Crollo del mercato immobiliare. I dati di Confedilizia

 Comprare casa, purtroppo, per molti è un sogno che è stato messo in un cassetto in attesa di tempi migliori. A dirlo sono i dati diffusi da Confedilizia, secondo i quali nel 2012 il mercato degli immobili ha subito la peggiore contrazione dall’inizio della crisi economica, ossia il 2007.

Ancora polemiche sui prezzi delle case. I dati Istat

Dal 2007, infatti, il mercato degli immobili ha subito una costante contrazione, ma quello che è successo nell’ultimo anno ha portato il comparto ad una riduzione delle transazioni immobiliari pari al 30,6% in meno rispetto al 2011. Percentuale che, tradotta in numeri, equivale ad una perdita di transazioni immobiliari del valore stimabile tra gli otto e i dieci miliardi di euro.

Nel 2012 sono state vendute/acquistate circa 250.000 case in meno. Secondo quanto riportato dalla Confedilizia, questa contrazione del mercato degli immobili è da imputarsi, principalmente, non al credit crunch per famiglie e imprese -fattore che ha comunque il suo peso- ma al continuo aumento (sia in numero che in valore) delle imposte dirette e indirette sulla casa che stanno rendendo paradossalmente più conveniente affittare una casa piuttosto che acquistarla.

Il dilemma tra l’affitto e il mutuo

I dati della Confedilizia rispecchiano quelli dell’Istat. Secondo l’Istituto, infatti, nel 2007 gli immobili scambiati sono stati 1.055.585, arrivati a 816.758 del 2011. Con l’ulteriore riduzione di 250.000 unità prevista nel 2012, in cinque anni la riduzione delle compravendite è stata del 46,3%.

 

2013 anno di pressione fiscale record

 In campagna elettorale tutti parlano di riduzione delle tasse e anche gli analisti economici e finanziari, ai quali i processi del consenso politico non interessano, sono concordi nel dire che per la ripresa dell’Italia il primo passo da fare è quello della riduzione delle tasse.

Tasse cruciali luglio e dicembre

Ma, secondo quanto riportato da uno studio condotto da Prometeia, questo non accadrà nel 2013, anno in cui, invece, è previsto il record della pressione fiscale su imprese e famiglie italiane, stimata al 45% del prodotto interno lordo del paese.

nello specifico, a gravare di più sul portafogli degli italiani, saranno le imposte indirette: in primis l’Iva, le cui aliquote saranno portate dal 21 al 22% a partire dal primo luglio, poi c’è la Tobi tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, e, in ultimo, la Tares, che sarà molto più cara delle precedenti tasse sui rifiuti.

La Tares sarà più alta della Tarsu

Se aumentano le tasse, poi, diminuiscono i consumi e, di conseguenza, diminuisce il Pil. Lo studio di Prometeia ha rivisto al ribasso, infatti, le stime di crescita del paese  (-0,6%) e anche quelle dei consumi (-1,5%).

In linea con quanto già detto a proposito di ripresa economica e di crescita del paese da Bankitalia e FMI, quindi, anche Prometeia ritarda la comparsa dei primi segni di miglioramento all’ultima parte dell’anno in corso.

La crisi non influenza il calcio

 Alla faccia della crisi. Le prime 20 squadre al mondo, senza nessuna difficoltà creata dalla situazione economica globale, hanno totalizzato un fatturato complessivo di quasi 5 miliardi di euro.

E’ quanto emerge dalla sedicesima rassegna dello studio Football Money League 2013, pubblicato da Deloitte. La notizia riguarda il nostro Paese da vicino, poichè tra le prime venti squadre ben 5 sono quelle italiane che figurano in classifica.

Tenendo in consdierazione che la prima rilevazione effettuata nel 1996-1997, facendo un rapido raffronto, ad oggi i ricavi sono quattro volte tanto.

Real Madrid in vetta

I prime club in graduatoria sono i top club del campionato spagnolo. In cima c’è il Real Madrid, il quale per la prima volta nella storia sfonda la soglia di 500 milioni (512 per la precisione).

Se messo insieme al Barcellona, altro club di spessore mondiale e massimo protagonista nella Liga, di fatto si giunge a guadagni per oltre 1 miliardo. In proporzione le due squadre si impongono nella top list con oltre un quinto di percentuale tra le prime venti in classifica. Occorre però fare caso al fatto che i diritti televisivi della Liga si configurano con una diversa assegnazione: su un totale di 655 milioni, Real e Barca hanno guadagnato 140 milioni ciascuna, dunque dieci volte di più rispetto alle altre squadre spagnole.

A loro volta le squadre in cima rappresentano circa il 20% dei ricavi totali dell’industria del calcio.

Italia

L’Italia è ben piazzata. Andiamo al Nord, dove il Milan è in ottava posizione con 256,9 milioni, subito dietro alManchester City.

Segue la Juventus, che per effetto dei primi introiti guadagnati dal nuovo stadio di proprietà è locata attualmente al decimo posto con 195,4 milioni. Per il club torinese si tratta di un considerevole salto in avanti, pari al 27%.

Successivamente, in dodicesima posizione, troviamo l’Inter a quota 185,9 milioni. Menzione d’onore per il Napoli che guadagna ben cinque posizioni in classifica, posizionandosi al quindicesimo posto con 148,4 milioni.

Fanalino di coda delle italiane (e della speciale lista) è la Roma, attualmente al diciannovesimo posto con 115,9 milioni di ricavi.

 

Eni cerca gas a Cipro

 Situata fra le coste di Cipro, quelle di Israele e quelle del Libano, si trova la nuova frontiera Gas. Una miniera d’oro che nel giro di un paio di anni, ha fatto si che l’area in questione si configurasse come perimetro di riferimento per tutti i colossi del comparto degli  idrocarburi.

Naturalmente, ai grandi gruppi del gas si è aggiunta anche Eni, la quale non poteva di certo fallire questa caccia al tesoro.

Il gruppo italiano si è posizionato sul posto con un evidente delay, ma ora è a tutti gli effetti operativo e presente nell’elenco delle aziende alle quali è stato dato il nulla osta per esplorare la zona preposta.

L’annuncio

Eni ha così comunicato di aver stipulato un accordo con il Ministero del Commercio, Industria e Turismo della Repubblica di Cipro. Il contratto verte testualmente su Exploration and Production Sharing, ovvero sulle attività di esplorazione e produzione nei blocchi 2, 3 e 9 situati nelle acque profonde cipriote del Bacino del Levantino.

Eni avrà a disposizione una superficie complessiva di 12.530 chilometri quadrati.

La partnership con Kogas

Eni ha guadagnato tre blocchi e si pone al comando di un consorzio composto dalla stessa azienda (che possiede una quota dell’80%, in qualità di operatore principale) e dall’azienda coreana Kogas (20%) all’interno di un bando internazionale competitivo che si è concluso a maggio 2012.

Il gruppo coreano è ormai da molto tempo un alleato nelle trattative consolidato per la società con a capo Paolo Scaroni. Le due aziende hanno già portato avanti insieme le loro attività nel giacimento in Mozambico e in Iraq (18%).

Investimenti

Eni non ha voluto dare ragguagli sull’esatta cifra prevista per effettuare le operazioni di esplorazione.

Non è stato neanche detto quanto si intende prelevare in termini di quantità di materia prima. Gli investimenti nelle attività di esplorazione nè quanto ipotozza di ricavare come quantità di materia prima.

 

Stabilito il codice tributo per il monopolio fiscale

 Come si distingue un prodotto legale da uno di contrabbando? Spesso, se si parla di tabacchi lavorati, attraverso il contrassegno del monopolio fiscale, necessario per la circolazione del prodotto nel territorio dello Stato. I produttori e i fornitori di tabacchi, per mettere questa striscetta, devono pagare all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato una tassa. Il versamento, nelle modalità, è stato ben spiegato dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2003.

 Pronti i codici dell’imposta sui giochi

Il pagamento, quindi, deve essere effettuato tramite il modello F24 Accise, un modello di pagamento unico ed unificato, in cui riportare un codice tributo specifico per ogni pagamento.

 Il modello F24: la scheda informativa

La risoluzione numero 3/E dell’Agenzia delle Entrate del 24 gennaio ha definito il codice tributo, il 2856 che dovrà essere usato dagli operatori per versare la somma dovuta all’autorità competente.

Il codice tributo 2856 è accompagnato dalla descrizione: Proventi derivanti dalla fornitura di tasselli fiscali ai produttori esteri e nazionali di tabacchi lavorati.

Siccome si tratta di un codice tributo neonato, è stato necessario dare spiegazioni dettagliate sulla compilazione del modello di F24, precisando che il codice deve essere inserito nella sezione “Accise/Monopoli e altri versamenti non ammessi in compensazione”, dove devono essere riportate le some nella colonna “importi a debito versati”, scrivmendo nel campo dedicato all’ente la lettera “m” e nei campi mese ed anno i mesi e gli anni cui si riferisce il pagamento.

Otto motivi per investire nelle azioni Tod’s

 Parlando dell’andamento generale della borsa italiana, abbiamo menzionato alcuni casi di eccellenza come Tod’s rimarcando il ruolo di primo piano che hanno le aziende tricolore del lusso nel parterre finanziario nazionale.

 Il lusso tira anche con i super yatch

Adesso un report stilato dal settore investimenti di Citigroup ha addirittura enucleato 8 buoni motivi per investire nelle azioni Tod’s, attualmente cresciute al di sopra della quota di 100 euro. Le buone sensazioni di Citigroup si sono immediatamente trasformate in un incremento del target price delle azioni da 105 a 116 euro.

 Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

Il primo buon motivo per investire in Tod’s è sicuramente legato alla tenuta del titolo in Asia e negli Stati Uniti, territori in cui è raccolto il 40% dei ricavi dell’azienda. Al secondo posto c’è tutta la crescita del retail, a seguire la razionalizzazione del sistema di distribuzione e vendita italiano. Il quarto buon motivo per dare credito a Della Valle è nella sua visione strategica del mercato. Da aggiungere che l’azienda ha un fortissimo potenziale ed è a posto con il fisco.

Infine resta da considerare che ci sono dei buoni precursori sul mercato. Per esempio Tod’s è considerato un target di acquisizione come tanti anni fa lo era stato Bulgari, benché le dichiarazioni di indipendenza siano maggiori in Tod’s. visto che espressioni del genere alimentano l’idea che ci sia ancora qualcosa da nascondere nei bilanci del Belpaese e questa convinzione, sui mercati internazionali, non fa certo guadagnare terreno al nostro paese.

Il ministro dell’economia Vittorio Grilli, invece, per sedare gli animi di chi ci vuole vedere chiaro fino in fondo, ha detto di essere pronto a riferire in Parlamento.

Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

 La speranza che l’Italia possa tornare a crescere e ad essere un paese competitivo, al pari dei suoi colleghi europei, è ben riposta, e lo conferma anche l’autorevole voce del Fondo Monetario Internazionale.

L’Italia può crescere, anche di tanto. Secondo lo studio condotto dal FMI, infatti, il prodotto interno lordo del paese può arrivare a toccare 5,7% sul medio periodo e 10,5% sul lungo percorso. Ma, per riuscirci, è necessario che siano messe in atto delle riforme strutturali e del mercato del lavoro.

Tagliate le stime di crescita per l’Italia

E’ inoltre di fondamentale importanza che venga riformato anche il fisco, in modo da poter alleggerire la pressione sulle imprese con la riduzione delle imposte dirette e con l’aumento di quelle indirette, se si vuole arrivare a raggiungere un tasso di crescita ancora più alto, stimato dell’8,6% dopo 5 anni e al 21,9% nel lungo periodo.

Le riforme, quelle finora attuate e quelle che verranno in futuro, devono essere atte a contrastare i tre fattori di debolezza economica del nostro paeseconcorrenza limitata, rigidità del mercato del lavoro e inefficienza dei servizi pubblici.

Fmi rivede stime di crescita del pil globale

Quindi, si dovrà dare il via a nuove liberalizzazioni, all’abbassamento dei costi per le imprese del settore energetico e provvedimenti mirati per eliminare la precarietà del lavoro.

Draghi al WEF si scaglia contro il governo Monti

 Al World Economic Forum di Davos si sono riuniti tutti i più grandi economisti ed esperti di finanza mondiali, tra i quali c’era anche Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea. Oltre a parlare dell’euro e dell’anno appena trascorso in Europa, il presidente della BCE ne ha approfittato per dire la sua anche riguardo alla situazione italiana.

Mario Monti al WEF: polemica con Bersani sugli esodati

Una stoccata ben direzionata è arrivata direttamente a Mario Monti e alle sue scelte. Secondo Draghi l’economia italiana necessita di una riduzione sostanziosa della pressione fiscale che ora, soprattutto dopo le manovre fatte nel corso dello scorso anno dal governo tecnico, grava in modo pesante su imprese e famiglie. Solo in questo modo sarà possibile uscire fuori dalla crisi e far crescere l’economia.

Mario Monti al WEF spiega i motivi della sua candidatura

Draghi ha parlato riferendo anche della situazione degli indicatori economici: l’Italia ha riconquistato fiducia, grazie anche a quanto fatto fino ad ora, ma è arrivato il momento di fare le riforme per il sostegno e il rilancio dell’economia reale, cosa che ancora non è stata fatta.

Secondo Mario Draghi, quindi:

I paesi devono proseguire sia il consolidamento fiscale sia le riforme strutturali, che aumentano competitività e creano posti di lavoro e crescita. Se i governi dei paesi dell’area euro riusciranno a perseverare su risanamento dei conti pubblici e riforme strutturali dell’economia, le politiche della Bce favorevoli alla crescita finiranno per trasmettersi all’economia reale.

In sostanza il presidente si è schierato contro Monti e, dato che ora il premier uscente ha deciso di salire in politica, anche contro la sua lista.

Chiuse mille imprese al giorno nel 2012

 Le aziende chiudono e quelle che vengono aperte sono sempre meno. Facile dire che è colpa della crisi. Banale e scontato. Il problema è che è quasi impensabile sapere che nel 2012 ne sono state chiuse ben 1000 al giorno. Una ogni minuto e mezzo. Facendo un calcolo, c’è da mettersi le mani nei capelli.

Il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, interviene sulla questione dichiarando che il tempo è finito e che a breve la politica tornerà ad avere le redini del Paese.

Per il Presidente di Unioncamere, il primo obiettivo in lista deve essere la rimessa al centro dell’attenzione dell’impresa. Il lavoro prima di tutto, in altri termini.

Come si fa? Occorre ridurre la pressione fiscale, avvicinando in termini di tassi l’Italia e le economie europee più equilibrate.

Nel 2012 sono nate circa 384.000 imprese. Sono ben 7.427 in meno rispetto a quelle nate del 2011.

Hanno chiuso definitivamente le saracinesche, invece, 1000 imprese al giorno. 24.000 imprese in più rispetto al 2011.

I dati parlano da soli, al punto che non hanno bisogno di essere commentati.

Codacons lancia allarme per crollo consumi alimentari

 Un nuovo allarme arriva dalla Codacons che riflette sui dati Istat circa i consumi alimentari degli italiani. Secondo quanto riportato dall’Istituto di Statistica, infatti, le vendite al dettaglio per il mese di novembre hanno fatto registrare un ulteriore calo (0,4% rispetto ad ottobre) che porta il trend su base annua fino a -3,1% in confronto al 2011.

Dati Confcommercio su redditi e consumi

Il Codacons parla di una situazione drammatica per una larga fetta delle famiglie italiane che, sotto una pressione fiscale sempre più alta e la conseguente perdita del potere di acquisto, stanno disertando i supermercati. E’ questo il problema principale, quello, cioè, del crollo della spesa degli italiani nel settore alimentare che  registra un crollo del 2%. In questa percentuale è compreso anche l’andamento dell’inflazione, ragione per cui la perdita reale potrebbe attestarsi intorno al 4%.

La spending review dei cittadini europei

A mettere maggiormente in allarme il Codacons, inoltre, la perdita che registrata da supermercati e ipermercati i quali anche in condizioni di crisi, grazie alla possibilità di applicare prezzi vantaggiosi, riescono a resistere. Ma così non è stato  e per il 2012 è stato segnalato un calo tendenziale del 2,6%.

Insomma, i consumi degli italiani sono tornati a quelli del dopoguerra, ragione per cui

occorre che le istituzioni pubbliche prendano atto della realtà in cui vivono gli italiani e vi si adeguino.