200 milioni di euro a William Johnson

 Chi è William Johnson? L’amministratore delegato della società Heinz, nota soprattutto in America per la produzione di Ketchup. Questo manager ha deciso di lasciare l’azienda ed incasserà una buona uscita molto corposa, tanto per dirla all’europea.

28 miliardi di dollari per il ketchup

Proprio mentre nel Vecchio Continente si parla di mettere un tetto ai superstipendi dei banker, altri stipendi, in America, sembra necessari e intoccabili. L’ad di Heinz, infatti, lascerà l’azienda con un bell’assegno da 200 milioni di dollari.

Negli Usa scatta la sequestration

Tutto dipenda dalla conclusione dell’accordo tra Heinz, Warren Buffett e 3G Capital. Queste ultime due aziende hanno comprato quella di Johnson che adesso, a soli 64 anni, può ritirarsi a vita privata con un paracadute di 56 milioni di dollari, una pensione di 57 milioni (che comprende anche compensi ritardati) e infine circa 99,7 milioni di dollari di azioni.

Il capitale che sarà incassato da Heinz ha determinato, sui giornali, almeno il riepilogo dei suoi successi industriali. Johnson guida l’azienda dal 1998 e durante la sua amministrazione ci sono state una quarantina di acquisizioni che hanno reso la compagnia molto concorrenziale sotto il profilo del marketing e delle innovazioni. Basta pensare alle confezioni del ketchup in questione.

Le vendite dell’azienda, nel 2012, sono cresciute dell’8,8 per cento rispetto all’anno precedente e quindi il commento principale è stato: Johnson si merita quel che gli hanno dato.

Troppe poche donne nei cda europei

 Nei 27 paesi dell’Unione Europea ci sono troppe poche donne che figurano nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa: solo una su ogni dieci uomini.
► Nel 2012 è stato boom di donne imprenditrici

E’ questo il risultato dello studio della Commissione Europea sulla composizione dei board delle spa europee. Un dato che fa parecchia impressione, soprattutto se visto in percentuale: 10,2% di donne contro il 97,6% di uomini. Percentuali che, come fa notare la Commissione Europea nella nota di accompagnamento della ricerca, non prende in considerazione il fatto che i motori del cambiamento sono proprio quei dove le ‘quote rosa’ imposte per legge.

Come in Italia, paese che la Commissione prende ad esempio dal momento che dopo l’entrata in vigore della legge del luglio 2011 il numero delle donne presenti nei consigli di amministrazione è passato dal 5,6% di ottobre 2011 all’11,0% di ottobre 2012.

Nello studio è stata fatta una distinzione fondamentale tra tra membri esecutivi e ‘non esecutivi’ dei board. Prendendo come riferimento solo questa ultima figura la media europea di presenze femminile migliora e si allinea con quelle degli altri paesi. In Europa sono il 16,8%, come negli Stati Uniti. Percentuale appena più bassa per l’Australia(15%) poi segue il  Canada (10%) e la Cina (9%).

► A Yahoo! piacciono le donne

A chiudere la classifica India, Russia e Brasile con solo il 5% ed il Giappone che arriva appena all’1%.

Si possono cumulare sanzioni penali e fiscali

 Una persona, normalmente, non può subire due procedimenti per uno stesso reato. Nel senso che il pronunciamento deve essere unico, la sentenza è unica, poi si può impugnare, portare in Appello, in Cassazione o alle altre autorità competenti, ma deve essere una sola.

Sfuggire al fisco è sempre più difficile

Il principio che sta alla base di questo assunto è il “ne bis in idem“, sancito dall’articolo 4 del protocollo 7 della CEDU, ma anche dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Di recente, però, in seguito ad un caso che ha interessato un contribuente svedese, è stato necessario approfondire l’argomento e si è arrivati alla conclusione che uno stesso contribuente può cumulare la sanzione penale e quella fiscale a patto che il riferimento sia allo stesso reato.

L’Agenzia delle Entrate in video

Il contribuente in questione doveva subire un processo penale con l’accusa di frode fiscale aggravata, poiché nelle dichiarazioni del 2004 e del 2005 aveva fornito informazioni inesatte. L’amministrazione tributaria, però, aveva la necessità di riscuotere le imposte sul reddito evase e quindi attribuire allo stesso contribuente delle sanzioni fiscali.

Il giudice che guidava il procedimento penale ha chiesto l’intervento della Corte Europea, per capire se si potesse applicare il principio del “ne bis in idem”. La Corte Europea ha spiegato che per questo particolare tipo di reati è possibile sommare sovrattasse e sanzioni penali, purché riferite allo stesso reato.

Gli interessi di mora sono più consistenti

 Può capitare che per distrazione o deliberatamente, si evadano le tasse. A quel punto ci sono tanti strumenti che si possono usare per mettersi in regola con il fisco, ad esempio il ravvedimento operoso. Se avete mancato il classico appuntamento con la dichiarazione dei redditi e con il pagamento delle tasse, oppure avete dimenticato di pagare l’IVA o un’altra imposta entro il termine previsto dall’Erario, in pochi giorni potete “chiedere scusa” e versare la somma dovuta più un piccolo interesse per il ritardo.

Sfuggire al fisco è sempre più difficile

Peccato che adesso gli interessi di mora siano saliti e tutti additano ancora una volta la crisi economica imperante. Negli anni passati, infatti, il trend era stato esattamente opposto, nel senso che c’era stata una riduzione degli interessi di mora, per incoraggiare gli evasori a venire allo scoperto.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

Pagare una cartella esattoriale in ritardo, invece, dal primo maggio 2013, costerà di più. Nel dettaglio la misura annua del tasso d’interesse sale dal 4,5504 per cento fino al 5,2233 per cento. Tutti i dettagli dell’operazione sono contenuti in un provvedimento del 4 marzo 2013, firmato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera.

Nel dettaglio il provvedimento comporta che, trascorsi i 60 giorni di tempo dalla notifica delle cartelle, su tutte le cartelle di pagamento si si pagano gli interessi di mora, al tasso indicato sopra.

 

600 euro di stipendio perso ogni anno a causa delle tasse

 Inflazione e fisco stanno mettendo in ginocchio gli italiani. La loro azione sugli stipendi degli italiani continua inesorabilmente portando a perdite di centinaia di euro ogni anno.

► L’inflazione pesa più dell’Imu

E’ quanto emerge dal rapporto La dinamica salariale tra inflazione, federalismo e fiscal drag curato da Cer (Centro Europa ricerche), dalla Fondazione Di Vittorio e dall’Ires Cgil. Il rapporto è stato presentato questa mattina alla presenza del segretario della Cgil Susanna Camusso.

Il periodo che è stato preso in considerazione nel rapporto è quello che va dal 2001 al 2013: i dati mostrano come in questo decennio abbondante ci siano stati diversi profili temporali, un primo, tra il 2001 e il 2007, durante il quale gli stipendi sono cresciuti anche di 5 punti ogni anno, seguito da una seconda fase, dal 2007 e il 2013 in cui la crescita è stata sempre negativa.

Prendendo in considerazione tutte le variabili del caso gli stipendi degli italiani hanno mostrato una flessione di oltre l’1% nell’arco di dodici anni.

Gli stipendi di italiani tra i più bassi d’Europa

A pesare sui salari il prelievo fiscale, tra mancate correzioni e inasprimenti delle addizionali regionali e comunali, che ha portato alla triplicazione delle imposte sui salari per un prelievo ingiustificato che alla fine di quest’anni supererà i 10 miliardi di euro.

L’aumento contributivo, in termini di soldi e non di percentuali, è stato di 500 euro all’anno per i single e di ben 600 per le persone sposate.

Lo scandalo della carne di cavallo affonda le vendite di surgelati

 Secondo le stime della Coldiretti, dopo la scoperta in diverse marche –Findus, Ikea e ora anche Star– di primi piatti pronti surgelati venduti come carne di manzo e invece preparati anche con carne di cavallo, le vendite di questa tipologia di prodotti sono letteralmente crollate.Pochi giorni di eco mediatica hanno portato al ritiro di circa 200 diversi tipi di confezioni di prodotti alimentari in 24 diversi Paesi del mondo e un crollo delle vendite del 30%.

Il portale italiano eFoodAlert.net ha anche fatto un sondaggio tra i consumatori italiani di questi prodotti dal quale è emerso che sei italiani su dieci sono adesso particolarmente spaventati dalla possibilità di trovarsi a mangiare tutto tranne quello che viene indicato sulle confezioni. In effetti, la possibilità che esista un vero e proprio giro di affari e che questo non sia solo un fatto occasionale non è così remota.

Una situazione che – sostiene la Coldiretti – non può essere affrontata semplicemente con un aumento momentaneo dei controlli perché è chiaro che si tratta di una truffa non occasionale, ma sistematica che ha coinvolto piccole aziende ma anche i grandi marchi dell’agroalimentare mondiale, dalla Buitoni a Star fino alla Findus.

La soluzione? Secondo la Coldiretti potrebbe essere quella di spingere le aziende a fornirsi dai produttori locali piuttosto che servirsi di grandi fornitori sui quali è difficile fare controlli accurati.

Ancora fermi i pagamenti della PA alle aziende

 Nulla di fatto neanche con gli interventi voluti dal governo Monti. Le pubbliche amministrazioni, nonostante la grande macchina telematica messa in piedi dal governo uscente che avrebbe dovuto accelerare la restituzione di quanto dovuto alle imprese italiane, sono ancora molto lontane dal saldare i loro debiti, a tutto discapito delle aziende coinvolte.

► Pagamento obbligatorio entro trenta giorni per la Pubblica Amministrazione

E’ quanto denuncia l’Abi, l’associazione delle  banche italiane, che ha analizzato i dati del rapporto stilato da Corrado Passera, nel quale è ancora evidente lo squilibrio tra il numero di istanze di pagamento presentate (467) e quelle accolte (71) e anche lo squilibrio tra quanto ancora dovuto (circa 45 milioni di euro) e quanto effettivamente pagato (3 milioni di euro).

Uno dei motivi alla base di questo evidente ritardo è la mancanza di un collegamento della piattaforma con gli istituti di credito e con il Cbi (Customer to business interaction), lo strumento indispensabile per la procedura di certificazione. Colpa della Consib, che ha inviato al Cib le informazioni necessarie solo alla fine di febbraio.

► Nella PA stipendi e rimborsi dei consiglieri online

Pesa poi la mancanza di trasparenza sui crediti che le aziende possono certificare telematicamente che non possono essere verificati dalle banche che, dal canto loro, quindi, si trovano impossibilitate a operazioni di compensazione o di smobilizzo.

 

Continua a crescere il buco dell’Inps

 Per il 2013 il buco, più che altro la voragine, finanziario dell’Inps salirà a quota 10.721 milioni di euro, quando ne erano attesi ‘solo’ 7.959 milioni, fato che comunque non ha impedito al cda di approvare il bilancio per l’anno in corso. Il peso maggiore sui conti dell’Inps lo ha portato l’annessione della ex Inpdap e dell’ex Enpals, annesse con tutti i loro conti in rosso.

Per questo motivo il Civ che chiede un maggior monitoraggio dei Fondi che ora sono diventati di competenza dell’Istituto di Previdenza Sociale, soprattutto di quelli che mostrano le maggiori sofferenze economiche, in modo da poter trovare delle soluzioni che non mettano troppo a rischio l’equilibrio dell’intero sistema.

► Nuove aliquote INPS per la Gestione Separata

Dello stesso parere anche la Uil, unica componente del cda che ha espresso voto negativo all’approvazione del bilancio, che chiede degli immediati interventi per ripianare il debito e trovare adeguate soluzioni a questa annessione che ha comportato all’Inps una perdita di circa 26 miliardi di euro, destinato a crescere ancora di più con il blocco del turnover.

A causa di questo enorme disavanzo è sceso anche il patrimonio dell’Istituto, che, al 31 dicembre  del 2013 potrebbe arrivare a 15.416 milioni di euro, dopo che saranno stati erogati 303.077 milioni di euro di prestazioni istituzionali, dei quali 265.877 milioni saranno per le prestazioni pensionistiche.

Pronto il risarcimento per alcuni assicurati

 Le assicurazioni sono sempre più care e questo dipende non solo dal fatto che i sinistri aumentano e che per il principio di ripartizione dei risarcimenti penalizza i territori dove ci sono pochi incidenti ma anche ad un gioco considerato scorretto e fatto dalle assicurazioni: il famoso cartello.

► La polizza moto e ciclomotori di Dialogo

Se le assicurazioni fanno cartello, quindi si uniscono per fare una proposta omologa, infatti, riescono a tenere i prezzi delle polizze alti al punto che i clienti non hanno scelta e devono sopportare un incremento del premio. Questo accadeva in modo indiscriminato fino a quando una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 5327/12 depositata il 4 marzo del 2013, ha spiegato che è una pratica illecita.

Caratteristiche della polizza auto Dialogo

I diritti del consumatore tornano in prima pagina dopo due anni per tutelare la parte debole nei contratti assicurativi, quindi il cliente. La Corte di Cassazione legifera sulla cosiddetta “illecita intesa restrittiva della concorrenza posta in essere dal professionista”.

Tutto parte da un caso pratico, quello di un automobilista napoletano che si è rivolto all’autorità garante per dirimere una questione relativa alle polizze 1998/99. Appena un anno dopo, nel 2000 ci aveva pensato l’Antitrust a mettere in riga molte assicurazioni. La Cassazione, ha ripreso una sentenza sfavorevole all’automobilista e l’ha completamente ribaltata spiegando che il primo pronunciamento aveva trascurato il fatto che le assicurazioni sono “privilegiate”.

Cala il tasso di risparmio delle famiglie italiane

 Bankitalia ha recentemente pubblicato due studi che gettano luce sulla situazione economica delle famiglie italiane, in particolare facendo il punto della situazione in merito a fattori di fondamentale importanza come la propensione al risparmio e il rapporto tra reddito da lavoro e consumi.

> Consumi italiani ai livelli del 2004

Da questi due studi risulta dunque chiaro che:

1) al 65% delle famiglie italiane il reddito da lavoro non basta più;

2) i consumi delle famiglie sono in genere superiori al reddito.

Sono soprattutto i nuclei familiari composti da giovani e affittuari, ma anche fasce deboli come pensionati, operai, disoccupati e lavoratori part-time a percepire, nel 65% dei casi, il proprio reddito come insufficiente a coprire i consumi mensili.

Il peso del fisco sul risparmio

Collegato all’emergere di questi dati vi è poi uno spaccato sul tasso di risparmio delle famiglie italiane: una serie di dati in merito sono stati presentati in una ricerca condotta dalla Nielsen per Confimprese. Secondo questa ricerca una famiglia su quattro non riesce a risparmiare e una su due compra solo l’essenziale.

Il tasso complessivo di risparmio delle famiglie italiane si è comunque ridotto di molto, tra il 2008 e il 2010, passando dal 12,1% al 9,1%. Giusto per avere un termine di confronto si può pensare che i valori del 1991 raggiungevano invece il 23,8%.