Restano una forma di investimento sicura ma sono divenuti ‘costosi’, dopo la decisione di Renzi di portare la tassazione dal 20 al 26%, e con tassi più bassi, specialmente dopo l’ultima decisione della Bce. Sono, infatti, scesi dal 4-5% al 2% i tassi garantiti dai conti deposito.
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Lo Spread sotto i 200 punti apre alla crescita e al taglio delle tasse
Lo Spread sotto i 200 punti non si vedeva da luglio 2011. Il 2014 si apre bene e con un nuovo record quindi per quanto riguarda il differenziale tra i Btp italiani e i Bund tedeschi a dieci anni. Un record che fa piacere ascoltare, mentre è ancora presente nella mente degli italiani il livello raggiunto nei momenti peggiori della crisi a più di 500 punti.
Il governo manifesta la sua soddisfazione per questo risultato e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, in una nota, si appresta a dire che lo Spread sotto i 200 punti significa maggiore fiducia dei mercati finanziari sull’Italia, conti pubblici migliori e maggiori risorse per la crescita e il taglio delle tasse. Nella nota si legge: “Lo spread che a inizio anno si aggira attorno ai 200 punti base, scendendo anche sotto tale soglia, indica che i mercati apprezzano l’operato del governo, il suo impegno per il mantenimento della stabilità dei conti e per l’avvio delle riforme, sia istituzionali che economiche”.
Oltre a Saccomanni, molti altri membri del governo Letta hanno fatto affermazioni sulla notizia che lo Spread è sceso sotto la soglia, per certi versi psicologica, dei 200 punti.
Il ministro dell’Economia Saccomanni ha aggiunto: “Ho sempre sostenuto che livelli più elevati di spread fossero influenzati da fattori di carattere speculativo improntati all’incertezza politica. Oggi, pur mantenendo la dovuta cautela suggerita dalla volatilità dei mercati, possiamo essere più fiduciosi perché le prime indicazioni sono favorevoli. Le previsioni che avevamo descritto nella Nota di Aggiornamento al Def si stanno attuando. Di particolare rilievo è il dato sui rendimenti, sotto il 4%”.
Lo Spread non è un elemento teorico ma pratico. Gli effetti sono minori interessi sul debito pubblico e quindi maggiori risorse per gli investimenti, per alleggerire la pressione fiscale e per l’accesso al credito di famiglie e imprese.