La politica è il vero pericolo per l’Italia

 Tutti si preoccupano dello spread ma adesso che i rendimenti dei BTp non fanno più paura e la tensione sui mercati periferici si è allentata, gli analisti sono abbastanza lucidi per sostenere la tesi che il pericolo più grande per l’Italia arriva dalla politica.

► Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

La versione ufficiale e dettagliata di questa tesi l’ha redatta Morgan Stanley che in riferimento all’economia tricolore cita il cosiddetto political cliff parafrasando quel che accade in America dove è stata trovata una soluzione al default USA. Quel che l’agenzia vede in atto nel nostro paese non è certo una politica finalizzata a salvare l’Italia dal tracollo finanziario, quanto piuttosto una battaglia per il potere.

Usa, allarme per il debito e per il Fiscal Cliff

Siamo in prossimità delle elezioni, e bisogna farei conti con un aumento in media di 24 punti base degli interessi, legato al crollo dell’ultimo governo, e con un calo del 5 per cento dei mercati azionari.

Secondo gli analisti, in questo momento, l’Italia è un campo minato in cui si possono concludere affari eccellenti a prezzo di correre un grosso rischio. Tutti sono in attesa di conoscere il responso delle urne che potrebbe incidere sull’equilibrio dell’Europa intera.

Il problema non è tanto in un partito piuttosto che in un altro ma nel programma di austerity che sarà studiato per i cittadini che potrebbero vedere aumentare in modo esponenziale il loro malcontento, arrivando fino alla protesta in grado di paralizzare l’attività politica.

Le rinunce degli italiani

 La situazione economica italiana, a detta degli esperti, dovrebbe iniziare a migliorare solo a partire dal 2014. Quindi anche quest’anno sarà costellato di sacrifici e rinunce che permetteranno, non sempre agevolmente, di arrivare fino a fine mese.

► Disoccupazione record dal 1992

Dopo il 2012 che ha visto una diminuzione record dei consumi, il trend continuerà ad essere lo stesso anche per questo anno in corso, quando circa la metà delle famiglie italiane si vedrà costretta non solo a rinunciare a ciò che può essere definito un lusso, ma anche a risparmiare il più possibile su ciò che serve per la vita di tutti i giorni.

Secondo l’indagine di Swg commissionata da Coldiretti il 48% delle famiglie italiane crede che la situazione economica sia destinata a peggiorare, il 42% non vede nessun miglioramento, e solo il 10% spera in una ripresa. E non si tratta solo di sensazioni, ma di dati reali che mettono ancora più in crisi un’economia che avrebbe bisogno, invece, di un’iniezione di fiducia e, soprattutto, di una buona dose di contante da spendere e da far circolare.

► Affittare camere per resistere alla crisi

Ma non c’è nulla di tutto questo e, per quest’anno, molti desideri diventeranno proibiti  Di seguito la lista delle rinunce di cui ci dovremo fare carico:

1. Abbigliamento: 53%
2. Viaggi o vacanze: 51%
3. Tempo libero: 48%
4. Beni tecnologici: 42%
5. Ristrutturazioni della casa: 40%
6. Arredamento: 38%
7. Auto/moto: 38%
8. Attività culturali: 37%
9. Generi alimentari: 17%
10. Spese per i figli: 9%

La situazione dell’Italia nel terzo trimestre

 Per investire in un Paese occorre crederci almeno un po’, magari provando ad anticipare i trend del mercato, oppure provando a capire come si evolverà il tessuto economico del paese. E’ questo il lavoro dei broker e di tutti i trader che “scommetto” sulle opzioni binarie.

E’ per loro che riportiamo degli interessanti dati relativi all’Italia e concernenti soprattutto i conti pubblici, il rapporto deficit/Pil che sembra calato sotto il 3,7% e le entrate tributaria, cui ha dato una grossa mano la reintroduzione dell’IMU voluta dal governo Monti.

► L’IMU diventa municipale

Il primo dato positivo è il miglioramento del deficit pubblico italiano che è sceso al 3,7 per cento nei primi 9 mesi del 2012. Rispetto all’anno precedente c’è stato un miglioramento dei 0,50 punti percentuali. Nel terzo trimestre poi, ultimo periodo d’analisi, il rapporto deficit/PIL è stato dell’1,8%, praticamente 0,7 punti in meno rispetto al 2011.

 L’OCSE sul deficit italiano

Non ci sono buone notizie, invece, per i comuni cittadini che hanno assistito all’aumento della pressione fiscale e al contestuale calo del potere d’acquisto.

Dal punto di vista fiscale per l’Italia ci sono solo dati positivi e tutti legati all’IMU che ha rimpinguato le casse degli enti locali facendo crescere le entrate totali del paese del 2,7%. Si sorride un po’ meno valutando che diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie nei primi 9 mesi dell’anno è stato del 4,1%.

 

Mutui a tasso zero per famiglie a basso reddito

 Il 2013 si è aperto, almeno per il settore dei mutui e dei prestiti, con una rincorsa verso le migliori opportunità del mercato creditizio. Per il morale dei comuni cittadini che aspirano a trovare il miglior mutuo del momento, non è opportuna la notizia dell’esistenza di mutui più convenienti per dipendenti pubblici e pensionati.

Eppure qualche offerta c’è, per esempio il consolidamento è un’opportunità di mutuo spesso non tenuta in considerazione dai mutuatari tradizionali. Sicuramente se a chiedere un prestito è una famiglia a basso reddito, più che un consolidamento, sarebbe necessario un mutuo a tasso zero.

Anche questa possibilità esiste ma bisogna fare molta attenzione ai bandi pubblicati sul territorio dai vari enti, quali possono essere le Regioni. Queste, insieme a comuni e province, hanno la possibilità, in base all’articolo 2 del decreto anticrisi (legge del 28 gennaio 2009), di pubblicare bandi per l’assegnazione di finanziamenti a tasso zero.

► Europa e USA diversi anche nell’immobiliare

I richiedenti devono prima di tutto fare uno screening dei requisiti da rispettare per accedere al finanziamento. In genere i mutui a tasso zero, per cui non sono previsti nemmeno costi di apertura e chiusura della pratica, sono pensati per coppie giovani, anziani e famiglie a basso reddito che vogliono ristrutturare la prima cosa o comprare l’immobile di famiglia.

 

Nel 2012 diminuzione record dei consumi

 I dati della Confcommercio parlano chiaro, nei primi 11 mesi del 2012 c’è stata una diminuzione dei consumi del 2,9%, che nei servizi arriva al 3,6%. Una diminuzione record quindi che non si era registrata.

Secondo la Confcommercio si dimostra come

il 2012 si avvii a essere ricordato come l’anno più difficile per i consumi del secondo dopoguerra. La riduzione è, infatti, la più elevata registrata dall’inizio delle serie storiche.

► Disoccupazione record dal 1992

La situazione emerge evidentemente dalla crisi che sta vivendo l’Italia e da una sorta di preoccupazione diffusa tra gli italiani. Anche le questioni della disoccupazione e della paura di perdere il lavoro, che spesso è precario, si legano alla contrazione dei consumi.

La Confcommercio ha detto:

Il permanere di dinamiche congiunturali negative, anche nei mesi finali dell’anno, continua a segnalare, unitamente agli altri indicatori congiunturali, come la crisi sia ancora ben presente all’interno del sistema economico. Difficilmente la nostra economia, ed i consumi in particolare, potranno cominciare a mostrare, nel breve periodo, segnali di un significativo miglioramento.

► Partono i saldi in Campania, Basilicata e Sicilia

La ripresa non è quindi prevista nel breve periodo ed è chiaro che la diminuzione dei consumi esprime la situazione di crisi che in Italia è ancora importante.

Mutui più convenienti per dipendenti pubblici e pensionati

 La riduzione degli spread applicati ai mutui doveva essere il buon proposito delle banche per venire incontro ai cittadini che lavorativamente e quindi economicamente, non hanno attraversato un momento piacevole. Invece gli istituti di credito si trovano a mettere in campo gli stessi strumenti del 2012.

Anno nuovo, tassi nuovi e più “agevolati” soltanto per alcune categorie di persone: i dipendenti pubblici e i pensionati che possono farsi largo tra le opportunità di mutuo offerte dall’Istituto nazionale di previdenza sociale. Gli altri dovranno accontentarsi di rate più leggere con l’Euribor ai minimi, ma il discorso vale soltanto per chi ha stipulato un mutuo variabile.

► Tassi Italia-UE, c’è troppa differenza

I mutui offerti dall’INPS propongono tassi molto agevolati e per capire la convenienza dei prodotti basta sottolineare che il tasso medio dei mutui fissi è fermo al 3,75% e il tasso medio dei mutui variabili, sempre erogati dall’INPS, è dell’1,23%.

Bisogna sicuramente aggiungere le spese d’istruttoria e perizia e la parcella notarile, ma non si arriva mai alla media dei tassi tradizionali, quelli riservati ai comuni cittadini che accendono  mutui a tasso fisso al 5,55% e mutui a tasso variabile al 3,26%.

► Il calo dello spread merito della BCE

Il mutuo INPS, che non può superare i 300 mila euro, può essere acceso soltanto dagli iscritti in attività di servizio con contratto a tempo indeterminato e pensionati iscritti alla gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali, che abbiano un’anzianità d’iscrizione di almeno 3 anni. I soldi erogati devono essere usati per l’acquisto della prima casa e poi devono essere rimborsati in un tempo che oscilla tra i 10 e i 30 anni.

I mestieri più ricercati dalle aziende

 Il lavoro non c’è, o meglio, ce n’è poco. I giovani italiani sanno bene quanto sia difficile trovare un impiego che rispecchi, da un lato, le ambizioni e le prospettive di carriera di ognuno e, dall’altro, le esigenze economiche della vita di tutti i giorni.

Le assunzioni di under 30 durante lo scorso anno sono state circa 200mila – il 31% in meno di quanto stimato nelle previsioni – e, secondo l’elaborazione dei dati fatta Datagiovani su fonti Unioncamere, la ricerca di personale si è maggiormente concentrata su profili di media specializzazione.

► Disoccupazione record dal 1992

I più ricercati nel 2012 sono stati i commessi delle vendite al dettaglio (23.000), seguiti da magazzinieri e camerieri (6.000), impiegati e segretari (5.000) e informatici, cuochi e contabili (3.000).

► Novità per i lavoratori over 50

I risultati dell’elaborazione fatta da Datagiovani, mette in luce come i profili high-skilled (altamente qualificati) siano poco cercati dalla imprese: su 32 tipologie di mestiere, le richieste di personale superiore alle mille sono state solo sette, con una media di 2/3.000 ingressi programmati per analisti e progettisti di software, contabili e tecnici della vendita.

Un ulteriore riflessione deriva anche dai dati sui titoli di studio richiesti per le varie professionalità: il più ricercato resta il diploma (48%), seguito dalla laurea, richiesta nel 15,4% delle offerte di lavoro, e dalla qualifica professionale (10%).

Secondo Giovanna Vallanti, docente di Economia alla Luiss di Roma, questa situazione è

L’ennesima conferma che in Italia conseguire livelli più elevati di istruzione non comporta un vantaggio per i giovani. Da un lato l’università, che è la principale responsabile della formazione del capitale umano, non è in grado di formare adeguatamente figure utili alle aziende. Dall’altro, il sistema produttivo italiano, basato su un modello di sviluppo molto tradizionale, non è in grado di assorbire profili altamente qualificati. Questo ha implicazioni pesanti in termini di bassa crescita della produttività e della competitività nel medio-lungo periodo.

Novità per i lavoratori over 50

 Si iniziano a vedere gli effetti della doppia manovra messa in campo dal Governo Monti per i lavoratori che hanno più di cinquanta anni. Le riforme varate hanno prodotto due tipi di effetti:

1. allungamento dell’età di pensionamento e nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi;

2. riorganizzazione dei sussidi per chi esce dal lavoro prima dell’età prevista.

In riferimento a coloro che si trovano ad uscire dl lavoro prima del previsto, un fenomeno non raro data l’attuale situazione delle aziende italiane), con la legge n. 92 è stato previsto un nuovo incentivo per le aziende che assumono un lavoratore con più di 50 anni e disoccupato da più di 12 mesi. In questo caso il datore di lavoro potrà usufruire di una riduzione del 50% dei contributi a suo carico per un massimo di 12 mesi (18 in caso di stabilizzazione del rapporto).

Per gli over 50 che non riescono a trovare un impiego, è prevista una nuova forma di sussidio, l’Aspi. Nel biennio 2013-2015 sarà versata per un massimo di 16 mesi, che diventeranno poi 18.

► Aspi: cos’è e come funziona

Per quanto riguarda l’indennità di mobilità sarà a requisiti pieni per tutto il 2014, poi andrà a confluire gradualmente nell’Aspi. A conti fatti, l’assegno di disoccupazione sarà più alto di quello attuale, mentre l’indennità di mobilità (il passo prima del licenziamento) sarà più basso.

Disoccupazione record dal 1992

 A dicembre il tasso di disoccupazione giovanile nel nostro Paese arriva al 37,1%.  Un dato che non si vedeva dal 1992, cioè da 21 anni.

La fascia di età più critica in cerca di occupazione e che ha difficoltà a trovare il lavoro, è quella di 15-24 anni. Questa fascia rappresenta 10,6% della popolazione italiana che è disoccupata e ha molte difficoltà a trovare un lavoro.

► Scadenza contratti precari: migliaia di lavoratori in allarme

Secondo l’Istat su base annua la disoccupazione generale è cresciuta molto con circa mezzo milione di disoccupati in più rispetto all’anno precedente. L’istituto di statistica ha mostrato come dal 2007 gli uomini occupati sono diminuiti di circa 746 mila unità e il tasso di occupazione maschile è passato dal 66,3% al 70,8%.

► Rinnovo dei contratti di lavoro: i tempi di attesa secondo l’Istat

Le previsioni per il 2013 sono ancora negative e i dati della disoccupazione rischiano di essere ancora in aumento. C’è il problema della disoccupazione giovanile su tutti, ma non solo.

Per la Cgil i dati sulla disoccupazione sono la dimostrazione che la politica di rigore non è stata utile. Il sindacato parla di

fallimento delle politiche di solo rigore che hanno alimentato la recessione e le disuguaglianze e colpito prevalentemente le nuove generazioni, che ormai vedono un sostanziale blocco nell’accesso al lavoro.

Calciatori meno tassati in Italia

 Chi l’avrebbe mai detto che l’Italia sarebbe stata etichettata come un paradiso fiscale? E invece il momento è arrivato e tutto dipende dal settore calcistico, visto che i calciatori sono meno tassati nel nostro paese che altrove. In pratica soltanto “emigrando” con il cartellino in Francia oppure giocando nei campionati secondari, si ottiene un bello sconto sulle tasse.

I calciatori vogliono spesso lasciare il nostro paese perché all’estero le squadre riempiono gli stadi, perché il tifo è  migliore, perché ci sono più stimoli ma se ragionassero sulle tasse, sicuramente non si schioderebbero dalla loro rappresentativa di serie A.

L’unico modo per pagare meno tasse che in Italia, secondo una breve ricognizione delle imposte applicate alle rendite milionarie dei calciatori, sarebbe quello di emigrare nei campionati svizzero o slovacchi, oppure dedicarsi alle serie minori.

L’esempio fatto è quello di un calciatore che guadagni circa 2 milioni di euro in Italia, giocando in serie A. All’appuntamento con il fisco, il giocatore in questione, dovrebbe pagare tasse per 874 mila euro. Se la sua squadra facesse parte della serie A spagnola, le tasse da pagare salirebbero a un  milione di euro. Ma la situazione non migliora nella Premier League inglese o nella Bundesliga tedesca.

L’IRAP milionaria sul calciomercato