In arrivo la stangata per il ceto medio

Il ceto medio italiano rischia di essere messo in ginocchio dalle troppe voci economiche in uscita.

Si pensi all’Imu (fresca di introduzione), agli aumenti dell’Iva, all’incremento delle accise su benzina, all’addizionale Irpef regionale sui nuclei italiani.

Volendo fare un conto unico, parliamo di un aggravio fiscale pari a 726 euro pro-capite. Ogni famiglia dovrà pagare tanto in più rispetto al 2011. Una vera e propria stangata, che arriva peraltro nel momento di salute peggiore della crisi.

Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia di Mestre, rileva:

“Se si continua ad agire solo sulla leva fiscale siamo destinati ad avvitarci in una crisi dalla quale difficilmente riusciremo ad uscirne in tempi brevi”.

Perché la situazione rischia di tramortire l’intero ceto medio? A spiegarlo è proprio Bortolussi, il quale commenta i dati Cgia:

“Le simulazioni su tre tipologie di famiglie realizzate dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, alla luce delle novità fiscali introdotte sia dal Governo Berlusconi che da quello Monti, mostrano, ad esempio per un giovane operaio senza familiari a carico, con un reddito poco inferiore ai 20.000 euro e con un’abitazione di 60 mq, un aumento del prelievo fiscale pari a 405 euro. Particolarmente pesanti sono gli aumenti riconducibili all’impennata di accise e Iva sui carburanti (+199 euro) e all’introduzione dell’Imu sulla prima casa (+120 euro). Nel 2013 la maggiore tassazione sul 2012 sarà di 55 euro e scenderà a 16 euro nel 2014. Al termine del triennio, rispetto al 2011, questo operaio pagherà 477 euro euro in più”.

 

La crisi frena i consumi, ma non gli acquisti online

Il rovescio della medaglia della crisi. Gli italiani fanno i conti con un aumento generalizzato delle imposte, al quale per moltissimi si aggiunge il pagamento dell’Imu, da realizzare entro e non oltre il prossimo 17 dicembre.

I consumatori sono sempre più alle prese con tasse e debiti, ai quali dedicano una parte consistente della loro tredicesima. Quella parte che, nella più rosea delle previsioni vorrebbero destinare ai consumi.

Questi ultimi, come fa notare Confcommercio, sono invece (e ce lo si aspettava) in calo di 0,22 miliardi. Confesercenti evidenzia:

“Nel complesso gli italiani spenderanno per Natale 36,8 miliardi, oltre il 3% in meno rispetto al 2011 quando furono 38 miliardi. Con un risparmio che parte dalla spesa in regali, il budget medio scenderà a circa 550 euro, e arriva ai viaggi di fine anno”.

La crisi non ‘tocca’, però, i cenoni. Gli italiani, si sa, rinuncerebbero a tutto ma non al piacere di riempire la propria tavola di ogni ben di Dio.

La novità del 2012, tuttavia, è un’altra. Frenano i consumi ma il rovescio della medaglia dice che crescono e di gran lunga per giunta gli acquisti online. In rete ci sono oltre 5 milioni di compratori. Mezzo milione in più rispetto al 2011.

Pare addirittura che il 34,5% di loro comprerà più regali dello scorso anno, con volumi di vendita in grado di superare i 10 miliardi di euro. Alla faccia (l’altra faccia) della crisi.

Grilli ‘vede’ uscita dalla crisi

Innegabile: a novembre cassa integrazione ha fatto registrare un aumento del 5,1% rispetto a ottobre scorso e del 27,5% rispetto a novembre dello scorso anno.

E’ innegabile quanto afferma l’Inps:

“Nei primi 11 mesi si è superato il miliardo di ore (1.004 milioni), con un aumento dell’11,8% rispetto allo stesso periodo del 2011 (erano 898 milioni). Nel mese sono state autorizzate 108,3 milioni di ore di cassa”.

Ma il ministro Grilli non crede che l’Italia finisca nel baratro:

“I mercati ci guardano, il lavoro continua. L’Italia non è nel baratro.Sappiamo che sicuramente la situazione è difficile Siamo intervenuti in un momento di grande difficoltà, per l’Italia e per l’Europa, e abbiamo fatto molti progressi. Il nostro compito, finché questo governo ha il mandato di farlo, è di impegnarci, con spirito di servizio, per riuscire a introdurre e, continuare a farlo, quelle riforme che sono indispensabili per il successo dell’Italia”.

E a chi gli chiede come rapportare tutto ciò all’economia, Grilli risponde ribadendo:

“I mercati stanno sempre a guardare, noi e l’Europa, quindi dobbiamo stare sempre attenti, sempre impegnati e continuare a proseguire, con serietà, il nostro lavoro. Questo è quello che mercati e comunità internazionale stanno guardando e vorrebbero che continuassimo a fare”.

Intanto Draghi evidenzia i segnali positivi provenienti da Francia, Germania e Italia:

“Le prospettive macroeconomiche dell’area euro rimangono deboli, ma vi sono segnali di miglioramento della fiducia, come quelli giunti dall’indice Ifo tedesco e dalle statistiche dell’istituto Insee francese e dall’Istat per l’Italia. Anche in Italia la survey sui produttori del manifatturiero a novembre è migliorata più del previsto a novembre. Continueremo a monitorare”.

Tutte le tasse del Governo Monti

Il Governo Monti ha spinto molto sulle entrate tributarie erariali, al punto da aumentare di 12.000 miliardi gli introiti nelle casse dello Stato. Le nuove imposte riguardano chi possiede una macchina aziendale, una seconda casa, chi investe i propri risparmi, nonché pensionati, dipendenti, liberi professionisti e imprenditori.

Mario Monti ha pensato a tutti. Le tasse istituite dal suo esecutivo saranno attive a partire dal gennaio del 2013 ed avranno effetto intorno al prossimo luglio. Il rischio è che le prestazioni sanitarie aumenteranno. Il Premier nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme in merito.

Ecco, dunque, l’elenco di tutte le imposte previste dal Governo Monti, divise per settori:

TASSA SUI RIFIUTI

Iniziamo da una buona notizia. Non ci sarà più la Tarsu non ci sarà più, ma sarà sostituita da un’altra tassa: la  Tares. Come se non bastasse la Tares costerà molto di più. Va dunque in pensione la precedente imposta relativa ai rifiuti solidi urbani, rimpiazzata da una tassa che ingloba anche i “servizi indivisibili”: illuminazione, sicurezza, strade. La Tares sarà applicabile a tutti gli immobili in ragione di 30 centesimi a metro quadrato elevabili, se sarà il comune a deciderlo, a 40 centesimi. Tutti, dunque, pagheranno la Tares: aziende e proprietari di immobili. Per le aziende, secondo Confcommercio,la Tares rappresenta un aumento medio del 290 per cento rispetto a quanto pagavano precedentemente con la Tarsu.

Confcommercio da alcuni esempi per comprendere meglio i costi della Tares:

“Una pizzeria al taglio di 100 metri quadrati pagava 401 euro che nel 2013 diventeranno 3.038 euro. Un ristorante di 200 metri quadrati passerà da 802 euro a 4.734: quasi sei volte in più. Per quanto riguarda le abitazioni, il rincaro sarà come minimo di 32 euro l’anno, ma il conto finale dipende dall’esosità del comune”.

PENSIONI

Tagli alle pensioni: uno riguarda i poveri, uno i ricchi. Ecco la spiegazione degli esperti:

“Il decreto salva Italia stabilì il blocco della rivalutazione delle pensioni per la parte che supera di tre volte il minimo, cioè oltre i 1.440 euro lordi al mese. Il blocco ha riguardato il 2012 e si ripete nel 2013. E siccome nel 2013 è possibile (diciamo: probabile) che l’iva aumenti ancora, è possibile (diciamo: probabile) che aumenti anche l’inflazione rendendo più pesante la riduzione del potere d’acquisto. Il secondo intervento riguarda, invece, i ‘ricchi’. Chi riceve un assegno annuo superiore ai 90 mila euro pagherà una tassa di solidarietà del 5 per cento per la parte compresa fino ai 150 mila euro; del 10 per cento per la parte compresa tra i 150 mila e i 200 mila euro; del 15 per cento per chi incassa dai 200 mila euro l’anno in su. Certo, per i veri ricchi sarà più difficile gridare all’ingiustizia. L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, per esempio, incassa ogni mese 31.411 euro, che fanno circa 376 mila euro l’anno, e pagherà un contributo di solidarietà di 26.500 euro circa. L’ex dirigente Telecom Mauro Sentinelli, che invece di euro ne incassa 90 mila al mese (avete letto bene: al mese), pagherà all’incirca 176 mila euro di contributo di solidarietà”.

IMMOBILI

Eccoci a parlare di Imu. Si pagherà lunedì 17 dicembre.

Ecco ci calcoli matematici da fare per capire quale saldo versare se si è proprietari di un secondo immobile:

“Su un’abitazione di categoria A2 e di 110 metri quadrati l’Imu da pagare, ha calcolato la Cgia di Mestre, è di 337 euro. Su una seconda casa dello stesso tipo l’imposta oscilla tra 798 e 1.113 euro. Mentre gli esercizi commerciali pagheranno in media 569 euro in più di quanto pagavano con la vecchia Ici. Gli uffici pagheranno 949 euro in più e le fabbriche addirittura 1.565 euro in più. E questo considerando l’ipotesi che i comuni applichino l’aliquota più bassa, perché se applicheranno quella più alta il proprietario di un capannone viene a pagare qualcosa come 3.844 euro. Inoltre nel 2013 cala il bonus fiscale sulle ristrutturazioni edilizie. A giugno di quest’anno il governo aveva aumentato dal 36 al 50 per cento la quota delle spese deducibile dalla dichiarazione dei redditi. Da giugno 2013 si torna al 36. Scende anche la quota detraibile per gli investimenti a favore del risparmio energetico (come, per esempio, i doppi vetri): dal 55 per cento attuale si passa, dal 1° gennaio, al 50 e poi, dal 30 giugno, al 36 per cento”

AFFITTI

Minori sconti per le case date in affitto. Perché? Perché su 1.000 euro degli euro incassati come canone d’affitto il proprietario precedentemente poteva dedurre dall’Irpef il 15 per cento (e quindi pagava le tasse sull’85 per cento del canone). Dal prossimo anno, però,  la quota deducibile scenderà al 5% e dunque le tasse si pagano sul 95 per cento di quanto si incassa.

TOBIN TAX

Discorso delicato, da affrontare leggendo il parere degli esperti e seguendo il filo del ragionamento:

“La tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2013 (ma i tedeschi, dopo averla sponsorizzata, ora pensano di rinviarne l’applicazione al 2016). Contrariamente a quanto si crede, se venisse applicata anche ai titoli derivati (i titoli di stato ne restano esclusi, ma la discussione al Senato è ancora aperta), non servirà per fare pagare di più le banche e le istituzioni finanziarie, ma rischia di essere una rasoiata sui conti delle imprese. Se da una parte è vero che proprio questi titoli (ipersofisticati e di difficile lettura perfino per chi li vendeva, oltre che per chi li comprava) hanno amplificato la crisi finanziaria scoppiata in America nel 2008, dall’altra è anche vero che sono strumenti utili per le imprese. Facciamo un esempio pratico. Uno dei tanti derivati scambiati in Italia si chiama Schatz e il suo valore dipende dall’andamento di un paniere di titoli di stato tedeschi del valore totale di 110 mila euro e della durata media di 2 anni. Quando un imprenditore vuole proteggere dalle oscillazioni dei tassi d’interesse il proprio debito, che potrebbe aumentare o diminuire il valore proprio in virtù dei tassi di mercato, può andare in banca e comprare uno Schatz: spendendo 360 euro protegge 110 mila euro di debito. Una tassa dello 0,05 per mille sui derivati non verrebbe però calcolata su 360 euro spesi, ma su 110 mila. Quindi per ogni derivato si pagherebbero in tasse 55 euro più altri 55 euro quando lo si vende. Spesso questi derivati vengono comprati e venduti ogni 3 mesi e ciò significa, altro esempio, che se il debito da difendere è di 1 milione, l’imprenditore dovrebbe pagare una tassa annua di 4 mila euro. Risultato: l’impresa fa a meno dei derivati, correndo rischi altissimi, e contribuisce a rendere il mercato finanziario nazionale rachitico alimentando quello dei paesi che hanno regole diverse”.

AUTO

Quello del settore auto è un nodo che preoccupa il Governo e non poco. Monti ha varato ben tre manovre. Chi possiede una sola automobile pagherà di più la tassa sull’auto. Coloro che utilizzano l’auto aziendale ai fini lavorativi non dedurranno più il 40% dal costo del contratto di leasing. Dal gennaio del 2013, infatti, potranno dedurre soltanto il 20%.

In secondo luogo, le aziende che forniscono un’auto ai propri dipendenti non potranno più dedurre il 90 per cento del contratto di leasing. A partire dal prossimo anno potranno dedurre il 20% in meno. Non finisce qui, poiché le novità riguardano anche la dichiarazione dei redditi. Da essa si poteva dedurre il 100 per cento della tassa sulla salute che viene pagata nei contratti Rc. Ma ormai si sa, il  2013 è foriero di novità in tutti i sensi e a tal proposito ci sarà una franchigia di 40 euro sotto la quale non si dedurrà nulla.

IVA E BENZINA

La parola agli esperti:

“L’Italia si è impegnata con l’Europa a chiudere il bilancio del 2013 in pareggio. Come fare? Semplice: il prossimo governo, se non trova in altro modo 4,9 miliardi, dovrà utilizzare la possibilità lasciata aperta dal governo Monti di aumentare in luglio l’iva ordinaria al 22 per cento dall’attuale 21. Si tratta, appunto, di circa 4,9 miliardi prelevati dai consumi degli italiani che farà aumentare i prezzi dei servizi professionali, delle automobili e dei prodotti di elettronica. Ma, soprattutto, farà aumentare il prezzo della benzina, che è già stata tartassata da un aumento dell’accisa di 10 centesimi e da un precedente aumento dell’iva, dal 20 al 21 per cento, a settembre. Attenzione poi: il governo ha previsto di creare un megafondo da 4,9 miliardi per finanziare il trasporto pubblico locale alimentandolo anche con una quota di compartecipazione alle accise iva sui carburanti delle regioni. Tradotto: a ogni regione è stata confermata la facoltà di aumentare le accise sui carburanti”.

 

Su Piazza Affari pesa la politica

 La politica italiana ha finito con il condizionare l’andamento della Borsa. Piazza Affari nella giornata di ieri ha risentito molto delle notizie relative al possibile cambio in corsa del premier. La fine dell’era Monti non piace e lo spread vola di nuovo sopra i 300 punti fino a quota 333.

I fatti. Nella giornata di ieri gli scambi della Borsa di Milano sono stati condizionati dal fatto che il Governo ha presentato in parlamento il maxiemendamento al Decreto Sviluppo e il PdL non ha dato l’appoggio al documento. Con l’uscita del PdL dalla maggioranza, adesso, Monti deve decidere se dimettersi ed andare al Quirinale. 

L’ipotesi delle elezioni spaventa i mercati e così lo spread risale di circa 5 punti percentuali. Si capisce allora che nei giorni passati, il calo dello spread era legato alla fiducia riposta nell’esecutivo tecnico che guida l’Italia. E’ bastata una piccola dose d’incertezza per mandare tutto all’aria.

Il Ftse Mib ha perso lo 0,75 per cento e la gran parte dei titoli ha reagito molto male a questa “inversione di tendenza” del mercato. Per esempio il titolo Saipem ha perso il 6,70 per cento. Perde quota anche A2A e vanno male i bancari, soprattutto Ubi Banca e MPS che perdono rispettivamente il 2,77 e il 2,44 per cento.

Squinzi: “Aziende italiane devono puntare su import/export”

Tutti colpiti dalla crisi economica. Sia i giovani sia i pensionati. Tutti pagano a caro prezzo il disagio di questi ultimi tempi. Precariato e imprese sono due rette parallele che non si incontrano mai. Così la crisi continua a fare effetto e mietere vittime.

La notizia che molte multinazionali sono in fuga dall’Europa non è dunque la più brutta della settimana, ma le fonti ufficiali provano a cercare i rimedi. O meglio, provano a correre ai ripari. Colpa della burocrazia?

E le aziende italiane, invece, come stanno? Stanno a galla ma provando molta difficoltà ed è tempo di trovare una soluzione. A pensarci è Squinzi, Presidente di Confindustria che durante una conferenza presso l’Ambasciata italiana a Bruxelles fatta per ricevere il Premio Europa 2012 ha dichiarato:

“Resiste il ‘made in Italy’ e per questo motivo le aziende pensano a investire all’estero cercando nuove quote di mercato. Appare fondamentale accelerare il rafforzamento dell’Euro, che si basi su una Banca centrale europea con più poteri. Mi preme sottolineare l’importanza del calo dello spread, che secondo me porterà a meno manovre per raggiungere il pareggio di bilancio”.

Squinzi si è anche soffermato a discutere di diversi nodi politici che strangolano l’Italia da qualche mese.

 “Io quello che mi auguro è che esca dalle urne un governo forte con una base parlamentare solida che riesca a superare gli scogli delle navigazioni parlamentari che stiamo vedendo ad esempio con il decreto sulla crescita, sulla stabilità e sulla delega fiscale. Non so cosa riusciremo a portare a casa in questa legislatura”.

Stabilità, Berlusconi boicotta Monti

Pesante dietrofront del centro-destra. Ed ora? Il Governo Monti rischia di cadere dopo il sì del Senato alla fiducia sul maxiemendamento messa dall’esecutivo sul decreto sviluppo. Il Popolo delle Libertà, uno degli azionisti della maggioranza successiva allo scioglimento del Governo Berlusconi, si è però astenuto.

Un chiaro segnale che Berlusconi e i suoi non sostengono più l’esecutivo Monti?

Molto probabile. Tutto sarebbe successo dopo un’intervista televisiva in cui il Ministro Corrado Passera avrebbe bocciato il ritorno in politica del ‘Cavaliere’.

Così, il Popolo delle Libertà ora vuole far cadere il Governo Monti.

Nel pomeriggio lo ha confermato anche Fabrizio Cicchitto:

“Confermo il passo indietro del Pdl nel sostegno al Governo Monti, e in particolare all’atensione dal voto del gruppo per non far mancare il numero legale, elencando una serie di dati negativi (dall’aumento della pressione fiscale al rallentamento dell’economia e all’incremento della disoccupazione), ma ribadendo l’interesse comunque ad approvare la legge elettorale e il ddl Stabilità. Ogni partito fa i conti con la sua base sociale, spiega, noi la facciamo con la rivolta che é in corso da parte dei piccoli imprenditori, commercianti e artigiani che ci dicono che la misura é arrivata a un livello”.

Nuovo crollo degli investimenti nel 2013

L’Ance, Associazione nazionale costruttori edili, lancia l’allarme. Nel 2013 non vi sarà una ripresa economica, bensì un crollo degli investimenti che continuerà a mietere vittime dal punto di vista dell’occupazione.

La crisi brucia gli impieghi, ne ha già bruciato 360.000, afferma l’Ance:

 “Si tratta un dramma che si consuma nel silenzio e che è paragonabile a 72 Ilva di Taranto, 450 Alcoa, o 277 Termini Imerese. Considerando anche i settori collegati emerge con tutta evidenza il rischio sociale a cui stiamo andando incontro, infatti, la perdita occupazionale complessiva raggiunge circa 550mila unità. La situazione è drammatica”,

Parole dure quelle del presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti:

“In media le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate dopo 8 mesi e le punte di ritardo superano ampiamente i due anni. Il patto di stabilità interno, continua a rappresentare la principale causa di ritardo nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Nei prossimi dodici mesi proseguirà la fase di caduta con una riduzione degli investimenti in costruzioni del 3,8% in termini reali rispetto al 2012, Si aggrava lo scenario economico, anche per via dell’allungamento dei tempi necessari per l’avvio di alcuni provvedimenti contenuti nel dl Sviluppo e dei programmi infrastrutturali approvati a livello nazionale e locale”.

Multinazionali in fuga dall’Europa

Le multinazionali sono pronte a lasciare il meridione d’Europa e a volare verso altri lidi. Un esodo che sa di minaccia, che porterà a una mancanza di capitali e a un calo dell’innovazione.

I Paesi del Vecchio Continente provano a ribellarsi, manifestando il bisogno disperato di avere nelle proprie zone le grandi aziende mondiali per uscire dalla crisi e risolvere problemi annosi quali debito e recessione.

Il Wall Street Journal, intanto, lancia l’allarme e cita alcuni esempi di multinazionali in fuga. Tra queste figura Kimberly Clark, azienda leader nel settore dei pannolini per bambini.

Il calo delle nascite sta costringendo Kimberly Clark a chiudere le proprie sedi europee. Merck, Alcoa e Ppr la seguiranno presto. Ppr, peraltro, di recente ha annunciato che taglierà i posti di lavoro in Spagna, diminuendo il proprio quadro del 20%.

Sulle pagine del Wall Street Journal si legge:

“Dall’inizio dell’anno ci sono stati segnali di debolezza degli investimenti esteri diretti in Europa del Sud. Nei primi sei mesi dell’anno, il ritiro di investimenti in Italia è arrivato a 1,6 miliardi di dollari, al netto dei nuovi fondi affluiti. Dal 2007, gli investimenti esteri diretti sono calati del 38% in Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, con gli investitori che spostano le proprie risorse verso i paesi emergenti”.

La burocrazia, soprattutto in Italia, scoraggia gli imprenditori. Uno dei casi lampanti e Decathlon, azienda francese ben radicata nel territorio, la quale ha rinunciato ad aprire una sede immensa nei pressi di Milano. Era un investimento da 25 milioni di dollari, che non si farà.

Italia ai primi posti nella classifica dei Paesi più corrotti

Corruzione e Italia fanno quasi rima. Il Nostro Paese perde altre tre posizioni nella speciale classifica globale che riguarda le Nazioni più a rischio. Ogni anno, a tal proposito, Trasparency International pubblica un rapporto di monitoraggio della situazione mondiale.

Su una scala che va da 0 a 100, l’Italia è scesa al settantaduesimo posto, a quota 42 punti, un gradino sopra la Tunisia.

In fatto di corruzione, qualora questa fosse una magra consolazione, c’è chi sta addirittura peggio. E’ il caso della Grecia, che ha perso ben quattordici posizioni scivolando al novantaquattresimo posto con 36 punti, al pari della Colomba.

Trasparency International, Ente responsabile dello studio in questione fa nota che la corruzione colpisce una fascia particolare di Nazioni:

“Il fenomeno della corruzione si verifica in quei paesi maggiormente affetti dalla crisi economica e finanziaria. Colpite in modo minore dalla congiuntura economica, Germania e Francia si piazzano rispettivamente 13ma e 22ma con punteggi superiori a 70”.

Tra i paesi più virtuosi, a quota novanta punti, vi sono la Nuova Zelanda, la Finlandia e la Danimarca.

In posizione di fanalini di coda troviamo (a conferma della teoria fornita da Trasparency International) Afghanistan, Corea del Nord e Somalia, Nazioni che occupano la 174ma ed ultima posizione della graduatori, dopo aver totalizzato soltanto otto punti.