L’italia è un paese per vecchi

 L’Italia è un paese per vecchi. Anzi, senza volontà di offendere nessuno, si può dire che l’Italia è un paese di vecchi. Questo, almeno, è quanto emerge dai dati pubblicati dal’Istat – dati che si riferiscono al 2011 – che mettono in relazione il numero delle persone che percepiscono una pensione con il numero delle persone occupate.

► Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

Nel 2011 in Italia c’erano 71 pensionati ogni 100 lavoratori. Un rapporto che fa capire come mai il sistema del welfare in Italia sia così tanto sofferente.

Ma il numero dei pensionati non è uguale in tutta la penisola: nelle regioni del Sud, infatti, sia ha la media più alta di pensionati rispetto ai lavoratori, con un rapporto di 82 pensionati ogni 100 occupati, mentre la media si abbassa salendo verso il nord, regioni nelle quali il rapporto di dipendenza è di 66 a 100.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Anche l’andamento su base annuale dal rapporto di dipendenza tra pensionati e lavoratori non segue un andamento regolare nel corso degli anni: a livello nazionale, infatti, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006 il rapporto di dipendenza è diminuito, passando da 74 pensionati ogni 100 occupati nel 2001 a 70 ogni 100 occupati registrato nel 2006. I successivi due anni hanno visto mantenersi stabile questa media nazionale, mentre si è rilevato un altro picco nel’ultimo triennio, arrivando al dato odierno di 71 pensionati ogni 100 occupati.

Le banche italiane sono solide, ma devono concedere più prestiti alle PMI

 Le banche italiane sembrano non aver problemi. A dirlo è il Fondo Monetario Internazionale nel Rapporto sulla stabilità finanziaria globale pubblicato in questi giorni.► Per il FMI l’economia mondiale è in ripresa, anche se l’Europa rallenta

Il FMI plaude anche al modo in cui l’Italia ha cercato di risolvere il problema del debito delle pubbliche amministrazioni perché, come dicono gli esperti di Washington, dare credito alle piccole e medie imprese, che sono quelle che possono vantare i maggiori crediti verso le P.A., è l’unico modo per cercare di risollevare l’economia.

Il decreto è piaciuto così tanto al FMI che anche gli altri paesi europei sono stati invitati a fare altrettanto.

Ma il decreto per lo sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni non è sufficiente. Come detto anche ieri dal presidente della BCE Mario Draghi le piccole e medie imprese, tanto quelle italiane che quelle degli altri paesi dell’Unione, devono avere la possibilità di accedere a crediti a tassi agevolati.

► Mario Draghi chiede tassi ragionevoli per i prestiti alle PMI

Infatti nel Rapporto del FMI viene evidenziato come i prestiti concessi dagli istituti bancari alle piccole e medie imprese siano diminuiti di circa il 5% dall’inizio della crisi e questa contrazione sta portando queste realtà, che sono alla base dell’economia, a non avere la possibilità di continuare il loro lavoro.

 

Il lavoro è la prima preoccupazione degli italiani

 La crisi economica, invece di avviarsi verso la fine, sembra attanagliare oggi più che mai gli italiani. Secondo, infatti, i dati contenuti nell’Outlook Italia 2013, la popolazione del bel paese non ha più speranze per il futuro, dato che è il presente a preoccupare.

► Indagine europea sulla ricchezza delle famiglie: in Italia una su sei è povera

I dati parlano chiaro: sono 11 milioni le famiglie che hanno paura di non poter più portare avanti lo steso tenore di vita e 14 milioni quelle per cui il risparmio è solo un miraggio e 13 milioni di famiglie, ancora, avrebbero molti problemi nel caso si trovassero ad affrontare spese improvvise, quali visite mediche o riparazioni auto.

Ma c’è anche altro nel rapporto. Secondo la Confcommercio, infatti, una famiglia su tre non riesce già più a pagare in tempo tutte le scadenze mensili e il 17% sta già mettendo mano al risparmio o ricorrendo a piccoli prestiti e finanziamenti per affrontare le spese correnti.

Ma ciò che più di tutto il resto spaventa gli italiani è il mercato del lavoro: un mercato duro, ostico, che non dà nessuna garanzia e con il quale circa un quarto della popolazione ha un rapporto molto difficile. Si tratta del 25% della popolazione che teme di perdere il lavoro nei prossimi sei o sette mesi e di un altro 27% che ha paura di vedersi ridurre lo stipendio.

Gli italiani non credono solo che il mercato del lavoro sia fermo, ma anche, ed è un sentimento comune a più della metà della popolazione, che per trovare un lavoro sia necessaria una raccomandazione.

► Non solo scoraggiati, ma anche inattivi, in numero sempre maggiore

Questa è la situazione che hanno fotografato Confcommercio e Censis, una situazione che viene affrontata con il “modello delle tre R”: rinuncia-rinvia-risparmia:

Per i primi sei mesi dell’anno le famiglie che prevedono di effettuare una spesa consistente per voci come la ristrutturazione della casa, o l’acquisto di un elettrodomestico o di mobili o di un mezzo di locomozione risultano ai minimi rispetto a quanto rilevato nei quattro anni precedenti. Cresce la percentuale che per il momento rinvia questo tipo di spese.

La crisi italiana e la scelta del Presidente della Repubblica

 L’Italia, a livello politico, sta affrontando un altro momento molto delicato che è quello della scelta del Presidente della Repubblica. Non si tratta del ruolo da ricoprire ma della persona che i partiti hanno pensato di designare.

Il mercato approva il governo Letta

Il Movimento 5 Stelle, dopo una consultazione in rete, aveva scelto Milena Gabanelli ma la conduttrice di Report ha rifiutato l’incarico spiegando di voler fare soltanto quello che sa fare bene, quindi ha preferito restare nel mondo del giornalismo. Alla fine, il risultato è stato che il nome dei 5 Stelle è quello di Stefano Rodotà.

L’Italia vista da fuori

Un politico di grosso calibro, un giurista molto apprezzato che si sperava potesse raccogliere consensi anche dal centro sinistra. Il PD, invece, ha deciso di rifiutare il nome del Movimento 5 Stelle e di puntare invece su Franco Marini. Ex DC, socialista dal passato nel sindacato cattolico. Un nome che a quanto sembra piace anche alla destra e potrebbe dare il la ad un governo di larghe intese tra PD e PDL.

La scelta di Franco Marini, nell’ipotesi di un avvicinamento tra Berlusconi e Bersani, non piace all’opinione pubblica, raccolta davanti a Montecitorio per manifestare il dissenso e promuovere il nome di Rodotà. La governabilità è adesso all’orizzonte?

Il FMI taglia le stime del Pil italiano, ma il paese non ha bisogno di nuove manovre

 La prima affermazione di Mario Monti alla presentazione del DEF è stata che l’Italia, vista la situazione ancora molto difficile dei suoi conti pubblici, avrebbe avuto presto bisogno di una nuova manovra finanziaria, stimata tra i 20 e i 60 miliardi di euro – in base alla variabile Imu – per il biennio 2015/2017.

► Nuova manovra finanziaria per il 2015

Qualche giorno dopo il premier è stato smentito dal Ministro dell’Economia Vittorio Grilli che ha affermato, dal canto suo, l’esistenza delle risorse sia per le spese militari che per gli ammortizzatori sociali.

Sembra aver ragione quest’ultimo, almeno in base a quanto affermato in queste ore dal Fondo Monetario Internazionale, che sostiene che nonostante la situazione dell’Italia sia ancora problematica, saranno necessari solo altri pochi aggiustamenti per mettersi sulla strada del pareggio di bilancio.

C’è solo da aspettare: il fatto che gli aggiustamenti strutturali e fiscali siano stati fatti solo nel corso dell’ultimo anno, infatti, li porterà a compimento solo nel 2014, anno in cui la situazione economica del paese inizierà a stabilizzarsi.

► Grilli smentisce la possibilità di una nuova manovra

Al momento, comunque, il Fondo Monetario Internazionale, ha tagliato le stime di crescita dell’Italia per quest’anno il Pil calerà quest’anno dell’1,5%, per poi tornare a crescere nel 2014 quando registrerà un +0,5%.

Il tasso di disoccupazione, invece, secondo le stime del FMI continuerà a crescere ancora: + 12% nel 2013 (10,6% nel 2012) e +12,4% nel 2014.

 

Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

 Secondo i dati previdenziali resi noti dall’Istat nel 2011 lo stato ha visto aumentare il suo esborso per le pensioni del 2,9% rispetto all’anno precedente, pari a 265,963 miliardi di euro divisi tra i 16,7 milioni di pensionati presenti in Italia. L’aumento della spesa si traduce anche in una maggiore incidenza di questa voce sul Pil (in aumento dello 0,2%, dal 16,66% del 2010 al 16,85% del 2011).
► Conguaglio fiscale 2012 – CUD 2013 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici

Altro dato che mette in evidenza questa contraddizione è il fatto che il numero dei pensionati è sceso di 38 mila unità dal 2010 al 2011.

Questo aumento di spesa per lo Stato non si traduce, almeno nella maggiori parte dei casi, in un assegno pensionistico più alto per coloro che vivono di questo tipo di reddito. Analizzando i dati dell’Istat, infatti, quasi la metà degli italiani percepisce un assegno mensile che non arriva ai 1000 euro.

Nello specifico: il 13,3% dei pensionati italiani meno di 500 euro, il 23,1% riceve tra 1.000 e 1.500 euro al mese e il 32,8% ne incassa di più. La media del rateo pensionistico mensile è di 15.957 euro all’anno, in aumento di 486 euro rispetto al 2010.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Analizzando i dati ancora più a fondo emerge che le donne sono svantaggiate rispetto agli uomini: per loro il reddito medio da pensione per un anno è pari a 13.228 euro, contro i 19.022 euro degli uomini, e più della metà delle donne percepisce una pensione inferiore ai 1000 euro mensili, contro il 33,6% degli uomini.

 

Mario Draghi chiede tassi ragionevoli per i prestiti alle PMI

 Il numero uno della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha fatto un intervento molto duro questa mattina contro le banche europee che non concedono prestiti alle piccole e medie imprese mettendo in pericolo l’economia stessa dell’Unione.

► La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

Secondo Draghi questa mancanza di credito nei confronti delle piccole e medie imprese è sconcertante e rischia seriamente di danneggiare tutta l’economia dell’Eurozona, perché le PMI costituiscono i tre quarti del tessuto produttivo e, quindi, dell’occupazione dei paesi dell’Unione.

La loro sopravvivenza è una parte determinate del percorso verso l’uscita dalla crisi e sono le banche ad avere una responsabilità in questo perché le piccole e medie imprese dipendono in maniera pesante dalle banche e dalla concessione dei crediti per gli investimenti, diversamente dalle grandi società che hanno un migliore accesso ai mercati del capitale e sono meno dipendenti dal settore bancario.

Allo stesso tempo, però, la dura critica di Draghi rischia di rimanere tale perché lo stesso governatore ha detto di non aver intenzione di sanzionare quegli istituti che non seguiranno le sue indicazioni.

► Soffre anche l’indice PMI del paese

Per capire quanto poco credito le banche sono disposte a dare alle piccole e medie imprese si può esaminare l’esempio italiano, come ha fatto la Cgia di Mestre secondo la quale circa l’81% circa dei prestiti prestiti erogati dalle banche è concesso al 10% degli affidati, la migliore clientela, e solo il rimanente 19% è distribuito alle famiglie, alle piccole imprese ed ai lavoratori autonomi.

Sanità sempre più cara

 Solo nel 2012 gli italiani si sono visti costretti a sborsare ben 4,4 miliardi di euro per le spese sanitarie, tra acquisto di farmaci, visite mediche, esami e accessi al Pronto Soccorso. Un aumento consistente rispetto agli ani precedenti che continuerà anche nei prossimi.

► Le spese di ricovero dei famigliari portatori di handicap

Nello specifico l’aumento rispetto al 2011, come mostrano i dati del preconsuntivo 2012 riportati dall’agenzia di stampa Ansa, è stato del 13%.

farmaci hanno visto un aumento di 2 miliardi di euro, con la spesa out of pocket che è rimasta invariata e quella sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale, invece, è diminuita di quasi un miliardo per effetto della spinta ai generici e per gli sconti applicati dalle farmacie.

Aumento sostenuto anche per le visite e per gli esami nelle strutture private convenzionate, che è stato pari a 775 milioni di euro.  Ma la situazione si fa ancora più preoccupante se si guarda ai prossimi anni. Con la reintroduzione del superticket, infatti, dal primo gennaio del 2014 entreranno in vigore nuovi ticket per altri due miliardi che andranno ad incidere sulle finanze già disastrate delle famiglie.

► Qualche consiglio per spese mediche e spese funebri

Allarmata anche Francesca Moccia, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva, secondo la quale:

Ticket più cari e superticket rappresentano un tassello verso lo smantellamento del servizio pubblico. La prima cosa da fare è non introdurne di nuovi. Abbiamo subito giudicato come contraddittoria l’introduzione dei superticket anche perché da subito i cittadini hanno iniziato a denunciarci il ricorso al privato perché più conveniente. Oltre al danno per i cittadini, la beffa per il servizio sanitario: avevamo capito subito che lo Stato non avrebbe incassato molto di più e avrebbe costretto i cittadini a pagare di più e a rivolgersi al privato.

Le risorse della Fornero per la Cassa Integrazione

 Il ministro Fornero ha già dato qualche numero sulla prossima cassa integrazione: ha intenzione di finanziare questo istituto con un altro miliardo di euro, una cifra indubbiamente insoddisfacente per mettere fine alla crisi del mondo del lavoro ma utile a tamponare le situazioni più urgenti.

Le parole esatte del ministro al Gr1 Rai sono “Se riuscissi a destinare al finanziamento della cassa integrazione un altro miliardo di euro potrei dirmi soddisfatta, anche se c’è il rischio che possa non essere ancora sufficiente”.

Sindacati uniti per chiedere al governo fondi per la cassa integrazione

La Fornero, in questo modo, ha deciso di rispondere all’allarme lanciato dalla leader della CGIL Susanna Camusso che spiega come siano in esaurimento le scorte previste per la cassa integrazione. La Fornero ha però specificato di non conoscere i tempi a disposizione del governo per il finanziamento della CIG quindi di non poter fare una stima sull’esaurimento delle risorse.

Susanna Camusso lancia allarme per mancanza fondi cassa integrazione

Di sicuro c’è meno tempo di quello previsto, anche se il Governo aspetta di conoscere i dati inviati dalle Regioni. Il problema non riguarda infatti soltanto l’esecutivo in carica che adesso sbriga l’ordinaria amministrazione, ma si deve sensibilizzare tutta la classe politica al problema.

Pre trovare le risorse necessarie, qualcuno pensa già ad una manovra finanziaria aggiuntiva ed altri sperano in un decreto dell’ultima ora per gli ammortizzatori sociali. L’atteggiamento delle parti sociali resta molto critico.

 

Monti parla della situazione italiana e non scherza

 Mario Monti è ancora il nostro premier, guida il governo che – come ha spiegato Napolitano nel suo discorso prepasquale di presentazione della soluzione dei saggi – non è mai stato sfiduciato. Monti, allora, ha tutto il diritto di approfondire i temi più caldi per il nostro paese, nonostante a livello elettorale abbia subito una sonora battuta d’arresto.

3 visioni del 2013 e della sua evoluzione

Secondo Monti la prima cosa da fare in Italia è affrontare il problema dell’economia reale. Tutte le affermazioni che stiamo riportando – per inciso – sono state proferite durante un incontro tra Mario Monti e Fabio Fazio nella cornice della trasmissione “Che tempo che fa?”.

Il premier dimissionario ha dunque detto che è necessario affrontare l’economia reale che attraversa una fase problematica, perché in fondo il suo governo ha soltanto tamponato un’emorragia finanziaria senza precedenti.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

In più bisogna poi costruire un po’ di consenso intorno alle scelte operate, un po’ come è stato fatto nei primi mesi del governo Monti.

A livello politico i grandi saggi sono necessari per ricompattare il panorama politico attorno a temi comuni, per smussare le divergente tra i diversi raggruppamenti politici ma poi, anche in questo caso, il secondo passo da fare è quello di colmare le lacune della politica  attraverso l’impegno e il coinvolgimento diretto di imprese e sindacati.