Squinzi lancia un appello al nuovo esecutivo

 Nonostante la nomina dei presidenti di Camera e Senato in Italia si è ancora in preda ad una grande confusione politica della quale fanno le spese, come sempre accade, i cittadini e le imprese.

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E’ Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, a chiedere al nuovo governo che si sta insediando in questi giorni di mettere in campo un programma solido e serio per dare un po’ di ossigeno alle imprese, ormai soffocate da fisco e dai pagamenti ancora bloccati delle pubbliche amministrazioni.

Quello che serve in questo momento al paese, secondo il leader degli industriali italiani, è

un governo che sia capace di governare, possibilmente stabile, che metta al centro della sua azione, anche prima di qualsiasi intervento politico o istituzionale l’attenzione all’economia reale.

Così i passi da fare nei primi 100 giorni di governo dovranno essere dettati dal buon senso, al di là delle divergenze politiche, perché, secondo Squinzi che ha un’esperienza imprenditoriale di quasi cinquanta anni, il paese, al momento è in preda al terrore che si manifesta con una spesa minima e nessun investimento.

► Giorgio Squinzi chiede azioni forti al nuovo governo e boccia Grillo

Quindi, sbloccare i pagamenti delle PA e far ripartire il credito, passi possibili allentando un po’ il rigore imposto dall’Europa per quanto riguarda il pareggio di bilancio.

 

 

Scadono a marzo offerte e moratoria

 Secondo il portale Mutuisupermarket, le sofferenze bancarie potrebbero subire un’accelerazione alla fine del mese quando oltre ad una serie di offerte molto vantaggiose per chi desidera accendere un mutuo a marzo, scadrà anche la moratoria sui finanziamenti, stabilita a gennaio.

Ipoteca, istruttoria e notaio nei contratti di mutuo

Partiamo dalla moratoria che sicuramente impensierisce un buon numero di mutuatari. Chi è in difficoltà con il pagamento delle rate, le fasce deboli della popolazione, maggiormente colpite dalla crisi, hanno avuto per ben cinque volte l’occasione di chiedere aiuto. È stato stabilito un fondo per i mutuatari che non riescono a pagare le rate a seguito di una modifica della loro situazione patrimoniale, perché ad esempio hanno perso il lavoro.

Moratoria sui mutui prolungata fino a marzo

L’accordo è stato stipulato dall’ABI e da 13 associazioni di consumatori soltanto a gennaio ma alla fine di marzo finirà anche questa opportunità e non sembrano esserci grandi speranze di approvazione di una nuova moratoria con lo stesso regolamento.

Nel mese in corso, poi, scadranno anche le offerte messe a disposizione da due banche molto importanti come Webank e Intesa Sanpaolo. Il primo dei due istituti di credito offre uno sconto dello 0,20 per cento sugli spread calcolati nel mese per i mutui a tasso fisso. Mentre per quanto riguarda Intesa Sanpaolo sono attivate delle condizioni speciali per i giovani che non hanno ancora compiuto 34 anni e che hanno un reddito definito “atipico”.

Una cedola di 9 centesimi anche per Unicredit

 Il quarto trimestre del 2012, per Unicredit, non è stato molto positivo visto che si è concluso con 553 milioni di euro di perdite a fronte di un utile di 335 milioni di euro registrato nel terzo trimestre del 2012. Gli analisti ritengono che la fine del 2012 sia stata quella con i dati peggiori espressi dalla banca. Sono diminuiti anche i costi operativi, scesi del 2,7 per cento fino a 3,7 miliardi di euro.

Sorpresa nei dividendi di Piazza Affari

Il margine operativo lordo di Unicredit è di 2 miliardi di euro, in calo del 12 per cento. Questo dato si lega agli accostamenti sui crediti. Il quarto trimestre dell’anno però, chiuso così male, non è stato sufficiente a mandare in rosso la banca per il 2012. Infatti l’intero esercizio di Unicredit si è chiuso con un utile netto di 865 milioni di euro, ricavi per 25 miliardi di euro e un margine operativo di 10,1 miliardi di euro in aumento del 5 per cento.

Banche in crisi si torna a parlare di esuberi

La banca, quindi, per il futuro, ha deciso di rivedere al ribasso le stime, prendendo atto anche del perdurare della crisi. Questo non le impedisce però di avere una cedola di 9 centesimi di euro per azione, nonostante la previsione dei tagli del personale in Austria e Germania. L’azione Unicredit, dopo il comunicato sui dividenti, parte in rialzo ma poi chiude le contrattazioni in parità.

Debito pubblico record per l’Italia

 La situazione finanziaria del nostro paese è sotto la lente d’ingrandimento delle agenzie di rating, delle banche d’affari, dell’Europa, preoccupata dell’ascesa del sentimento antieuropeo e antieuro nello Stivale. Se è vero che per fare un Governo ci vuole tempo e il primo passo è stato fatto con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, è anche vero che adesso bisogna capire qual è la direzione che il nostro paese intende avviare: la priorità sarà per le riforme oppure per la messa in sicurezza dei conti?

La crisi economica e i rischi per l’Italia secondo i Servizi Segreti

Sicuramente un problema per l’Italia c’è e si chiama debito pubblico. Se n’è parlato fino alla fine del governo Berlusconi, poi, con Monti a Palazzo Chigi, la situazione sembrava essersi calmierata ma adesso la tregua è finita. Il debito pubblico torna a crescere perché l’amministrazione centrale ha bisogno di denaro e perché l’Italia si è impegnata a sostenere finanziariamente le strutture europee d’aiuto ai paesi in difficoltà.

Cipro si aiuterà da sola?

La Banca d’Italia ha dunque pubblicato il supplemento al bollettino statistica di finanza pubblica, annunciato che rispetto a gennaio, il debito pubblico è cresciuto di 34 miliardi di euro ogni mese. Oggi il record stabilito p di 2.022,7 miliardi di euro. La sogli psicologica dei 2000 miliardi di euro di debito è stata “abbondantemente” superata, coadiuvata dall’emissioni di titoli del debito e dalle difficoltà persistenti in Europa. Gli investitori non sono affatto contenti.

Imprese italiane a corto di liquidità

Nei giorni passati Confesercenti ha diffuso dei dati poco entusiasmanti sul panorama delle imprese commerciali italiane, in base ai quali risulta che un po’ in tutta la penisola il numero delle imprese che chiudono è superiore alle nuove che nascono.

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L’inizio del 2013 si è dimostrato particolarmente negativo da questo punto di vista e le regioni più colpite dal fenomeno sembrano essere state la Lombardia e il Lazio.

Oggi l’Osservatorio sul credito di Confcommercio fa sapere che il 70% delle imprese italiane si rivolgono alle banche per mancanza di liquidità o per difficoltà di cassa. Ad essere colpite per la prima volta sono anche molte imprese collocate nel Nord-Est d’Italia. Solo il 20% delle imprese italiane, infine, si rivolge ancora alle banche per la realizzazione di investimenti.

Allarme per la chiusura di molte imprese italiane

Ma vediamo quali sono le reazioni delle banche stesse a queste richieste. Il 40% delle imprese che chiedono liquidità si sono viste rifiutare il credito o ne hanno ottenuto meno rispetto all’ammontare iniziale, mentre solo il 30% di queste ultime riesce ad ottenere la cifra di cui aveva fatto richiesta in origine.

Aumenta così il numero delle imprese che non sono riuscite a far fonte al proprio fabbisogno finanziario (20% circa) e il settore più colpito è quello dei servizi.

Milano chiude male la settimana segnata dal Papa

 Il mercato europeo è stato caratterizzato dall’incertezza durante la settimana che si è conclusa con l’accordo sul salvataggio di Cipro, l’elezione di Papa Francesco e l’assorbimento della notizia del downgrade dell’Italia. Non sono mancate le notizie sulle banche tedesche e le dichiarazioni del presidente della BundesBank sull’Italia.

L’Italia si aiuta se fa le riforme

Il nostro paese, protagonista territoriale dell’elezione del Pontefice, non è stato sicuramente graziato dalla stabilità acquisita dal Vaticano. L’Italia, dove si è insediato il Parlamento, dove sono stati eletti i presidenti della Camera e del Senato, il dibattito sul futuro del paese è ancora aperto.

Piazza Affari si prepara per Moleskine, Moncler e Versace

Si dibatte in primo luogo se sia il caso di tirare avanti proponendo delle misure per la crescita, oppure se sia piuttosto il caso di focalizzarsi sul rigore dei conti. Monti, che fino a prova contraria è ancora il Capo del Governo in carica, ha partecipato come tale al suo ultimo consiglio europeo e ha chiesto a tutti gli altri paesi dell’Europa di essere flessibili con l’Italia.

Angela Merkel ha appoggiato la visione di Monti ma questa intesa italo-tedesca non è stata provvidenziale per Piazza Affari dove il Ftse Mib, che aveva aperto in rialzo, ha chiuso l’ultima giornata di scambi della settimana con un rosso dello 0,43 per cento. Soltanto Londra e Parigi, con le rispettive perdite dello 0,6 e dello 0,71 per cento, hanno fatto peggio di Piazza Affari.

La crisi cambia le abitudini alimentari degli italiani

Anche la recessione può contribuire a modificare le abitudini alimentari di una intera popolazione. Lo rileva una ricerca di Federalimentare che descrive come cinque anni di crisi, dal 2008 al 2013, abbiano cambiato le scelte dei consumatori in fatto di alimenti.

Negli ultimi cinque anni, infatti, i consumi alimentari degli italiani si sono ridotti in generale del 10%, con una spesa complessiva che è calata di circa 20 miliardi di euro. A subire delle modifiche, poi, è stato proprio l’intero paniere dei beni di consumo.

Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

La recessione ha portato gli italiani a consumare meno carne, che in genere incide  parecchio sul costo complessivo della spesa, ma anche meno latticini, pesce, salumi, olio, frutta fresca e biscotti, prodotti di cui si è riusciti a fare a meno nell’ottica di una riduzione dei consumi. Non hanno invece subito un analogo calo pasta, il cui consumo è invece aumentato, trattandosi di un alimento nutriente ed economico, ma anche cioccolato e gelato, piccoli peccati di gola utili forse per tenere alto il morale anche in tempi di crisi.

In Italia chiudono 167 negozi al giorno

Le nuove abitudini alimentari degli italiani hanno avuto anche delle conseguenze sulla produzione dei rifiuti. Gli scarti alimentari sono infatti passati da un 25-30% degli anni passati ad un odierno 7%, segno che la spesa degli alimenti freschi viene ormai centellinata.

Le migliori offerte per il fotovoltaico in Italia

 Tantissime persone sono diventate sensibili alle energie alternative, un po’ per una questione ambientale di rispetto per l’ambiente, un po’ per i vantaggi economici che ne possono derivare, a distanza di qualche anno, a fronte di una richiesta di prestito sostenibile per tutte le famiglie.

Supermoney, citato anche dal portale idealista.com ha fatto una simulazione di tutte le migliori offerte di prestito per l’istallazione dei pannelli fotovoltaici sul tetto delle propria abitazione. Questo tipo d’impianti, tra l’altro, è molto gettonato, almeno fino a giugno, in virtù delle detrazioni del 55% sull’IRPEF.

Fatte le dovute premesse, passiamo alla presentazione dei prestiti più convenienti : IBL Banca, Cariparma e Credem.

Il finanziamento che maggiormente si addice ai prestiti per l’installazione dei pannelli fotovoltaici sembra essere la  Rata Bassotta di IBL Banca che ha un TAEG al 9,43% per un piano di rimborso sviluppato in 72 mesi, con rate mensili da 541,5 euro a fronte di un finanziamento di 30 mila euro complessivi. Le spese d’istruttoria possono arrivare fino a 450 euro.

IBL Banca per ristrutturare con la rata bassotta

Il secondo finanziamento vantaggioso è il Gran Prestito su Misura di Cariparma che prevede sempre un piano di rimborso di 72 mesi con rate di 559,6 euro per un TAEG dell’11,24 per cento. Le spese d’istruttoria, in questo caso sono fisse a 300 euro.

L’ultima offerta è il Prestito Personale Avvera di Credem con un TAEG al 12,99 per cento e un piano di rimborso sempre su 72 mesi con rate di 584,9 euro e spese d’istruttoria per 300 euro.

► Avvera: il prestito di Credem per i tuoi desideri

I market mover di venerdì 15 marzo

 Il calendario economico è sempre fitto di appuntamenti anche se per qualche ragione, spesso, li trascuriamo un po’. Questi appuntamenti, che possono influire sull’andamento valutario di un paese o di un continente, a seconda della diffusione della moneta, si chiamano market mover.

Oggi, venerdì 15 marzo, ci sono due segnali molto importanti, per gli Stati Uniti e per l’Europa, cui va aggiunto un market mover a parte che riguarda la Svizzera dove saranno pubblicati i prezzi alla produzione.

► La Svizzera invasa dai disoccupati

Iniziamo proprio dalla Svizzera: dalla Confederazione saranno resi noti i prezzi di produzione che secondo le previsioni dovrebbero essere in calo con una variazione dallo 0,3 per cento al -0,1 per cento del mese.

Bollettino mensile BCE: Europa ancora in recessione

Due invece, sono gli appuntamenti che interessano da vicino l’Europa. Il primo riguarda l’indice dei prezzi al consumo che, notoriamente, misura quanto variano i prezzi dei beni e dei servizi acquistati in un determinato periodo. La previsione è che restino stabili intorno all’1 per cento. Il secondo appuntamento è la pubblicazione della versione core dello stesso dato che va a misurare tutti i prezzi escludendo quelli dei settori alimentare, energetico, alcool e tabacchi. Anche in questo caso si pensa ad una conferma all’1,3 per cento.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti gli appuntamenti sono più numerosi: l’indice dei prezzi al consumo (per cui si prevede un calo), la versione core con una leggera risalita dell’indice, l’indice della produzione industriale che è dato in discesa e il sentiment dei consumatori che dovrebbe essere aumentato.

In Italia chiudono 167 negozi al giorno

La crisi economica ha colpito duramente le attività produttive e le famiglie, ma anche il settore del commercio è stato pesantemente investito dal trend negativo della recessione. A confermarlo sono i dati di Confesercenti, che tracciano un bilancio dell’andamento del settore nei primi due mesi del 2013.

Consumi italiani ai livelli del 2004

Tra gennaio e febbraio in Italia si è potuta registrare la chiusura di oltre 10mila attività commerciali, ovvero una media di 167 imprese commerciali in meno ogni giorno. Le nuove aperture, poi, sono diminuite del 50% e se il trend negativo si confermerà come tale fino a fine anno, il commercio italiano perderà in totale qualcosa come 60mila imprese. Per Confesercenti, inoltre, si tratta dei dati più negativi degli ultimi 20 anni.

In aumento le imprese straniere in Italia

Ad essere maggiormente interessati dal fenomeno sono state le aree del Centro-Nord, ma la città che sembra aver sofferto del maggior numero di chiusure è la capitale, dove già si può parlare di una bolla dei negozi sfitti. Le conseguenze di questo stato di cose sono infatti di un certo rilievo sia per il settore immobiliare, sia per quello occupazionale. Se il trend negativo continuerà fino alla fine del 2013 si stima una perdita complessiva di circa 200mila addetti del settore e di miliardi di euro in affitti non percepiti.