedì alcuni dati sull’economia in Europa. La situazione è che mentre la domanda interna è in graduale miglioramento nelle economie europee, tra cui l’Italia, la crescita resterà piuttosto lenta. Nel suo regolare bollettino mensile, la Bce ha affermato che vede una debolezza ampia alla base dell’economia in tutta Europa, il che significa che manterrà i tassi di interesse bassi per cercare di aiutare la graduale ripresa economica nell’Eurozona.

► La Bce prevede un periodo di bassa inflazione nel corso del 2014

Le incertezze dell’economia della zona euro, in particolare nei mercati finanziari, rimangono un rischio, ha aggiunto la Bce, che prevede un anche un periodo di bassa inflazione estesa.

Il  rapporto sull’inflazione all’inizio della settimana ha mostrato pressioni sui prezzi in Italia che sono diminuiti drasticamente nel 2013 rispetto al 2012. Il tasso annuo di inflazione in Italia nel 2013 è in media dell’1,2%, un calo consistente rispetto alla media del 3,0% nel 2012. Come ha riferito l’Istat, l’aumento dello scorso anno dell’indice dei prezzi al consumo è stato anche il più basso dal 2009.

La Bce conferma quindi che i tassi di interesse sono destinati a rimanere bassi per cercare di aiutare le economie europee. Si parla di un rischio di deflazione, che porterebbe a un rischio sui debiti stabiliti sulla base delle previsioni dell’inflazione al 2%. La Bce però non vede ancora questo rischio, anche perché la dinamica dell’abbasamento dei prezzi non è ancora a questo punto, e si aspetta di raggiungere il 2% di inflazione nei prossimi mesi. La necessità è quella di fare riprendere i consumi e portare l’inflazione a crescere. In questo senso, la questione della disoccupazione in Europa è importante e va affrontata al meglio.

Il rischio deflazione in Europa e i suoi effetti

 I dati sull’inflazione in Europa sono ancora in calo. In questa situazione si parla di rischio di deflazione, anche se la Banca centrale europea non vede ancora questa possibilità.

 

► Eurozona, inflazione bassa, Draghi pronto a nuove misure

 

I rischi della deflazione sono ben noti. In primo luogo, creando aspettative di prezzi più bassi per il prossimo anno si influenzano i consumatori a rinviare gli acquisti. Come risultato si ha il calo della domanda aggregata e un ulteriore ribasso dei prezzi. In secondo luogo, dal momento che i debiti pubblici e privati ​​sono fissi nominalmente, il calo dei prezzi aumentano l’onere reale del debito. In altre parole, i prezzi portano a minori entrate per i settori pubblico e privato, mentre il debito rimane invariato. Questo costringe i due settori a impegnare una quota crescente di ricavi per il debito e a ridurre la spesa per beni e servizi. La situazione, a sua volta, aumenta l’intensità del processo deflazionistico.

C’è il rischio che la deflazionti si realizzi in Europa?

La situazione economica non è ancora arrivata alla deflazione. Non c’è l’effetto del rinvio dei consumo e i prezzi sono ancora in aumento in certe aree o ambiti.

 

► L’inflazione ai livelli del 2009

 

Il secondo effetto della deflazione, la dinamica del debito, è però più preoccupante nell’Eurozona.

Questo effetto non dipende dall’inflazione negativa, ma si attiva quando l’inflazione è inferiore al tasso di inflazione che ci si aspettava quando sono stati fatti i contratti di debito. Negli ultimi dieci anni, le aspettative sull’inflazione nella zona euro sono state molto vicino al 2%, che era anche il tasso medio di inflazione nel corso di tale periodo. I tassi di interesse nominali vigenti in materia di obbligazioni a lungo termine riflettono l’aspettativa che l’inflazione sarà del 2% per i prossimi 5-10 anni. Visto che l’inflazione è scesa e lo fa da diverso tempo il rischio per il debito è più consistente.

L’inflazione dell’Eurozona ancora in calo

 Pochi giorni fa, la Banca centrale europea (Bce) ha avvertito che avrebbe preso in mano le redini della situazione se l’inflazione avrebbe continuato a diminuire. La sensazione della Bce si è realizzata con l’inflazione annuale nella zona euro che è calata nuovamente alla fine del 2013, dallo 0,9% allo 0,8% secondo l’ultimo rapporto Eurostat pubblicato Giovedì. Questo è il terzo mese consecutivo che il valore è inferiore all’1%.

 

Eurozona, inflazione bassa, Draghi pronto a nuove misure

 

Quattro paesi dell’Eurozona hanno registrato un dato negativo. Queste sono Grecia, Cipro, Bulgaria e Lettonia, mentre l’inflazione in Spagna si attesta allo 0,3%, cinque decimi al di sotto della media della zona euro e quasi tre punti in meno dello stesso periodo del 2012.

 

L’inflazione ai livelli del 2009

 

L’inflazione nell’area dell’euro segna il livello più basso da quattro anni e rimane nella “zona di pericolo” alla fine del 2013.

I paesi con la più alta inflazione sono l’Austria e l’Estonia , anche se il loro sviluppo è opposto. L’inflazione media annua dell’Eurozona è pari a 1,3%, e questo è il dato più basso che si registra dal 2009.

Le ragioni per la crescita su base annua dell’inflazione sono l’aumento dei prezzi nei settori dell’elettricità, del tabacco e del restauro, mentre le maggiori flessioni si sono registrati nel settore delle telecomunicazioni, medico e paramedico, dei carburanti e dei servizi.

La Bce si propone di agire se l’inflazione continuerà e si tiene sotto osservazione la situazione. In tutti i casi, non viene considerato attendibile il rischio di deflazione. La deflazione porterebbe ad aspettative nei consumatori di prezzi più bassi per il prossimo anno e a rinviare gli acquisti. Il risultato sarebbe il calo della domanda aggregata che mette ulteriore pressione al ribasso sui prezzi.

 

L’inflazione ai livelli del 2009

 Nel  2013, in Italia, il tasso d’inflazione medio annuo si è fermato a quota 1,2%, marcando una sensibile diminuzione rispetto al 3% registrato nel 2012. Questo è quanto comunica l’Istat in base alle stime preliminari relative all’anno appena trascorso, precisando che si tratta del valore minimo dal 2009.

 

La BCE prevede un periodo di bassa inflazione nel corso del 2014

 Il presidente della Banca Centrale Europea, BCE, Mario Draghi, ha tracciato in questi giorni un nuovo quadro economico della situazione dell’Eurozona, che ancora non si può dire del  tutto fuori da quella crisi che ha segnato per così lungo tempo la sua economica. 

Per Draghi ripresa lenta e ancora rischi per l’Europa

 Conferme da parte della Banca centrale europea (Bce) sul tasso di riferimento nell’euro, che rimane allo 0,25%, al minimo storico. Una decisione attesa dagli analisti finanziari e confermata quindi dalla Bce.

Il Presidente della Bce Mario Draghi nella conferenza stampa ha affermato che si sono ancora rischi legati alla ripresa economica a all’inflazione, che sarà ancora debole e sotto all’obiettivo del 2% annuo ancora per un lungo tempo.

 

La Bce esaminerà la qualità dell’attivo degli istituti di credito

 

Draghi ha confermato il tasso sui prestiti marginali allo 0,75% e ha detto, con più forza che nel passato, di essere pronto a intervenire con ogni mezzo possibile al fine di evitare eventuali tensioni sul mercato monetario o rispetto alle prospettive dei prezzi. C’è il sostegno quindi della Bce, ma la situazione economica non è ancora priva di rischi.

 

La Bce non vede problemi di deflazione

 

Il quarto trimestre del 2013 dovrebbe segnare un tasso positivo di crescita nell’Eurozona, e confermare la ripresa debole che si dovrebbe riproporre anche nel 2014 e nel 2015. I problemi riguardano la disoccupazione, che rimane alta,  e “i necessari aggiustamenti di bilancio che continueranno a pesare sull’attività economica”, ha affermato il presidente della Bce.

Per Mario Draghi, sono necessarie le riforme del mercato del lavoro per cambiare questa situazione. Parole di sostegno e anche di cautela sulla ripresa economica in Europa. Considerando, infatti,  le prospettive sui prezzi la situazione è peggiorata. Il tasso di crescita dovrebbe mantenersi si bassi livelli come al momento per almeno due anni. Draghi mette in evidenza, quindi, un  probabile periodo di inflazione bassa che può essere lungo nell’Eurozona. L’aggiustamento dell’Eurotower verso  l’obiettivo, vicino al 2% annuo, sarà graduale nel tempo.

Inflazione al livello minimo dal 1999

 L’inflazione è in calo a dicembre ed è arrivata a un livello che rappresenta il valore minimo dal 1999. I prezzi del “carrello della spesa”, cioè dei prodotti con più alta frequenza di acquisto, sono aumentati il mese scorso dello 0,5% su base mensile e dell’1,3% su base annua. Secondo l’Istat, a dicembre il tasso di inflazione annuo è dello 0,7% coerente con il mese di novembre. I dati comunicati dall’Istat sottolineano come i rialzi medi si basano soprattutto sugli aumenti dei prezzi di carburante e degli alimentari freschi.
L’aumento dei prezzi dei prodotti a media frequenza di acquisto è dello 0,1% su base mensile a dicembre e dello 0,3% rispetto a novembre. I prodotti a bassa frequenza di acquisto mostrano invece prezzi in diminuzione dello 0,2% a livello congiunturale, mentre in termini tendenziali sono invariati.
Per il 2013, il tasso di inflazione medio è dell’1,2%. Nel 2012 è stato del 3% e si registra quindi una decelerazione. Come dimostra l’Istat con queste stime preliminari, il dato della media annua è il più basso dal 1999.
Nel 2013, il tasso che mostra la crescita dei prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto è dell’1,6%. Nel 2012 era del 4,3%. Per i prodotti a media frequenza di acquisto la decelerazione c’è ma è più contenuta. Nel 2013 il tasso di crescita di questi prodotti è dell’1,2%, mentre nel 2012 era del 2,8%.
Le spese per le feste di Natale hanno quindi fatto rialzare i prezzi, che erano addirittura negativi nel confronto mensile. Questo però non ha permesso di mantenere il ritmo del 2012 e nel confronto annuo il calo dell’inflazione è visibile.

Quali sarebbero le conseguenze dell’uscita dall’euro?

 Qualche giorno fa, il Presidente della banca centrale europea (Bce) Mario Draghi ha affermato che pensare di uscire dall’euro è ingenuo perché sarebbero più i problemi che i vantaggi di una simile scelta. Draghi ha criticato quelli che ha definito “populismi” e che vedono nel ritorno alla lira la soluzione dei problemi economici.
Oltre alla Bce la possibilità di uscire dall’euro è vista in maniera negativa ma molti politici ed economisti. Questi parlano di pericolo, visto che l’uscita dall’euro può avvenire attraverso un negoziato che porti alle monete nazionali nel sud Europa e a una moneta comune dell’Europa del nord o attraverso la frantumazione dell’euro per i problemi economici e finanziari.
Quali sarebbero le conseguenze di una uscita dall’euro secondo queste previsioni? Vediamole di seguito.
Risparmi. La svalutazione della moneta sarebbe del 20% e questo significa che i risparmi e il patrimonio degli italiani si abbasserebbe del 30%.
Mutui. Con il tasso fisso, la riconversione degli stipendi e l’aumento dell’inflazione renderebbero il mutuo quasi insostenibile. Con il tasso variabile non c’è più l’Euribor e il tasso sostitutivo italiano porterebbe all’aumento della rata mensile.
Stipendi. La svalutazione della lira porterebbe a un valore minore del 60% di stipendi e pensioni.
Inflazione. La svalutazione farebbe salire l’inflazione visto che i prodotti costerebbero di più. I rendimenti sui titoli di Stato aumentano e anche il debito pubblico crescerebbe.
Case. Il valore immobiliare si abbasserebbe come conseguenza dell’inflazione.
Benzina. I costi aumenterebbero per la svalutazione e l’inflazione.
Importazioni. Aumenterebbero le esportazioni, ma le importazioni sarebbero in deficit con i prezzi delle materie prime che sarebbero molto alti.
Banche e capitali. La svalutazione e l’inflazione farebbero aumentare il debito pubblico e le banche rischierebbero molto, mentre i capitali potrebbero fuggire all’estero.
L’uscita dall’euro sembra quindi avere molti aspetti negativi che a livello europeo farebbero abbassare il Pil e portare a più rischi invece che a maggiore benessere.