L’IMU sui capannoni subirà un aumento del 35%

 Un aumento medio del 35% su base nazionale è quello che subirà la rata IMU, in scadenza a giugno 2013, relativa ai capannoni industriali. Lo sostiene la CGIA di Mestre, che ha analizzato l’ impatto e l’ ammontare della prima rata IMU di quest’ anno nei diversi capoluoghi di provincia italiani.

Un piano casa al posto dell’IMU?

Ne è risultato, anzi, che in 38 di questi, su un totale di 101 città, gli aumenti IMU relativi ai beni industriali e agricoli subiranno un incremento addirittura del 51%.  E nella classica dei capoluoghi di provincia più cari d’ Italia dal punto di vista dell’ Imposta Municipale sono finiti La Spezia, Brescia e Taranto.

Per l’ANCE l’IMU va tolta anche su capannoni e invenduto

L’ incremento della rata sembra dovuto, a detta dei rappresentanti CGIA, all’ applicazione al tributo, calcolato sulla base di un 50% di quello effettivamente pagato nel 2012, del coefficiente moltiplicatore previsto per l’ anno 2013. All’ emergere di questi preoccupanti dati, tuttavia, gli stessi rappresentanti della CGIA chiedono al Governo di riconsiderare totalmente l’ eventuale applicazione del coefficiente moltiplicatore.

Anche il provvedimento di sospensione dell’ IMU sulla prima casa, continuano poi gli stessi, non deve trasformarsi in un aumento della tassazione sulle attività produttive, poiché i Comuni, privati del gettito derivante dagli immobili residenziali potrebbero pensare di recuperare risorse alzando le aliquote di quelli industriali.

L’Italia combatte contro la crisi

 Se un paese s’impegna nella risoluzione della crisi, allora gli investitori tornano ad avere fiducia nel paese stesso e vi portano i loro capitali, invece se un paese si adagia nella recessione, la situazione finisce con il peggiorare di giorno in giorno.

L’industria italiana in cattive acque

Da quando la BCE ha messo in campo le sue misure a supporto delle economie in crisi, usando anche soluzioni non convenzionali, la crisi si è allentata parecchio ma si dibatte molto sul ruolo e sull’operato dei governi.

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali

Il caso italiano, in tal senso, è emblematico, infatti la nuova coalizione di governo deve ancora essere messa a punto ma si sa già che non si può più aspettare sul fronte delle riforme. Infatti il rapporto tra debito e Pil ha superato il 100 per cento. 

Il nuovo ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, ha comunque intenzione di risolvere al più presto la situazione e in un’intervista rilasciata alla Cnbc spiega che l’Italia, con le politiche adottate finora ha guadagnato uno spazio di manovra nel target del 3 per cento, il target definito per i membri dell’Eurozona nel contesto della riduzione del debito.

Insomma l’Italia non può più attendere.

Un piano casa al posto dell’IMU?

 Di decreto attuativo, per il momento, ancora non se ne parla, ma è certo che il Governo non sembra avere troppa fretta di chiudere una volta per tutte l’ affare IMU. La sospensione della rata di giugno dell’ Imposta municipale sugli immobili ha fatto, infatti, avanzare l’ idea di una più generale revisione dell’ intero settore dei tributi destinati alle proprietà immobiliari, per cui al momento si discute della possibilità di congelare il pagamento dell’ imposta anche per i fabbricati industriali ed agricoli.

> Per l’ANCE l’IMU va tolta anche su capannoni e invenduto

Un vero piano casa, dunque,  una soluzione graduale che però non vedrà la luce prima della fine dell’ estate e all’ interno della quale potrebbero trovare posto anche la Tares, la nuova tassa sui rifiuti che dovrebbe scattare a partire dal 2014, l’ imposta di registro, che oggi produce un gettito di circa 4 miliardi di euro l’ anno, la recente cedolare secca – con  aliquota al 21%, che tuttavia non ha prodotto i risultati tributari sperati – e le imposte ipotecarie e catastali.

Rimandato alla prossima settimana il decreto sull’IMU

Le strade percorribili sono dunque diverse: optare per il rinvio al Governo non costerebbe nulla, anche se i Comuni si troverebbero momentaneamente sforniti di risorse; si potrebbero poi continuare a vagliare soluzioni che includono gli immobili industriali e gli sgravi per i carichi di famiglia e i redditi bassi.

Calo vertiginoso dei prestiti alle imprese nel 2012

L’ennesima accelerazione mette a dura prova il mercato. Soltanto a marzo di quest’anno, stando a quanto comunicato dalla Banca d’Italia, i prestiti delle banche alle imprese sono diminuiti di ben dieci miliardi.

Un record negativo conseguito in un solo mese di tempo. Se a febbraio lo stock dei crediti alle imprese era a 865 miliardi, a marzo se ne sono persi altri 10, facendo così registrare una discesa del totale del portafoglio impieghi a 855 miliardi. L’Italia non è certo nuova all’ormai continua restrizione del credito, ma certo il dato del marzo scorso è più che inquietante.

Nei mesi scorsi, il ritmo del calo dei prestiti viaggiava a una media di 3-4 miliardi al mese. Con marzo si è aperta una voragine. E i dati visti sul medio termine dicono che il credit crunch in Italia non è mai stato così severo.

Per quanto concerne il calo dei prestiti alle imprese siamo quasi ai minimi storici.

La contrazione infatti è ormai da tempo ben peggiore di quella verificatasi 2009.

Al tempo la recessione produsse un calo del Pil del 5%. Ora dopo una caduta della ricchezza del 2,4% nel 2012 e una previsione di calo del Pil dell’1,3% per quest’anno siamo di nuovo oltre la linea di guardia.

Basti pensare che da fine del 2011 sono venuti a mancare al mondo produttivo prestiti tali da toccare una cifra di 40 miliardi su uno stock di 895 miliardi. In percentuale si tratta di un’erosione del 4%.

L’Italia è la terza economia sommersa

In termini di economia sommersa l’Italia è ancora ai primi posti nella classifica Europea. Un primato che forse il resto del mondo non ci invidia più di tanto. Non è confortante, infatti, sapere il ‘lavoro nero’ nel Paese ha un business traffic che ruota intorno ai 333 miliardi.

Lo si evince da una ricerca condotta da Visa. Il ‘nero’ italiano è pari al 21% del pil.

La magra consolazione è che rispetto al 2012 si registra una lieve diminuzione dai 338 miliardi (21,6% del prodotto interno lordo) a 333, ma l’Italia mantiene comunque il terzo posto in Europa. In questa speciale classifica riguardante il vecchio continente al primo posto c’è la Turchia (27% del pil) e al secondo la Grecia (24%). Tenendo in considerazione anche l’est europeo, troviamo la Bulgaria al 31% e la Croazia al 28% in compagnia di Lituania ed Estonia.

Seguono nella classifica dell’economia ‘sommersa’ la Francia,  ferma a quota 10%, la Germania al 13%. E poi ancora Svezia e Norvegia al 14% e il Belgio al 16%.

I paesi che possono vantarsi di aver in tutti i modo limitato i danni del ‘mercato nero’ sono Svizzera (7%) e l’Austria (8%) e il regno unito (10%). Lo studio stima che nel 2013 l’economia sommersa in Europa raggiungerà il valore di 2.100 miliardi, corrispondenti al 18,5% dell’attività economica europea, in leggero calo rispetto al 2012 quando ammontava

Bini Smaghi: “Italia chieda aiuto all’Esm”

Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Banca centrale europea nel comitato esecutivo, ha le idee chiare: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi europei per salvare il proprio sistema bancario.

Bini Smaghi, attualmente presidente di Snam, ha parlato a latere di un convegno tenutosi a Milano, dichiarando che in Italia “non funziona la trasmissione delle decisioni di politica monetaria dalla Bce verso imprese e famiglie” poiché “è bloccato” il canale bancario”.

Il presidente di Snam ha molta esperienza dal punto di vista bancario e conosce alla perfezione i meccanismi dell’Eurotower, essendone stato consigliere per oltre sei anni. Il suo mandato scadrebbe a maggio, ma Bini Smaghi non è più membro del comitato esecutivo della Bce per via dell’arrivo al vertice di Mario Draghi al posto di Trichet.

Con il nuovo governatore, la Francia ha puntato i piedi chiedendo le dimissioni di Bini Smaghi. Il motivo? Due italiani nel board erano troppi.

Data la sua esperienza in Bce, il presidente di Snam è stato chiaro: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi all’Esm.

L’Esm è il meccanismo di stabilità europea che ha già dato soldi alla Spagna e alle sue banche. Questi fondi l’Italia potrebbe usarli proprio per ricapitalizzare il sistema bancario.

L’industria italiana in cattive acque

 Enrico Letta, incontrando Martin Schulz, ha evidenziato il problema emergente per l’Italia e per l’Europa. La priorità, oggi, è risolvere il dramma della disoccupazione giovanile che almeno nel nostro paese ha raggiunto proporzioni considerevoli e preoccupanti: il 38%.

Le risposte di Schulz ai dubbi di Letta

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali, questo è il parere di Olli Rehn che invita il nostro paese e tutte le altre nazioni in difficoltà, a non mettere più al primo posto i conti pubblici, ma le riforme utili a generare la crescita economica.

Il nostro tessuto industriale, intanto, dimostra di essere stato intaccato pesantemente dalla crisi. La produzione, infatti, è diminuita parecchio e a marzo è stato registrato un ribasso dello 0,8 per cento rispetto a febbraio. Su base annua, il calo della produzione industriale si assesta così sul 5,2 per cento.

A fornire questi dati alla politica e alle istituzioni, ci ha pensato l’Istat che a malincuore prende atto del diciannovesimo calo consecutivo e spiega che ad osservare attentamente il dato grezzo ci si rende conto che il calo è ancora più forse e si assesta sul -9,5 per cento.

Insomma, il calo della produzione industriale, registrato alla fine dell’anno scorso, doveva subire un’inversione di tendenza nel primo trimestre dell’anno che invece non è stato altro che il prolungarsi dell’inverno, in tutti i sensi.

L’Italia deve iniziare con le riforme strutturali

 Il nostro paese ha bisogno di fare le riforme giuste per rilanciare la crescita. Ormai questo è un imperativo o meglio un’urgenza davanti alla quale il governo Letta non può più scappare. Nell’ultimo incontro europeo, il nostro neo premier ha sottolineato che è necessario occuparsi della disoccupazione giovanile che ha raggiunto il 38%. Dovrebbe essere l’Europa a farsi carico del problema.

► Le risposte di Schulz ai dubbi di Letta

Schulz, da presidente del Parlamento europeo, ha proposto di usare i 6 miliardi di euro destinati allo stesso problema per il periodo che va dal 2014 al 2020, già da subito, ma tutto è ancora da decidere. Intanto sulla situazione italiana in particolare, intervengono alcuni autorevoli personaggi. L’ultimo in ordine cronologico è il commissario UE agli Affari Esteri Olli Rehn. 

► Saxo Bank spiega il disastro euro

E’ lui a spiegare che adesso, vista la condizione economica dell’Europa e di molti dei suoi stati periferici, è importante che ogni paese dell’UE rallenti la preoccupazione relativa ai conti pubblici e si dedichi piuttosto alle riforme strutturali.

Il discorso fatto riguarda soprattutto la Francia, l’Italia e la Spagna che attraversano un momento difficile e devono avviarsi verso una crescita sostenibile. A questa operazione occorre poi aggiungere anche il coordinamento delle politiche monetarie, in modo da avere degli slanci uniformi che garantiscano la crescita armoniosa del mercato.

 

Per i tedeschi la seconda casa è in Italia

 Se a partire dal 2009 ad oggi, ovvero negli anni pieni della crisi economica, il mercato immobiliare italiano interno, cioè quello che si rivolge essenzialmente agli italiani, ha fatto registrare un drammatico calo negli acquisti, la stessa cosa non si può dire per quello che si rivolge alla clientela straniera.

> I tassi medi dei mutui di maggio

A partire dal 2009, infatti, in Italia si è potuto registrare un vero e proprio boom delle vendite nel settore delle seconde case destinate agli stranieri e il volume d’ affari sarebbe aumentato addirittura del 25%.

Mercato immobiliare italiano: il peggio è passato

Gli immobili preferiti dalla clientela straniera sono soprattutto quelli situati in località di pregio storico – artistico e in zone a vocazione turistica, e a comprarli, sono, almeno per il 40%, soprattutto acquirenti tedeschi.

Sono infatti i nostri vicini della Germania a preferire in Italia la seconda casa per le vacanze, comprando immobili soprattutto nel Lazio e in Puglia, stando a quanto rivela un monitoraggio effettuato da  Scenari Immobiliari.

Solo nel 2012, ad esempio, gli immobili venduti a stranieri sono stati 4.600, per un importo complessivo di 2,1 miliardi di euro. E il mercato sembra promettere bene anche per il resto del 2013, con una crescita del 10% delle transazioni.

Oltre a Lazio e Puglia, tuttavia, luoghi di investimento per gli stranieri continuano ad essere anche Toscana e riviera adriatica, con una particolare predilezione per le abitazioni di pregio, come grandi ville.

Torna la fiducia nella casa

 La ripartenza del mercato immobiliare è il sintomo più evidente della ripresa dell’economia in generale. Il fatto che i consumatori riprendano a cercare e comprare casa non è tanto legato alla concessione di mutui a tassi più vantaggiosi, quanto al recupero della fiducia nel mattone, da sempre considerato l’investimento per eccellenza.

Per le case i prezzi sono in calo

Una recente analisi, condotta da Immobiliare.it su un campione di 12 mila utenti, dice che nell’ultimo trimestre sono cresciuti i cittadini che hanno pubblicato un annuncio immobiliare o che hanno fatto una ricerca per una casa. Insomma, rispetto all’immobiliare è cambiata la percezione dei cittadini.

L’analisi di Immobiliare.it cerca di focalizzare l’attenzione sulla fiducia dei consumatori nel primo trimestre del 2013. La propensione all’acquisto ha sfondato la soglia del 50 per cento definita nel 2012 ed è arrivata al 55 per cento nel 2013.

Mutui più convenienti per gli ecologisti

Nel campione d’intervistati ci sono un buon numero di persone che ritengono che adesso non sia più il momento di vendere. Questo insieme di intervistai è in crescita e sono il 72 per cento in più dell’anno scorso. Il 12 per cento degli intervistati, poi, ritiene che adesso ci sia possibilità di vendere le case a buon mercato mentre il 10 per cento ritiene sia meglio aspettare almeno un anno, per far sì che si trovino i prezzi migliori.