Aumentano i pasti fuori casa mentre calano gli alimentari

 La crisi economica e la recessione hanno già da molti mesi ridisegnato il carrello della spesa degli italiani. Che è diventato sempre più “leggero“. Una indagine svolta da Fipe – Confcommercio  ha infatti rilevato che tra il 2007 e il 2012 – cioè negli anni pieni della crisi – i consumi degli italiani per alimentari e bevande si sono ridotti di 12,4 miliardi di euro, subendo quindi un calo 9,6%.

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Parimenti, tuttavia, c’è stato una debole ripresa nei consumi dei pasti fuori casa. Agli italiani, infatti, come ai vicini tedeschi, nonostante la crisi economica, piace andare a magiare al ristorante e i dati dimostrano nello stesso quinquennio 2007 – 2009 un aumento dello 0,6%.

A marzo i consumi sono tornati ai livelli del 2000

Per quanto riguarda invece i generi alimentari, le flessioni nei consumi si sono potute registrare un po’ in tutte le categorie merceologiche: pane, frutta, carne, pesce, uova, latte. Le famiglie, tuttavia, per tamponare il caro vita hanno dato più spazio agli amidi e ai cereali, che restano alla base della dieta quotidiana, seguiti poi dai prodotti dolciari e dalle bevande.

Ma se in definitiva i pasti fuori casa nel giro di cinque anni sono aumentati, sono diminuiti nello specifico i consumi dei lavoratori che mangiano fuori, i quali invece si sono sempre di più orientati su soluzioni “al sacco”, che fanno risparmiare tempo e denaro.

Verso un nuovo decreto IMU a luglio

 Solo alcuni giorni fa, con l’ approvazione del decreto IMU, venerdì scorso, il Governo aveva annunciato anche la pianificazione di una riforma più profonda del sistema tributario degli immobili, da varare entro il prossimo 31 agosto.

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Ma ora l’ esecutivo sembra intenzionato addirittura a stringere i tempi e a emanare, entro la fine di luglio, un nuovo decreto relativo all’ IMU che riproporrà tutta la questione della tassazione degli immobili in chiave service tax, come era stato già diverse volte anticipato.

100 mila persone dovranno rifare i calcoli IMU

Ci si prepara, quindi a tassare maggiormente i grandi patrimoni e i beni di pregio e a proporre invece sgravi per particolari condizioni familiari o reddituali. Ma non solo. L’ esordio della service tax a luglio dovrebbe essere accompagnato anche da una serie di interventi per il settore dell’ edilizia, pesantemente colpito dal clima di recessione.

Si è parlato, ad esempio, di riqualificazione dell’ edilizia scolastica e di una proroga del bonus energia per gli adeguamenti energetici degli edifici. Nella service tax, invece, andrebbero a confluire l’ IMU, le tasse sui rifiuti, quelle relative agli affitti e alle compravendite immobiliari e quelle per gli altri servizi comunali. Ci saranno poi le deducibilità dall’ Irpef e dall’ Ires per le attività produttive.

Il 10% delle famiglie italiane possiede il 47% della ricchezza

 In Italia, a causa della crisi economica, cresce sempre di più la disuguaglianza sociale, sulla base del fatto che quasi la metà della ricchezza nazionale, cioè una quota pari al 47% si trova oggi concentrata nelle mani di poche famiglie, che rappresentano solo il 10% dell’ intera popolazione italiana.

Draghi invita a ridurre la disoccupazione e la concentrazione dei redditi

Tali sono i dati che emergono da un aggiornamento del rapporto sui salari 2012 stilato dalla Fisac – Cgil, che hanno anche calcolato l’ attuale rapporto tra la retribuzione media di un dipendente e quella di un top manager. Anche su questa questione, purtroppo, la situazione italiana rivela una forte disuguaglianza.

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Se nel 1970, infatti, il rapporto tra i salari dei dipendenti e quelli dei manager si attestava su un numero di 1 a 20, oggi, il divario è cresciuto fino a ad un livello di 1 a 163.

In altre parole, se un lavoratore dipendente percepisce circa 26 mila euro lordi l’ anno, il compenso medio dei top manager e degli amministratori delegati raggiunge oggi i 4 milioni e 326 mila euro.

Dalla Cgil si leva quindi la richiesta di imporre un tetto alle retribuzioni dei top manager, in modo da ristabilire una situazione più equa.

Crescita italiana e nuove tasse

 L’Italia deve ripartire e per farlo deve tornare a crescere. Peccato che nelle condizioni attuali del paese, questa eventualità è molto remota, soprattutto se si considera l’emergenza fiscale che interessa gli italiani. Non è soltanto una questione di IMU. C’è invece da considerare anche la baraonda legata all’IVA e alla TARES.

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

Per l’IMU, infatti, sappiamo che se il Governo non farà le riforme necessarie entro 100 giorni, quindi entro il 31 agosto 2013, a settembre dovremo pagare la prima rata dell’imposta sugli immobili, senza sconti e senza revisioni.

Considerando IMU, IVA e TARES, quindi, si parla in toto di stangata e molti analisti dicono addio alla crescita. L’aumento dell’IVA è da considerare molto “pericoloso per i consumi” visto che va ad incidere sul 70 per cento dei consumi totali. Costerà annualmente, per il 2013, circa 2,1 miliardi di euro. Questa la stima fatta dalla CGIA di Mestre. Ogni famiglia, dunque, dovrà pagare molto più dei 135 euro di rincari previsti e il crollo dei consumi non è più così lontano.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Ad ogni modo, considerando anche la maggiorazione della TARES a dicembre, le famiglie italiane dovrebbero spendere annualmente circa 734 euro in più: 45 euro di aumento per la tariffa sui rifiuti, 207 euro per l’aumento dell’IVA e poi 480 euro per l’aumento dell’IMU. La stima è sempre fornita da Federconsumatori.

100 mila persone dovranno rifare i calcoli IMU

 L’ allarme, questa volta, arriva dalla Consulta dei CAF, che sollevano un problema di non secondaria importanza relativo alla sospensione ufficiale della rata IMU di giugno sulla prima casa approvata per decreto lo scorso 17 Maggio.

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Circa 100 mila persone in Italia, infatti, possessori di prima casa, hanno già pagato la rata IMU che è stata sospesa attraverso la presentazione del loro 730 che prevedeva una possibilità di compensazione.

Questi contribuenti, dunque, alla luce dei nuovi sviluppi, saranno costretti a rifare da capo la loro dichiarazione dei redditi entro il 31 Maggio, a meno di non perdere il proprio credito fiscale.

Calendario scadenze dichiarazioni dei redditi

La Consulta dei CAF, inoltre, solleva anche un secondo problema che resta ancora irrisolto in merito alla questione IMU. Molti comuni, infatti, non hanno ancora comunicato le aliquote da applicare per il calcolo dell’ IMU sulle seconde case. A quali dati devono dunque affidarsi i contribuenti?

Una via d’ uscita da questa spinosa situazione potrebbe essere quella di confermare le aliquote valide per l’ anno precedente, in modo da pagare l’ acconto IMU, ma, al tempo stesso, non dovrebbero essere applicate, almeno fino al 27 giugno, le sanzioni previste sull’ Imposta Municipale, in modo da avere il tempo materiale per soddisfare le necessità di tutti i contribuenti. Anche quelli senza codici tributo.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

 Proprio in queste ultime ore l’ Ufficio studi di Confcommercio e la Cgia di Mestre hanno reso note le stime relative ai rincari che il futuro aumento dell’ aliquota IVA imporrà sul bilancio annuale delle famiglie italiane. Con il passaggio dell’  IVA  al 22%, infatti, si aspetta un aggravio di almeno 135 euro per nucleo familiare.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

Ma se da un lato le associazioni dei consumatori mettono in guardia rispetto alle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sul mondo dei consumi e su quello delle imprese italiane all’ introduzone di questa misura, dall’ altro la Confesercenti lancia l’ allarme sulla possibilità che anche lo stesso gettito fiscale ne subisca un grave danno.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

Secondo le stime diffuse dal presidente Marco Venturi, infatti, le entrate del fisco italiano, piuttosto che aumentare di 3 miliardi come previsto dal Governo Monti,  potrebbero subire una riduzione di 300 milioni.

Le stime ufficiali su cui è stato calcolato l’ incremento delle entrate sono, a detta di Confesercenti, calcolate su una quota pari di beni venduti. Ma molti prodotti hanno già fatto registrare importanti cali nelle vendite, dunque gli ulteriori rincari non favoriranno certo i consumi.

La strada utile sarebbe, invece, quella di ridurre l’ aliquota al 20%, tagliare le spese e gli sprechi pubblici, nonché combattere sistematicamente la corruzione e il sommerso dell’ economia italiana.

L’aumento dell’IVA peserà sulle famiglie per 135 euro all’anno

 Come è stato più volte annunciato nel corso degli ultimi mesi, a partire dal prossimo 1 Luglio è previsto l’ innalzamento dell’ aliquota dell’ IVA, che passerà dall’ attuale 21% al futuro 22%. Questo aumento, tuttavia, come si può immaginare, avrà delle notevoli conseguenze sul mondo dei consumi a livello nazionale e graverà, in modo particolare, sulle spalle delle famiglie italiane.

L’aumento IVA ci sarà o no?

L’ ufficio studi della Confcommercio ha quindi calcolato che il suddetto incremento dell’ aliquota dell’ IVA produrrà per ogni famiglia (calcolata su una base di 3 persone) una stangata da 135 euro all’ anno, cifra media che produrrà un aggravio totale da 2,1 miliardi di euro per il 2013 e di ben 4,2 miliardi di euro per il 2014.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

L’ aumento dell’ IVA voluto dal Governo Monti, infatti, interesserà il 70% dei consumi e, in particolare, subiranno il rincaro una serie di prodotti di ampio utilizzo. Tra questi, ad esempio, vino e birra per le bevande, vestiario, calzature, elettrodomestici e mobili, carburanti, giocattoli, computer e riparazioni auto.

Le associazioni dei consumatori, tuttavia, come Federconsumatori e Adusbef, alla luce della presente situazione, chiedono che il provvedimento venga rivisto, perché il potere di acquisto delle famiglie italiane già si trova ai minimi storici e questa ulteriore misura contribuirà solo a contrarre ancora di più il mercato, gravando anche sul mondo delle imprese.

La Camusso chiede nuovi ammortizzatori sociali

 In una intervista rilasciata a “Repubblica”, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito al futuro piano dal Governo Letta per il rilancio dell’ occupazione giovanile.

Secondo la Camusso l’ Italia si trova al momento in una situazione del tutto particolare, una situazione che in passato non si era mai verificata. Il Paese esce, infatti, da cinque anni consecutivi di recessione, e dunque, in queste condizioni, la priorità del Governo non dovrebbe essere tanto quella di limitare, come annunciato, i vincoli dei contratti a tempo determinato, ma quella di garantire ai lavoratori una maggiore quantità di ammortizzatori sociali.

> 9 milioni di disoccupati nel 2012, per la CGIL si tratta di un anno nero

La ripresa dell’ occupazione è certo un problema successivo, ma per far ripartire le assunzioni sono allora necessari numerosi e maggiori investimenti: in un paese in recessione, infatti, il lavoro va creato, è ciò potrebbe essere certo favorito da una fiscalità più vantaggiosa per chi assume. Anche se, anche i questo caso, non si dovrebbe proporre degli sgravi a pioggia, che sarebbero risolutivi solo per un tempo limitato.

Per Squinzi è necessario detassare il costo del lavoro

Quanto al fenomeno degli stage, poi, il segretario aggiunge che nei contratti formativi deve rimanere sempre prioritaria una ottica di stabilizzazione del contratto di lavoro e non l’ idea di far lavorare il personale a costo zero.

15esimo calo del fatturato per l’industria italiana

 Non si vede ancora via d’ uscita dalla perdurante crisi economica per l’ intero settore dell’ industria italiana. L’ Istituto nazionale di statistica, l’ Istat, ha infatti recentemente diffuso i dati e le rilevazioni ufficiali relativi al mese di marzo 2013 e i risultati sono stati per lo più negativi.

E’ rimasto fortemente negativo, ad esempio, l’ ammontare totale del fatturato industriale per il mese di marzo, che ha subito un calo dello 0,9% rispetto al mese di febbraio e ha addirittura perso un importante 7,6% rispetto allo stesso periodo dell’ anno precedente.

Crolla la produzione industriale italiana

Per l’ industria italiana, infatti, questo rappresenta, mese dopo mese, il 15esimo calo consecutivo: in poche parole, con una perdita del 10,9% sul dato grezzo, si tratta del peggiore risultato conseguito a partire dal 2009.

> A marzo negativo l’export italiano

Un unico, quasi effimero, spiraglio di luce, arriva dalle quote relative agli ordinativi industriali, che, dopo quattro mesi in negativo, a marzo hanno fatto registrare un incremento dell’ 1,6%, dato che nasce dalla somma degli ordini interni – + 0,2% – con quelli esteri – +3,6%.

Riferendo il dato degli ordinativi agli ultimi tre mesi del 2013, invece, le cifre relative alla media si volgono ancora ai numeri negativi, con un calo del 3,2%.

Nella produzione, infine, l’ unico dato positivo è pervenuto dai prodotti e dai preparati farmaceutici di base, con un incremento dell’ 1,0%. Il peggior risultato dalla siderurgia: -17%.

Come si usa lo stipendio degli italiani

 La Confederazione italiana agricoltori ha realizzato uno studio sulle spese compiute dai nostri connazionali. Il risultato è che il 60 per cento degli stipendi degli italiani è usato per quelle che si chiamano “spese obbligate”, vale a dire il mutuo o l’affitto, la rata della macchina e le bollette, nello specifico acqua, gas e luce.

La Grecia torna sul mercato dei bond

Per questo motivo, visto il rallentamento del mondo del lavoro e vista la riduzione degli stipendi, si assiste ad una battuta d’arresto dei consumi. Le famiglie infatti, una volta pagate le spese obbligate, si trovano a dover risparmiare, o meglio tagliare, tutto il resto.

La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane

Ogni famiglia è chiamata in questo periodo di crisi a definire delle priorità di spesa, a scegliere se investire nel settore alimentare, piuttosto che nel vestiario. La recessione è ad ogni modo inevitabile e infatti, nel primo trimestre del 2013 c’è stato un crollo dei consumi del 4,2 per cento.

Le famiglie, dice la Confederazione italiana agricoltori, punta al risparmio rinunciando anche alla qualità. L’analisi è compiuta su un insieme di 13,8 milioni di famiglie che per rinunciando ai brand hanno iniziato, ad esempio, a servirsi degli hard-discount.

Chi non ha rinunciato ai marchi, invece, fa molta più attenzione alla spesa e cerca soltanto le offerte speciali, gli sconti e le promozioni in vigore.