Il Pil Italiano è ancora in decrescita. Gli ultimi dati Istat

 Nuova contrazione registrata per l’economia italiana nel primo trimestre, in cui sono stati toccati i minimi da 14 anni, mentre il nuovo bollettino mensile della Bce immette una valutazione preoccupante sullo stato dell’economia italiana, dove la diminuzione dell’inflazione non ce la fa a rilanciare i consumi e la prestazione di industria e servizi è la peggiore dell’Eurozona.

Istat, segnala ancora difficoltà nella ripresa

 Una sola notizia negativa non dovrebbe essere considerata meccanicamente come un’indicazione di tendenza sfavorevole. In ogni caso, però si stanno si stanno accumulando troppi dubbi sull’effettiva  solidità della ripresa economica. 

L’inflazione è ancora bassa con una crescita dello 0,4% annuo

 In Italia l’inflazione continua a essere bassa e a non crescere a un ritmo adeguato. L’indice nazionale dei prezzi al consumo è aumentato a marzo dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,4% nei confronti dello stesso mese dello scorso anno confermando la stima preliminare.

Per l’Istat, il rallentamento dell’inflazione è dovuto al fatto che sono scesi i prezzi dei beni energetici e degli alimentari non lavorati. L’inflazione di base, che non considera gli alimentari freschi e i beni energetici, è scesa dello 0,9%.

 

Bce, difficile la situazione a causa della discesa dell’inflazione

 

La piccola crescita dei prezzi a marzo dipende soprattutto dai prezzi dei trasporti, che sono cresciuti dello 0,6%, e di quelli ricreativi, culturali e per la cura della persona, che sono aumentati dello 0,2%. In crescita congiunturale anche i prezzi dei servizi relativi all’abitazione dello 0,3%.

Secondo Confcommercio, questi dati mostrano come la dinamica della domanda per i consumi è ancora molto debole. L’associazione ha spiegato i dati affermando che “È ancora più evidente se si considera il peso delle tariffe, il cui aumento spiega da solo oltre la metà dell’inflazione generale”.

Per il Codacons, la crescita lieve dell’inflazione ha comunque un impatto sul costo della vita che è quantificabile in 134 euro per una famiglia di 3 persone e in 115 euro per una coppia di pensionati con più di 65 anni.

Anche i prodotti dell’agricoltura hanno contribuito a frenare l’inflazione e i consumi comunque non sono in aumento. I prezzi della frutta sono scesi del 3,7% e quelli della verdura del 6%, ma i consumi non mostrano miglioramenti.

L’Istat evidenzia consumi in calo e potere di acquisto più basso

 I dati dell’Istat hanno mostrato come la spesa delle famiglie italiane per i consumi è scesa lo scorso anno dell’1,3%. Nell’ultimo trimestre il dato è sempre negativo dello 0,7%. Per quanto concerne invece i redditi delle famiglie sempre per lo scorso anno, l’Istat rileva una lieve ripresa. In effetti, l’aumento del reddito disponibile in valori correnti è pari allo 0,3% e l’Istituto Nazionale di Statistica parla di moderato aumento.

In diminuzione però il potere di acquisto. Tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto è sceso dell’1,1% che è il livello più basso dal 1995. Questo è un elemento cui fare attenzione considerando la bassa inflazione. In crescita la propensione al risparmio, una caratteristica delle famiglie italiane, che lo scorso anno è arrivata al 9,8%, in crescita dell1,4% rispetto al precedente anno.

 

La fiducia dei consumatori in Europa in crescita

 

Gli italiani sembrano quindi poco portati a spendere e più attenti a risparmiare. Alla base c’è probabilmente l’incertezza per la situazione economica e per la ripresa che è ancora debole e all’interno di un mercato del lavoro bloccato.

Sempre l’Istat ha mostrato anche i dati sulla pressione fiscale. C’è un leggero calo dello 0,3% nell’ultimo trimestre dello scorso anno rispetto allo stesso periodo del 2012. La pressione fiscale è al 51,5%. La media annua dello scorso anno è del 43,8%. La pressione fiscale è comunque sempre alta nel nostro Paese.

Lo scorso anno, il rapport tra l’indebitamento netto e il Prodotto interno lordo (Pil) è stato del 2,8%. Nel confronto con il 2012 si mostra un meno 0,1%. Nel quarto trimestre dello scorso anno è scesa anche la spesa per gli interessi passivi del 9,4%.

Cresce la fiducia delle imprese

 Anche la “fiducia delle imprese” è in risalita, in linea con quella espressa pochi giorni fa dai consumatori. Questo dato, che emerge dalla rilevazione ISTAT relativa al mese di marzo, registra il quinto rialzo consecutivo dell’indice che balza a quota 89,5 punti, il massimo dal settembre 2011. La spinta positiva deriva soprattutto dal settore manifatturiero e dei servizi, mentre i comparti delle costruzioni e del commercio esprimono minor ottimismo.

In particolare il tasso di fiducia espresso dalle imprese manifatturiere sale a 99,2 da 99,1 di febbraio. Il settore manifesta “attese stabili” per quanto riguarda la produzione,ma eleva di livello i giudizi sugli ordini (da -25 a -23) e sulle scorte di magazzino (da -3 a -1).

 

Gli italiani hanno fiducia nella ripresa economica

 

L’analisi del clima di fiducia suddivisa in base ai principali raggruppamenti industriali evidenzia un progresso per i beni strumentali (da 97,7 a 98,2) ed una lieve contrazione per i beni di consumo (da 99,5 a 99,4), mentre per i beni intermedi l’indicatore rimane stabile a 100,4. Il tasso cala dal 76,9 di febbraio al 75,8 di marzo nell’ambito delle imprese di costruzione.

Le attese sull’occupazione registrano miglioramenti (con un saldo da -21 a -18 ), mentre i giudizi sugli ordini e sui piani di costruzione subiscono una flessione da -50 a -54. Nell’area delle imprese di servizi l’indice del clima di fiducia continua a risalire e si attesta a 92,4 punti rispetto ai 90,3 di febbraio. Risultati positivi conseguono anche le attese sull’andamento dell’economia in generale (da -26 a -22 il saldo) e i giudizi sugli ordini (da -12 a -10 il saldo), a fronte di un lieve decadimento che coinvolge invece le attese sugli ordini (da -2 a -3 il saldo).

Nel settore del commercio al dettaglio l’indice del clima di fiducia scende passando a 94,6 da 96,3 di febbraio, con particolare aggravio espresso dal mondo della grande distribuzione (da 97,2 a 92,4) e valori stabili a 96,3 avvertiti dal commercio tradizionale.

A gennaio vendite al dettaglio ferme

 Il mercato interno in Italia continua a essere caratterizzato da poco movimento. La crisi mostra ancora gli effetti sulle famiglie italiane che non sono propense a spendere. Meno soldi, lavoro più precario e rischio povertà hanno portato la classe media italiana quasi a scomparire e questa dinamica si vede anche nelle vendite al dettaglio che negli ultimi anni hanno mostrato dati negativi e decrescita.

L’Istat ha mostrato i dati sulle vendite al dettaglio nel mese di gennaio. Le vendite sono ferme su base mensile con una crescita che è pari a zero. Su base annua le vendite al dettaglio sono scese dello 0,9%.

 

Commercio al dettaglio in caduta

 

L’Istituto di Statistica certifica quindi che l’inizio del 2014 vede il commercio al paloe  ancora in difficoltà. Lo scorso anno le attività commerciali chiuse per problemi economici sono state moltissime a livello record e la dinamica non sembra migliorare. Non fa differenza iol settore alimentare, che solitamente è la roccaforte del commercio e delle vendite. A gennaio anche la vendita al dettaglio di generi alimentari è stata pressoché ferma su base mensile, mentre su base annua la flessione è dello 0,1%.

In crescita le vendite nei discount del 3,1% tendenziale. In aumento anche la grande distribuzione dell’1%, i supermercati dello 0,2% e gli ipermercati dello0,6%  mentre scendono del 2,5% le vendite nei piccoli negozi.
Con la crisi è normale che cresce la vendita al dettaglio in discount e ipermercati. I primi perché hanno prezzi più bassi e i secondi perché mettono molte offerte a disposizione dei clienti. La dinamica dei piccoli negozi sembra invece destinata a soffrire in  quanto costretti a spese più alti e quindi ad applicare anche prezzi maggiori.

Pil in crescita a dicembre, negativo su base annua

 Nel quarto trimestre del 2013 il prodotto interno lordo italiano è risalito al segno positivo, cosa che non accadeva da nove trimestri. Bisogna infatti risalire al periodo aprile-giugno del 2011 per ritrovare un trimestre in crescita su base congiunturale.

Secondo i dati emessi dall’Istat, nel trimestre di riferimento la domanda nazionale (al netto delle scorte) ha prodotto un incremento del Pil nazionale pari a + 0,1%.

 

Pil Eurozona in ripresa e meglio anche i consumi

 

Il contributo apportato a questa crescita dal volume dei consumi delle famiglie e della spesa della Pubblica Amministrazione è stato nullo, mentre l’apporto degli investimenti fissi lordi è stato positivo per lo 0,1%. La variazione delle scorte ha invece contribuito per valori negativi (-0,4 punti percentuali),contrariamente alla domanda estera netta che ha fornito un contributo positivo per 0,3 punti percentuali. La variazione congiunturale è stata positiva nel comparto agricolo (0,8%) e nel settore strettamente produttivo dell’industria con un +0,1%.

Variazioni pari a zero registra però il comparto dei servizi, mentre un picco negativo riguarda le costruzioni (-0,7%). Su base annua tuttavia l’Istat ha registrato in via definitiva per il 2013 un calo complessivo del Pil di 1,8 punti,con un leggero recupero rispetto ai dati preliminari che stimavano una contrazione dell’1,9%.

Le performance negative dell’anno precedente si riflettono anche sullo scorcio iniziale del 2014 per quanto riguarda il commercio, il turismo e l’intermediazione commerciale. Secondo l’Osservatorio Confesercenti, infatti tra gennaio e febbraio dell’anno in corso in questi settori si sono rilevate più di 29.000 cessazioni di attività, contro 11.413 nuove aperture, con un saldo negativo finale di 17.723 unità, che segna il peggior dato degli ultimi 40 anni.

Inflazione giù a febbraio

 Nel mese di febbraio 2014 l’inflazione italiana ha segnato una lieve riduzione producendo anche una diminuzione dei prezzi delle merci a maggior frequenza d’acquisto, comunemente dette “carrello della spesa”.

I dati preliminari, in corso di elaborazione da parte dell’Istat, fanno infatti stimare un calo dell’indice nazionale dei prezzi al consumo pari allo 0,1% rispetto al precedente mese di gennaio. Nel confronto col mese di febbraio del 2013, invece, si registra un incremento dello 0,5%.

 

Confesercenti: consumi fermi e inflazione sparita

 

Il rallentamento dell’inflazione deriva per la maggior percentuale da voci quali i beni energetici e gli alimentari freschi. Al netto di queste due partite, precisa l’Istat,l’inflazione di fondo resta ferma all’1%; al netto dei soli beni energetici invece l’inflazione registra una discesa dall’1% di gennaio allo 0,9% di febbaio. Per il 2014 l’inflazione è invece stimata in calo allo 0,1%, dallo 0,2% di gennaio.

I prezzi dei soli beni a più fitta frequenza di acquisto si contraggono dello 0,3% rispetto al mese precedente, ma salgono dello 0,5% nei confronti del mese di febbraio dello scorso anno. Si tratta comunque di una significativa contrazione rispetto alla percentuale ( +1,2%) di gennaio.

Secondo la stima preliminare di Eurostat, invece, a febbraio il tasso annuo di inflazione in area euro si è stabilizzato a quota 0,8%, indice identico al precedente mese di gennaio. Per quanto riguarda le singole partite, il tasso di inflazione, sempre nel mese di febbraio, è atteso in discesa per cibo, alcol, tabacco (da 1,7% di gennaio a 1,5% ) e per il settore energia che si posizionerà al livello di -2,2% dall’1,2% di gennaio. Al contrario è prevista un’ascesa dell’indice inflattivo per i servizi (da 1,2% a 1,3%) e per i beni industriali non energetici (da 0,2% a 0,6%).

Commercio al dettaglio in caduta

 Nel 2013 il comparto del commercio al dettaglio ha subìto una diminuzione dei volumi di vendita pari a – 2,1% rispetto all’anno precedente. Si tratta, secondo l’Istat che ha elaborato il dato, del maggior calo annuo registrato a partire dal 1990. Nell’anno appena trascorso anche il ramo alimentari, tradizionalmente trainante, ha segnato un valore negativo pari a -1,1%, identico alla flessione già registrata nel 2012.

Praticamente tutti i settori del comparto commerciale sono stati coinvolti nel trend negativo, compreso quello dei farmaci che ha conosciuto una riduzione del 2,4%.

 

Commercio in allarme, in tre mesi duemila chiusure

 

Diminuzioni anche superiori alla media hanno interessato il settore dell’abbigliamento e delle calzature con una regressione rispettivamente del 2,7% e del 3,0%, mentre le vendite di elettrodomestici e mobili sono scese del 3,1% e del 3,2%. Nel 2013 i prezzi sono invece saliti dell’1,2% contro il 3,0% del 2012.

Per quanto riguarda il mese di gennaio 2014, l’Indicatore Consumi di Confcommercio (ICC)ha registrato un calo generale delle vendite pari allo 0,3% rispetto a dicembre,con un aumento di spesa che ha riguardato solo beni e servizi di telecomunicazioni (+4,6% su base annua).

Nello stesso mese le riduzioni più ampie hanno coinvolto alberghi, pasti e consumazioni fuori casa (-2,3%), beni e servizi per la casa (-2,2%), abbigliamento e calzature (-2,1%).

In Europa invece,sempre nel mese di gennaio2014, il giro d’affari delle vendite al dettaglio è risalito leggermente: secondo la fonte Eurostat, l’indice è in aumento dell’1,6% nei paesi dell’ Eurozona (-1,3% in dicembre) e dello 0,9% in ambito Ue (-0,7% nel mese precedente). Il rialzo è guidato dal volume di vendite realizzate nel settore non alimentare (+1,9%).

Il Pil nel 2013 più basso che nel 2000 e cresce il lavoro nero

 Nel 2013 il PIL italiano è stato leggermente inferiore a quello registrato tredici anni fa, nel 2000.

L’anno scorso infatti il Prodotto Interno Lordo è diminuito dell’1,9% rispetto al 2012, che a sua volta aveva segnato un ribasso del 2,4% sul 2011. Il dato ufficiale è stato comunicato dall’Istat che, per lo stesso 2013, ha stimato un rapporto del 132,6% fra debito e PIL, con una crescita di oltre 5 punti percentuali rispetto al dato del 2012 (127%).

L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, sempre in rapporto al PIL, è invece rimasto stabile a quota 3,0%, in linea con l’anno precedente. In valore assoluto l’indebitamento nazionale si è quindi attestato su 47,3 miliardi di euro.

Il saldo primario, dato dalla differenza tra entrate e uscite dello Stato (esclusi però gli oneri per interessi) si è posizionato a 34,7 miliardi di euro, con un’incidenza del 2,2% sul PIL (contro il 2,5% del 2012). Il saldo di parte corrente (risparmio/ disavanzo delle amministrazioni pubbliche) segna un negativo di 13.998 milioni di euro, contro i -4.422 milioni del 2012: un peggioramento causato dalla riduzione delle entrate correnti per un ammontare di circa 5,3 miliardi di euro e dal corrispettivo incremento delle uscite correnti per un importo di 4,3 miliardi di euro.
Anche i dati relativi al lavoro sommerso hanno segnato un sia pur flebile aumento salendo al 12,1% rispetto al 12% del 2012.

 

Pil ancora in difficoltà il lavoro in Italia

 

Dopo due anni di calo, il fenomeno del cosiddetto lavoro nero torna quindi a riemergere a livello nazionale segnando i picchi più evidenti in Calabria (30,9%),in Molise (24,6%) e in Sardegna (22,9%). Di contro, le percentuali più basse di sommerso si registrano nella Provincia Autonoma di Bolzano (7,0%) e in Lombardia (7,1%).