Marchionne chiede stabilità politica ed economica

 Dal Salone dell’auto di Ginevra l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, fa luce su quelle che sono le prime necessità del gruppo in questo particolare momento storico e politico, alla volta delle sfide finanziarie ed economiche che attendono il Lingotto.

Secondo Marchionne, dunque, alla Fiat sarebbe ora estremamente necessaria la certezza della governabilità del Paese, poiché una situazione di instabilità politica crea instabilità economica anche nei mercati, comparto auto compreso. Sarebbe poi necessaria la sicurezza di continuare a percorrere la strada dell’euro, perché solo il mantenimento della moneta unica europea crea le giuste condizioni per il proseguimento degli investimenti.

Confermata la crisi del settore auto UE

Queste sono quindi le due condizioni che Marchionne presenta come prioritarie per il gruppo al fine di riuscire ad affrontare quelle sfide che la Fiat si accinge ora a superare. Dal lato finanziario, infatti, il gruppo cerca un accordo con Veba per rilevare l’ultima parte dei  titoli Chrysler ed evitare la quotazione. Dal punto di vista economico, invece, il Lingotto si propone di migliorare i risultati conseguiti durante l’anno passato, usando il mercato USA come traino, nonostante il cambio sfavorevole.

Continua la crisi dell’auto

Marchionne, infine, si dice poi preoccupato, in generale, per le condizioni economiche degli italiani, che, a corto di disponibilità economiche, sono costretti a rinunciare anche all’auto, rinuncia di cui soffre pure la Fiat stessa.

Bilancio negativo per i saldi invernali

 I commercianti di abbigliamento e calzature sono unanimi nel dichiarare i pessimi risultati dei saldi invernali, che oggi finiscono nella maggior parte delle città italiane.

► I saldi non rianimano i consumi

A conferma di quanto detto dai commercianti arriva il rapporto di Federmoda Italia-Confcommercio, secondo il quale i saldi invernali hanno fatto registrare un calo delle vendite del 10% rispetto allo scorso anno, che comunque si era già chiuso con un bilancio negativo. Si tratta di un ulteriore -6,5%, con gli scontrini degli italiani che non hanno superato, di media, i 92 euro.

Secondo Renato Borghi, presidente di Federmoda Italia, ci si deve aspettare un altro anno terribile per il settore dell’abbigliamento, forse il peggiore dall’inizio della crisi nel 2009.

Anche i dati di Fismo-Confesercenti confermano questo trend negativo, registrando un calo delle vendite del 20% su Roma e Milano, controbilanciato, almeno in piccola parte, dai risultati ottenuti in regioni come la Liguria e la Toscana. Il settore che sembra resistere meglio è quello degli accessori, l’unico per il quale si è registrato un aumento delle vendite nel periodo dei saldi (+1,4%).

► L’auto è in crisi ma la concessionaria fa i saldi

Renato Borghi è particolarmente preoccupato per questa situazione che potrebbe portare alla morte definitiva di molte aziende sul territorio nazionale, dato che anche le prospettive future sembrano seguire questo andamento.

Il peso del fisco sul risparmio

 Chi ha fatto degli investimenti sa bene che i loro rendimenti possono essere molto variabili a causa delle continue, e non sempre prevedibili, fluttuazioni dei mercati. Ma oltre a questo, ad influire sul risparmio c’è anche il fisco che, soprattutto in questi ultimi giorni, sta facendo sentire l’effetto delle nuove legge emanate di recente, come la manovra di Ferragosto del 2011, il decreto salva-Italia e la legge di stabilità per il 2013.

► Le elezioni italiane e gli investimenti

Difficile dare un quadro preciso della situazione, in quanto le aliquote variano in base all’ammontare dell’investimento e del prodotto prescelto. In media si tratta, comunque, di una pressione fiscale di circa il 50% che arriva, però, anche a punte dell’80%.

Ad essere maggiormente penalizzati, a causa dell’effetto combinato di bollo e ritenute, sono gli investimenti più piccoli. Ad esempio, come riportato nella tabella de Il Sole 24ore, per un investimento di 3.000 euro sui titoli di stato, si può arrivare a pagare al fisco fino a 50% delle cedole. Lo stesso anche per le obbligazioni, strumenti per i quali la pressione arriva anche al 60%.

A questo punto i piccoli risparmiatori, coloro che sul conto corrente bancario hanno un deposito inferiore ai 5.000 euro, hanno maggiore convenienza a lasciare il denaro fermo, in quanto per queste somme non scatta il bollo in somma fissa.

► In Italia arriva la Tobin Tax

A questo si aggiunge la Tobin Tax, entrata in vigore il I marzo, che si applica, per ora, le transazioni di azioni emesse da società italiane e, a partire da luglio, anche tutte le operazioni su strumenti finanziari derivati

 

Marchionne minaccia l’Italia

 L’Italia, alla fine delle elezioni, ha dimostrato che la popolazione è ampiamente scontenta di come vanno le cose e il voto al Movimento 5 Stelle, non è un voto di protesta, come si affrettano a dire in tanti, ma un voto contro l’austerity e un voto contro una serie di imposizioni economiche e fiscali inefficaci a garantire la ripresa.

Confermata la crisi del settore auto UE

Si è tornati così a parlare di una possibile uscita dell’Italia dall’euro. Ma a chi farebbe bene questo abbandono della moneta unica? Non di certo agli investitori, stando a quanto dichiarato da Sergio Marchionne. L’amministratore delegato della FIAT, infatti, durante il Salone dell’Auto di Ginevra, ha addirittura minacciato il nostro paese spiegando che se non si mette un freno all’instabilità politica, non ci saranno più investimenti della FIAT in Italia. Marchionne minaccia di abbandonare lo Stivale anche nel caso si decida di lasciare l’euro.

Continua la crisi dell’auto

Una dichiarazione che molti analisti hanno interpretato come il punto di vista di un imprenditore attualmente in difficoltà, alla guida di una delle aziende che maggiormente stanno perdendo terreno in Europa. Il settore delle automotive, in generale, è in crisi e in Europa sono diminuite le vendite. A crescere restano soltanto le imprese asiatiche.

Marchionne, poi, ha approfondito il tema degli investimenti, spiegando che ci si è concentrati molto sui titoli Chrysler.

Risarcimento accordato ai precari della scuola

 E’ bastata l’applicazione alla lettera delle norme europee  in materia di abuso di contratti a tempo determinato per far ottenere a due precari della scuola un risarcimento di oltre 15o mila euro ciascuno.

► Stipendi statali bloccati fino al 2014

E’ successo a Trapani. Il giudice che ha dato ragione ai due insegnati è Mauro Petrusa, che ha condannato il Ministero dell’Istruzione a risarcire i due precari, uno insegnante di Educazione Fisica e l’altro di laboratorio di Elettronica, per 150 e 170 mila euro rispettivamente.

Il giudice ha applicato le disposizioni comunitarie in materia che impediscono la stipula di contratti sine die, ossia senza una precisa data di scadenza. La normativa europea non lascia spazio a equivoci: senza valide motivazioni, non è possibile abusare del contratto a tempo determinato. Nel caso specifico i due insegnanti hanno avuto per diversi anni un contratto come supplenti ma non sono mai stati messi a ruolo nonostante il posto che occupavano come precari fosse vacante.

► Ue contro la riforma del lavoro: è discriminante verso i precari

Si chiama nomina su posto vacante e in Italia sono circa 10 mila gli insegnanti che lavorano in questa condizione. Se tutti loro decidessero di fare la stessa cosa, al Ministero dell’Istruzione dovrebbero prepararsi a sborsare una somma di circa un miliardo e mezzo di euro.

Quali soluzioni per gli esodati con il nuovo governo?

 Tutti, nessuno escluso, ha lasciato in disparte l’argomento degli esodati in campagna elettorale, ogni schieramento con il suo programma. Ora le elezioni sono terminate, i risultati li sappiamo, come sappiano che non ci sarà un governo di maggioranza a prendere decisioni ma una grande coalizione, anche se restano dei grandi dubbi su quale potrà essere la sua composizione.

Gli esodati sono un esercito di quasi trecento mila persone, che sono rimaste senza lavoro e non hanno un reddito da pensione. Effetto della riforma Fornero. Ma il ministro ha messo in campo anche qualche soluzione per risolvere il problema -due decreti per le garanzie di copertura per un totale di 120 mila persona- ma ancora non sono sufficienti a garantire la tranquillità per tutti.

► Obiettivo Welfare: le proposte dei partiti in lizza per le elezioni

Ora, anche se tutti i partiti hanno messo in campo le loro soluzioni, l’esito delle elezioni è molto difficile da gestire, come lo è anche la situazione politica generale del paese, il che potrebbe portare ad un ulteriore slittamento dei provvedimenti di salvaguardia.

Nello specifico il Partito Democratico di Pierluigi Bersani ha detto, fin dall’inizio, che l’obiettivo sul welfare sarebbe stato quello di rivedere e rendere più flessibili i criteri di accesso alla pensione stabiliti con la riforma del governo uscente, portando l’età minima pensionabile tra 62 e 66 anni con un criterio di gradualità e l’abolizione degli assegni di anzianità. In pratica si necessita di una maggiore gradualità del passaggio da un sistema all’altro, soprattutto nel caso di situazioni problematiche come possono essere quelle degli esodati.

Il PDL vorrebbe fare in modo che i fondi recuperati con la riforma non vadano sprecati – con possibili tagli alle pensioni d’oro – e un turnover “leggero” tra lavoratori in uscita e in entrata, con passaggio al part time nelle fasi finali di attività lavorativa.

► Ancora polemiche sulla copertura per gli esodati

Cosa pensa, invece, il Movimento 5 stelle che, in fin dei conti, si è rivelato essere il vero vincitore delle elezioni politiche del 2013?

Nel programma elettorale di Beppe Grillo non si parla specificatamente del problema degli esodati, ma si accenna comunque ad una riforma generale del welfare che lo renda più umano ed accessibile. In primo luogo Beppe Grilllo ha proposto l’introduzione di un reddito di cittadinanza per garantire delle condizioni di vita dignitose alle fasce più deboli della popolazione. Nello specifico delle pensioni Grillo e il suo Movimento propongono, prima di tutto, un taglio alle famose pensioni d’oro che superano i 5mila euro mensili e, poi, riportare l’età pensionabile al 1992, quando per uscire dal lavoro erano sufficienti i 60 anni di età.

 

Forbes ha stilato la classifica degli uomini più ricchi del mondo

 Forbes ha pubblicato la sua classifica degli uomini più ricchi del mondo. Una serie di nomi -in totale sono 1426– che spaziano per tutti i cinque continenti e che generano una ricchezza pari a 5.400 miliardi di dollari.

La maggiore concentrazione di paperoni è negli Stati Uniti con un totale di 442 miliardari, al secondo posto l’Asia, paese che si distingue sempre di più per l’emergere dei nuovi ricchi, grazie ad una economia in forte espansione, con 386 super ricchi e al terzo posto troviamo Europa con 366.

La classifica di quest’anno vede degli interessanti rivolgimenti rispetto al passato. Primo fra tutti la caduta dal podio di Warren Buffet, che quest’anno è solo quarto, superato da Amancio Ortega. Carlos Slim è, invece, sempre fermo lì al primo posto per il quarto anno consecutivo, ma quest’anno sono entrati dei nuovi nomi a rincorrerlo: parliamo di Renzo Rosso, Bruce Nordstrom e Tory Burch.

La classifica dei 10 più ricchi del mondo secondo Forbes

1   – Carlos Slim 73 miliardi di dollari
2   – Bill Gates 67 miliardi di dollari
3   – Amancio Ortega 57 miliardi di dollari
4   – Warren Buffett 53,5 miliardi di dollari
5   – Larry Ellison 43 miliardi di dollari
6   – Charles Koch 34 miliardi di dollari
6   – David Koch 34 miliardi di dollari
8   – Li Ka-shing 31 miliardi di dollari
9   – Liliane Bettencourt 30 miliardi di dollari
10  – Bernard Arnault 29 miliardi di dollari

E gli italiani? Per arrivare a vedere un nome italiano nella classifica di Forbes si deve arrivare fino alla 23° posizione, dove si piazza Michele Ferrero con 20,4 miliardi di dollari.

Gli italiani più ricchi del mondo secondo Forbes

23 – Michele Ferrero 20,4 miliardi di dollari
49 – Leonardo Del Vecchio 15,3 miliardi di dollari
78 – Miuccia Prada 12,4 miliardi di dollari
131 – Giorgio Armani 8,5 miliardi di dollari
175 – Patrizio Bertelli 6,7 miliardi di dollari
189 – Stefano Pessina 6,4 miliardi di dollari
194 – Silvio Berlusconi 6,2 miliardi di dollari
195 – Paolo & Gianfelice Mario Rocca  6,1 miliardi di dollari

Bankitalia spiega quanto coprono i mutui

 O gli italiani sono degli ottimi risparmiatori, oppure, forse è più plausibile, hanno un reddito talmente basso che le banche cui si rivolgono non vogliono correre troppi rischi. Una recente indagine di Bankitalia, infatti, ha dimostrato che il loan to value reale è ben lontano dal millantato 80 per cento del valore dell’immobile e si avvicina piuttosto al 60 per cento.

I tassi bancari italiani sono i più cari d’Europa

Nel dettaglio, la Banca d’Italia ha analizzato il rapporto tra l’ammontare del mutuo erogato dagli istituti di credito e il valore dell’immobile che gli italiani decidono di acquistare. L’indagine è molto accurata ed è stata condotta da Bankitalia insieme a Tecnoborsa e all’Agenzia delle Entrate. L’ultimo dato “cronologico” riguarda il quarto trimestre del 2012.

Per i cittadini MPS è stata colpita dalla politica

I dati raccolti nel report spiegano che il rapporto tra il mutuo erogato e il valore dell’immobile d’acquistare si aggira intorno al 57,8% che è più basso del trimestre precedente, quando il rapporto era al 60,6% ed è molto più basso anche del rapporto registrato nel quarto trimestre del 2011 pari al 66,9 per cento. La situazione italiana, però, presenta delle grosse differenze geografiche. Per esempio, quello che chiameremo loan to value reale, è maggiore nel Nord Est, nel Sud e nelle Isole dove la media oscilla dal 61,3% al 61,4%, ma è inferiore alla media nazionale al Centro dove si assesta sul 48,5 per cento.

In calo i prestiti alle famiglie

 A gennaio i prestiti alle famiglie sono diminuiti, a dirlo è un’indagine dell’ABI che conferma una crisi strutturale del nostro paese. A gennaio, spiega l’Associazione Bancaria, c’è stato un calo dei prestiti bancari erogati a favore delle imprese e delle famiglie. La flessione nel primo mese dell’anno è stata del 3,3 per cento contro il -2,5% registrato a dicembre dello scorso anno.

Le banche straniere sono più convenienti

Il capitale totale dato in prestito, oggi, si aggira intorno ai 1467 miliardi di euro. Ad influenzare questa situazione ha contribuito il ribasso del Prodotto Interno Lordo che si traduce in un impoverimento della popolazione italiana. In pratica gli italiani preferiscono rinforzare i mutui e i prestiti che hanno già attivato piuttosto che cercare nuova liquidità agli istituti di credito.

Calano i mutui e salgono i prestiti

In tal senso molti intermediari ricordano che il consolidamento è un’opportunità da cogliere al volo in un momento di crisi perché consente di unificare all’interno di una sola rata, tutti i prestiti attivi a carico di un contribuente, approfittando dei tassi delle banche sui mutui, notoriamente più bassi di quelli applicati dalle finanziarie per i prestiti.

In generale, continua l’Abi nel suo resoconto, l’ammontare dei prestiti erogati, pari a 1.9193 miliardi di euro, è superiore all’ammontare della raccolta ottenuta dalla clientela di banche e finanziarie.

In aumento le imprese straniere in Italia

 In Italia non solo l’indice di natalità è in mano alla popolazione straniera residente nel nostro paese ma gli immigrati abbiano anche le redini dell’economia tricolore. Gli stranieri, extracomunitari e non, arrivano in Italia e non per fare soltanto gli operai, o lavori poco qualificati. In  moltissimi casi diventano imprenditori di qualità. Una recente ricerca di Unioncamere conferma questa fotografia.

 I motivi del boom delle partite Iva under35

Nel 2012, spiega l’unione delle Camere del Commercio italiane, le imprese straniere in Italia sono cresciute del 5,8 per cento, soprattutto grazie all’intraprendenza di marocchini e cinesi, ma sembra che l’imprenditoria non abbia più segreti nemmeno per i cittadini del Bangladesh. Nella maggior parte dei casi questi cittadini stranieri lavorano nel settore delle costruzioni o nel settore del commercio.

Nel 2012 è stato boom di donne imprenditrici

In tutto, le imprese in Italia capitanate da cittadini stranieri, sono 480 mila e sono circa 24 mila più dell’anno scorso. Gli imprenditori più attivi sono i marocchini, titolari di 58555 attività, a seguire ci sono i cinesi con 42703 attività e gli albanesi con 30475 attività. Quello che sorprende è l’aumento delle imprese dei cittadini che arrivano dal Bangladesh, che in aumento sono aumentate di 3180 unità.

Secondo il presidente di Unioncamere, queste imprese straniere sono anche in grado di offrire opportunità di lavoro ad altri cittadini in cerca di occupazione, stranieri e non e questo fa ben sperare per le dinamiche occupazionali del nostro paese.