In Italia troppe tasse sul lavoro secondo l’UE

 La Commissione Europea ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla tendenza della tassazione in Europa, rilevando come la situazione dell’ Italia risulti del tutto particolare rispetto alla media degli altri Pesi dell’Unione.

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In Italia, infatti, la pressione fiscale ha raggiunto, nel solo 2011, il 42,5%, diventando la sesta più alta di tutta l’ Unione Europea. A questi dati, inoltre, bisogna aggiungere il fatto che anche nel corso del 2012, periodo non rilevato dal rapporto, l’ introduzione di una nuova serie di imposte, quali l’ IMU, l’ Iva e le altre tasse regionali deve avere modificato ulteriormente la situazione.

Quanto dobbiamo lavorare per pagare le tasse?

Il rapporto della Commissione europea rileva, dunque, che il lavoro in Italia è molto più tassato, in generale, della proprietà privata, e questo porta sicuramente l’ Italia indietro sul piano della competitività rispetto ad altri Paesi europei caratterizzati da una pressione fiscale minore.

Il rapporto della Commissione Europea, tuttavia, mette in luce che l’ Unione è un sistema che si basa su una alta pressione fiscale. In Paesi quali la Svezia, ad esempio, quest’ ultima raggiunge il 50%. Ma le tasse vanno sempre considerate e valutate sulla base dei servizi che si ottengono in cambio.

Imprenditoria femminile in calo

 Se per il mercato del lavoro, come abbiamo avuto modo di sottolineare anche in altri articoli pubblicati in precedenza, le statistiche relative al mese di marzo sono  state purtroppo negative, perché i livelli delle retribuzioni sono rimasti fermi ai valori del mese precedente, anche per quanto riguarda il fronte dell’ imprenditoria, e dell’ imprenditoria femminile in particolare, non sono certo positive.

> Le retribuzioni a marzo 2013

L’ “Indagine Congiunturale sulle micro e piccole imprese femminili”, realizzata dalla Rete Imprese Italia Imprenditoria Femminile, ha diffuso, infatti, i dati relativi alla situazione delle imprese gestite da donne in Italia nel corso del primo trimestre  del 2013.

Ne è risultato che rispetto all’ ultimo trimestre dell’ anno passato è diminuita – dal 12,6% al 10,5% – la percentuale di imprenditrici che si sono rivolte ad un istituto di credito per avere un finanziamento per la propria azienda.

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Sono contestualmente aumentate, inoltre, le aziende rosa che sono non riuscite ad ottenere il credito richiesto, passate, sempre nell’ ultimo trimestre del 2013, dal 54% al 62%. Le imprenditrici che hanno visto invece accolte le loro richieste di finanziamento sono infine passate dal 23,8% al 17%.

La statistica denuncia quindi una non facile situazione di accesso al credito per tutto il comparto dell’imprenditoria femminile.

 

1,24 milioni di disoccupati in più dal 2007

 L’ Istat ha recentemente pubblicato nuovi dati relativi ad uno dei problemi sociali più importanti nel nostro Paese di questi tempi: quello della disoccupazione. La disoccupazione ha infatti raggiunto in Italia livelli molto alti rispetto ai suoi massimi storici.

1,5 milioni di disoccupati in più

L’ Istat ha calcolato, ad esempio, che a partire dal 2007, ovvero l’anno in cui si colloca l’inizio della crisi economica che tuttora investe il Paese, il numero dei disoccupati è salito di ben 1,24 milioni di unità, cosa che a livello percentuale si traduce in un raddoppiamento della quota di incremento percentuale, che è arrivato a toccare l’ 82,2%.

L’ Istat afferma inoltre che il maggior numero delle persone senza lavoro si trova al Sud, ma il maggior incremento percentuale si è invece potuto registrare al Nord, dove il tasso ha raggiunto il 121, 3%.

Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

La palma dell’ anno più nero per quanto riguarda la disoccupazione e il suo incremento, tuttavia, è andata, per il momento, al 2012, anno in cui si è avuto addirittura un 30,2%, con 636mila unità in più.

Al momento, dunque, al Sud risulta disoccupato il 46,9% della popolazione dei giovani  con una età compresa tra i 15 e i 24 anni, al centro il 34,7% e al Nord il 26,6%, per una media nazionale del 35,3%.

Le retribuzioni a marzo 2013

 L’ Istat ha recentemente pubblicato i dati relativi alla situazione delle retribuzioni italiane per il mese di Marzo 2013. Il quadro che se ne può dedurre è in linea con il particolare periodo di stagnazione economica che il Paese sta vivendo in questi mesi.

L’ Istat rileva infatti che le retribuzioni contrattuali anche nel mese di marzo sono rimaste ferme, e il loro aumento su base annua, pari circa all’ 1,4% resta comunque al di sotto della percentuale dell’ inflazione che ha raggiunto il valore dell’ 1,6%.

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Il bollettino Istat conferma dunque il blocco della crescita congiunturale  delle retribuzioni per il secondo mese di fila, dopo quello che si era già verificato a febbraio 2013, descrivendo il primo trimestre dell’anno come un trimestre particolarmente lento da questo punto di vista.

Stipendi italiani al di sotto della media di Eurolandia

Per quanto riguarda invece le retribuzioni orarie contrattuali, queste hanno subito nel mese di marzo un incremento tendenziale dell’ 1,8%, che ha interessato soprattutto il settore privato, mentre, se unito con quello della pubblica amministrazione, il tasso di crescita si attesterebbe solo sull’ 1,2%.

Numerosi sono i contratti in scadenza tra i prossimimesi, tra cui quelli del settore moda, dei pubblici esercizi e del settore turistico-alberghiero. In tutto, in Italia, a marzo vi sono stati 44 accordi in scadenza e 5,3 milioni di persone in attesa di rinnovo.

Incentivi al lavoro: ci sono le leggi ma non i decreti attuativi

 L’ultima notizia per quanto riguarda gli incentivi al lavoro è che poche ore il Ministero del Lavoro ha firmato il decreto per l’individuazione delle aree geografiche che presentano disparità di genere per fare in modo che le aziende di questi territori possano iniziare a beneficiare degli sgravi del 50% se assumono donne senza lavoro.

► Firmato il decreto per incentivare l’occupazione femminile

Un ottima cosa, peccato però che a questa firma non sia seguita la pubblicazione del decreto attuativo che rende effettiva la possibilità di usufruire degli sgravi fiscali previsti dal provvedimento.

E’ un problema che si sta verificando per quanto riguarda tutte le nuove norme che prevedono degli incentivi per l’impiego di giovani disoccupati o per il reinserimento nel mondo del lavoro di coloro che ne sono usciti per licenziamenti da crisi.

Come spiega il consulente del lavoro Alessandro Rota Porta intervenendo oggi a Salvadanaio, i provvedimenti sono fermi sul tavolo della Corte dei Conti, l’Istituzione che dovrebbe provvedere alla ratifica dei relativi provvedimenti.

Questo determina uno stallo della situazione che lascia le imprese che vorrebbero assumere, proprio perché ci sono degli incentivi, e i disoccupati appesi ad un filo, in attesa di una possibilità che tarda ad arrivare.

Il meccanismo si inceppa perché questi provvedimenti attuativi non sono mai contenuti nella norma che disciplina questi incentivi, ma sono delle emanazioni a singhiozzo: un po’ come se ai datori di lavoro lo stato consegnasse un’automobile a cui manca il volante, e quindi non la si può mandare avanti. Il problema è nel completamento di queste procedure. La riforma è entrata in vigore nel luglio 2012, siamo ad aprile 2013 e i datori di lavoro, di fatto, non possono ancora godere di questi bonus che sono stati introdotti. Le regole del gioco sono falsate.

► Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

Stessa situazione anche quando in gioco c’è l’Inps: in riferimento agli incentivi previsti per l’assunzione di over 50, è proprio l’Inps che dovrebbe dare le istruzioni operative, in questo caso non serve un decreto attuativo, ma tutto è ancora fermo e le imprese non possono andare a scomputare gli sconti dal versamento della contribuzione.

1 milione di famiglie senza redditi da lavoro

 Secondo i dati Istat riferiti al 2012, ci sono nel nostro paese circa un milione di famiglie che non hanno redditi da lavoro e più della metà di queste famiglie sono al sud, il 51,8 per cento. Poi ci sono le famiglie del Nord, circa 303 mila e infine quelle del Centro, soltanto 157  mila.

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Un altro dato che emerge dal report Istat è che tutti i componenti attivi che partecipano al mercato del lavoro sono disoccupati. In pratica ci sono 995 mila famiglie dove tutti i componenti del nucleo sono in cerca di occupazione. Il numero dimostra di essere 32,3 volte più grande che nel 2011.

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Nel giro di un anno, quindi, le famiglie che possono essere raggruppate sotto l’etichetta di “senza lavoro” sono cresciute di 233 mila unità. Ma di chi stiamo parlando nel dettaglio? 234 mila famiglie sono formate da uomini e donne single. Poi ci sono 183 mila famiglie monogenitore e 74 mila coppie senza figli. Chiudono la lista 419 mila coppie di famiglie con figli e 45 mila famiglie che appartengono ad altre tipologie.

Per tutte queste persone il disagio lavorativo si traduce in un disagio economico.

Le nuove scadenze per gli esodati

 Gli esodati hanno tempo fino al 21 maggio per inoltrare la domanda relativa al loro beneficio. Gli esodati interessati dal secondo decreto sono circa 55 mila ed hanno poco più di un mese per fare la domanda di accesso al beneficio fiscale previsto dal governo.

Lo staff della Fornero, nelle scorse settimana ha cercato di capire quali sono gli esodati interessati da questo secondo step ed ha inviato agli stessi, tramite l’INPS, una precisazione riguardo l’invio della domanda. Intanto, nelle aule della politica si parla già di terzo decreto.

Guida alla richiesta di tutela per gli esodati all’Inps

La scadenza è fissata al 21 maggio e ad inoltrare la domanda ci saranno circa 40 mila lavoratori che hanno fatto richiesta dell’assegno di mobilità o della cassa integrazione entro il 2011.

7440 lavoratori, intanto, hanno già ottenuto il via libera per il versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre del 2011. Loro matureranno i requisiti contributivi entro il 31 dicembre dell’anno prossimo.

Martedì 16 il terzo decreto per gli esodati

Possono inoltre fare domanda i 1600 lavoratori che hanno aderito al Fondo di solidarietà e poi i 6000 lavoratori che sulla base di un accordo individuale o di un accordo collettivo hanno finito il rapporto di lavoro ottenendo un incentivo all’esodo.

 

La crisi spagnola e il punto del FT

 Il Financial Times si è espresso di recente sulla situazione della Spagna visto che la crisi che interessa questo paese sta assumendo delle proporzioni impossibili da gestire. L’Europa è preoccupata non solo per il profilo finanziario della Spagna ma anche per la sua politica e per l’aggravarsi delle condizioni sociali.

Secondo l’editorialista del Financial Times Rachman il problema della Spagna è che si tratta di un paese dove la modernizzazione ha fatto passi da gigante e basta osservare i treni ad alta velocità per farsi un’idea s riguardo. Quindi, se la Spagna non appartenesse all’Europa, probabilmente, non sarebbe nemmeno in crisi.

Madrid rinvia la questione deficit

La conclusione del giornalista è che il problema della Spagna è la moneta unica che fino a questo punto ha soltanto danneggiato i paesi periferici con l’economia in bilico come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e Cipro.

Record di disoccupati in Spagna

Peccato che la Spagna, rispetto ai paesi citati, sia molto più grande e rappresenti un punto di snodo cruciale per l’economia europea. I numeri, però, parlano chiaro. La disoccupazione ha raggiunto quota 26 per cento e se si approfondisce la situazione della disoccupazione giovanile la percentuale sale al 50%. E poi, come in tutti i paesi che maggiormente hanno assorbito la crisi, resta il problema della fragilità del settore creditizio.

Le risorse della Fornero per la Cassa Integrazione

 Il ministro Fornero ha già dato qualche numero sulla prossima cassa integrazione: ha intenzione di finanziare questo istituto con un altro miliardo di euro, una cifra indubbiamente insoddisfacente per mettere fine alla crisi del mondo del lavoro ma utile a tamponare le situazioni più urgenti.

Le parole esatte del ministro al Gr1 Rai sono “Se riuscissi a destinare al finanziamento della cassa integrazione un altro miliardo di euro potrei dirmi soddisfatta, anche se c’è il rischio che possa non essere ancora sufficiente”.

Sindacati uniti per chiedere al governo fondi per la cassa integrazione

La Fornero, in questo modo, ha deciso di rispondere all’allarme lanciato dalla leader della CGIL Susanna Camusso che spiega come siano in esaurimento le scorte previste per la cassa integrazione. La Fornero ha però specificato di non conoscere i tempi a disposizione del governo per il finanziamento della CIG quindi di non poter fare una stima sull’esaurimento delle risorse.

Susanna Camusso lancia allarme per mancanza fondi cassa integrazione

Di sicuro c’è meno tempo di quello previsto, anche se il Governo aspetta di conoscere i dati inviati dalle Regioni. Il problema non riguarda infatti soltanto l’esecutivo in carica che adesso sbriga l’ordinaria amministrazione, ma si deve sensibilizzare tutta la classe politica al problema.

Pre trovare le risorse necessarie, qualcuno pensa già ad una manovra finanziaria aggiuntiva ed altri sperano in un decreto dell’ultima ora per gli ammortizzatori sociali. L’atteggiamento delle parti sociali resta molto critico.