I dati sulla cassa integrazione di marzo 2013

 A marzo l’Inps ha autorizzato 97 milioni di ore di cassa integrazione, facendo arrivare il totale delle ora di CIG richieste all’istituto per i primi tre mesi del 2013 a 265 milioni di ore.

Il dato di marzo rivela un importante aumento delle autorizzazioni rispetto al mese precedente, +22,4 % rispetto a febbraio, ma se il dato è rapportato allo stesso periodo dello scorso anno si evidenzia un calo del 2,8 %.

► A febbraio diminuiscono le richieste di cassa integrazione

Questi sono i dati dell’Inps che fa notare anche che è sensibilmente diminuita la richiesta di ore per la cassa in deroga, fenomeno dovuto alla chiusura della gestione relativa al periodo 2009-2012, da fare entro il 31 marzo 2013, anche se il calo delle autorizzazioni non indica un calo delle richieste, semmai è indice della mancanza di risorse.

Nello specifico il mese di marzo ha visto l’autorizzazione di 34 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria, in aumento del 5% rispetto al mese precedente e del 19,8% su marzo 2012. La maggior parte delle ore di cassa integrazione autorizzate sono state ad appannaggio del settore dell’industria, con un aumento del 24,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Meglio il settore edile, dove l’aumento delle ora autorizzate è stato più contenuto rispetto alle dinamiche degli ultimi anni, con un +6,8% rispetto a marzo 2012.

► Inps fondo per Cassa Integrazione

Le ore di cassa integrazione straordinaria sono state 43,1 milioni, in un aumento del 11,1% rispetto a febbraio e del 27,8% su marzo 2012.

Nel 2012 c’è stato il record storico della pressione fiscale

 Sono i dati pubblicati dall’Istat a rendere evidente come gli italiani siano pesantemente pressati dal fisco: nell’ultimo trimestre del 2012 la pressione fiscale ha toccato la quota record del 52% con un balzo di 1,5 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2011.

► Sempre più pesante il fisco sui salari italiani

Dei guadagni dei cittadini nei tre mesi presi in considerazione, ottobre, novembre e dicembre, un mese e mezzo è servito per pagare le imposte, dirette e indirette, dello Stato. Un’imposizione enorme, che sembra anche voler continuare a crescere, che sta mettendo in ginocchio le famiglie italiane.Infatti, non si tratta solo di un record occasionale: tutto il 2012 è stato caratterizzato da questo livello di imposizione fiscale, pari, in media annua, al 44%, 1,4 punti percentuali della media del 2011.

In miglioramento, invece, sempre secondo i dati trimestrali sui conti pubblici pubblicato dall’Istat, il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo: nel 2010 si è arrivati al 2,9%, quindi +0,8% sul 2011. Inserendo nel conteggio anche le operazioni sui derivati (pari a circa 2 miliardi di euro) si arriva al 3%, il parametro fissato come tetto massimo dalla Ue.

► Aumento delle tasse, chi ci salverà dalla stangata estiva?

Altro dato in miglioramento quello sul deficit pubblico: nel 2012 il rapporto tra indebitamento netto e Pil è stato pari all’1,4%, in calo dell’1,2% rispetto alll’anno precedente.

Nuove regole per le commissioni sulle carte di credito?

 A Bruxelles, ma anche all’interno dei diversi paese dell’Unione, si sta discutendo sulle nuove normative per la carta di credito, al fine di renderne più agevole l’utilizzo e incoraggiar, così, l’utilizzo di metodi di pagamento alternativi al contante. La prima mossa che si sta studiando è quella del taglio delle commissioni interbancarie.Si tratterebbe di un grande vantaggio per i cittadini ma, come insegna l’esperienza della Spagna, se la normativa non sarà ben elaborata rischia di rivelarsi l’ennesimo salasso per coloro che utilizzeranno questo metodo di pagamento.► Tutte le differenze tra le carte di credito

Le commissioni che i consumatori pagano adesso per l’utilizzo delle carte di credito sono quelle relative all’esercente che effettua la vendita, ossia le commissioni che la banca dell’esercente paga alla banca di colui che ha acquistato. A Bruxelles stanno lavorando per far abbassare l’ammontare di queste commissioni, con l’obiettivo che questo risparmio dell’esercente si trasformi anche in un risparmio per il consumatore.

Ma questo meccanismo così semplice si potrebbe trasformare in aumento delle spese per i consumatori: le banche potrebbero compensare i minori introiti derivanti dalle commissioni con un aumento del costo dei prodotti finanziari. La conseguenza, oltre al maggior esborso per i cittadini, sarebbe il ritorno all’uso del contante, ossia proprio quello che si cerca di evitare.

Calano i prezzi delle case, ma il mercato continua a soffrire

 Il quarto trimestre del 2012 ha fatto registrare il quinto calo annuo consecutivo: rispetto allo stesso periodo dello stesso anno il prezzo delle case è sceso del 4,6% e dell’1,5% rispetto al trimestre precedente, con una media del -2,7%.

► Casa insostenibile: tre milioni di italiani non riescono più a mantenerla

Il motivo principale di questo calo è dovuto alla semplice equazione economica per la quale se un prodotto non viene venduto il suo prezzo scende. Vale per tutto, case comprese. Ed è un dato che indica in maniera chiara e incontrovertibile che il Paese è ancora in una situazione molto difficile, visto che le case sono sempre state il bene rifugio prediletto dagli italiani.

I dati relativi alla diminuzione del prezzo delle case sono stati pubblicati dall’Istat e riferiscono che le sofferenza maggiori si sono registrate per le abitazioni usate che è diminuito del 2,2% rispetto al trimestre precedente e del 6,9% su base annua,mentre i prezzi delle abitazioni nuove sono diminuiti dello 0,3% su base congiunturale, segnando un aumento dello 0,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011.

Secondo l’Istat questo nuovo crollo dei prezzi delle abitazioni è da ricollegare all’andamento disastroso del mercato immobiliare dello scorso anno, per il quale è stata registrata una flessione dell’indice complessivo del 2,7% rispetto al 2011:

► Calano i prezzi delle case e aumentano i tassi dei mutui

Questo calo dei prezzi si inserisce in un contesto di forte flessione del numero di abitazioni compravendute che, nel 2012, hanno registrato, secondo i dati rilasciati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, una diminuzione pari a -25,8%.

Tares prima rata a maggio e la maggiore arriverà a dicembre

 Tra le tante urgenze che sono ancora all’ordine del giorno del governo in prorogatio di Mario Monti ci sono anche le nuove tasse che stanno per abbattersi sugli italiani: l’aumento di un punto percentuale dell’Iva previsto per luglio, il possibile anticipo dell’aumento dell’addizionale Irpef per sostenere il pagamento del debito delle pubbliche amministrazioni e, infine, la Tares.

► Oggi il Governo discute di debiti delle PA, di esodati, di Tares e di Iva

Proprio la Tares è stata protagonista in questi giorni di un acceso dibattito che ha portato a scontrarsi il governo, l’Anci, varie associazioni di categoria e i cittadini, che, come al solito, saranno comunque, in un modo o nell’altro, costretti al pagamento della tassa.

Ieri sera il governo è giunto ad una conclusione che ha messo d’accordo un po’ tutte le parti in causa: la prima rata della Tares, la tassa sostitutiva e più salata della Tarsu, dovrà essere pagata a maggio, secondo i parametri stabiliti dalla precedente legislazione in materia, la seconda rata sarà dovuta ai comuni a settembre e solo per l’ultima rata, quella prevista a dicembre, il calcolo dovrà essere fatto tenendo conto della maggiorazione di 30 centesimi di euro al metro quadrato.

► La Tares sarà rinviata o no?

Soddisfatto della decisione Graziano Delrio, presidente dell’Anci, che spiega come grazie alla Tares sarà possibile evitare il deficit di liquidità che avrebbe creato grossi problemi alle imprese del trattamento rifiuti. Meno entusiasti i cittadini che avrebbero voluto che la Tares entrasse in vigore direttamente il prossimo anno.

Rinviato il decreto sul pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni

 Il decreto per il piano biennale del pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni alle aziende, in discussione ieri sera al Consiglio dei Ministri, non è andato in porto. I ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, e dello Sviluppo economico, Corrado Passera, hanno chiesto più tempo al governo per proseguire gli approfondimenti sul testo del decreto.

► Oggi il Governo discute di debiti delle PA, di esodati, di Tares e di Iva

Quindi ancora un nulla di fatto, ma, almeno stando a quanto si dice nelle stanze di bottoni, tutto potrebbe essere pronto entro lunedì mattina, quando si saranno meglio definite modalità e coperture del decreto anche con le organizzazioni imprenditoriali e l’Anci.

Dopo il rinvio delle decisione si sono levate molte polemiche, da più parti, ma soprattutto da Pd e Pdl. Il nodo della questione sembra essere l’ipotesi di una possibile anticipazione dell’aumento dell’addizionale regionale Irpef, un provvedimento che aveva già fatto abbondantemente inasprire i toni della discussione.

Vittorio Grilli in serata ha cercato di spiegare meglio tutta la questione, soffermandosi soprattutto sul fatto che, anche se si tratta di un provvedimento della massima urgenza,

► Nessun anticipo dell’addizionale Irpef nel decreto per il pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazione

non contiene alcun aumento di imposte, ma è importantissimo sia per l’impatto sull’economia con l’immissione di 40 miliardi di liquidità nel sistema, sia perché penso debba essere una svolta nei comportamenti della pubblica amministrazione nei rapporti con le imprese private.

 

 

Casa insostenibile: tre milioni di italiani non riescono più a mantenerla

 Le spese per la gestione della casa (mutuo/affitto, bollette e tasse) stanno facendo diventare impossibili per una larga parte dei cittadini di italiani avere un tetto sopra la testa: il costo medio al quale ogni famiglia deve far fronte per avere una casa è pari a circa 1.150 euro.

► Vantaggi e svantaggi del pagamento dell’affitto

Un costo troppo alto che sta mettendo a grave rischio circa 300mila nuclei famigliari che rischiano di perdere l’abitazione.

E’ quanto emerge dal report della Cgil dal titolo “Costi dell’abitare, emergenza abitativa e numeri del disagio” che mette in evidenza come le spese che ogni famiglia deve affrontare per la propria abitazione assorbano circa il 31,2% del reddito disponibile. In alcuni casi si arriva anche al 40%.

Nello specifico chi ha una casa di proprietà spende circa 1.150 euro al mese, mente chi i trova in affitto si vede costretto a sborsare 1.515 euro mensili. Cifre dovute soprattutto all’incidenza delle tasse – Imu in primis – e, quindi, destinate ad aumentare con l’introduzione della Tares.

► Non ci sarà la bolla immobiliare

La situazione è difficile sia per chi ha una propria casa – secondo il rapporto, infatti, tra il 2008 e il 2011 i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari sono aumentati di circa il 75% (arrivando a sfiorare i 38.000) – sia per chi è in affitto che ha visto, negli ultimi dieci anni, aumentare il mensile da pagare del 130% per i contratti rinnovati (per arrivare alla cifra media di 740 euro mensili nel 2012) e del 150% per i nuovi contratti (1.100 euro mensili).

 

Work in Progress: il rapporto dei giovani italiani con il lavoro

 Anche se i recenti dati sulla disoccupazione in Italia mostrano come sia in calo il numero dei senza lavoro, resta comunque il fatto che molti giovani italiani, quelli che sono nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, non hanno trovato un’occupazione. Il sondaggio condotto dal Centro di ricerche sociali sul lavoro e le nuove forme di occupazione, dal titolo “Work in Progress“, dà una chiara idea di come i giovani italiani cerchino di rapportarsi a questa drammatica situazione.

► Rapporto Istat disoccupazione: record di dottori senza lavoro

Il sondaggio è stato realizzato su un campione di 800 giovani tra i 18 e i 35 anni, il 66% dei quali in possesso di una laurea di secondo livello. Il dato che balza subito all’attenzione è la grande percentuale di giovani che sarebbero disposti anche a lasciare l’Italia pur di avere un’occupazione: sono il 64% del totale e il 37% ha già intrapreso la strada dell’emigrazione inviando il proprio curriculum all’estero.

A dispetto di quanto ha detto il Ministro Fornero i ragazzi italiani non sono né choosy né legati al lavoro a tempo indeterminato: la maggior parte di loro è disposta ad essere flessibile, sottopagato (25%), a lavorare anche se non sono rispettati i termini del contratto, o comunque ad accettare l’abuso di un contratto atipico (12%) e a mettere da parte la propria integrità morale (2%).

► Le piccole imprese bocciano la Riforma Fornero

Rimanendo in tema Fornero: per il 57,6% del campione la riforma Fornero ha peggiorato la situazione, ha aumentato i costi per le imprese e il precariato per i lavoratori.

 

Cala il numero dei senza lavoro, ma la disoccupazione è ancora un’emergenza

 I senza lavoro in Italia sono in lieve calo, ma il loro numero non si discosta molto dai tre milioni registrati a gennaio, quando la percentuale dei disoccupati in Italia era dell’11,7%, contro l’11,6% registrato per questo febbraio 2013.
► Le donne al Sud lavorano menoUn calo, quindi, molto lieve che non deve essere preso come un segnale di un miglioramento, dato che la percentuale dei disoccupati in Italia è aumentata di 1,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. Scende, comunque, anche il tasso di disoccupazione giovanile, che si attesta a 37,8% a febbraio,-0,8% rispetto al mese precedente ma in aumento del 3,9 punti percentuali rispetto al febbraio 2012, per un totale di 647mila giovani senza occupazione.

Nel mese di febbraio 2013 gli italiani senza lavoro sono 2 milioni 739mila. Il numero è in aumento rispetto dello 0,2% rispetto al mese precedente, e la quasi totalità dei nuovi disoccupati è composto da donne.

► Donne e occupazione, un confronto impari

Anche in Europa la disoccupazione rimane  a livelli di allarme: per il mese di febbraio, infatti, il dato è rimasto invariato rispetto al preoccupante 12%, per un totale di 19,071 milioni di cittadini europei senza lavoro.

 

Eni vuole un risarcimento da Report

 L’Eni ha deciso di chiedere un risarcimento alla giornalista e conduttrice di Report, Milena Gabbanelli per un servizio che ha messo in cattiva luce il business di questa azienda, danneggiandola in alcune operazioni molto importanti.

Certo è che Report è considerato da tutti una fonte d’informazioni indipendente capace di far luce in modo asettico su buone e cattive pratiche messe in campo dalle aziende, anche quelle importanti come l’ENI.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

Il risarcimento chiesto dal gruppo di Scaroni a Report si aggira sui 25 milioni euro perchè è l’immagine stessa dell’Eni ad essere stata compromessa. Il gruppo, in questo momento, può vantare circa 79 mila dipendenti e un fatturato di 100 miliardi di euro all’anno.

Tasso di cambio ed esportazioni sono legati

L’azienda Eni, contesta qualsiasi cosa della puntata di report andata in onda nel dicembre dell’anno scorso ma Milena Gabanelli dichiara di essere pronta a dimostrare il lavoro fatto.

Sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbe il maggior costo del gas, legato ai contratti take or pay stipulati con la Russia e alla pratica di caricare questo costo sulle bollette. In più ci sono dei contratti fatti con il Kazakistan le cui condizioni sono poco chiare e tutta una serie di obiezioni legate alla scarsa attenzione posta alla questione ambientale in Basilicata.