La previdenza è la bestia nera del governo tecnico, questione sulla quale si stanno facendo molte proposte, a volte anche contrastanti fra loro, per riuscire a risolvere il problema: da un lato la necessità di recuperare fondi per la copertura degli esodati (coloro che con la riforma si sono trovati senza reddito e senza pensione) e, dall’altro, il problema del ricongiungimento delle pensioni.
In questo secondo caso, all’ordine del giorno nell’agenda governativa, non sono mancate polemiche, forse meno gridate di quelle degli esodati, ma non per questo meno forti.
Il ricongiungimento, che fino a qualche tempo non costituiva un problema, dal momento che farlo era gratuito e anche piuttosto semplice, ora si è trasformato in un incubo. Dal 2010, infatti, il passaggio dei contributi pensionistici all’Inps è a titolo oneroso e, purtroppo, si tratta di somme impressionanti (alcuni potenziali ricongiunti si sono sentiti chiedere anche 600 mila euro).
E non c’è via di scampo: per chi, passando dal pubblico impiego al privato, cambia cassa di appartenenza, l’unica altra soluzione è quella di chiedere il cumulo dei contributi versati, il che porterebbe al calcolo della pensione secondo il sistema contributivo e non in base all’ultimo stipendio, il che si traduce, nella quasi totalità dei casi, in un dimezzamento della cifra percepita.