La tassa sul licenziamento della colf

 Il licenziamento e l’assunzione della colf sono temi a metà strada tra il fisco e l’occupazione, ma oggi vogliamo approfondire un aspetto squisitamente fiscale della questione “licenziamento”.

Per via della riforma del lavoro, adesso, coloro che impiegano una badante, una colf o un altro collaboratore domestico, dovranno versare un ticket che sarà usato per finanziare il fondo Aspi. Questa nuova imposta sembra avere come effetto l’erosione dei risparmi delle famiglie e degli anziani che dovranno pagare in base all’anzianità di servizio del collaboratore.

 Dati Eurispes sul lavoro in Italia

Il timore, adesso, è che si rispolveri il più economico “lavoro nero”, oppure che ci saranno forti pressioni da parte dei datori di lavoro, per “costringere” i domestici a dimettersi. Soltanto chi si avvale dei buoni lavoro per il pagamento dei collaboratori domestici, non deve versare questa imposta.

► Novità per i lavoratori over 50

Facendo un rapido calcolo, licenziare una colf può costare dai 39 euro dovuti per un’assunzione di un solo mese, fino ai 1418 euro, dovuti invece per il collaboratore che da tre anni e più lavora per la stessa famiglia.

La normativa specifica che questa tassa deve essere pagata in tutti i casi d’interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, per tutte le causali che darebbero diritto all’Aspi. Quindi sempre, tranne che in caso di dimissioni. Ironia della sorte, la tassa deve essere corrisposta anche se il datore di lavoro muore. La  legge, fortunatamente, deve ancora essere messa a punto.

Gli orari del ForEX per investire meglio

 Il mercato valutario si accavalla all’attività delle principali borse mondiali, per questo, il buon investitore è quello che conosce accuratamente non solo l’andamento delle valute, ma anche gli orari giusti in cui mettere a segno il proprio investimento.

► Australia, Regno Unito, Canada e il mondo ForEX

In generale, il mercato ForEX è aperto dalle ore 23 della domenica fino alle ore 23 del venerdì successivo (ora italiana). In realtà si può operare a qualsiasi ora, aiutati da un buon broker che definisce insieme all’investitore i cosiddetti ordini pendenti, quelli che diventano attivi ad una determinata ora, oppure quando sono raggiunti degli obiettivi prefissati.

Per esempio si può scegliere di comprare una determinata opzione soltanto quando la valuta ha raggiunto un certo prezzo, in modo da massimizzare il profitto. In tal senso tutto avviene in modo automatico. Ecco perché si può investire comodamente senza dover abbandonare necessariamente il proprio lavoro.

► Tutto il ForEX concentrato sulla zona Euro

 

Ed arriviamo quindi agli orari che maggiormente interessano gli investitori. Il mercato ForEX si apre con le sessioni del Pacifico e con la sessione Asiatica che lavorano dalle ore 23 alle ore 9 del giorno successivo. Le borse di riferimento erano quelle di Sidney e Tokyo. Poi è la volta delle sessione Europea, attiva dalle ore 9 alle ore 18 con Londra come riferimento. Infine la borsa di New York e il Forex ad essa collegata che si sviluppa dalle ore 14 alle ore 23.

Le borse di Milano ed Madrid sono dei gamberi

 Gennaio è stato un mese incredibile per le borse, condito da diversi colpi di scena che hanno creato oscillazioni interessanti degli indici, fino a far considerare l’arretramento dei panieri di Milano e di Atene. Per Piazza Affari, basta considerare quel che è successo con il Monte dei Paschi di Siena e con SAIPEM.

a Milano affonda SAIPEM e la borsa va in panne. Sono le due notizie che vanno per la maggiore dalla metà di gennaio ad oggi. A questi particolari trend di alcuni titoli, si sono aggiunte le stime relative all’economia americana. 

Tutti speravano che l’America fosse ormai lontana dalla crisi ma negli ultimi 3 mesi del 2012, sembra che gli USA abbiano compiuto un passo indietro e infatti è stata registrata una contrazione del PIL dello 0,1 per cento. Gli investitori, a questo punto, hanno pensato bene di vendere i titoli dei paesi maggiormente rischiosi per salvaguardare i profitti del portafoglio d’investimenti. 

Si sono allora scatenate le vendite dei titoli italiani e spagnoli. La borsa di Milano e quella di Madrid sono arretrate rispettivamente del 2,3 e del 5,6 per cento. Hanno reagito con freddezza Francoforte, Parigi e Londra che hanno perso poco o, in alcuni casi, guadagnato leggermente.

Sempre minore l’import europeo dagli USA

 L’Europa è in crisi e se non arriva la metà del 2013 è molto difficile che siano evidenti i segnali di ripresa dai settori più svariati, quello immobiliare in primis.

► Per l’immobiliare ripresa dal 2014

Un recente report relativo ai traffici in entrata e in uscita dal Vecchio Continente, ha evidenziato che continua a scendere l’esportazione di legname di latifoglia dagli Stati Uniti verso l’UE. I dati sono chiaramente riferiti al 2012, ai primi nove mesi dell’anno scorso, quando c’è stata una diminuzione delle importazioni pari al 12 per cento. Se volessimo tradurre questa percentuali in dollari, diremmo che c’è stato un calo del valore del commercio di legname pari a 193,4 milioni di dollari.

L’export statunitense è calato per via della crisi dell’Europa, molto forte in alcuni paesi cruciali per il commercio del legname come lo sono l’Italia e la Spagna che stanno ancora sciogliendo alcuni nodi cruciali per l’economia.

► Nel 2013 si potrà investire tranquillamente sulle commodities

In generale gli acquisti di american hardwoods, nei primi 9 mesi del 2012, sono scesi del 33,6 per cento. L’Italia resta il primo tra i paesi acquirenti – in termini di volumi – di legname americano, ma se il riferimento sono i valori in dollari, l’Italia è stata superata dal Regno Unito.

Il mercato è comunque condizionato, in questo momento, dall’incertezza per le sorti future del Vecchio Continente.

Via alla vera certificazione energetica

 Da qualche anno, nella compravendita di un immobile, il valore è stato stabilito anche considerando la certificazione energetica dell’abitazione. Per troppo tempo, però, quello della certificazione energetica, è stato un business nelle mani dei certificatori. Adesso, invece, sembra che la legge ci abbia messo lo zampino.

► L’epilogo della cedolare secca

E’ stato dato il via alla vera certificazione energetica degli edifici, obbligatoria per legge e fondamentale sia per gli aspetti positivi, sia per gli aspetti negativi della normativa. La polarità dell’opinione dipende molto dall’interpretazione che si dà della legge.

Finora eravamo in una fase di test, tanto che in molti casi era possibile “andare avanti”, presentandosi al notaio, anche con un’autocertificazione sostitutiva. Il fatto è che non esisteva ancora un apparato sanzionatorio adeguato che stabilisse il giusto comportamento da tenere davanti alle case che non vanno oltre la certificazione della classe energetica G, la più bassa.

 Per l’immobiliare ripresa dal 2014

Bastava insomma un certificato, buono o cattivo che sia, per dare il via libera all’operazione d’acquisto o di vendita dell’immobile. Tutti questi artefici non sono più possibili dal 13 dicembre scorso, giorno della pubblicazione del decreto 290. Questo decreto, infatti, con le Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici rende più complesso l’affitto e la compravendita di un edificio. Ad oggi soltanto il 53% degli annunci di vendita e il 37% degli annunci d’affitto è in regola con la certificazione.

L’epilogo della cedolare secca

 La cedolare secca ha fallito. Un’intuizione portata avanti dalle colonne del Sole 24 Ore sembra essere confermata negli ultimi report redatti dalla CGIA di Mestre, sempre molto attenta alle evoluzioni del settore immobiliare e non solo.

La cedolare secca, tanto per riepilogare di cosa si tratta, è un’imposta introdotta nel 2011 che ha come obiettivo quello di sostituire le imposte dovute per gli affitti degli immobili. Si applica in alternativa al regime ordinario, dopo una precisa scelta del locatore. La cedolare secca, come spiega bene l’Agenzia delle Entrate, va a sostituire l’Irpef e le relative addizionali, l’imposta di registro, l’imposta di bollo, l’imposta di registro sulle risoluzioni e le proroghe del contratto di locazione, l’imposta di bollo sulle risoluzioni e le proroghe del contratto, qualora fosse richiesta.

► Anche il mercato degli affitti subisce una battuta d’arresto

Secondo la CGIA di Mestre questo strumento non è stato in grado di far uscire allo scoperto il business degli affitti in nero. Questa imposta, che inizialmente si pensava potesse avere molto successo, adesso ha visto la revisione al ribasso delle stime ufficiali.

► L’affitto come alternativa alla crisi

Il conto che si va per certificare l’insuccesso della cedolare secca è molto semplice: introdotta nel 2011, doveva lottare contro gli affitti in nero offrendo un regime agevolato ai non evasori. In due anni l’Erario si è trovato per le mani 5 miliardi di euro in meno e deve fare ancora i conti con un milione di contratti d’affitto non registrati.

► Idealista: sarà l’anno dell’affitto

L’Italia del futuro di Monti

 Siamo quasi in dirittura d’arrivo rispetto alle elezioni politiche italiane e il dibattito sui mezzi di comunicazione si fa più insistente. Adesso sono il fisco e le pensioni ad incollare i cittadini al dibattito dei pretendenti alla poltrona di PalazzoChigi. Uno dei discorsi più quotati è quello del premier uscente Mario Monti.

La sua vision è molto utile soprattutto a chi investe in opzioni binarie perché, qualora fosse eletto, tenere a mente alcuni discorsi aiuterebbe nell’anticipazione dei trend.

Per prima cosa c’è da ripetere il mantra che ha accompagnato e giustificato alcune scelte molto contrastate dall’opinione pubblica, fatte dal gabinetto dei tecnici guidati da Monti: lo staff montiano ha solo reso attive le tasse lasciate in bozza dal governo uscente e se anche ne ha introdotte di nuove, lo ha fatto per salvare il paese.

 Monti e il diverbio con il Financial Times

Ora Monti, forse per strizzare l’occhio ad una platea più vasta di cittadini, sta ripetendo che il lavoro svolto fino a questo momento è stato talmente meticoloso che ci si può permettere di ridurre le tasse. Finora gli sforzi dei cittadini hanno contribuito a salvare il paese e dimezzare lo spread, ma è anche arrivato il momento d’insistere sulla spesa pubblica e sulla diminuzione delle tasse.

 La risposta di Monti al Financial Times

Una soddisfazione maggiore dei consumatori e la risalita della loro fiducia, potrebbe traghettare il paese lontano dalla crisi.

Nell’UE tutti i prezzi degli immobili in calo

i prezzi delle case continuano a scendere.

► Per l’immobiliare ripresa dal 2014

In questi giorni, i dati Eurostat sull’andamento del settore immobiliare nell’Eurozona, hanno evidenziato un calo dei prezzi del 2,5 per cento che si è prodotto tra il terzo trimestre del 2012 e il periodo omologo del 2011. Se invece andiamo a valutare le condizioni dell’Europa intera, scopriamo che la riduzione del valore della case è dell’1,9 per cento, leggermente più basso ma comunque consistente.

I paesi in cui il calo dei prezzi degli immobili classici è stato più consistente sono la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo e l’Olanda dove le flessioni sono state rispettivamente del 12,5%, del 9,6%, del 7,7% e dell’8,7 per cento. Aumentano i prezzi delle case soltanto in Estonia e nel Lussemburgo che fanno registrare rispettivamente il +8,4 e il +7,1 per cento.

Guida alla pensione di vecchiaia

 Cos’è la pensione di vecchiaia?

La pensione di vecchiaia è una prestazione economica che viene erogata dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale a lavoratori dipendenti o autonomi che ne fanno richiesta.

I requisiti minimi per fare richiesta di pensione di vecchiaia

Per poter fare domanda di pensione di anzianità è necessario:

1. aver raggiunto l’età anagrafica stabilita dalla legge per la propria categoria lavorativa;

2. aver raggiunto il monte contribuzione e di assicurazione stabilito dalla legge per la propria categoria lavorativa;

3. aver cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze di terze persone.

Chi può fare richiesta di pensione di vecchiaia?

La pensione di anzianità spetta a tutti i lavoratori dipendenti ed autonomi che, previa soddisfazione dei requisiti richiesti, ne facciano domanda.

Con la Riforma Fornero sono entrati in vigore nuovi criteri anagrafici per ogni categoria lavorative differenziati tra uomini e donne tra chi ha raggiunto i requisiti contributivi prima e dopo il 31 dicembre 1995. Vediamo nel dettaglio tutte le tipologie.

1. Soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995

Tutti i soggetti in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 che abbiano raggiunto un’anzianità contributiva minima pari a 20 anni.

Per quanto riguarda il requisito anagrafico ci sono delle importanti differenze tra le diverse categorie di lavoratori, di seguito il dettaglio:

Lavoratrici dipendenti settore privato

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 62 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 62 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 63 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratrici autonome e gestione separata

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 63 anni e 6 mesi
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 63 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2015 64 anni e 9 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017 65 anni e 9 mesi (da adeguare alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratori dipendenti e lavoratrici dipendenti settore pubblico

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

Lavoratori autonomi e gestione separata

dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 66 anni
dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 66 anni e 3 mesi (già adeguato alla speranza di vita)
dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2020 66 anni e 3 mesi (da adeguare alla speranza di vita)

2.  Soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996

Tutti i soggetti con primo accredito contributivo a decorrere dal 1° gennaio 1996 che abbiano raggiunto il requisito contributivo di 20 anni e del requisito anagrafico in base alle seguenti condizioni:

– Se l’importo della pensione non è inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (c.d. importo soglia) i requisiti sono gli stessi che valgono per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995;

Indipendentemente dall’importo della pensione i lavoratori che abbiano compiuto i 70 anni di età e perfezionato 5 anni di contribuzione “effettiva”.

A partire dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015 il requisito dei 70 anni sarà incrementato di tre mesi ogni anno per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita.

Come di presenta la domanda di pensione di vecchiaia?

Sono tre i canali attraverso i quali è possibile fare domanda di pensione di vecchiaia:

1. Richiesta telematica dal portale dell’Inps con il Pin che va richiesto direttamente all’Istituto;

2. Richiesta telefonica al Contact Center dell’Inps (803164 da rete fissa o 06164164 da mobile);

3. Richiesta attraverso enti di Patronato e intermediari autorizzati.

Quando viene erogata la pensione di vecchiaia?

La pensione di vecchiaia viene erogata a decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile.

Se, per tale data, non sono stati perfezionati i requisiti contributivi e assicurativi la pensione di vecchiaia verrà erogata a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui vengono raggiunti tali requisiti.

Pensione di vecchiaia e rapporto di lavoro

I lavoratori dipendenti che vogliono accedere alla pensione di vecchiaia devono aver cessato tutti i rapporti di lavoro e la pensione sarà erogata a partire dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Per i lavoratori autonomi non sussiste lo stesso obbligo.

Dati Eurispes sul lavoro in Italia

 Il Rapporto Eurispes sulle famiglie italiane non solo mette in luce le difficoltà che gli italiani stanno attraversando per quanto riguarda le questioni prettamente economiche come la gestione e il sostentamento della famiglia, ma pone anche l’accento sulla situazione occupazionale italiana e la spaccatura che ancora persiste tra Nord e Sud.

Le ‘raccomandazioni’

Ciò che emerge fin da subito è che la ‘spintarella’, ossia la raccomandazione, è ancora un’usanza ben radicata nel nostro paese. La usano almeno un cittadino su cinque, ma non, come verrebbe da pensare, nelle regioni del sud: la spintarella è una pratica di uso comune soprattutto al nord.

 

Per il Rapporto dell’Eurispes sono state intervistate 1.500 persone, e su questo totale il 21,2 per cento ha ammesso di essere ricorso alla propria rete di conoscenze per ottenere un lavoro. Nello specifico è accaduto per il 17,2% dei cittadini meridionali, il 12,1% di quelli delle isole, il 25,5% degli abitanti delle regioni del Nord-Ovest e il 20,8% nel Nord-Est.

I concorsi pubblici

Il tanto caro concorso pubblico, quello che dovrebbe dare il lavoro ‘ministeriale’ al quale in molti ancora aspirano -per intendersi quello considerato noioso dalla Fornero- è più utile per trovare lavoro al Centro-Sud che al Nord e sono le donne che riescono maggiormente ad ottenere un impiego passando per questa via (19,8% di donne contro il 14,9% di uomini).

Il ricorso al concorso, però, scende con l’abbassarsi dell’età: più gli intervistati sono giovani e meno dichiarano di aver avuto un lavoro tramite concorso (25,4% tra 45 e i 64, 8,1%  tra i 25 e i 34 anni, 9,7% tra i 18 e i 24 anni). Uno dei motivi di questa tendenza è il percorso di studi effettuato: infatti, più si arriva in alto con i titoli, maggiormente si ricorre alla candidatura spontanea.

Rapporto tra lavoro e stipendio

Più della metà degli intervistati ha dichiarato che lo stipendio garantito dal loro attuale posto di lavoro non è sufficiente a sostenere il nucleo famigliare. Quando non si riesce con le proprie forze si ricorre spesso alla famiglia di origine (19,6% degli intervistati) un dato che fa riflettere sulla differenza di condizioni economico-sociali tra le vecchia generazione e la nuova.

Anche per questo un quarto degli intervistati tra i 35 e i 44 anni (il 25,4%) afferma di non riuscire a fare progetti per il futuro perché la situazione lavorativa non permette di fare progetti a lungo termine.