Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

 I lavoratori autonomi che si iscrivono alla Gestione Separata dell’Inps, accettano di provvedere autonomamente al versamento periodico dei contributi per maturare la pensione, ma le modalità di calcolo e di accredito dei contributi, essendo la Gestione Separata una cassa previdenziale particolare, sono un po’ diverse da quelle dei lavoratori autonomi.

Reddito e minimale contributivo nella Gestione Separata

Diversamente dalla Gestione Artigiani e Commercianti, per la Gestione Separata non esiste un minimale Inps da pagare, ma a somme che periodicamente viene stimata come parametro per gli artigiani e i commercianti, qui viene assunta come misura di riferimento per la copertura contributiva.

Infatti, la Gestione Separata dell’Inps prevede che i contributi versati vengano accreditati per mesi sulla base dell’importo corrisposto all’Istituto (che si calcola con ad aliquote diverse per tipologia di lavoratore): i redditi che superano il minimale saranno in grado di coprire i 12 mesi di contribuzione, mentre quelli sotto soglia contribuiranno in proporzione al loro importo totale.

In questo secondo caso i contributi versati saranno accreditati a decorrere dal mese di gennaio, indipendentemente dal mese o dai mesi dell’anno in cui i compensi vengono percepiti, tranne che per il primo anno di iscrizione alla Gestione Separata, quando l’accredito contributivo parte con il mese di iscrizione.

Quindi, per la Gestione Separata, diversamente da quanto accade per Agricoltori e Commercianti, non esiste un contributo minimo fisso uguale per tutti ma solo un reddito minimo di riferimento su cui calcolarlo.

Guida alla Gestione Separata dell’Inps

Quali lavoratori devono iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps?

I redditi esclusi ed esenti dalla Gestione Separata dell’Inps

Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

Le aliquote di finanziamento della Gestione Separata

Aliquote contributive e massimali per il 2013

 

I redditi esclusi ed esenti dalla Gestione Separata dell’Inps

 La Gestione Separata dell’Inps nasce per dare ai lavoratori autonomi che non appartengono a specifici albi o ordini di avere una cassa dove poter versare e far maturare i contributi per la pensione e l’assicurazione.

Ma non tutti i redditi possono concorrere alla determinazione dell’imponibile e al relativo calcolo dell’importo da versare all’Inps.

In base al principio di cassa e all’equivalenza tra imponibile fiscale e contributivo, sono esclusi dall’assicurazione nella Gestione Separata, le seguenti tipologie di redditi:

– redditi da lavoro dipendente e assimilati;

– redditi d’impresa;

– redditi diversi.

I redditi esenti dalla Gestione Separata

Dal momento che la Gestione Separata dell’Inps è una cassa assicurativa e previdenziale a carattere residuale, i redditi che hanno già una tale copertura sono esenti. Tra questi ci sono i redditi per i quali si è già contribuito presso altri enti o casse previdenziali o presso altre gestioni pensionistiche Inps.

Con la riforma Dini, inoltre, sono state create apposite casse professionali per professioni che ne erano sprovviste, mentre alcune sono state incluse in quelle già esistenti. Quindi, non devono iscriversi alla Gestione Separata i lavoratori che percepiscono compensi per attività autonome come chimici, agronomi e dottori forestali, geologi, attuari, infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d’infanzia, psicologi, biologi, periti industriali, periti agrari ed agrotecnici, giornalisti professionisti e pubblicisti.

Guida alla Gestione Separata dell’Inps

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Gestione Separata, principio di cassa ed equivalenza imponibile fiscale e previdenziale

 La Gestione Separata dell’Inps, la cassa previdenziale nata nel 1995 con la Riforma Dini per provvedere a dare una copertura previdenziale per i lavoratori autonomi e i professionisti che non hanno uno specifico album o ordine, e quindi la relativa cassa previdenziale.

Con l’iscrizione alla Gestione Separata il lavoratore autonomo si prende la responsabilità del versamento dei contributi previdenziali atti al raggiungimento dei requisiti per la pensione. La contribuzione e la relativa pensione per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata dell’Inps sono calcolati in base a due principi fondamentali: il principio di cassa e l’equivalenza tra l’imponibile fiscale e quello previdenziale.

Il principio di cassa

Il principio di cassa fa sì che i compensi del lavoratore che concorrono a formare il reddito imponibile sono quelli percepiti nell’anno solare nel quale sono stati percepiti, indipendente dal momento in cui sono stati inseriti.

Equivalenza fra imponibile fiscale e previdenziale

Per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’Inps la base imponibile per il calcolo del contributo alla cassa previdenziale è calcolata secondo le stesse regole per l’individuazione dell’imponibile Irpef (l’importo che risulta dalla dichiarazione dei redditi e dagli accertamenti definitivi).

Guida alla Gestione Separata dell’Inps

Quali lavoratori devono iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps?

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Obblighi fiscali e costi: quando conviene aprire la Partita Iva?

 Aprire una Partita Iva è conveniente solo quando i guadagni del lavoratore autonomo sono sufficienti a coprire i costi di gestione della Partita Iva.

I costi di gestione della Partita Iva

Gli obblighi fiscali della Partita Iva

Oltre questi, nel soppesare i pro e i contro dell’apertura di una Partita Iva, non va dimenticato di mettere sul piatto della bilancia anche il suo costo burocratico, che consiste, per lo più, degli obblighi fiscali.

Tra questi ci sono, naturalmente, l’obbligo dell’emissione della fattura ogni volta che si riceve un pagamento, la compilazione dei registri contabili che contengono tutto lo storico delle fatture emesse e ricevute, la liquidazione dell’Iva e la sua dichiarazione annuale tramite Modello Unico o gestione separata.

► Come si apre la Partita Iva?

Quindi, conviene aprire una Partita Iva?

Come anticipato la convenienza dell’apertura della Partita Iva dipende soprattutto da quanto si pensa di guadagnare in un anno. Per compensi totali che non superano i 5.000 euro all’anno, la Partita Iva è altamente sconsigliata perché il reddito sarebbe appena sufficiente per coprire i costi di gestione e le tasse. In questi casi è meglio scegliere altre modalità di pagamento, come la ritenuta d’acconto.

Per un reddito imponibile stimato tra i 5 e i 30 mila euro all’anno potrebbe essere conveniente, se si rientra nei limiti di età, l’apertura di una Partita Iva con il regime dei minimi.

Costi di gestione della Partita Iva

 Avere una Partita Iva è una richiesta sempre più frequente tra i datori di lavoro. Si cercano figure professionali non dipendenti, da pagare con un compenso alla consegna del lavoro assegnato, senza doversi fare carico degli obblighi contributivi a favore di questo.

Il professionista a Partita Iva gestisce da sé la sua posizione fiscale e contributiva, ma non sempre questo è un male. La Partita Iva può anche essere vantaggiosa, a patto, però, che i compensi che si ricevono siano tali da coprire le spese di gestione della Partita Iva.

► Come si apre la Partita Iva?

Infatti, aprire una Partita Iva non ha nessun costo, i problemi si manifestano per il suo mantenimento: vediamo nello specifico quali sono.

I costi di gestione della Partita Iva

I costi di gestione della Partita Iva sono di due tipi: da un lato le spese per la gestione della contabilità da parte di un professionista e, dall’altra, le quote di iscrizione alle Camere di Commercio – per le categorie per le quali è prevista, con un importo medio tra gli 80 e i 100 euro all’anno – tasse e tributi.

Questi ultimi sono:

– Inps: calcolata al 27% del reddito imponibile, più un eventuale conguaglio se questo risulta superiore ai 13.819 euro in un anno;

– Irpef e Irap, da calcolare in base al reddito.

► Obblighi fiscali e costi: quando conviene aprire la Partita Iva?

Come si apre la Partita Iva?

 In questo periodo di disoccupazione alle stelle, molti aspiranti lavoratori decidono di cambiar la loro situazione mettendosi in proprio. Per farlo è necessario l’apertura di una Partita Iva, che ci identifichi come lavoratori autonomi o come imprenditori individuali.

► Chi può avvalersi del regime dei minimi per l’apertura di una Partita Iva?

È da questa differenziazione che si parte per iniziare le procedure di apertura della Partita Iva, quindi cerchiamo di capire qual è la differenza tra le due situazioni: il lavoratore autonomo è un libero professionista, che può essere iscritto ad uno specifico albo o meno, che lavora in proprio per diversi committenti; se, invece, ci si vuole dedicare ad attività come artigianato o commercio si è classificati come imprenditori individuali.

Nel caso di apertura di Partita Iva per lavoratori autonomi è necessario provvedere alla compilazione del Modello AA9/11 che si può scaricare, con le relative indicazioni per la sua corretta compilazione, dal sito dell’Agenzia delle Entrate.

Una volta compilato, il Modello AA9/11 deve essere inviato all’Inps, anche per via telematica, dal lavoratore stesso o da un intermediario abilitato.

► Come funziona il regime delle nuove iniziative produttive per l’apertura di una Partita Iva?

Se invece la nostra attività risulta essere nel campo dell’artigiano o del commercio e quindi si è classificati come imprenditori individuali, si ha l’obbligo di iscrizione al registro delle imprese e l’apertura della Partita Iva dovrà essere fatta alla camera di commercio.

Approvata la legge per i professionisti senza albo

 Osteopati, interpreti, grafologi, sociologi, tributaristi, kinesiterapisti, councelor, amministratori di condominio e molte altre professioni che sono emerse negli ultimi venti anni finalmente possono fare riferimento per il riconoscimento e per l’esercizio della loro professione ad un albo comune.

Ieri, infatti, la commissione Attività produttive della Camera ha approvato la legge “Disposizioni in materia di professioni non regolamentate” con 20 voti favorevoli, due contrari e un astenuto, grazie alla quale sono state definite delle regole (non obbligatorie) per le loro attività nel mondo del lavoro.

Si tratta di un buon numero di lavoratori autonomi (la cifra esatta è ancora avvolta nel mistero, c’è chi dice che siano un milione e mezzo, per altri invece, almeno tre milioni) che hanno trovato il loro riconoscimento e un sentiero comune per l’esercizio professionale.

la legge approvata dalla Commissione, comunque  non impone nulla ai lavoratori che, quindi, saranno liberi di scegliere se seguire le regole proposte o continuare ad esercitare in modo autonomo. Non è previsto neanche l’obbligo di iscrizione ad albi o associazioni, ma nel momento in cui si decide di farlo si dovranno rispettare le regole previste dagli ordinamenti specifici.

Gli ordini già esistenti, però, non sembrano essere molto contenti della decisione, e, soprattutto nel caso di commercialisti e psicologi, è stato sottolineato il pericolo di confusione che potrà nascere per questo indiscriminato del termine professionista, che questa legge estende anche a coloro che non hanno sostenuto un esame di stato.