Raggiunto un accordo preliminare per il trasporto pubblico: 700 euro una tantum

 Nei prossimi mesi potremo assistere ad una sensibile diminuzione degli scioperi dei trasporti. In queste ore è stato infatti raggiunto un accordo preliminare tra le parti sociali nella trattativa sul rinnovo del contratto collettivo del trasporto pubblico locale.

Vademecum sulla Riforma del Lavoro

Dopo circa una trentina di incontri e diversi scioperi, alcuni dei quali annunciati e poi revocati in questi ultimi giorni, le parti in causa hanno accordato ai lavoratori un acconto di 700 euro sul trattamento del triennio 2009-2011. Il versamento avverrà in due rate di uguale importo previste, la prima, per maggio 2013 e la seconda a ottobre 2013.

Sono 116 mila i lavoratori del settore che, anche se ancora in attesa del rinnovo del contratto collettivo, potranno beneficiare di questo trattamento economico una tantum.

Per il Ministri dei Trasporti Martone, che lunedì verrà rimpiazzato dal nuovo ministro che giurerà domani, si tratta di un lascito molto importante di fine mandato:

► La lista dei nuovi Ministri presentata da Enrico Letta

Si tratta di un accordo importante che sblocca una trattativa ormai ferma da 5 anni e che consente di rimettere in moto un settore strategico per l’economia nazionale. Anche in questo settore, grazie al senso di responsabilità dimostrato da tutti gli attori istituzionali coinvolti, è possibile fronteggiare la crisi economica coniugando rigore, equità e crescita.

Moody’ conferma l’outlook negativo per l’Italia

 Un bilancio duro quello fatto dall’agenzia di rating Moody’s sul futuro dell’Italia che conferma il rating ‘Baa2’ con prospettive negative.

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Le motivazioni? Secondo Moody’s, ma non è certo una novità per il paese, l’Italia sta ancora soffrendo dello stallo politico creatosi dopo le elezioni e questa mancanza di un governo che, ora che si sta formando, potrebbe trasformarsi nella presenza di un governo senza un chiaro mandato, mette a rischio le riforme intraprese.

E senza queste riforme il paese non ha speranze di uscire dalla crisi, fatto che potrebbe portare gli investitori a perdere la loro fiducia e la mancanza di accesso ai mercati privati del debito.

Un quadro a tinte fosche, quindi, che Moody’s giustifica con la presenza di una recessione che si è mostrata più grave del previsto: l’agenzia ha di nuovo rivisto al ribasso le stime di crescita del pil per il 2013. La contrazione stimata era dell’1% che Moody’s, nell’ultimo bollettino, ha corretto al -1,8%.

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A pesare sull’Italia oltre all’incertezza politica e il rischio contagio proveniente dagli altri paesi in difficoltà ci sono l’aumento della disoccupazione, l’indebolimento della domanda interna, la debolezza del sistema bancario e il credito “limitato e costoso” per le piccole e medie imprese.

 

Salasso Iva: l’aumento di luglio farà spendere 103 euro in più a famiglia

 Da l 1° luglio 2013 l’aliquota Iva passerà dall’attuale 21% al 22%. Un aumento di un solo punto percentuale, quindi anche abbastanza irrisorio, se non fosse che l’Iva si applica a quasi tutto ciò che finisce nel paniere dei consumi degli italiani e, quindi, sarà l’ennesimo salasso per le finanze degli italiani.

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Tra i beni e i servizi del paniere dei consumi che saranno interessati all’aumento dell’Iva ci sono vino e birra, carburanti, riparazioni auto, abbigliamento, calzature, mobili, elettrodomestici, giocattoli e computer.

Secondo la Cgia di Mestre questo aumento dell’Iva comporterà un parallelo aumento della spesa di 103 euro a famiglia, con un costo complessivo a carico dei consumatori di 2,1 miliardi di euro, che arriverà a toccare i 4,2 miliardi nel 2014. Nello specifico la Cgia di Mestre stima che, partendo dal presupposto che le abitudini di spesa degli italiani rimangano immutate, per un nucleo famigliare composto da 3 persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro; per una famiglia di 4 persone l’ incremento medio annuo sarà di 103 euro.

Unica consolazione, almeno al momento, è il fatto che l’aumento dell’Iva interesserà solo il seconde semestre dell’anno per cui gli aumenti stimati dalla Cgia sono da considerarsi dimezzati: 44 e 51,5 euro rispettivamente.

► Altre novità IVA per il 2013

La Cgia ricorda inoltre che l’aumento dell’aliquota Iva ordinaria non peserà sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, la casa, tutti beni ai quali si applica l’IVA al 10% o al 4%, o non si applica affatto.

Il Movimento 5 Stelle svela gli stipendi

Fino ad oggi c’è stato il massimo riserbo circa i finanziamenti dati al Movimento 5 Stelle. Ora però Grillo e company dovranno far sapere come si comporteranno in relazione alla prima busta paga da parlamentari. Qualcuno continua a criticare la particolare modalità di trasparenza del movimento, additandola come trasparenza ad intermittenza.

La volontà di Grillo è da sempre quella di equilibrare la busta paga dei parlamentari, portandola ad essere vicina a quella dei cittadini.

Vale la pena ricordare che per l’Istat, il reddito medio degli italiani durante lo scorso anno è stato di diciottomila euro. Un reddito di poco superiore a quello che percepisce un deputato italiano in un solo mese, e poco meno, invece, di quanto, in base ai dettami M5S (contenuti nel “Codice di comportamento degli eletti del Cinque stelle in Parlamento”) spetterà a un deputato grillino. In conclusione, tirando le somme, la busta paga mensile dell’onorevole a Cinque Stelle sarà di circa 11.000 euro.

Grillo, infatti, ha fatto richiesta ai suoi parlamentari di rinunciare alla metà dell’indennità parlamentare che invece di essere di 10.435 euro (quasi 5mila euro netti) dovrà essere di 5.217 euro (circa 2.500 euro netti).

Per quanto riguarda invece i spesa è valido il via libera contemplato dal suddetto Codice. Il resto dei compensi dunque rimarrà intatto, con buona pace della promessa elettorale di accontentarsi della sola indennità.

L’Italia non investe nella cultura

 I dati parlano chiaro: l’Italia non investe nella cultura e nell’istruzione e questo “piccolo” particolare relativo alla distribuzione degli investimenti, fa pensare che il paese non ha assolutamente voglia di cambiare strada. L’Eurostat, di recente, ha pubblicato i risultati relativi ad uno studio in cui si confrontano la spesa pubblica dei singoli stati, nel suo complesso e la quota destinata alla cultura e all’istruzione.

La crisi della Bulgaria fa discutere

Rispetto al nostro paese i dati non sono assolutamente di conforto. Gli investimenti italiani nel settore, infatti, rasentano lo zero e se si stila una classifica soltanto dei paesi che fanno parte del Vecchio Continente, si scopre che l’Italia è all’ultimo posto. Il dato di riferimento è la percentuale di spesa pubblica dedicata alla cultura.

Mediamente, in Europa, s’investe nel settore culturale, il 2,2 per cento della spesa pubblica, mentre per l’Italia questa percentuale scende all’1,1 per cento. Soltanto la Grecia segue l’Italia. Se invece si fa riferimento ai soldi che sono usati per l’istruzione, a fronte di una media europea del 10,9 per cento d’investimenti, l’Italia dedica alle scuole solo l’8,5 per cento.

Debito pubblico italiano cresce ancora e tocca quota record

Questa notizia, purtroppo, non è stata riportata ampiamente dai giornali perché in questi giorni, la composizione del Governo è un argomento troppo più  importante. In ogni caso, come riflettono molti analisti, esiste una corrispondenza diretta tra l’investimento in cultura  e istruzione e la crescita del paese. 

Ecco come sono i nuovi imprenditori italiani

 Il Centro Studi di Unioncamere ha studiato le 384 mila nuove imprese nate in Italia nel 2012 e ha ricostruito l’immagine dell’imprenditore italiano della nuova generazione: giovani e diplomati, hanno pochi soldi a disposizione per aprire la loro azienda che si configura, nella maggior parte dei casi, come unica soluzione alla mancanza di lavoro.

► La Bce chiede più credito per le PMI

Sulle 384mila imprese che sono state iscritte nei Registri delle Camere di commercio nel 2012, secondo lo studio di Unioncamere, sono 172mila le “vere” nuove imprese attive, ossia le imprese che nascono indipendenti e non come costole imprese già esistenti. Gli imprenditori che hanno deciso di affrontare questa sfida sono per la maggior parte uomini (74% del totale) e italiani (87% del totale degli imprenditori, ai quali si affianca l’8% di imprenditori extracomunitari e il 4% di comunitari) e hanno a disposizione una quota compresa tra i 5 e i 10 mila euro per dare vita alla loro nuova attività.

Non sono pochi, quindi, gli italiani che decidono di darsi all’imprenditoria individuale, ma di fronte a loro, nonostante lo spirito di iniziativa, si prospetta una situazione molto difficile. Per la maggior parte di loro, infatti, la crisi economica è un ostacolo alla crescita della loro idea, poi ci sono, come ostacoli alla realizzazione dell’impresa, la difficoltà di inserimento nel mercato individuato e la concorrenza.

► Una nuova burocrazia per il nuovo governo

 

Difficile, poi, il rapporto con le istituzioni: la burocrazia, infatti, viene indicata come una delle più grandi criticità dal 25% degli intervistati.

Lo spread futuro non è un problema

 L’andamento dei mercati finanziari, in questo periodo sembra andare in direzione contraria rispetto allo spread, tanto che i trend sono apparsi addirittura inspiegabili. Il fatto è che gli operatori sono sembrati molto tranquilli mentre a livello politico ha impensierito parecchio la situazione di stallo dell’Italia.

Cosa muove l’euro

In realtà più di quello che accade nel Parlamento del nostro paese, gli operatori finanziari tengono d’occhio quel che accade a livello internazionale e la paura è che i prossimi trimestri del 2013 siano al di sotto delle aspettative degli investitori. Come risolvere la situazione? Attraverso alcune considerazioni.

La prima è che l’euro, senza il contributo dell’Italia, non potrebbe avere vita lunga, infatti diventerebbe insostenibile anche per gli altri paesi periferici che sono quelli più esposti alla crisi.

L’evoluzione del cambio euro/dollaro

La moneta unica a livello valoriale, può essere considerata come la media delle valute nazionali. Dalla sua parte, l’euro, ha la BCE che si sta organizzando per reagire alla crisi ed evitare il contagio legato al crollo delle banche. In questo caso, infatti, l’euro diventerebbe assimilabile al marco tedesco.

La BCE, come ha detto anche Draghi, è pronta a fare qualsiasi cosa per l’euro. Oggi il suo intervento è più urgente che in passato visto che all’Italia, pedina fondamentale dell’Europa, non resta che crescere.

Le misure del nuovo piano anti – burocrazia

 Uno dei primi compiti che il nuovo governo si troverà ad affrontare sarà quello di semplificare e snellire ulteriormente il pesante apparato della burocrazia italiana, secondo termini e modalità ancora più profonde e strutturali di quelle applicate dai precedenti governi.

> Calendario in 15 tappe per il rimborso dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni

Proprio per questo motivo si parla in questi giorni della preparazione di un certo piano anti – burocrazia che raccolga al suo interno tutti i possibili provvedimenti che potrebbero essere presto applicati per rendere l’ organizzazione e le strutture della Pubblica Amministrazione italiana più dinamiche ed efficienti.

> Una nuova burocrazia per un nuovo governo

Ma quali sono, nello specifico, le misure e i provvedimenti che saranno adottati a tale scopo? Per il momento le proposte sono relative a quattro interventi strutturali:

  1. l’eliminazione di tutte le autorizzazioni non indispensabili, così come suggerito anche dal documento redatto dai saggi, che dovrebbe far seguito però ad una corretta valutazione dell’effettivo perso burocratico di ogni attività. Semplificazione e nuova ondata di liberalizzazioni, dunque, per dar nuovo slancio anche all’economia
  2. la possibilità per le aziende creditrici della PA di ricorrere ad un indennizzo contro le lentezze della macchina burocratica
  3. l’adozione di un metodo standard in edilizia per la Segnalazione di inizio attività (Scia)
  4. l’unificazione dei documenti di riconoscimento (CF, CI, TS)
  5. la misurazione e la valutazione dell’attività dei dipendenti pubblici di ogni livello

Dove trovare i soldi per abolire l’IMU?

 Nel corso delle consultazioni che si sono tenute durante la giornata di ieri tra i principali esponenti delle forze politiche italiane e il neo incaricato Presidente del Consiglio Enrico Letta sono emerse posizioni sostanzialmente differenti in relazione la futuro dell’ IMU.

Il Pdl ha infatti manifestato la sua disponibilità ad abolire la tassa sugli immobili, come ha spiegato anche il Segretario Angelino Alfano, per tenere fede agli impegni assunti con gli elettori durante la campagna elettorale.

> Il Pdl vorrebbe cancellare l’IMU sulla prima casa

Di diverso parere, invece, sono apparsi i rappresentanti del Pd e di Scelta civica, che propongono semplicemente di apportare delle future modifiche alla legislazione inerente il versamento del tributo.

Il nocciolo dell’intera questione, tuttavia, al di là delle reciproche posizioni assunte dalle diverse forze politiche resta dove effettivamente trovare le risorse economiche necessarie alla cancellazione della tassa.

L’IMU è infatti un tributo che assicura alle casse del fisco italiano risorse per oltre 20 miliardi di euro (23,7 miliardi nel 2012), di cui 4 in arrivo solo dalle prime case. Secondo i rappresentanti del Pdl, tra cui Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia, il rimborso dell’IMU potrebbe essere effettuato con l’emissione di Titoli di Stato a 10 anni.

> L’IMU sarà una tassa permanente

Ma è anche vero che il gettito dell’IMU compare nel Def consenento a Bruxelles e, in mancanza di questo, ci sarebbe la necessità di coprirlo con ulteriori manovre per tener fede agli impegni europei.