Aiuti Ue, è derby Spagna-Italia

Quella che sta vivendo l’Italia è la più grande e profonda recessione dal Dopoguerra ad oggi. L’Europa non può non essere preoccupata per l’increscere della crisi. Lo Spread è schizzato oltre i 350 punti e le problematiche di natura politica (Elezioni si? Elezioni no?) spaventano i mercati.

Gli esperti, così, intervengono per fare un punto (nero) della situazione:

“Disoccupazione alle stelle, famiglie sempre più povere, futuro politico incerto, e spread oltre i 350 punti. Il mercato è in stallo e l’economia fatica a crescere: la ripresa, purtroppo, si farà attendere a lungo.Senza contare che il bagno di sangue dello spread tra Btp e Bund tedeschi e il crollo della Borsa di Milano il 10 dicembre, non ha fatto che acuire le preoccupazioni dei leader dell’Unione europea”.

Il Corriere della Sera analizza così la situazione:

“Per adesso, non si tratta di scosse destabilizzanti: secondo Goldman Sachs, ieri ci sono state soprattutto chiusure di posizioni al rialzo prese da hedge funds e grandi fondi sovrani o istituzionali all’estero. Non si è ancora rivista la speculazione al ribasso contro l’Italia”.

Eppure, c’è chi dice che la strada è ancora lunga. Sicuramente è anche sterrata, ovvero difficile e complicata da percorrere. Le conquiste dell’ultimo anno depongono a nostro favore. C’è però da tenere in considerazione che abbiamo un avversario (per una volta non solo calcistico) con il quale fare i conti: la Spagna:

“Basti pensare che il 1 gennaio 2012 l’Italia pagava uno spread sui bond decennali di ben 200 punti base sopra Madrid, mentre anche dopo la catastrofe del 10 dicembre era 75 punti base al di sotto. Ciò significa che durante la stagione Monti, il costo del debito a 10 anni è sceso quasi del 3% rispetto alla Spagna. Ma questi passi avanti, secondo gli operatori di mercato, sono destinati a non durare, azzerando presto lo scarto fra i due Paesi.

E così Madrid teme la crisi partita da Roma, come ha sottolineato il 10 dicembre il ministro delle Finanze Luis de Guindos. Anche la compagnia francese di assicurazioni Axa, in una nota, ha sostenuto l’ipotesi: «Potrebbe essere l’Italia a fornire l’innesco perché la Spagna chieda l’aiuto dell’Esm (il fondo salvataggi, ndr)».

La strategia che Monti opera da mesi potrebbe quindi scoppiargli in mano. Il Professore, infatti, aspettava che fosse il Paese iberico a sperimentare il pacchetto di aiuti Ue. Così da potere scegliere più consapevolmente per l’Italia se il programma si fosse dimostrato utile”.

La crisi del debito soffoca imprese e banche

 Nonostante il CLI dell’Ocse indichi una svolta nella situazione economica italiana, la situazione rimarrà molto difficile almeno per tutto il prossimo anno.

A lanciare un ulteriore allarme è Confindustria, che parla di una recessione forte ancora per tutto il 2013 e di una lenta ripresa che si inizierà a vedere solo nel 2014. A mettere l’Italia in difficoltà sono i problemi che già ben conosciamo: la pressione fiscale troppo elevata, la mancanza di attrattiva del nostro paese per gli investimenti stranieri e, guardando la situazione dall’interno, la crisi del debito, che soffoca le speranze di risalita tanto delle banche quanto delle imprese.

La crisi del credito sta soffocando tanto le imprese quanto le banche e servono soluzioni di sistema che aiutino a riaprire il rubinetto del credito bancario e a rilanciare il mercato finanziario per raccogliere risorse a prezzi accessibili da immettere nel sistema industriale e sociale del nostro Paese, all’economia reale.

A dirlo è il vice presidente di Confindustria per il Centro studi, Fulvio Conti, che ribadisce:

In un anno – tra settembre 2011 e settembre 2012 – le aziende hanno subito un calo del 4% dei prestiti concessi per investimenti e ristrutturazioni del debito, mentre le banche hanno dovuto fronteggiare sempre maggiori difficoltà a coprire lo strutturale funding gap di 413 miliardi. Le banche italiane vantano crediti (con le pubbliche amministrazioni) che superano i 70 miliardi e hanno bisogno di capitali e finanziamenti non solo per sostenere e rilanciare gli investimenti, ma soprattutto per far fronte alla gestione corrente.

 

 

Ocse: crescita ancora debole ma si vedono i primi segni di svolta

Le ultime statistiche relative al CLI (Composite Leading Indicator, il superindice dell’Ocse che ha il compito di rilevare segnali anticipati di svolta del ciclo economico e le fluttuazioni dell’attività economica attorno al suo livello potenziale a lungo termine) del mese di ottobre mostrano, su una base di crescita generale anche se debole, dei percorsi divergenti delle principali economie mondiali.Nello specifico si segnala una “crescita debole” per Francia, Germania e area euro, in Italia e in Cina si parla di “inversione del ciclo” che “cominciano a emergere” e una crescita solida negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il complesso di queste divergenze, comunque, si traduce in una lieve espansione dell’indice che si assesta, per il quarto mese consecutivo, a 100,2 punti (con una variazione marginale dello 0,02% mensile e dello 0,14% tendenziale).

Il superindice italiano è migliorato dello 0,06% arrivando a 99 punti (-1,54% su base annuale) e quello cinese è cresciuto di 0,03% arrivando così a toccare i 99,6 punti (-0,80%). L’indice dell’Eurozona in ottobre ha segnato una contrazione dello 0,05% a 99,3 punti (-0,88% tendenziale). A livello internazionale il Brasile ha accusato un calo dello 0,11% a 99,3 punti (+0,91%), mentre India, Stati Uniti e Gran Bretagna danno evidenti segni di stabilizzazione.

Tre italiani su dieci a rischio povertà

Piove sul bagnato. Tre italiani su 10 sono a rischio povertà. Alla faccia di chi dice che la Crisi sta passando. L’economia stenta sempre di più e il Paese, risucchiato nel vortice delle future elezioni e dei bisticci tra politici e politicanti, rischia come non mai di crollare a picco.

Impietosa, a tal proposito, è l’analisi dell’Istat:

“Quelli che stanno peggio di tutti sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con tanti figli. Secondo il rapporto dell’Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. La situazione è peggiorata negli ultimi due anni e vivere in Italia oggi è peggio che stare in qualsiasi altro paese europeo. Nel 2011 l’indicatore è cresciuto di 2,6 punti percentuali rispetto al 2010 a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Come dire che basta ancora poco per finire nella peggiore delle condizioni possibili.”

Le azioni aumentano il valore dell’investimento

 Secondo alcuni analisti, per il 2013, avere un portafogli ricco di azioni è l’unica soluzione per garantirsi un reddito di una qualche entità. Tommaso Federici, per esempio, che è il Responsabile Gestioni di Banca Ifigest, intervistato dal Sole 24 Ore dice:

Nel 2013 aumenterà la volatilità dei portafogli, ma l’unico modo per avere un reddito interessante sarà puntare sull’azionario.

In base alla soluzione scelta, aggressiva, bilanciata o prudente, deve variare il contributo del pacchetto azionario. L’ideale è raggiungere il 18% per i portafogli prudenti, il 27% per quelli bilanciati e anche l’84% per i portafogli più aggressivi.

La percentuale annunciata comprende sia le azioni, sia i fondi, sia gli Etf. Per quanto riguarda il terreno “fisico” dell’investimento, ancora una volta torna il ritornello per cui l’Eurozona sarà più redditizia e che l’Italia, addirittura, potrebbe essere il paese maggiormente esplosivo, in grado di trainare tutti gli altri.

La situazione finanziaria, infatti, sta cambiando: la stretta creditizia è giunta alla sua fase finale e sono ricominciati gli investimenti. Molte aziende riprenderanno a funzionare e questo farà sì che la spesa aumenti.

E per chi del Vecchio Continente non si fida, non resta che sperare nell’America dove potrebbe essere risolta la questione del fiscal cliff entro l’anno, oppure sarà necessario puntare tutto sul miglioramento delle condizioni in Cina e in Brasile.

Stage: solo uno su dieci si trasforma in lavoro

La situazione che emerge dallo studio condotto da Unioncamere attraverso il sistema informatico Excelsior conferma quello che i giovani italiani sanno già molto bene: le aziende che, dopo il primo periodo di stage, offrono un contratto di lavoro sono pochissime. Nello specifico, solo un giovane su dieci riesce ad ottenere ilo tanto agognato posto di lavoro dopo aver prestato servizio gratis all’interno dell’azienda.

Nonostante gli stage e i tirocini siano delle modalità di formazione molto utilizzate da aziende e società italiane (molto sfruttate dalle grandi aziende, quelle con più di 500 dipendenti, meno dalle aziende più piccole), il paradosso è che dopo la fine del periodo di formazione questa forza lavoro fresca e preparata viene rispedita a casa. Succede in condizioni normali, e succede, a maggior ragione, in periodi di difficoltà economica come quello che stiamo vivendo.

A parità di richieste di stagisti e tirocinanti, quest’anno ad essere riconfermati sono stati 32 mila e cinquecento giovani, contro i 38 mila dello scorso anno. Il comparto in cui è più facile trovare uno stage e essere riconfermati dopo è quello dei servizi (trasporto, logistica e magazzinaggio), male invece l’industria, la sanità e l’istruzione, comparti in cui la possibilità di rimanere a lavorare nell’azienda che ha ospitato lo stage oscillano tra il 28 e il 6%.

 

La crisi politica italiana fa tremare l’Europa

 Mario Monti ha giustificato le sue dimissioni, che arriveranno dopo l’approvazione della legge di stabilità, con la mancanza di quella maggioranza necessaria a sostenerlo elle profonde riforme del sistema italiano che ha tentato di mettere in atto:

Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato, non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile.

Parole molto chiare che ricalcano anche le impressioni dell’Europa su questo scossone politico. l’Unione Europea, infatti,  teme che le dimissioni di Monti possano segnare lo stop delle riforme fin qui attuate e, quindi, il ritorno alle condizioni di partenza. Come la stampa internazionale, l’Europa plaude all’operato del professore.

E’ Joerg Asmussen, membro tedesc0 del board della Banca centrale europea, a parlare:

Mario Monti in poco tempo ha saputo realizzare moltissimo, con lui l’Italia ha riconquistato la fiducia degli investitori, e il suo governo ha portato avanti il processo di consolidamento del Bilancio. Chiunque dopo le elezioni governerà l’Italia, un paese fondatore dell’Europa, dovrà proseguire sulla via del corso politico e di risanamento di monti con la sua stessa serietà.

La paura non è solo della Germania, le cui sorti sono legate a filo doppio con quelle dell’Italia, ma dell’Europa tutta che vede nel possibile ritorno di Berlusconi la perdita delle speranze di un risanamento dell’economia italiana, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.

Monti: “Non avevo alternative alle dimissioni”

All’indomani della conferma delle sue dimissioni, annunciate in primis al Quirinale sabato alle 21 e 30, Mario Monti ne parla, esordendo con una frase che sembrerebbe strappata a un celebre film di Spike Lee:

«Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e in ogni caso non potevo farne a meno, dopo quel che è successo. Ma sono preoccupato naturalmente non per me ma per quel che vedo».

Così il Premier spiega agli italiani le ragioni delle sue dimissioni. Spiegazioni date a chi lo ha contattato per un saluto.

Monti non è confuso, ma nel contempo non conosce il suo futuro al termine dell’esperienza di premierato. C’è chi lo vorrebbe nuovamente lì, alla guida tecnica del Paese. Monti, però, sottolinea:

«Se dovessi candidamente dire il mio sentimento oggi, direi che sono molto preoccupato. E non mi riferisco soltanto a quella parte politica da cui è venuto questo epilogo con le mie dimissioni. La mia preoccupazione è più generale».

La decisione di dare le proprie dimissioni successivamente all’approvazione della Legge di Stabilità, è maturata così:

«Ho maturato la decisione proprio durante il volo da Cannes a Roma, ricordando anche cosa aveva rappresentato per l’Italia Cannes lo scorso anno, con quel G8 all’inizio di novembre in cui il nostro Governo fu messo alle strette. La mia scelta, comunque, non ha avuto bisogno di un confronto politico. Non è vero che mi sono confrontato con gli onorevoli Bersani e Casini prima di andare al Quirinale. Non ne avevo il tempo e in qualche modo potrei dire che non ne ho avvertito la necessità. Nel senso che mi era ben chiaro cosa dovevo fare. Ecco perchè non ne ho parlato nemmeno con esponenti del Governo. Ho voluto confrontarmi solo con il capo dello Stato. Poi a cose fatte ho chiamato Bersani e Casini. E dopo anche l’onorevole Alfano».

Chiare e concise, le conclusioni di Monti:

«Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato. Non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile».

Imu, anche la Chiesa dovrà pagare entro il 17

In qualche modo è una sorpresa. Certo è che Enti No Profit Chiesa dovranno pagare già da quest’anno l’Imposta Municipale Unica e dovranno farlo entro e non oltre il 17 dicembre come tutti gli italiani (25 milioni di proprietari).

A dare la notizia ufficiale è il Dipartimento Delle Finanze, il quale ha fugato ogni dubbio con  la diramazione di una circolare. A scanso di equivoci, qualcuno pensava o voleva pensare che la Chiesa avrebbe iniziato a pagare l’Imu da fine 2013, si paga già da quest’anno per tutti. Entro il 17. Chiesa e No Profit incluse.

Ad inquadrare per bene la situazione e i suoi effetti positivi è il Centro Studi di Confcommercio, il quale conferma anche la stangata fiscale in arrivo sulle tredicesime

“Un ciclone di tasse da quasi 10 miliardi in un mese, tra Imu, auto, canone Rai,  il doppio di un anno fa, con l’imposta sulla casa che traina il nuovo bottino. Al punto tale che  si calcola il gettito finale Imu in una forbice tra 24 e 28 miliardi, ovvero tra 3 e 7 in più delle stime del governo. Un tesoretto andrebbe usato  per scongiurare l’aumento dell’Iva tra sette mesi”.

Il presidente Giorgio Napolitano, nel frattempo, intervenendo al direttivo Anci in Campidoglio, si schiera per un ritorno totale dell’imposta sul territorio:

“C’è poco da fare, voi sindaci avete ragione: l’Imu deve andare ai Comuni e deve rappresentare la base della vostra autonomia”.

Il Decreto Milleproroghe ci sarà anche quest’anno

Il Governo Mario Monti sembra ormai essere giunto al capolinea, ma nella corsa contro il tempo per l’approvazione degli emendamenti presentati, figura un decreto che sarà inserito in extremis nel ddl Stabilità, e che potrebbe giovare ad una fetta consistente di italiani.

Stiamo parlando del decreto Milleproroghe, il quale potrebbe passare alla storia come uno degli ultimi approvati dall’esecutivo nella sua breve vita.

Si tratta di un decreto che solitamente viene approvato dal Governo alla fine dell’anno e quest’anno rischia di non vedere la luce. Da qui sorge l’idea e l’esigenza di inserire nel ddl per la stabilità tutte le proroghe necessarie, mediante due emendamenti studiati ad hoc.

Ecco cosa ha dichiarato in proposito il senatore del Popolo delle Libertà, Paolo Tancredi:

“Il Milleproroghe verrà inserito nella legge di Stabilità. Ci sarà così anche la possibilità di trovare una soluzione per il problema dei precari. Abbiamo poi presentato, come relatori, un emendamento che prevede il rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e del fondo per gli ammortizzatori, che viene riportato a un miliardo e 300 milioni di euro. Infine, lunedì presenteremo un emendamento che prevede il trasferimento dell’Imu ai Comuni. Con questi primi emendamenti in accordo con il governo, si cercherà di risolvere alcune questioni in discussione da parecchio tempo”.