Prezzi delle case giù per l’ottavo mese consecutivo

 L’Istat ha mostrato oggi i dati sui prezzi delle case che dimostrano come il settore immobiliare sia ancora in crisi. Le stime preliminari dell’Istituto Nazionale di Statistica mostra prezzi in calo dell’1,2% nel terzo trimestre. Il calo è l’ottavo consecutivo in termini di mesi ed è il doppio di quello che si è realizzato nel secondo trimestre che era dello 0,6%.

► I prestiti delle banche al settore edile e immobiliare nel 2013

Le previsioni per il mercato immobiliare sono di una debole crescita dopo la crisi degli anni precedenti. La ripresa è prevista soprattutto per il 2014, ma i segnali del terzo trimestre dello scorso anno non sono incoraggianti per questo ambito.

► Settore immobiliare in leggera ripresa secondo Bankitalia

Nel terzo trimestre, su base annua il calo dei prezzi è del 5,3% ed è minore di quello del terzo trimestre precedente che è al 5,9%. Il confronto tra i dati dimostra soprattutto che la crisi è ancora presente e che è difficile anche parlare di ripresa debole per il mercato immobiliare. In effetti, il calo dei prezzi si basa sulla difficoltà di vendere e quindi fa immaginare un calo delle compravendite. Chi vende casa è disposto anche a fare degli sconti perché sembra l’unico modo per riuscire a trovare un compratore disponibile. La questione della difficoltà di accedere al credito è ancora presente e pesa su giovani e coppie. Questo è un altro fattore che influenza la crisi del mercato immobiliare.

Il calo dipende dall’abbassamento dei prezzi. Nello specifico, i prezzi sono calati dell’1,3% per le abitazioni esistenti e dello 0,5% per quelle nuove. Nell’anno i prezzi sono calati del 5,7% rispetto al dato precedente, calcolando i trimestri dei due anni.

Sette italiani su dieci temono di perdere il lavoro quest’anno

 Qual è la principale preoccupazione degli italiani per il 2014? Quella di perdere il lavoro. Il nuovo anno è iniziato, come accade spesso, con nuovi propositi e nuove speranze per un futuro migliore. Quest’anno, però, sia aggiunge anche questa paura, viste le difficoltà di oggi a trovare un nuovo lavoro.

L’Istat oggi ha mostrato i dati sul tasso di disoccupazione in crescita al 12,7% e quelli sul tasso di disoccupazione giovanile al 41,6%, cioè al livello più alto dal 1977, da quando esistono le serie storiche.

I giovani del 1977 stavano come quelli di oggi? Difficile da dire, ma di certo le difficoltà a trovare un impiego oggi sono molto consistenti.

 

► Disoccupazione in crescita e quella giovanile è da record

 

Molti italiani ascoltano storie di amici, vicini o conoscenti che hanno perso il lavoro e non sono più riusciti a trovarne un altro. Oppure guardano queste storie in televisione o le leggono sui quotidiani. La disperazione si lega spesso alla perdita del lavoro visto il contesto socio economico e la pressione fiscale che paralizzano il mercato del lavoro.

 

L’anno che finendo è molto negativo per il mercato del lavoro

 

E quanto sono ottimisti gli italiani?

Una ricerca della Coldiretti-Ixé dimostra che sono poco ottimisti, e forse questo è un elemento che si lega alla rinuncia al lavoro, anche a cercarlo, stanchi e spaesati dalle difficoltà. Il 35% degli italiani è pessimista e il 51% pensa che le cose non cambieranno, né in meglio né in peggio. Gli italiani ottimisti sono solo il 14%.

Il sondaggio della Coldiretti-Ixé ha mostrato come più della metà degli italiani a paura che in futuro non avrà un reddito sufficiente a soddisfare i bisogni della sua famiglia. Una paura generalizzata che coinvolge il 53% degli italiani.

E come stanno gli italiani?

Quelli che vivono senza problemi sono il 42%, il 45% arriva a fine mese e a pagare le spese ma non può permettersi lussi e il 10% non può permettersi niente compreso il minimo per vivere.

Disoccupazione in crescita e quella giovanile è da record

 La disoccupazione in Italia sale ancora. La situazione, già grave come dimostrato dai dati precedenti, si aggrava quindi ancora di più con il tasso in crescita che dimostra l’emergenza della questione del lavoro in Italia e richiede azioni prioritarie da parte del governo. Sempre più persone disoccupati e giovani che faticano a a trovare un lavoro.

L’Istat ha mostrato come il tasso di disoccupazione è arrivato al 12,7%, in aumento dello 0,2%. La disoccupazione giovanile è poi sempre in una situazione allarmante, anzi ancora peggiore. Il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 41,6% e anche in questo caso l’aumento è dello 0,2%. Questi dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica si riferiscono a novembre e l’aumento è riferito al mese precedente.

 

► Dall’inizio della crisi la disoccupazione giovanile è cresciuta del 14%

 

La disoccupazione batte i record e fa storia, essendo la più alta dal 1977, ossia da quando sono iniziate le rilevazioni statistiche su questo ambito. A livello numerico, i disoccupati della fascia di popolazione tra i 15 e i 24 anni corrispondono a 659 mila.

 

► Nuovo record disoccupazione, ad ottobre sono più di 3 milioni

 

Il numero di disoccupati è di 3 milioni 254 mila con una crescita maggiore tra gli uomini. Gli occupati a novembre sono 22 milioni 292 mila, in calo dello 0,2% rispetto al mese precedente.

La situazione italiana è leggermente peggiore di quella europea. Il dato sull’Europa mostra il tasso di disoccupazione al 12,2% nello stesso periodo. La disoccupazione giovanile in Europa è invece al 24,2% e in questo caso il dato italiano è decisamente peggiore. Il nostro Paese ha fatto registrare l’aumento più alto del tasso di disoccupazione nella Ue dopo Cipro come dimostra Eurostat. La questione della disoccupazione giovanile è quindi veramente difficile e richiede misure abbastanza urgenti per il futuro dell’Italia.

Per Confcommercio nel 2013 pressione fiscale da record al 44,3%

 Qualche giorno fa, i dati Istat e quelli del Ministero dell’Economia mostravano l’aumento nel 2013 della pressione fiscale. Oggi, il Centro Studi di Confcommercio ha mostrato uno studio, basato sulla rielaborazione di quei dati, che specifica come e di quanto sia aumentata.

 

► Confcommercio giudica insostenibile il peso del fisco

 

Secondo il Centro Studi di Confcommercio, l’aumento del prelievo fiscale attraverso imposte e contributi è  quantificabile nel 2013 in circa 1,6 miliardi di euro in un anno. Sempre nel rapporto 2012-2013, il Pil nominale è in ribasso per oltre 8,7 miliardi di euro. Il rapporto esprime quindi un’aumento della pressione fiscale nel 2013 dello 0,3%, dal 44% del 2012 al 44,3% dello scorso anno.

 

► Per Confcommercio c’è “allarme tasse”

 

Questo studio risponde alle notizie di una riduzione delle tasse uscite qualche giorno fa e parla invece di aumento del carico fiscale in proporzione al Pil.

Niente riduzione delle tasse, quindi, ma record della pressione fiscale. Per gli economisti del Centro Studi di Confcommercio “Non c’e’ stato affatto l’avvio di un percorso di riduzione della fiscale e si è assistito, invece, a parziali effetti redistributivi che modificano il mix del gettito tra le diverse categorie di contribuenti”.

Per Confcommercio una pressione fiscale così alta ostacola la crescita economica. L’associazione dei commercianti propone maggiore coraggio e decisioni più incisive volte a tagliare la spesa pubblica. Si chiede una politica fiscale diversa basata sulla riduzione degli oneri fiscali che influenzano la produzione. Il primo punto riguarda le tasse sul lavoro da abbassare per permettere una crescita economica seria.

Per Confcommercio, il governo dovrebbe avere come obiettivo principale quello della riduzione delle tasse per rilanciare le orze produttive del Paese.

Le retribuzioni salgono solo dell’1,3 per cento a novembre 2013

 L’Istat ha recentemente pubblicato i dati relativi all’andamento delle retribuzioni italiane nel mese di novembre 2013. Nel penultimo mese dell’anno le retribuzioni orarie percepite dagli italiani sono salite solo dell’1,3 per cento, un incremento piuttosto basso anche a livello storico che spiega la difficile situazione economica di fine anno. 

I consumi tornano a calare

 I dati macroeconomici su questi ultimi mesi del 2013 continuano a essere negativi. Le vendite al dettaglio, come comunicato ieri dalla Cgia di Mestre, cono in calo sia per quando concerne negozi e botteghe sia per la grande distribuzione.

►  In calo la vendita al dettaglio compresa quella alimentare

Il calo delle vendite al dettaglio presagisce il calo dei consumi e oggi sono arrivati i dati di dicembre che confermano questa tendenza in termini di fiducia e dimostrano come la crisi economica è ancora presente in Italia.
A dicembre, quindi, i consumi tornano a calare e peggiorano anche i giudizi e le attese della situazione della famiglia. L’Istat ha mostrato che l’indice è scesa dal 98,2 al 96,2 dopo che il mese precedente era in rialzo. Il livello che ha raggiunto l’indice dei consumi è il più basso da giugno.
L’Istituto di Statistica ha affermato che il calo dei consumi risente dei peggiori giudizi e attese sulla situazione economica della famiglia, un elemento che si riferisce alla fiducia.
Per il clima personale, che riguarda la famiglia, l’indice è sceso dal 101,1 al 97,3 con giudizi negativi sul bilancio familiare e sulle possibilità di risparmio nel presente o in futuro.
L’Istat mostra in miglioramento invece per ciò che si riferisce alle aspettative sull’economia dell’Italia e sulla disoccupazione. Questi sono dati in controtendenza rispetto ai consumi. L’indice sul clima economico è in rialzo da 91,7 a 93. Questo rialzo si basa sulle aspettative di un futuro più sereno e di migliori prospettive economiche, mentre per il presente il giudizio è negativo. Quindi, il clima economico corrente mostra un indice in calo da 99,2 a 95, mentre il miglioramento dell’economia nel futuro mostra un indice in rialzo da 97,3 a 97,4.
L’Istat ha registrato l’abbassamento della fiducia in tutte le zone del Paese a parte che al sud, dove questa è più  o meno invariata.

In calo la vendita al dettaglio compresa quella alimentare

 L’Istat ha comunicato i dati sulle vendite al dettaglio a ottobre. Il risultato è di un altro calo che arriva all’1,6% su base annua. L’Istituto di Statistica registra una situazione che a livello mensile è più o meno invariata al -0,1%. L’aspetto che si rileva da questi dati è che il calo delle vendite al dettaglio riguarda anche il settore alimentare con il -0,2% a ottobre rispetto al mese precedente e il -0,6% a confronto con l’anno scorso.

Quest’anno si dovrebbe chiudere quindi con dati negativi per il commercio al dettaglio e dimostra che i consumi in Italia si sono abbassati per effetto della crisi economica e della minore fiducia dei consumatori.

► Le vendite al dettaglio calano dello 0,3% a settembre 2013

L’Istat afferma che il calo delle vendite al dettaglio per i primi dieci mesi del 2013 è del 2,2%. Il calo riguarda anche l’ambito alimentare con il -1,3%, mentre il resto del commercio al dettaglio ha fatto registrare un -2,8%.

I dati mostrati dall’Istat non sono quindi buoni per il commercio al dettaglio, considerando che nel 2012, anno di grande crisi per le vendite al dettaglio, il dato era stato di -1,7%. I dati di ottobre sono negativi non solo per i piccoli negozi e le botteghe, ma anche per la grande distribuzione con i supermercati che hanno fatto registrare un – 1,1%. Il calo per i negozi di vicinato è del 2,9% e quello della grande distribuzione è dello 0,2%. In crescita i discount alimentare con il +2,4% e che attenuano il dato negativo della grande distribuzione. La crisi sembra quindi spostare le persone verso i discount alimentari piuttosto che verso i negozi e i supermercati più tradizionali.

L’Istat mostra come il 27% dei giovani non lavora e non studia

 In Italia la questione della disoccupazione giovanile è un’emergenza sempre più grande. Il tasso di disoccupazione giovanile è arrivato al 41,2% e questo significa che circa un giovane su due tra i 15 e i 24 anni non ha un lavoro. La situazione della disoccupazione generale si aggrava quindi quando si parla di giovani. Le aziende non assumono, anche per i costi alti del lavoro in Italia, o assumono con contratti temporanei. E i giovani che fanno?
Per i dati dell’Istat sui “Neet“, non solo un giovane su due non lavora, ma molti di quelli disoccupati nemmeno studiano. In sostanza, alcuni giovani non fanno niente. Il “Neet” è un’espressione di origine inglese, significa “Not engaged in Education, Employment or Training” che tradotto vuol dire appunto che non lavorare, non studiare e non essere all’interno di un percorso di formazione o di stage. I dati dell’Istat hanno mostrato che il 27% dei giovani tra i 15 e i 34 anni sono “Neet”. Sono tanti quindi quelli che non lavorano, non studiano, non stanno facendo un percorso di formazione o uno stage. Un dato preoccupante per il presente e per il futuro dell’Italia.
Lo studio dell’Istat ha mostrato che nel terzo trimestre del 2013, i giovani con meno di 35 anni in questa situazione sono 3,75 milioni. I numeri crescono al sud raggiungendo il 36,2%. Nel mezzogiorno, quindi, i giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in percorsi di formazione o stage sono circa 2 milioni. Il problema per questi giovani è che l’inserimento lavorativo è considerato molto difficile. Quindi, non è solo il dato sulla disoccupazione giovanile a preoccupare, ma anche l’assenza totale di progetto e di opportunità che rende la situazione di alcuni giovani disperata e rinunciataria non lasciando molte possibilità alla crescita e allo sviluppo personale.

Il Pil ferma la caduta e la produzione industriale cresce

 Dopo due anni, otto trimestri, il Prodotto interno lordo (Pil) non mostra dati negativi. Dal 7 luglio 2011 la crisi economica si è vista anche nel dato del Pil sempre negativo, ma gli ultimi dati mostrano un cambiamento e non proprio una inversione di tendenza. Il Pil è nullo a settembre, uno zero che è accolto come un dato interessante visti i precedenti da cui arriva.
Due anni di caduta del Pil che si è quindi fermata e che significa la fine della recessione. In effetti, anche i dati sulla produzione industriale sono buoni dopo quelli negativi dei mesi precedenti. L’Istat ha rilevato una crescita dello 0,5% a ottobre, ma su base annua il dato è di -3,5%.
Parlare di ripresa economica è ancora presto, ma i dati mostrano che la crisi potrebbe essere meno pesante nei prossimi mesi. Tanto che il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni si Twitter ha scritto: “L’Istat certifica lo stop della recessione. In ripresa import, export e produzione industriale. Ancora molta strada da fare ma la direzione è giusta”. Saccomanni si aspetta un Pil in crescita nel quarto trimestre con la ripartenza delle imprese che dovrebbe migliorare l’occupazione, che è il problema probabilmente più importante in questa fase.
Il mercato del lavoro sente la crisi economica in maniera preponderante. La Cgia di Mestre ha mostrato dati non rassicuranti, con 415 mila partite Iva chiuse in cinque anni, mentre Confcommercio rileva come il rapporto tra ttività che aprono e attività che chiudono è negativo, per ogni negozio che apre ce ne sono due che chiudono. L’Inps, poi, ha comunicato che sono aumentate del 31% le richieste di disoccupazione nei primi dieci mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In aumento anche le ore di cassa integrazione a novembre.
Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha detto che i dati sull’occupazione non sorprendono in quanto è necessario che ripartano i consumi e che si riducano le tasse sul lavoro per vedere scendere il tasso di disoccupazione nel nostro Paese. Confcommercio, Confesercenti e sindacati sono concordi nel considerare difficile la ripresa dei consumi nel 2014.
Il lavoro è sempre una emergenza e lo conferma anche il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che afferma come i piccoli miglioramenti dell’economia difficilmente avranno un impatto immediato sull’occupazione. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini sottolinea come ci sia un saldo soddisfacente tra lavori attivati e cessati  e che questo non si vedeva da cinque trimestri. In aumento sono però solo i contratti a termine.

Stop alla recessione in Italia ma il lavoro preoccupa

 I dati di ieri sulla situazione economica italiana delineano una realtà che non parla ancora di ripresa anche se la recessione sembra essersi fermata. I dati sul lavoro preoccupano, con l’Inps che ha comunicato che le richieste di disoccupazione sono in crescita a 1,7 milioni e al +31% rispetto ai primi dieci mesi dello scorso anno; le assunzioni a tempo indeterminato nel terzo trimestre sono state solo il 15%. Di contro, lo spread è arrivato ai minimi da luglio 2011 a 222 punti e la produzione industriale a ottobre ha fatto registrare un +0,5% rispetto al mese precedente. Un contesto quindi leggermente migliore dopo mesi di dati negativi con il Fondo monetario Iinternazionale (Fmi) che afferma come per l’Europa sia vicina una svolta, ma anche che la crisi economica non è ancora finita.

► Ancora in salita la pressione fiscale in Italia

Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni conferma i dati che mostrano come la recessione si stia avviando alla fine, ma rileva anche i grossi problemi del nostro Paese per la questione del lavoro. I riflessi sull’occupazione non saranno quindi immediati perché la situazione e complessa e di non facile soluzione. Il ministro ha affermato che è importante che la ripresa si consolidi e che “se l’anno prossimo, oltre a questo quarto trimestre, saranno tutti di crescita positiva, l’impatto sull’occupazione si comincerà a vedere, ma non succederà subito perché la situazione è molto grave”.

► Il gettito IVA diminuisce nel 2013 ma le entrate sono stabili

I dati Istat mostrano come la recessione sia vicina alla fine e Saccomanni rileva la ripresa delle importazioni, delle esportazioni e della produzione industriale.
L’Istat ha anche mostrato un Pil italiano fermo dopo  due anni di caduta. Nel terzo trimestre 2013 è nullo mentre i valori negativi si presentavano dal 2011. L’Istat afferma che questo non significa la fine della recessione e che in tutti i casi non compete all’Istituto di Statistica certificarlo.