Com’è cambiato il portafogli degli italiani con la crisi?

 La Relazione Consob ci restituisce un quadro molto chiaro di come gli italiani hanno cambiato le loro abitudini di investimento dall’inizio della crisi. Per scattare questa fotografia la Consob ha preso in esame un campione di famiglie italiane che rappresentano gli investitori medi, analizzando le loro scelte di investimento dal 2007 al 2012.
► Gli italiani non vogliono più investire

Ciò che emerge con forza da questa analisi è che la crisi, generata in parte dalla bolla dei subprime, ha portato gli italiani a prediligere per i loro investimenti depositi e attività a basso rischio, anche se meno fruttuose, al posto di azioni e fondi comuni.

Nello specifico, gli investimenti in strumenti finanziari rischiosi sono diminuiti del 10% rispetto al 2007, con solo il 25% delle famiglie che investe in azioniobbligazionirisparmio gestito e polizze vita. Un calo sensibile si è registrato proprio sul fronte delle polizze vita, dei fondi pensione e dei prodotti di risparmio gestito.

Per quanto riguarda i portafogli di investimento delle famiglie, la Consob evidenzia come quasi la metà del totale del campione analizzato (49%) scelga di investire il capitale in depositi e risparmio postale. Ma anche i titoli di Stato sembrano avere un ruolo importante: le famiglie che scelgono questo tipo di investimento sono passate dal 14,2 al 17,1% in un solo anno (dal 2011 al 2012) e superiori ai livelli pre-crisi.

Le azioni, invece, non piacciono più: è dimezzato il numero delle famiglie che fa questa scelta, passando dal 10% del 2007 all’attuale 5,3%.

► Il peso del fisco sul risparmio

Altro dato registrato dalla Consob è l’aumento generale del livello di indebitamento delle famiglie: dal 1999 alla fine del 2011 sono raddoppiate le passività finanziarie in percentuale del reddito disponibile.

Gli italiani non vogliono più investire

 Difficile trovare dei soldi da investire se quello che si guadagna basta a malapena ad arrivare a fine mese, se poi si aggiunge a questa difficoltà anche una grande incertezza sul futuro economico e politico del paese, non stupisce che gli italiani stiano rifuggendo sempre di più dagli investimenti.

► Raccolta risparmio gestito 2012

La Consob, nel suo ultimo bollettino statistico, dà evidenza fattuale a questa situazione: negli ultimi due anni gli investimenti in azioni, obbligazioni, Btp e altri titoli sono diminuiti di 715 miliardi, per una perdita totale degli investimenti nel retail pari al al 36% in meno rispetto ai periodi precedenti, passando da quasi 2mila miliardi a 1.269 miliardi di euro.

Si salvano da questa fuga gli investitori professionali (società di investimento, fondi, fondazioni) che invece hanno aumentato la loro esposizione verso azioni, obbligazioni, derivati e altri prodotti finanziari del 5,9%, portandola a 1.901 miliardi.

Sono infatti gli investitori privati ad aver contribuito in maniera massiccia al calo degli investimenti in Italia. Le cause, naturalmente, vanno riscontrate nella mancanza di liquidità ma anche, secondo la Consob, a causa delle perdite subite per gli scandali finanziari e per il crollo dei mercati.

► Profili distintivi dei fondi comuni di diritto italiano

Nello specifico gli investimenti in azioni italiane sono scesi da 279,6 a 101,5 miliardi (-63%), quelli in Bot e Btp sono passati da 431,9 a 265,4 miliardi (-38,5%), le obbligazioni bancarie da 759,7 a 478,7 miliardi (-37%), i bond societari da 41,8 a 24,9 miliardi (-40%). Calano anche degli investimenti in azioni estere, da 33,7 a 16,4 miliardi (-51%), e in titoli di Stato esteri, da 74 a 41,2 miliardi (-44%).

 

Information Technology, la nuova frontiera dell’occupazione?

 L’innovazione tecnologica è tutto ciò che ruota attorno ad essa è la nuova frontiera dell’occupazione, ma i giovai europei non sono ancora pronti ad accettare la sfida. O meglio, non sono abbastanza preparati per accedere ai circa 400 mila posti di lavoro vacanti nel settore dell’information technology.

► Previsioni occupazionali per il prossimo trimestre secondo Manpower

Questo è quanto emerge dal rapporto “Crescita, competitività e lavoro” presentato ieri sera dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso al summit dei capi di Stato e di Governo dell’UE.

Secondo i dati presentati da Barroso c’è un enorme divario tra i posti di lavoro messi a disposizione dal settore dell’information technology e il numero di laureati che potrebbero occuparli: solo 100mila ogni anno, contro un’offerta di 400 mila posti per il 2014 che diventeranno 800mila nel 2015.

Le cause del divario sono da ricercarsi nella scarsità degli investimenti in ricerca e sviluppo fatti dai paesi dell’UE: sono infatti solo due i paesi europei (Finlandia e Svezia) che rispettano obiettivo di un rapporto del 3% tra investimenti in R&S e Pil, tutti gli altri prevedono delle percentuali molto minori che tendono ad abbassarsi ulteriormente nei paesi che maggiormente in crisi.

► Indagine Almalaurea sulle condizioni lavorative dei neolaureati

Ovviamente l’Italia si prende un altro record negativo: solo il 21% dei giovani nella fascia di età 30-34 anni possiede una laurea. Ciò vuol dire che sarà molto difficile raggiungere l’obiettivo minimo del 40% previsto per il 2020.

Il peso del fisco sul risparmio

 Chi ha fatto degli investimenti sa bene che i loro rendimenti possono essere molto variabili a causa delle continue, e non sempre prevedibili, fluttuazioni dei mercati. Ma oltre a questo, ad influire sul risparmio c’è anche il fisco che, soprattutto in questi ultimi giorni, sta facendo sentire l’effetto delle nuove legge emanate di recente, come la manovra di Ferragosto del 2011, il decreto salva-Italia e la legge di stabilità per il 2013.

► Le elezioni italiane e gli investimenti

Difficile dare un quadro preciso della situazione, in quanto le aliquote variano in base all’ammontare dell’investimento e del prodotto prescelto. In media si tratta, comunque, di una pressione fiscale di circa il 50% che arriva, però, anche a punte dell’80%.

Ad essere maggiormente penalizzati, a causa dell’effetto combinato di bollo e ritenute, sono gli investimenti più piccoli. Ad esempio, come riportato nella tabella de Il Sole 24ore, per un investimento di 3.000 euro sui titoli di stato, si può arrivare a pagare al fisco fino a 50% delle cedole. Lo stesso anche per le obbligazioni, strumenti per i quali la pressione arriva anche al 60%.

A questo punto i piccoli risparmiatori, coloro che sul conto corrente bancario hanno un deposito inferiore ai 5.000 euro, hanno maggiore convenienza a lasciare il denaro fermo, in quanto per queste somme non scatta il bollo in somma fissa.

► In Italia arriva la Tobin Tax

A questo si aggiunge la Tobin Tax, entrata in vigore il I marzo, che si applica, per ora, le transazioni di azioni emesse da società italiane e, a partire da luglio, anche tutte le operazioni su strumenti finanziari derivati

 

Le elezioni italiane e gli investimenti

 Nel nostro paese si avvicinano sempre di più le elezioni e il mondo della politica è in fermento. Condividono il fremito anche gli uomini della finanza che vogliono scoprire se da lunedì, portare i soldi nel nostro paese, investire in Italia, sarà di nuovo conveniente.

Le sfide economiche per l’Italia

Il voto in Italia, quindi, diventa importante per gli italiani ma anche per il resto dell’Europa e per gli Stati Uniti. In America, in particolar modo, gli investitori si stanno concentrando sui sondaggi elettorali, quelli elaborati ma mai pubblicati.

Alcune indiscrezioni sull’Italia post-elettorale, però, sono venute fuori. Per esempio, la fotografia degli investitori asiatici è molto simile al ritratto che ha tracciato di loro il ministro dell’Economia Vittorio Grilli: hanno fiducia sui BTp a breve termine mentre non credono che l’Italia resti nei confini della stabilità a lungo, tanto da deprecare i bond a lungo termine.

Il FT parla delle sfide del prossimo governo

E’ probabile che questa impressione sia stata di recente suffragata dagli scandali finanziari del Monte dei Paschi di Siena e di Finmeccanica. Certo è che la parola d’ordine, anche per il futuro, è: incertezza. Gli investitori stranieri, quindi, non solo asiatici, mantengono un atteggiamento che può essere definito prudente e sperano di scoprire l’alleanza più plausibile per garantire governabilità al paese.

I mercati si aspettano il duo Bersani-Monti e potrebbero rispondere con entusiasmo a questa possibilità ma è tutto ancora da vedere.

I titoli che reggeranno ad ogni possibile esito delle elezioni secondo Banka Akros

 Le banche d’affari internazionali stanno guardando con attenzione a quello che sta succedendo in Italia e soprattutto a quello che succederà lunedì prossimo, quando si inizieranno ad avere dati certi sul possibile esito della tornata elettorale.

Tanti gli scenari possibili, ognuno dei quali porterà a delle inevitabili conseguenze. Economia e politica sono legate a filo doppio e ancora di più lo sono politica e finanza. Quindi, per chi vuole investire, come e dove è meglio mettere i propri risparmi in modo che non vengano turbati dal risultato delle elezioni?

► Esito e conseguenze delle elezioni italiane secondo le principali banche di affari

A dare dei consigli è la Banka Akros, che fa capo a Banca Popolare di Milano. La Banca ha fatto una voluminosa analisi dei possibili scenari dopo il 25 febbraio, e, mettendo insieme tutti i dati raccolti, ha stilato un elenco delle aziende e delle realtà che possono essere considerate degli investimenti sicuri, in quanto i loro capitali non sono vincolati da nessun legame politico di sorta.

Ecco la lista della spesa di Banka Akros, in ordine alfabetico:

Amplifon
Astaldi
Fiat Industrial
Recordati
Sorin
StMicroelectronic
Terna
Trevi

Consigliate, anche se più rischiose (e quindi più redditizie) anche Finmeccanica e Fonsai. Se si vuole investire su banche, la Banka Akros consiglia di puntare su MediobancaUnicredit.

Ottimo risultato per l’Ipo della Borsa di Mosca

Il Moscow Times, il quotidiano in lingua inglese, ha parlato della raccolta dell’operazione di quotazione lanciata nei giorni scorsi dalla Borsa di Mosca. L’Ipo, Initial public offering è la più grande offerta pubblica lanciata in Russia dal 2008, cioè dopo la crisi . La raccolta è stata di 500 milioni di Dollari con il prezzo delle azioni di 55 Rubli. Questa operazione mostra come il valore della capitalizzazione della Borsa russa è di circa 4 miliardi di Dollari.

Ocse paradisi fiscali

Le domande raccolte sono il doppio delle offerte e gli investitori sono soprattutto stranieri, su tutti Germania, Paesi scandinavi, Stati Uniti e paesi asiatici. Il più grande acquirente è stato comunque  il fondo russo per gli investimenti diretti con un investimento di 80 milioni di dollari.

C’è anche la Cina tra i grandi investitori. Una controllata Fondo sovrano cinese, la Chengdong Investment Corporation, ha investito molti fondi. Gli investitori privati sono circa mille.

Per Dmitri Pankin, capo del servizio federale per i mercati finanziari, questo “E’ l’inizio di un lungo viaggio, e ci sono molti obiettivi che la Borsa deve completare. Ma ci sarà una vera competizione con Londra, Francoforte e New York”.

Morgan Stanley e gli investimenti del 2013

 Numerose banche d’affari tentano di spiegare agli investitori quali sono gli asset più remunerativi del 2013, tenendosi alla larga dalle opzioni binarie legate ai titoli di Stato. Insomma, se parliamo di Stati, meglio evitare di tirar fuori il portafoglio, visto che la situazione politica è decisamente instabile.

E’ vero che dove si corre il rischio c’è più gusto, ma investendo nelle giuste materie prime si ottiene comunque un buon risultato. Secondo Morgan Stanley il 2013 sarà l’anno delle materie prime perché la domanda, a livello internazionale, è aumentata parecchio e stanno acquisendo un ruolo decisivo anche le riserve dei paesi emergenti, prima tra tutte la Cina.

► La Germania riparte dall’oro

Attenzione però a quello che dicono i broker che tendenzialmente considerano rischioso l’investimento nelle materie prime. Morgan Stanley, invece, ha evidenziato ben otto commodities che possono dare risultati interessanti. I risparmiatori devono quindi puntare sull’oro che è da ritenersi un evergreen del settore, sulla soia, sul mais, sull’argento e sul platino.

► Tra le materie prime scegliete il rame

La domanda di oro, per esempio, resterà ancora alta, nonostante la spinta rialzista, adesso, sia più contenuta. Per effetto della correlazione che esiste tra oro e argento, anche quest’ultimo potrà risultare parecchio vantaggioso. L’inserimento del platino nel paniere è giustificato dai cali di surplus ottenuti dall’estrazione in Sud Africa. Tra le materie prime agricole spiccano la soia, il mais e il grano.