Gli immobili e l’eredità, che ne pensa il Fisco

 Anche l’Agenzia delle Entrate, dopo aver inglobato l’Agenzia del Territorio, sta progressivamente smaterializzando i documenti dei contribuenti. Basta pensare ad una delle ultime dichiarazioni legate all’asse ereditario con gli immobili.

Secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, la numero 11/E del 13 febbraio, è anacronistico prevedere per che i cittadini alleghino alla dichiarazione di successione anche gli estratti catastali identificativi dei beni immobili che hanno ereditato.

IMU: quali errori si possono fare

Insomma, tutto si sta smaterializzando soprattutto grazie all’intervento di Sister, e tenuto conto della disciplina messa a punto dall’articolo n. 30 del Decreto legislativo numero 346 del 1990 che ha introdotto i principi di semplificazione nei procedimenti amministrativi.

Tutto, effettivamente, è iniziato nel 2000 con la legge numero 212, all’articolo 6 che ha introdotto lo Statuto del Contribuente. In pratica è stato deciso ormai 13 anni fa che l’Amministrazione finanziaria deve fare di tutto per agevolare il contribuente nel portare a termine i suoi obblighi tributari. Agli enti tributari, in particolar modo, è chiesto di non domandare certificati e informazioni che sono superflui o reperibili tramite la consultazione degli archivi delle altre amministrazioni.

Non basta la bolletta dell’elettricità per dimostrare la residenza

Sempre nel 2000 è stata introdotta la famosa legge sull’autocertificazione che i privati hanno potuto fare per definire davanti alle Amministrazioni le qualità personali, i fatti e gli stati. Per questo è anacronistico, chiedere i documenti degli immobili negli atti di successione.

Borse tirate in basso dai dati sul PIL

 Gli investitori si vogliono sentir dire qualsiasi cosa, basta che l’Italia non sia sempre paragonata alla Grecia o alla Spagna. Invece, anche con gli ultimi dati riferiti al PIL, questo parallelismo è stato inevitabile. I mercati si sono addirittura concentrati sui dati macroeconomici combinando le informazioni che arrivavano dall’Istat e dall’Eurostat.

► Germania tra PIL e guerra delle valute

In pratica per il sesto trimestre consecutivo, l’Italia ha visto flettere il PIL, da 18 mesi la tanto sospirata ripresa economica manca all’appello e l’ultima contrazione non è da poco visto che siamo al -2,2% rispetto all’anno precedente. In sostanza l’Italia non è il fanalino di coda dell’UE ma poco manca per il raggiungimento di questo record poco invidiabile, visto che alle nostre spalle ci sono soltanto Cipro e il Portogallo.

 Il fascino del Portogallo colpisce ancora

Cipro ha perso l’1,8 per cento mentre la contrazione del Portogallo si è fermata al -1%. E la Grecia? Atene fa registrare un calo del PIL del 6 per cento ma il dato in sé negativo non è nulla rispetto a quanto si è visto dall’altra parte dell’Adriatico nel 2012. Insomma, anche la Grecia migliora ma, complessivamente, il PIL dell’Eurozona si flette dello 0,6 per cento.

Rischio default anche per Cipro

La BCE ritiene che l’unico modo per dare avvio all’inversione di tendenza sia avviare delle politiche a favore dell’occupazione, con una buona dose di flessibilità salariale. Misure, insomma, volte ad ingrandire la platea dei lavoratori.

La ricetta OCSE per salvare il mondo del lavoro italiano

 Oltre a dare indicazioni all’Italia su come potrebbe essere risolto il grave problema della corruzione in Italia, nel rapporto Going for Growth 2013 l’Ocse dà anche delle chiare indicazioni su come si può risollevare il mercato del lavoro e dare una nuova speranza ai giovani italiani.

► In Italia ogni giorno si perdono 480 posti di lavoro

Il succo del discorso è semplice: servono assunzioni e licenziamenti più flessibili. Il paese deve

proseguire la riforma del mercato del lavoro rendendo più flessibili le assunzioni e i licenziamenti e accorciando i tempi dei procedimenti giudiziari, realizzando contemporaneamente la rete universale di protezione sociale già in programma.

Nel capitolo del rapporto biennale dell’Ocse dedicato all’Italia l’organizzazione si concentra sull‘importanza delle riforme strutturali che devono tendere al riequilibrio della tutela del lavoro, ma non, come si potrebbe pensare, alla tutela del singolo posto di lavoro, ma spostando l’attenzione sulla tutela del reddito del lavoratore.

► Previsioni di assunzione per i giovani

Il problema italiano, infatti, sono questa eccessiva concentrazione sul singolo posto e una rete sociale di protezione frammentata che hannoostacolato una distribuzione efficiente della forza lavoro. Solo una migliore formazione e un sostegno reale ai programmi di apprendistato possono aiutare ad incrementare il capitale umano e migliorare la distribuzione del reddito.

Il valore degli immobili italiani ridotto di un quarto in cinque anni

 Sarà solo la stabilità politica a dare una speranza al settore immobiliare italiano. Se arriverà, secondo Federazione degli agenti immobiliari, la ripresa potrà iniziare a partire dalla seconda metà del 2013.

► L’ottimismo del nuovo anno nell’immobiliare

La crisi scoppiata nel 2008 ha messo in ginocchio il mercato delle case. Dallo scorso i prezzi delle abitazioni sono calati del 12% e il numero delle compravendite del 17%. Questi sono i dati riportati dal rapporto della Fiaip (Federazione agenti immobiliari).

Se si estende il calcolo ai cinque anni che ci separano dall’inizio della crisi, emerge che il valore delle abitazioni in Italia ha subito un crollo pari al 20-25%, mentre per le compravendite si è assistito ad una riduzione del volume di circa il 40%.

Nello specifico i prezzi per le locazioni ad uso abitazione sono scesi del 5,6% e quelli delle locazioni commerciali del 12,5% rispetto al 2011. Situazione analoga anche per il mercato non residenziale, dove i prezzi sono scesi del 14,89% per i negozi, del 15,27% per gli uffici e del 15,04% per i capannoni.

► Un quarto del mercato immobiliare in fumo

L’unica città che non mostra tali segni di cedimento dei prezzi è Taranto, dove la diminuzione si ferma al 2%, mentre è Perugia a detenere il record dei prezzi più bassi con un  -17,13%.

Saldo positivo per l’export italiano

 E’ l’export il piatto forte della bilancia commerciale italiana. Sono infatti le esportazioni a permettere di chiudere i conti in attivo per il 2012, con un avanzo record di 11 miliardi. Una cifra del genere non si vedeva dal 1999.
► Programma per aumentare Export prodotti italiani

Nel 2012, infatti, l’export è cresciuto del 3,7%, a fronte di una flessione del 5,7% degli acquisti. A trainare il settore delle esportazioni è sono stati i macchinari industriali (comparto delle “macchine e apparecchi non classificati”) che hanno raggiunto 48 miliardi, pari al 65% dell’avanzo registrato nei prodotti non energetici (74 miliardi).

Le maggiori esportazioni sono state verso il Giappone (+19,1%), gli Stati Uniti (+16,8%) e la Svizzera (+10,8%), mentre si sono ridotte di molto le vendite verso paesi quali India (-10,3%), Cina (-9,9%) e Spagna (-8,1%).

Si tratta di un buon risultato su base annua, che però non viene ribadito dalle performance su base mensile: a dicembre le esportazioni italiane hanno segnato un calo dello 0,5% rispetto a novembre e del 3,7% rispetto a dicembre 2011.

► Sempre minore l’import europeo dagli USA

Questa flessione congiunturale dell’export – fa notare l’Istituto di Statistica- è la stessa che si registra anche nelle aree Ue (-0,5%) ed extra Ue (-0,4%). Rapportando i dati a livello continentale, invece, si registra un surplus di 81,8 miliardi di euro, contro il deficit di 15,7 miliardi del 2011 dei paesi dell’Eurozona.

Bollettino della Banca d’Italia sulla finanza pubblica

 Le entrate fiscali del 2012 sono state in leggero aumento rispetto al 2011. E’ quanto emerge dal bollettino della Banca d’Italia sulla finanza pubblica del nostro paese per l’anno appena concluso. Nello specifico le entrate sono salite a 409 miliardi, così come è cresciuto anche il debito di 81,5 miliardi, rimanendo però sotto la soglia dei duemila miliardi.
► Dati Bankitalia su prestiti e depositi

Nel dettaglio dei conti fatti da Bankitalia si legge che le entrate fiscali sono state l’1,7% in più rispetto al 2011, con una diminuzione, però,  a dicembre, quando è stato registrato un gettito pari a 68,985 miliardi, ossia il 4,44% in meno rispetto allo stesso periodo del 2011 (72,192 miliardi di euro).

Il debito delle pubbliche amministrazioni è sceso sotto la soglia dei 2mila miliardi di euro che era stata raggiunta a novembre del 2012. Ora ammonta a 1.988,363 miliardi, in calo dell’1,6% rispetto al mese precedente. Ma la stessa diminuzione non è presente se si raffronta il dato mensile con quello annuale: da dicembre 2011 a dicembre 2012 il debito pubblico italiano è cresciuto di 81,517 miliardi.

► Nuovo massimo storico debito pubblico

Un incremento dovuto per oltre un terzo al sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro (29,5 miliardi di euro). Un sostegno che nel triennio 2010-12 è stato pari a 42,7 miliardi: 10 per la Grecia, 5,7 miliardi per European Stability Mechanism (Esm) e 26,9 miliardi per lo European Financial Stability Facility (Efsf).

Le indicazioni dell’OCSE all’Italia

 Nel rapporto “Obiettivo crescita” l’Ocse raccomanda all’Italia le strategie e le modalità di intervento per riuscire ad mettere la parola fine alla crisi che ha investito il paese e anche per cercare una soluzione definitiva ai problemi endemici della nostra penisola.
► Dati OCSE su occupazione

L’Ocse si concentra, innanzitutto, sul problema della corruzione, che, secondo l’organizzazione parigina, non può essere risolta attraverso i condoni fiscali, ma solo con la riduzione delle distorsioni e degli incentivi all’evasione diminuendo le alte aliquote fiscali.

Nello specifico l’Ocse plaude ad alcuni degli aumenti fatti sulle imposte indirette (Imu) e prosegue, però, dicendo che è il momento di tassare una più ampia gamma di esternalità ambientali e riaffermare la volontà di evitare i condoni fiscali. Le tasse per il lavoro, prosegue l’organizzazione, devono essere assolutamente ridotte.

Il lavoro è uno degli altri argomenti che l’Ocse sembra avere a cuore. In Italia esiste una situazione che non permette, infatti, di sfruttare tutto il potenziale presente nel paese, come dimostra la crescita della produttività del lavoro e la stessa partecipazione al lavoro che rimangono basse.

► Dati OCSE su occupazione

Il primo settore di intervento deve essere diretto ad un bilanciamento del mercato del lavoro, con una maggiore protezione non del singolo posto di lavoro ma del reddito dei lavoratori. Oltre a ciò è necessario migliorare i programmi di istruzione e di apprendistato.

Continua a diminuire il Pil italiano

 I dati sul Pil relativo al 2012 sono stati diramati oggi dall’Istat. Nel complesso per il 2012 si è registrato un abbassamento del Pil pari al 2,2%. Solo nel quarto trimestre la variazione è stata del -0,9% rispetto al trimestre precedente, un dato che ha fatto segnare il sesto calo consecutivo del prodotto interno lordo del paese.
► A gennaio il PIL USA cala dello 0,1 per cento

L’Italia si trova ancora in una situazione di profonda debolezza economica. Un calo del Pil di questo livello non si verificava dal biennio 1992-1993. Su base congiunturale, infatti, il Pil ha registrato la maggiore flessione dal primo trimestre del 2009 (-3,6%), mentre, su base tendenziale, il Pil è sceso invece del 2,7% nel quarto trimestre del 2012.

Le cause del fenomeno sono da rintracciarsi nella contrazione del valore aggiunto in tutti i comparti di attività economica (agricoltura, industria e servizi).

► Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Anche per l’Europa la situazione è pressappoco la stessa: l’Eurostat ha dichiarato la recessione complessiva per il periodo settembre-dicembre a -0,6%.  Anche in questo caso il calo del Pil è un fenomeno che interessa l’Eurozona da circa un anno, in quanto si tratta del terzo trimestre consecutivo in cui i dati relativi al pil sono sempre di più al ribasso. Peggio di così, in Europa, è andata solo nel primo trimestre del 2009, quando arrivò in Europa l’ondata del fallimento di Lehman Brothers, che fece registrare un -2,8%.

Proposta della Commissione Europea per la Tobin Tax

 La Commissione Europea ha presentato la sua proposta per la Tobin Tax, per la quale si stima un introito pari a 35 miliardi di euro.11 i paesi interessati –Italia, Francia, Germania, Belgio, Portogallo, Slovenia, Austria, Grecia, Spagna, Slovacchia ed Estonia– che saranno interessati dalla tassa sulle transazioni finanziarie attraverso l’attivazione della procedura di cooperazione rafforzata che ha l’obiettivo di porre un freno alla volatilità e ai giochi del mercato.

► Il 2013 è l’anno di Tares e Tobin Tax

La prima novità proposta dalla Commissione è quella del principio del luogo di emissione che prevede che tutti gli strumenti finanziari emessi dai paesi interessati saranno tassati anche se poi gli scambi avvengono al di fuori dei loro confini. Questo tipo di tassazione è reso legittimo dal principio di residenza, che prevede il pagamento dell’imposta indipendentemente da dove l’operazione ha luogo.

Dopo il come, passiamo al quanto. Le aliquote minime proposte dalla Commissione Europea sono dello 0,1% per azioni e obbligazioni (compresi i titoli di Stato sul mercato secondario) e dello 0,01% per i derivati. Unica eccezione alla tassazione la BCE, Efsf e Esm e i titoli di stato emessi per il rifinanziamento del debito dei paesi.

► Imposte al debutto, consumatori preoccupati

Ora, il problema si trova proprio nella tassazione delle transazioni che vengono effettuate sul mercato secondario. L’Italia è contraria a questa imposizione, perché rischia di mettere ancora più in difficoltà il debito sovrano dei paesi in crisi, e il compito che spetta ai delegati del nostro paese sarà proprio quello di convincere gli altri 10 a sostenere la causa.