Qualunque lavoratore dipendente, con la sola eccezione di quelli del settore pubblico e di quelli del settore privato, ha la possibilità di richiedere, in caso di particolari necessità finanziarie, un anticipo sulla propria liquidazione o trattamento di fine rapporto – TFR.
Occupazione
Che cosa è l’ anticipo sul TFR
Il TFR o Trattamento di Fine Rapporto, un tempo comunemente chiamato anche liquidazione, è l’ accantonamento contabile che viene corrisposto dal datore di lavoro a tutti i lavoratori dipendenti – con l’ unica eccezione di quelli statali e di quelli pubblici – al termine del rapporto di lavoro in questione, indipendentemente dalla causa della sua cessazione – dimissioni, licenziamento individuale o collettivo, etc.
I posti disponibili nella scuola per il prossimo anno
Il Ministero dell’Istruzione di concerto con il Ministero dell’Istruzione ha messo a punto alcune tabelle nelle quali viene indicato il numero dei posti disponibili per i docenti a partire dal prossimo settembre.
► La crisi dei finanziamenti universitari italiani
In totale, compresi anche gli insegnati di sostegno, a partire da settembre nella scuola italiana saranno disponibili 600.839 posti per i docenti.
Il Ministero dell’Istruzione, anche se si è ancora in attesa della comunicazione ufficiale, prevede che saranno immessi a ruolo almeno 15 mila insegnanti, metà dei quali arriveranno dagli ultimi concorsi e la restante metà dallo scorrimento delle graduatorie.
Dalle tabelle stilate dal Ministero dell’Istruzione, inoltre, emerge che c’è stato uno spostamento degli insegnati verso gli asili, le elementari e le superiori a discapito del numero delle cattedre previste per le scuole medie.
► Piano assunzioni scuola 2014/2017
Per quanto riguarda la ripartizione territoriale dei posti per insegnati disponibili a partire dal prossime settembre, va evidenziato un sostanzioso aumento dell’organico delle scuole della Lombardia (+638 unità) e dell’Emilia Romagna (+374). Per le altre regioni gli aumenti hanno riguardato la Toscana (+299), il Piemonte (+184), il Lazio (+162) e il Veneto (+158).
Meno docenti, invece, la Sicilia e la Campania che ne perdono rispettivamente 568 e 492 unità, seguite dalla Puglia (-353) e dalla Calabria (-281).
I requisiti per l’accesso alle agevolazioni per l’assunzione di giovani disoccupati
Con il Decreto Lavoro il Governo Letta ha messo a disposizione un fondo che servirà per incentivare l’occupazione dei lavoratori disoccupati.
Si tratta di due tipologie di intervento – che pur prevedendo delle agevolazioni contributive per il datore di lavoro – si configurano diversamente in base all’età dei lavoratori.
Infatti, le misure di incentivo del Governo, si rivolgono, da un lato, ai lavatori disoccupati con più di 50 anni di età, per i quali è stata prevista una riduzione della contribuzione a carico del datore di lavoro del 50%, e, dall’altro, ai giovani, con riferimento quasi esclusivo alla fascia di età 19-28 anni.
► Chi può usufruire degli incentivi Inps per l’assunzione di disoccupati over 50
Le agevolazioni per l’assunzione di giovani disoccupati
Avendo a disposizione un budget limitato, l’accesso alle agevolazioni è sottoposto a requisiti molti stringenti.
L’agevolazione prevista per l’assunzione di giovani disoccupati consiste in una riduzione di un massimo del 33% della retribuzione lorda complessiva fino a 650 euro al mese. Si può beneficiare delle agevolazioni per 18 mesi in caso di nuove assunzioni e per 12 mesi in caso di contratti a termine che vengono convertiti in un rapporto stabile a tempo indeterminato.
► Requisiti per le agevolazioni all’assunzione di donne disoccupate over 50
I requisiti per le agevolazioni per l’assunzione di giovani disoccupati
Per poter accedere alle agevolazioni per le assunzioni di giovani disoccupati, oltre all’aver assunto un giovane con età compresa tra i 18 e i 29 anni, si deve soddisfare almeno uno dei seguenti requisiti:
– il lavoratore, all’atto dell’assunzione, era senza un impiego regolarmente retribuito da più di 6 mesi
– il lavoratore non deve essere in possesso di diploma di scuola superiore o qualifica professionale
– il lavoratore deve vivere da soli e avere dei familiari a carico.
Le novità del Decreto del Lavoro per l’acausalità dei contratti a termine
Il Decreto Lavoro del Governo Letta ha modificato gli obblighi di causalità anche per la somministrazione di contratti a termine.
La precedente normativa in materia (Legge Fornero 92/2012) ha consentito di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato senza indicare la causale, regola che, con il DL 76/2013, è stata estesa anche alla somministrazione di lavoro a termine.
► I diritti del lavoratore con un contratto a termine
Inoltre, con il Decreto del Lavoro, si estende anche la possibilità di proroga per i rapporti di lavoro a termine acausali, che potranno essere rinnovati numero massimo di 6 volte entro il limite generale di 12 mesi.
Analizzando più a fondo la normativa sulla causalità dei contratti a termine, il Decreto del Lavoro ribadisce l’esenzione dall’obbligo di indicazione della causalità nella somministrazione di lavoro a termine in tutte le ipotesi definite dai contratti collettivi di qualsiasi livello.
Il Decreto Lavoro, poi, ha semplificato anche le somministrazioni di lavoro a termine per i lavoratori in mobilità e per quelli svantaggiati. Nel primo caso, il DL 76/2013, prevede che l’esenzione dall’obbligo di indicazione della causalità sia estesa anche ai contratti di somministrazione stipulati con lavoratori che percepiscono ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno 6 mesi.
L’esenzione dall’obbligo di indicazione della causale è esteso anche ai lavoratori svantaggiati – locuzione con la quale si indicano lavoratori che non hanno un impiego regolarmente retribuito d almeno dei mesi, coloro che non possiedono diplomi di scuola media superiore o qualifica professionale e gli occupati in settori con disparità uomo-donna superiore di almeno il 25% della media nazionale.
► La nuova disciplina generale del contratto di apprendistato
Allo stesso modo, l’esenzione è prevista anche per i contratti di somministrazione a termine che riguardino lavoratori con più di 50 anni, adulti che hanno una o più persone a carico, membri di minoranze linguistiche e tutti i lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi.
Sanzioni più alte per le ammende relative alla sicurezza sul lavoro
Dal 1° luglio 2013 è scattato l’aumento per le sanzioni e le ammende amministrative previste in caso di mancato rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro, rispetto a quelle precedentemente indicate dal TU sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
► Mini – guida del Ministero al Decreto Lavoro 2013: politiche del lavoro e politiche sociali
In questo testo si prevedeva che le sanzioni pecuniarie per contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro fossero rivalutate ogni 5 anni in base all’aumento dei prezzi rilevato dall’Istat.
Con il DL 76/2013, pur rimanendo valido la rivalutazione, ha specificato che l’autorità a cui spetterà la rivalutazione ogni cinque anni è solo il direttore generale della Direzione generale per l’attività ispettiva del ministero del Lavoro. A breve sarà pubblicato l’apposito decreto.
Per quanto riguarda l’importo delle multe, indipendentemente dalla rivalutazione in base ai dati Istat, il testo del DL 76/2013 indica che l’aumento previsto per le sanzioni pecuniarie riferite a contravvenzioni alle norme sulla sicurezza del lavoro, saranno aumentate del 9,6% a partire dal 1° luglio.
► I profili lavorativi più ricercati dalle agenzie per il lavoro
Con le maggiori entrate che ne deriveranno, il Governo si impegnerà nel finanziamento di iniziative di vigilanza di prevenzione e di promozione in materia di salute e sicurezza del lavoro, che dovranno essere effettuate dalle Direzioni territoriali del lavoro (Dtl).
Scende ancora il numero dei posti di lavoro
L’Italia si sta concentrando sui temi etici, quasi a preparare un’estate calda dal punto di vista delle discussioni ma un po’ povera dal punto di vista delle riforme. In fondo, al di là di quello che si sceglierà riguardo la legge sull’omofobia, l’eutanasia e quant’altro, in autunno il nostro paese dovrà fare i conti con 250 mila posti di lavoro in meno.
Rispetto al 2012 le statistiche parlano di 112 mila contratti in meno. Siamo quindi molto distanti da quanto profetizzato all’inizio dell’anno sulla ripresa economica. Il recupero dell’Italia, infatti, dovrebbe iniziare alla fine del 2013 ma non sembra possibile uno scenario di questo tipo.
►Entro domani la ricezione delle linee guida per gli stage
Basta dare un’occhiata ai consumi, all’andamento del prodotto interno lordo, ai livelli della produzione industriale e ai famosi dati sul lavoro. La preoccupazione per come stanno andando le cose, tra l’altro, è stata espressa da più attori.
►L’ INPS raddoppia la spesa per la disoccupazione
Casaleggio, il guru del Movimento 5 Stelle ha detto che presto ci saranno delle rivoluzioni nel nostro paese. Lo stesso Graziano Delrio ha sottolineato che tra qualche mese la situazione del Belpaese potrebbe peggiorare ancora. Secondo la CISL, infatti, la crisi economica non è mai finita e le conseguenze per tutte le categorie di lavoratori, sono indiscutibili.
Resta quindi da capire in cosa consistono le 750 mila assunzioni previste per il 2013.
Almeno 112 mila contratti in meno nel 2013
Entro la fine del 2013 il numero dei lavoratori italiani occupati diminuirà ulteriormente e i contratti di lavoro in essere subiranno una riduzione di almeno 112 mila unità. A rilevarlo è uno studio compiuto dagli esperti di Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro, sulla base dei dati forniti da Excelsior, che ha preso in considerazione le intenzioni di assunzione del mondo produttivo italiano e di quello dei servizi.
I 10 paesi dove si lavora per più ore all’anno
È vero, in Italia il lavoro, soprattutto per i giovani, è un’utopia. Ce n’è poco e quel poco che c’è è precario e, nella maggior parte dei casi, sottopagato. A questo si aggiunge che, quando un paese ha fame di lavoro, si tende a sottostare anche a delle condizioni che, in tempi diversi, non sarebbero mai state accettate, come, ad esempio, una retribuzione non equilibrata con il monte ore lavorato, la mancanza di garanzie e di diritti e molto altro.
► Anche i manager possono essere licenziati
Ma non è solo in Italia che esistono squilibri di tal genere. In Italia si lavora mediamente 1.776 ore all’anno, mentre in altre parti del mondo le ore lavorate sono molte di più, a fronte, inoltre, di stipendi medi più bassi.
L’Ocse, a questo proposito, ha stilato la lista dei dieci paesi al mondo nei quali si lavora per più ore ogni anno, lista nella quale l’Italia non compare.
I 10 paesi dove si lavora per più ore all’anno
10. Repubblica Slovacca: 1.749 ore di lavoro all’anno, con stipendio medio di circa 14.522 euro.
9. Giappone: 1.756 ore lavorative all’anno e stipendio medio di 25.765 euro.
8. Ungheria: 1.797 ore di lavoro all’anno, per uno stipendio medio di 14.803 euro.
7. Stati Uniti: 1.798 ore di lavoro all’anno, per uno stipendio medio di 41.469.
6. Polonia: 1.893 ore lavorative all’anno, per uno stipendio medio di 15.284 euro.
5. Russia: 2.002 ore lavorative annue, per uno stipendio medio di 11.642 euro.
4. Estonia: 2.021 ore di lavoro all’anno per uno stipendio medio di 13.193 euro.
3. Corea del Sud: 2.092 ore di lavoro all’anno per uno stipendio medio di quasi 30mila euro.
2. Cile: 2.102 ore di lavoro all’anno, per uno stipendio medio di 12.048 euro.
1. Messico: 2.317 ore di lavoro all’anno per uno stipendio medio di 7.528 euro.