I bonus sono milionari, le buonuscite sono d’oro. Poi ci sono premi alla carriera e una pioggia di “azioni-omaggio”.
Manager
I viaggi e le passioni dei manager italiani
I manager italiani sono costantemente in viaggio. Per via dell’esigenza di cercare opportunità per fare affari laddove si cresce, visitano i mercati internazionali con sempre maggior frequenza.
Una normativa europea sugli stipendi dei manager?
Le società quotate dell’Unione europea dovranno ottenere l’approvazione degli azionisti sulle retribuzioni per i loro top manager. Questa è la proposta di un progetto di legge volta a rendere le imprese più responsabili verso gli investitori e in grado di affrontare la loro indignazione per gli alti aumenti di stipendi dei manager.
Il capo dei servizi finanziari Michel Barnier ha proposto di realizzare la legge per i 28 Paesi dell’Ue che riguarda i diritti degli azionisti e la pianificazione aziendale. Barnier vuole mantenere la retribuzione dei manager in linea con le prestazioni di una società, a seguito di una protesta pubblica contro gli enormi aumenti salariali per alcuni top manager in un momento di alta disoccupazione e austerità per gran parte dell’Europa.
► Lupi risponde a Moretti sugli stipendi dei manager pubblici
In Francia, dove gli azionisti non hanno voce in capitolo sulla remunerazione dei dirigenti, la retribuzione è aumentata del 94 per cento tra il 2006 e il 2012, mentre i prezzi medi azionari sono diminuiti di un terzo. In Italia c’è una situazione abbastanza simile. Barnier ha comunque affermato che l’obiettivo non è impostare i salari per le imprese in generale in quanto non siamo più in un’economia di comando. Il suo piano è tra le ultime misure di politica su cui dovrà decidere il Parlamento europeo che sarà rinnovato il prossimo mese. Le misure devono essere approvate dai membri dell’Ue e dal Parlamento europeo per entrare in vigore.
In base alle proposte, circa 10 mila aziende quotate in Europa dovrebbero pubblicare informazioni chiare e comparabili sulla loro politica di remunerazione per i dirigenti e cercare il supporto degli azionisti ogni tre anni. La politica sulla retribuzione deve spiegare come contribuisce agli interessi a lungo termine della società e indicare un importo massimo di retribuzione per i dirigenti.
Stipendi dei manager, dal 1° aprile scattano i primi tagli
Sono giorni difficili questi per i manager italiani, e presto ne arriveranno di ancor più complicati. La presentazione del piano di spending review del commissario Paoletti ha evidenziato la necessità di redistribuire e razionalizzare le spese dello Stato e delle società partecipate, pienamente in line con quanto voluto da Matteo Renzi che vuole limitare gli emolumenti dei dirigenti alla stessa cifra guadagnata dal capo dello Stato, ovvero 239.181 euro lordi l’anno.
Lupi risponde a Moretti sugli stpendi dei manager pubblici
Il governo ha deciso di affrontare la questione degli stipendi dei manager pubblici. Qualche giorno fa sono state fatte affermazioni circa la necessità di contenere gli stipendi e da tempo si parla di un tetto massimo degli stessi. Ancora non ci sono proposte di tagli specifici ma queste potrebbero arrivare dalla scelta da fare nella lista del commissario Carlo Cottarelli.
L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Moretti aveva risposto in maniera pungente a quanto proposto dal governo, divulgando il suo stipendio annuale di 850 mila euro e affermando di non essere disposto a tagli di stipendio. Un’esternazione che ha creato abbastanza risentimento in alcune associazioni di consumatori e in diversi cittadini. Non tanto lo stipendio, quanto la sua riposta di non esser disposto alla decurtazione ha suscitato le critiche. Il Codacons ha detto di essere pronto a comprargli il biglietto.
► L’utile delle Ferrovie dello Stato
Alle parole di Moretti ha risposto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che ha affermato: “Credo che se un manager ha voglia di andare via è libero di trovare sul mercato chi lo assume e uno stipendio maggiore”. In modo un po’ ironico, il ministro Lupi ha aggiunto che Moretti “è un manager efficiente, ma se il padrone, in questo caso lo Stato, decide che bisogna dare un segnale nella direzione dei cittadini, siamo in un mercato libero e se Moretti vuole andare alle Ferrovie tedesche può farlo”.
La replica del ministro Maurizio Lupi è quindi un messaggio per tutti i manager super pagati in Italia. La spending review si potrebbe applicare anche per i loro stipendi e chi non ci sta può andare a cercare un altro impiego.
Gli stipendi dei top manager continuano a non subire la crisi
Quanto guadagnano i banchieri europei? A dirlo il censimento sulle retribuzioni dei top manager e dei banchieri europei fatta dalla Autorità bancaria europea (Eba) che ha messo in luce come le retribuzioni di questi grandi banchieri non abbiano subito particolari mutazioni dopo lo scoppio della crisi economica.
Anzi, per molti di loro la retribuzione annua va ben oltre il milione di euro, nonostante molto spesso la stessa autorità abbia lanciato appelli ai top manager e alle banche dove prestano i loro servizi di adeguare le retribuzioni al particolare momento storico.
A guadagnare oltre un milioni di euro all’anno sono 3.500 banchieri che operano principalmente in Inghilterra, ma non mancano certo nomi italiani nella lista dei paperoni stilata dall’Eba.
► Nuove regole per la scelta dei top manager
Le retibuzioni sono molto alte in tutti i paesi europei per questo tipo di incarichi, ma il loro livello varia molto in base al paese e alle mansioni svolte. Secondo l’Eba, infatti, i top banker britannici hanno retribuzioni che possono arrivare anche a 2 milioni di euro all’anno, mentre in Italia non si supera il milione e 600 mila euro. Va bene anche ai top manager del ramo asset management (2,22 milioni), ai banchieri del retail (1,82 milioni) e agli operatori dell’investment banking (1,6 milioni).
Banchieri italiani, la classifica dei più ricchi
1. Antonio Vigni: 4 milioni di euro (Monte dei Paschi)
2. Enrico Cucchiani, 3 milioni di euro (Intesa Sanpaolo)
3. Renato Pagliaro, 2,59 milioni (Mediobanca)
4. Alberto Nagel, 2,47 milioni (Mediobanca)
5. Federico Ghizzoni, 1,94 milioni (Unicredit)
6. Roberto Nicastro, 1,77 milioni (Unicredit)
7. Victor Massiah, 1,5 milioni (Ubi Banca)
8. Giovanni Bazoli, 1,08 milioni (Intesa Sanpaolo)
10. Andrea Beltratti 1,08 milioni (Intesa Sanpaolo)
Un tetto per gli stipendi dei manager di Rai, Anas e Ferrovie
In tempi di crisi tutte le componenti dello Stato sono chiamate a fare la propria parte. Chi più, chi meno, secondo le proprie possibilità. E proprio a questo principio di equità si ispira l’ultimo provvedimento che il Ministero dell’Economia ha emanato in fatto di stipendi e di retribuzioni del pubblico impiego e che ha inviato in visione al Parlamento per la raccolta dei pareri.
L’obiettivo sarebbe infatti quello di porre un tetto agli stipendi dei manager che sono a capo delle grandi società dello Stato, tra cui, ad esempio, vi sono i nomi di Anas, Rai e Ferrovie.
> Taglio del 25% agli stipendi dei manager pubblici nel Decreto del Fare
Per questi dirigenti, dunque, il tetto alle retribuzioni sarebbe d’ora in avanti fissato ad un massimo di 294 mila euro, e un provvedimento simile dovrebbe investire anche gli stipendi degli amministratori delegati di altre 18 società controllate che rispondono sempre alle direttive del Ministero dell’Economia. Per queste ultime, però,le retribuzioni massime sono fissate da cifre che oscillano tra l’80% e il 50% del trattamento economico del primo presidente della Cassazione.
> Retribuzioni pubblico impiego bloccate fino al 2014
Il Tesoro ha infatti diviso e organizzato le società controllate in tre grandi gruppi, stabilendo parametri di intervento diversi per il taglio delle retribuzioni, che si basano su fattori oggettivi come
- il valore totale della produzione della società
- il valore degli investimenti
- il numero dei dipendenti.
Per ognuna di queste sono dunque previsti tetti alle retribuzioni diversificati, pari rispettivamente al 100%, all’80% e al 50% dello stipendio annuo percepito dal primo presidente della Cassazione.
Cosa fa e quanto guadagna un Proposal Engineer
Nella disamina delle figura manageriali che saranno più richieste da adesso ai primi mesi del 2014, la Michael Page, società di recruitment specializzata nella ricerca di figure manageriali di alto e medio livello, c’è anche il Proposal Engineer, una professionalità molto richiesta soprattutto dalle aziende che lavorano su commessa, ossia delle aziende che non hanno una produzione in serie, ma lavorano su progetti che sono spesso irripetibili e che durano per molti anni.
► Le figure manageriali più ricercate del 2013/2014
Cosa fa il Proposal Engineer
Il Proposal Engineer è una figura chiave per la scelta dei progetti da realizzare. La sua attività, infatti, consiste nello studio e nell’analisi delle proposte fatte.
Una tale figura manageriale si caratterizza per la velocità dei suoi processi decisionali: il Proposal Engineer deve capire i tempi stretti i costi e i benefici di eventuali progetti proposti o della partecipazione alle gare di appalto.
Per farlo, il Proposal Engineer analizza e studia i dossier delle gare d’appalto e i documenti contrattuali riguardanti le operazioni da valutare; è i grado di fare dei preventivi – su progetto o sul campo – con relativi costi da sostenere per la realizzazione, è in stretto contatto con fornitori e subappaltatori per studiare le soluzioni più efficaci e più convenienti per presentare offerte competitive, sia a livello economico che strutturale.
Il Proposal Engineer è una figura centrale per lo sviluppo di un’azienda che lavora su commessa, in quanto fa da tramite tra il cliente e il responsabile commerciale o il Project Director dell’azienda.
Quanto guadagna il Proposal Engineer
La retribuzione annuale di un Proposal Engineer va dai 40/50 mila euro fino ai 70.000. La differenza, come accade per tutte le figure manageriali, la fanno gli anni di esperienza.
Cosa fa e quanto guadagna un Export Manager
La crisi economica ha messo in ginocchio molte aziende, sia in Italia che all’estero. Soprattutto nel nostro paese, sono stati tanti gli imprenditori che non ce l’hanno fatta e che hanno chiuso bottega prima di poter vedere i primi segnali di ripresa dell’economia mondiale. Per chi ha tenuto duro ed è ancora sul mercato, l’esigenza primaria di questo momento è di trovare delle figure professionali che abbiano le competenze per andare oltre la crisi pur non avendo molte risorse a disposizione.
Secondo Michael Page, grande società di recruitment specializzata in figure manageriali presente anche in Italia, tra le fine del 2013 e l’inizio del 2014 le aziende italiane cercheranno molti Export Manager, ossia persone che siano in grado di accrescere la presenza aziendale sui mercati esteri.
► Le figure manageriali più ricercate del 2013/2014
Cosa fa l’ Export Manager
Il compito dell’ Export Manager è quello di accrescere il fatturato aziendale proveniente dai mercati esteri.
Per farlo, oltre alla conoscenza della lingua straniere usata nel paese, o nei paesi, di sua competenza, deve conoscere anche i mercati di quei paesi e quali sono i possibili concorrenti. Inoltre, in qualità di export manager, questa figura professionale deve anche essere in grado di interpretare i segnali dei mercati e provvedere a pianificare i giusti interventi e l’offerta migliore.
Gli Export Manager migliori, sono quelli che sono in grado di attuare delle partnership con le aziende locali al fine di un ulteriore sviluppo dell’azienda.
Quanto guadagna l’ Export Manager
La retribuzione di un Export Manager, al netto di eventuali bonus previsti dal contratto, va dai 45.000 euro all’anno per un manager con 5 anni di esperienza. La retribuzione cresce proporzionalmente all’esperienza, fino a raggiungere gli 80.000 annui.
Cosa fa e quanto guadagna uno Chief Technology Officer
Se un’azienda è in crisi, come accade a molte delle aziende italiane ed europee in questi ultimi tempi, le scelte che rimangono all’imprenditore sono due: chiudere battenti ed evitare ogni possibile rischio, oppure resistere e investire, magari su una figura professionale che sia in grado di trovare la strategia giusta al rilancio dell’azienda.
Tra le varie figure professionali che sono state individuate dalla Michael Page, società di recruitment specializzata nella ricerca e nella collocazione di figure manageriali di medio ed alto livello, come le più adatte – e anche le più ricercate dalle aziende in crisi – c’è il CTO, ossia lo Chief Technology Officer.
► Le figure manageriali più ricercate del 2013/2014
Cosa fa lo Chief Technology Officer
Uno Chief Technology Officer è specializzato in nuove tecnologie. Il suo lavoro consiste nel trovare le soluzioni tecnologiche migliori per la creazione, produzione e commercializzazione dei prodotti o dei servizi aziendali.
Conosce sia le tecnologie software che quelle hardware e, per fare al meglio il suo lavoro, deve anche saper gestire le figure professionali che di questo si occupano, in modo da farle lavorare in sinergia e fare in modo che le soluzioni trovate siano sempre funzionanti ed efficienti.
Uno Chief Technology Officer si occupa, infatti, di tutto il processo: dai progetti di sviluppo informatico dell’azienda, alla supervisione delle attività di mantenimento dei sistemi e dell’apparato infrastrutturale dell’azienda.
Quanto guadagna uno Chief Technology Officer
Le competenze necessarie allo svolgimento delle attività quotidiane di uno Chief Technology Officer, fanno sì che questa figura professionale possa ambire a retribuzioni che vanno dai 50.000 ai 90.000 euro all’anno, in base agli anni di esperienza accumulati.