Esodati, le nuove proposte da parte del Governo

  A breve ci sarà un nuovo incontro per pensare alle sorti degli esodati e “non tradire quella promessa contratta con i cittadini nel giorno dell’insediamento del Presidente del Consiglio Letta” come sottolineato dal segretario confederale Cgil Giuseppe Braglia.

I marchi dell’eccellenza italiana svenduti all’estero per Uil Pa – Eurispes

 Negli ultimi anni abbiamo visto molte aziende italiane, spesso di eccellenza, diventare straniere. Aziende nate in Italia e comprate da gruppi estere.
Uil Pubblica Amministazione e Eurispes hanno pubblicato uno studio proprio sulla vendita delle aziende del made in Italy che rappresentano la crisi del nostro Paese. Aziende che offrono l’immagine migliore dell’Italia nel mondo grazie alla competenza artigianale e alla capacità che affonda le sue radici nella storia. Aziende che hanno vissuto un periodo di crisi e che sono state vendute a gruppi stranieri che spesso hanno saputo rivalorizzare il marchio e rilanciarlo sul mercato.
I dati riguardano gli ultimi 20 anni e riguardano 130 marchi.
I marchi sono suddivisi per le quattro macro aree alimentare e bevande, che contiene 43 aziende; abbigliamento e moda, con 26 aziende; automazione e meccanica, con 16 aziende; e arredo e casa, con 9 aziende. Inoltre, c’è la categoria altro con 36 aziende dei settori telecomunicazioni, chimica, edilizia, energia e gas ecc.
Negli ultimi anni, le aziende italiane che sono state intaccate dalla crisi economica sono molte. E spesso si parla di aziende della migliore tradizione imprenditoriale d’Italia. Il Presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara ha affermato che non è solo la crisi economica ad avere influito, ma anche “l’iperburocratizzazione della macchina amministrativa, una tassazione iniqua, la mancanza di aiuti e di tutele e l’impossibilità di accesso al credito bancario. L’intreccio di tali fattori ha inciso sulla mortalità delle imprese creando una sorta di mercato “malato” all’interno del quale la chiusura di realtà imprenditoriali importanti per tipologia di produzione e per know-how si è accompagnata spesso a una svendita (pre o post chiusura) necessaria di fronte all’impossibilita’ di proseguire l’attività.
Molte di queste aziende sono quindi passate a gruppi esteri spesso non al costo adeguato.
Il Segretario Generale Uil Pa Benedetto Attili ha detto che “La svendita della nostra rete produttiva quindi ci impoverisce sia dal lato economico, poiché siamo costretti giocoforza a vendere a un prezzo inferiore rispetto a quello reale sia per la perdita di asset immateriali, a volte di difficile quantificazione economica, perché vengono meno la tradizione, l’esperienza e la storia insita in ciascuna delle aziende di cui ci priviamo.
Tra le più importanti aziende italiane vendute all’estero ci sono le seguenti.
Settore alimentare. Sperlari, Martini & Rossi, Cinzano, Vecchia Romagna, Caffarel, Stock, Birra Peroni, Star, Eridania, Norcineria Fiorucci, Ruffino e Gruppo Gancia.
Settore automazione e meccanica. Zanussi, Pirelli Optical Technologies, Saeco, Atala, Ducati Motor Holding, Lamborghini.
Settore moda e abbigliamento. Fiorucci, Mila Schon, Conbipel, Sergio Tacchini, Fila, Coccinelle, Ferreè, Miss Sixty-Energie, Lumberjack e Valentino.

Groupon è alla ricerca di personale anche inesperto

 Groupon Italia, il sito web che è attivo nella vendita di coupon relativi a prodotti, servizi ed esperienze, da la possibilità di fare quello che per molti potrebbe un impiego molto piacevole: essere pagati per testare le sue offerte e per scrivere le recensioni su un blog. Fra le cose da provare ci saranno cene, soggiorni all’estero, trattamenti benessere e altro ancora. Insomma, un attività che sembra un sogno!

Le banche italiane mostrano una leva finanziaria ridotta rispetto a quelle europee

 Mentre si va completando il processo di unificazione bancaria tra i diversi istituti del Vecchio Continente, sulla base delle nuove direttive europee che arriveranno a completamento nei prossimi mesi e riscriveranno l’assetto bancario dell’Europa, le attenzioni internazionali in questo momento sono puntate sulla leva finanziaria dei vari istituti di credito. 

Per Confesercenti le spese di Natale saliranno rispetto allo scorso anno

 In Italia le difficoltà economiche sono ancora presenti e si sentono tra i cittadini, ma in questo Natale le spese sono in crescita rispetto allo scorso anno. Gli italiani sono alle prese con i regali di Natale e anche quest’anno dovranno limitare gli acquisti perché la tredicesima servirà soprattutto per pagare conti in sospeso e tasse. Per Confesercenti, c’è però una crescita del numero di italiani che questo Natale spenderanno di più dell’anno scorso quantificata in 5,4 milioni di persone.
Il Natale e i regali sono un rito a cui gli italiani difficilmente si sottraggono. Gli italiani spenderanno in media 170 euro per i regali secondo i dati di Confesercenti che arrivano dal sondaggio commissionato a Swg. Gli italiani che spenderanno di più rispetto al 2012 sono quindi il 12%, la prima crescita dal 2010 che potrebbe testimoniare una maggiore fiducia anche se la situazione economica non è ancora vista con grande tranquillità. Di contro gli italiani che hanno dichiarato di volere spendere meno sono in diminuzione passando dal 64% al 57%. Certo il fatto che circa un italiano su due abbia dichiarato di volere spendere meno del 2012 non è un dato che mostra una economia stabile, ma la diminuzione del dato può significare una ripresa anche di fiducia nel futuro.
Da una parte, quindi, la crisi economica, ma dall’altra la voglia di fare i regali anche se limitati e meno importanti. I dati di Swg-Confesercenti di mostrano che si risparmierà per i regali a se stessi dal 15% al 16% e per quelli al partner dal 5% al 6%. E si risparmierà anche per i regali ai bambini dall’8% al 9%. Per i regali agli amici cercherà di risparmiare il 14% degli italiani e per quelli ai parenti il 16%.
Crescono gli acquisti via internet che è utilizzato dal 21% degli italiani. La crescita rispetto al precedente anno è del 5%. In crescita anche gli acquisti nei piccoli negozi e nei mercatini, un dato che non si vedeva dal 2010.

Opportunità di investimento in Slovenia per l’Italia

 La Slovenia prosegue la sua politica di privatizzazioni e per l’Italia possono aumentare le possibilità di investimenti nel vicino Paese anche grazie ai rapporti che sono molto buoni. Il Presidente della Slovenia Alenka Bratusek conferma queste possibilità e le privatizzazioni che si stanno pianificando per il prossimo anno. Il Presidente Bratusek ha affermato: “All’inizio del prossimo anno renderemo nota la nostra strategia per gestire questo programma e diremo quali partecipazioni manterremo, che cosa venderemo e cosa è strategico nell’ambito di questo piano di privatizzazioni”.

Il Presidente Bratusek ha parlato nel corso dell’incontro per la firma della partecipazione della Slovena a Expo 2015. Nel contesto dell’ambito dell’Italia-Slovenia Investment Forum, Bratusek ha quindi detto che i rapporti con l’Italia non sono stati mai così buoni come in questo periodo.

L’Italia è il secondo partner commerciale della Slovenia e il terzo investitore nel Paese. Lo scorso anno gli investimenti in termini di intercambio commerciale sono stati di 6,4 miliardi. Il sistema fiscale solveno vantaggioso spinge molte piccole e medie imprese italiane a investire nello Stato ex Jugoslavia. Bratusek ha aggiunto l’importanza della “capacita’ di innovazione e la manodopera qualificata della Repubblica Slovena”. Il Presidente della Repubblica Slovena ha poi detto: “Credo, comunque che ci siano ancora molte opportunità da sfruttare nella collaborazione tra i due paesi. Degli 11,7 miliardi di euro di investimenti esteri nella Repubblica Slovena l’Italia copre solo il 7%. Oltre al processo di privatizzazione in corso nel Paese vi sono altri canali a disposizione degli investitori italiani per ampliare questa collaborazione che devono essere sfruttati ancora di più. Il governo sloveno promette tutta la sua collaborazione per abbattere eventuali ostacoli”.

Ancora in salita la pressione fiscale in Italia

 La pressione fiscale è giunta al 44% del Pil nazionale, in aumento rispetto al 42,5% del 2012. Questo porta l’Italia al quarto posto in Eurolandia, cioè nella classifica che raggruppa i Paesi che hanno adottato l’euro.

Pressione fiscale troppo elevata in Italia

 In Italia continua ad aumentare la pressione con l’inevitabile stagnazione dell’economia che non riesce a ripartire. Dal Supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia emerge che le tasse sono aumentate nel 2013 rispetto al 2012.

Per il Censis italiani infelici per realtà sociale e lavorativa

 Il Censis mostra un’Italia sfiduciata e infelice che corre all’estero alla ricerca di serenità e opportunità. Un quadro non proprio piacevole. Il presidente del Censis Giuseppe De Rita e il direttore generale Giuseppe Roma in occasione del 47esimo hanno parlato di italiani “sciapi e infelici” e fatto vedere i dati secondo cui gli italiani che nell’ultimo anno si sono trasferiti in altri Paesi sono aumentati del 28,8%.
Per il Censis l’italiano medio rischia il crollo dopo essersi adattato alla crisi economica degli anni passati. Ha imparato a sopravvivere rimettendo tutto in discussione, dagli stili agli interessi. Ora, però, si mostra l’immagine di una società infelice dove non c’è fermento, ma furbizia, immoralismo, evasione fiscale, disinteresse e poca abitudine al lavoro. L’infelicità emerge anche dalle disuguaglianze sociali in crescita e dalla minore coesione sociale. I ricercatori del Censis hanno elaborato un quadro spietato e per nulla confortante mostrando anche la crescita dello scontento e del rancore nella popolazione italiana data dalla minore equità.
Andare all’estero è spesso una conseguenza di questa situazione economica, lavorativa e sociale. Il Censis mostra come in dieci anni gli italiani che si sono trasferiti all’estero sono più che raddoppiati, dai 50 mila del 2002 ai 106 mila del 2012. L’aumento più alto si è visto in questo ultimo anno.
La questione del lavoro è poi una di quelle principali che rende l’italiano infelice. Il Censis rileva come 3,5 milioni di persone vivono una realtà lavorativa basata sul precariato con contratti a termine, occasionali o collaborazioni. Gli italiani che cercano lavoro ma ancora non lo hanno trovato sono 4,4 milioni.