Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

 E’ da circa un anno e mezzo che le aziende elettriche italiane vedono scendere continuamente la richiesta di energia elettrica. Solo nel mese di febbraio 2013 si è registrato un calo del 5,1% del consumo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, senza contare che non sono state prese in considerazioni variabili come calendario e temperatura, che avrebbero portato la percentuale a salire di altri tre punti.
► Consumi italiani ai livelli del 2004

A fare maggiore paura non è tanto il dato di questo febbraio, ma il fatto che sembra trattarsi di una tendenza continua che sta mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa delle aziende elettriche italiane. Secondo Assoelettrica, l’associazione che rappresenta i produttori, infatti, il comparto versa in gravissime condizioni, che sono lo specchio dei profondi problemi dell’economia del paese.

A soffrire di più di questa tendenza di decrescita del consumo sono le società con grandi gruppi termoelettrici alimentati a gas, che hanno registrato un calo pari al 23,9%, mentre si registra un netto miglioramento per le altre fonti di energia: idroelettrico +43%, eolico + 19,1% e fotovoltaico +11,2%

Tendenzialmente, quindi, i dati mettono in evidenza un calo della domanda di energia pari al 2,8% rispetto al 2011, percentuale che raddoppia, però, se si guarda ai dati relativi ai primi due mesi del 2013. Per questo i produttori lanciano un accorato appello al Governo:

► La truffa alla Snam sarà pagata in bolletta?

I produttori termoelettrici, chiamati comunque a mettere a disposizione la potenza dei loro impianti, in particolare per bilanciare le fonti rinnovabili non programmabili, rischiano infatti di non essere più in grado di coprire i costi variabili, dopo che per più di un anno hanno visto azzerarsi i margini operativi.

Consumi italiani ai livelli del 2004

 La Confcommercio ha diffuso oggi i dati relativi ai consumi degli italiani registrati nel mese di gennaio 2013 e la prima impressione non è affatto positiva. Stando all’analisi delle cifre, infatti, i consumi italiani sembrerebbero ritornati ai livelli del 2004, facendo registrare una flessione del 2,4% sulla tendenza del periodo e una dello 0,9% rispetto al mese di dicembre 2012.

I saldi non rianimano i consumi

L’Italia vive dunque l’ennesimo periodo di recessione e le speranze per il futuro non sono incoraggianti. Gli addetti ai lavori prevedono infatti un ulteriore peggioramento della situazione, che farà dell’intero 2013 un anno particolarmente difficile sotto il profilo economico.

Bilancio negativo per i saldi invernali

La tendenza negativa dei consumi viene oltretutto confermata anche dai dati relativi al mercato del lavoro. Calo degli ordinativi e calo della produzione non può che favorire l’aumento della disoccupazione. Solo a gennaio 2013 sono stati persi altri 97mila posti di lavoro e altri 110mila unità si sono aggiunte al numero dei disoccupati.

In generale, dunque, il tasso di disoccupazione nel nostro Paese ha raggiunto l’11,7%, con un milione di disoccupati in più nel solo 2012. Sul fronte CIG, di conseguenza, i dati registrano a gennaio un aumento delle richieste del 61% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Cresce in maniera importante anche il numero di ore richieste per gli interventi straordinari.

A febbraio diminuiscono le richieste di cassa integrazione

 Sono stato presentati poco fa i dati relativi alla Cassa Integrazione da parte dell’Inps per il mese di febbraio. Quello che emerge subito è il calo delle ore autorizzate per la cassa integrazione per un totale di 79,2 milioni, con una diminuzione pari al 10,9% rispetto a gennaio 2013 e del 3,4% rispetto a febbraio 2012.
► Dati casa integrazione gennaio 2013

Un dato che, come fanno sapere dall’Inps, è da attribuire da un lato al minor numero di giorni lavorativi del mese di febbraio, dall’altra parte ad un consistente calo delle ora richieste di cassa integrazione in deroga.

Per la cassa in deroga a febbraio si sono registrate autorizzazioni per 8 milioni di ore, pari ad un decremento del 49,1% rispetto ai 15,8 milioni di ore di gennaio 2013 e del 74,1% sui 31,1 milioni di ore autorizzate a febbraio 2012.

Aumentano, invece, le ore richieste di cassa ordinaria e straordinaria: aumentate 4,7% le ore autorizzate per la cassa integrazione ordinaria (Cigo) su base mensile (da 30,9 milioni di gennaio ai 32,3 milioni di febbraio) e del 28,6% su base annua. Diminuiscono dell’8,0% le ore di cassa integrazione straordinaria (Cigs) autorizzate nel mese di febbraio 2013 su base mensile ma aumentano su base annua del 50,6%.

► 9 milioni di disoccupati nel 2012, per la CGIL si tratta di un anno nero

Buono anche il dato sulla disoccupazione: nel complesso per il mese di gennaio, tra domande ordinarie, Aspi e Mini Aspi, si è registrato una flessione dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2012.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

 La finanza deve fare i conti con continui ribassi degli indici che illustrano un mondo della politica stretto nella morsa dell’ingovernabilità. Lo spread è salito e l’Istat, con i suoi dati sull’economia del paese, ha inchiodato Piazza Affari. Le agenzie di rating hanno ripreso a minacciare l’Italia di un nuovo downgrade e soltanto Paul Krugman e Goldman Sachs trovano questa situazione estremamente appetitosa.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Tutti gli occhi sono puntati sul Movimento a 5 Stelle, un esercito di politici non di professione che si sono riuniti a Roma per parlare con il loro leader e studiare la strategia più adatta da tenere in Parlamento. Grillo, intanto, spiega che la fiducia non sarà data al governo di Centrosinistra in modo asettico ma sarà misurata sulle singole riforme.

Il rating italiano in bilico

Non manca la replica del leader del PD che forte del premio di maggioranza alla Camera, deve tener conto dell’equilibrio precario in Senato. Adesso l’ago della bilancia, in questa lotta sulla governabilità, sembra tutto nelle mani di Pier Luigi Bersani che approfitta del pubblico di Che tempo che fa per spiegare la strategia del Partito Democratico.

Bersani sostiene che Grillo non ha ancora spiegato cosa intende fare,che è indietro sulla politica legata all’immigrazione e alla cittadinanza ed è anche debole sull’evasione fiscale. Insomma il PD non intende scendere a patti o a compromessi con il Movimento a 5 Stelle ed esclude anche un governissimo con il PdL. Ci sarà dunque un governo nuovo, fatto di giovani e donne anche estranei ai partiti, perchè il suo partito ha perso ma ha ancora un numero di parlamentari superiore al PdL quindi ritiene di dover dettare l’agenda del prossimo Governo e del Parlamento stesso.

Cos’è il social lending e perché è vantaggioso

 In tempi di crisi, la richiesta di mutui e prestiti per liquidità aumenta anche se poi alla domanda non corrisponde un effettiva erogazione del prestito. Secondo l’autorevole portale PrestitiSupermarket, sembra però che il prestito tradizionale stia cedendo il passo al prestito tra privati, una specie di peer to peer che si fonda su alcuni principi: la community ad esempio e la redditività delle proposte.

I prestiti in Italia sono più costosi

Quando le condizioni economiche peggiorano, dunque, chi ha un gruzzoletto da parte, può metterlo a disposizione di chi al contrario è rimasto senza il becco di un quattrino. Ci sono delle piattaforme di social lending dedicate alla messa in comune delle proprie risorse, piattaforme in cui i singoli partecipanti possono dare in prestito dei soldi o riceverli, senza intermediari.

Anche i mutui costano di più nello Stivale

Che vantaggi ci sono in questa opportunità di prestito? Sicuramente chi mette a disposizione dei soldi, prima che il prestito sia avviato, ottiene un rendimento dal suo gruzzoletto, maggiore di quello che si ha con un conto deposito. Chi invece si affaccia alle piattaforme di social lending per prendere denaro in prestito, ha il vantaggio di avere il denaro a tassi d’interessi più vantaggiosi delle comuni banche e concessionarie, in tempi più stretti.

Il social lending, però, ha un’altra faccia della medaglia: chi presta denaro, infatti, si può trovare davanti ad un debitore insolvente e chi chiede un prestito, potrebbe non avere abbastanza rating per ottenere quello di cui ha bisogno, adeguandosi a tassi più elevati.

Gli stipendi italiani tra i più bassi d’Europa

 L’Istat ha pubblicato il rapporto sui salari dell’Unione Europea e dell’Italia in particolare, dimostrando come il nostro paese, in questa particolare classifica, sia soltanto al dodicesimo posto. I salari tricolore sono al di sotto di quelli medi praticati nei paesi che adottano la moneta unica.

Il riferimento per questo genere di affermazioni è la retribuzione oraria lorda percepita nell’ottobre del 2010. I lavoratori italiani hanno avuto uno “stipendio” del 14,6% più basso rispetto ai loro colleghi tedeschi. La differenza scende al 13% se si confrontano i redditi italiani con quelli percepiti nel Regno Unito e infine si scende all’11% se il metro di paragone è la Francia.

L’Italia ottiene più sostegno degli altri

In Italia, spiega l’Istat, si sta comunque meglio che in Spagna dove i redditi sono del 25,9 per cento più bassi dei salari italiani. Si tratta comunque di una valutazione di ordine generale che prende in esame soltanto gli stipendi in termini nominali, quindi senza considerare il potere d’acquisto e valutando soltanto gli stipendi percepiti dai lavoratori a tempo pieno. Insomma, sono esclusi dal computo gli apprendisti.

Stipendi italiani al di sotto della media di Eurolandia

Entrando nel dettaglio delle retribuzioni orarie, scopriamo che la media dei Paesi della zona euro, registrata sempre nell’ottobre del 2010 era di 15,20 euro, mentre per i paesi dell’Unione la media oraria è di 14 euro. L’Italia, dove la retribuzione oraria media è di 14,5 euro, si colloca al di sopra della media dell’Unione ma al di sotto dei paesi dell’Eurozona.

Le nazioni in cui si guadagna meglio sono la Danimarca con una paga oraria media di 27,09 euro, l’Irlanda e il Lussemburgo.

L’Istat manda a picco Piazza Affari

 Il nostro paese non è solo al centro di una crescita debole, ha proprio l’indice di crescita cristallizzato, in pratica non cresce affatto. Secondo molti interpreti del caso italiano, poi, c’è da considerare lo spettro dell’ingovernabilità che sarebbe emerso dalle urne elettorali.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Inutile dire che non tutti la pensano allo stesso modo, quindi, se sa un lato Fitch e Moody’s pensano ad un nuovo downgrade del nostro paese, dall’altro Krugman e Goldman Sachs, trovano provvidenziale l’avvento in Parlamento del Movimento a 5 Stelle che potrebbe essere l’unica voce antiausterity per il futuro.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Torniamo adesso ai dati Istat che hanno depresso Piazza Affari. L’Istituto nazionale di statistica ha illustrato come la riduzione de PIL sia andata di pari passo con un aumento della pressione fiscale e della disoccupazione e con una crescita del debito pubblico. La situazione che il prossimo governo deve affrontare è molto critica.

Ill rating italiano in bilico

Il mondo della finanza non ha reagito bene a dati Istat e l’ultima seduta di contrattazioni della scorsa settimana si è conclusa con una flessione dell’1,43 per cento dell’All Share e con un ribasso del Ftse Mib fino a quota 1,54%. Lo spread è tornato molto al di sopra della soglia Monti assestandosi sui 330 punti.

Tra tutti i titoli del listino tricolore, il peggiore è stato quello Mediaset, coinvolto nelle ultime vicende giudiziarie della famiglia Berlusconi. Male anche Finmeccanica, A2A e Fiat.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

 Dopo la pubblicazione dei risultati elettorali italiani, lo spread si è impennato e la finanza italiana ha dimostrato d’interpretare la ripartizione dei seggi come l’emblema dell’instabilità politica. A mettere il carico su questa “interpretazione” ci hanno pensato alcune agenzie di rating come Moody’s e Fitch che minacciano il nostro paese di un ulteriore downgrade.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Ci sono chiaramente dei pareri opposti. Abbiamo già visto che al premio Nobel Krugman non dispiace l’exploit del Movimento 5 Stelle che sarebbe un interessante voto antiausterity, provvidenziale per i paesi del Vecchio Continente e per l’Europa stessa. Ma cosa ne pensano gli investitori?

La banca d’affare Goldman Sachs, per esempio, promuove a pieni voti il Movimento 5 Stelle e le idee di Grillo perché considera questo nuovo elemento politico, finora scarsamente tenuto in considerazione, non il principio del caos ma l’ago della bilancia di un governo di larghe intese. Il fatto che ci siano i “grillini” in Parlamento, quindi, sarebbe garanzia di stabilità per il nostro paese.

Il rating italiano in bilico

A livello economico, l’idea di Beppe Grillo e del Movimento a 5 Stelle di ridurre il debito per far ripartire l’economia, sembra l’unica strada percorribile per un paese che non riesce ad attirare più alcun investimento. L’Istat ha confermato che la crescita dell’Italia è pari a zero ed è necessario cambiare strategia lottando contro l’austerity. Insomma Goldman Sachs appoggia le interpretazioni di Krugman.

Barclays suggerisce le commodities per il 2013

 In un periodo di forte crisi economica anche le commodities tradizionali possono perdere appeal perchè i paesi che storicamente “ordinavano” un certo materiale, possono rallentare e determinare un aumento dei prezzi. Risulta quindi molto interessante la proposta della banca Barclays che ha illustrato le commodities di punta del 2013.

Le banche straniere sono più convenienti

Il primo dato preso in considerazione dalla banca inglese è relativo al rallentamento dell’economia cinese che potrebbe determinare un aumento dei prezzi dei metalli usati nel settore industriale. Di conseguenza, nei prossimi trimestri è meglio investire su: petrolio, nikel, oro, palladio, platino, alluminio e rame. Vediamo alcune di queste materie prime.

Secondo Barclays i problemi arrivano da Berlusconi

Il petrolio dovrebbe avere un buon “futuro”, visto che la spinta al ribasso dovuta alla crisi delle grandi economie è perfettamente controbilanciata dall’incremento della domanda che arriva dai Paesi emergenti. Per questo il prezzo del petrolio al barile dovrebbe passare dai 119 ai 130 dollari nel secondo trimestre e  poi ci dovrebbe essere una nuova contrazione nel terzo e nel quarto trimestre, quando il barile arriverà a costare 126 e 125 dollari.

Barclays crede al trend rialzista dell’oro, dovuto in parte alla domanda fisica di questo metallo e in parte agli investimenti fatti sul materiale. Il prezzo dell’oro dovrebbe arrivare a 1825 dollari l’oncia nel terzo trimestre per poi chiudere l’anno con una piccola contrazione fino a 1795 dollari l’oncia.