Intesa Sanpaolo si accorda sugli esuberi

 Il 20 marzo scoro la banca Intesa Sanpaolo aveva annunciato un accordo relativo all’uscita dalla banca di un buon numero di lavoratori appartenenti a diverse società del gruppo. In un primo momento però si era parlato di compensazione tra pensionamenti e nuove assunzioni, infatti si era detto che ci sarebbero stati subito 70 pensionati e altrettanti “ingaggi”.

Intesa Sanpaolo chiude il bilancio con buoni risultati

Intesa Sanpaolo, in questo momento, sembra aver trovato un accordo con i sindacati per cui sono stati definiti ben 600 esuberi ed è stato deciso di chiudere una società del gruppo. Secondo alcune fonti vicine ai sindacati, gli esuberi saranno incentivati economicamente sulla via del pensionamento. Altri, invece, potranno accedere al fondo del settore previsto per la banca.

Banche in crisi si torna a parlare di esuberi

Ci sarà spazio comunque per le 70 assunzioni già indicate dall’istituto di credito, si tratterà di contratti a tempo determinato.

L’accordo descritto è stato firmato a Roma da Fabi, Fiba-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Dircredito, Sinfub, Uglcredito insieme ad una delegazione della banca. La procedura in oggetto è stata avviata il 20 marzo scorso ma è stata discussa anche nel 2012, anno in cui si parlava della scissione di Ibiis, della Banca Instrastrutture Innovazione e Sviluppo e di varie altre scissioni.

Firmato il decreto per incentivare l’occupazione femminile

 Un primo passo verso l‘attuazione delle norme previste dalla tanto discussa riforma del mercato del lavoro voluta dal ministro uscente Elsa Fornero e da tutto il governo tecnico è stato fatto questa mattina con la firma che la titolare del welfare ha apposto sul decreto attuativo della norma per l’incentivazione dell’occupazione femminile.

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Un provvedimento che si spera possa dare frutti migliori rispetto gli altri contenuti in questa riforma la quale, come ha evidenziato il Ministro Giarda, è una delle meno attuate, con solo 4 provvedimenti su 22 che hanno visto la luce.

Nello specifico questo provvedimento per l’occupazione femminile prevede che – a partire dal 1° gennaio 2013 – i datori di lavoro che assumono donne disoccupate in settori produttivi caratterizzati, negli assetti occupazionali, da rilevanti disparità di genere, possano beneficiare di una riduzione dei contributi dovuti nella misura del 50 per cento per la durata di 12 mesi (con possibilità di prolungare la durata stessa del beneficio fino al diciottesimo mese in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato).

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Ma il ministro Fornero non sembra essere pienamente soddisfatta, anzi. Come politica, ha dichiarato, di essere particolarmente frustrata dall’attuale situazione italiana e di continuare a lavorare solo perché fedele al capo dello Stato che, giorni fa, nonostante lo stallo politico attuale, ha dichiarato che un governo ancora c’è e che può continuare a lavorare.

 

Aumenta il numero degli scoraggiati

 Scoraggiati. Persone che hanno cercato lavoro e che, dopo l’ennesimo buco nell’acqua, hanno deciso di interrompere la ricerca. Un esercito di persone che non accenna a diminuire, anzi, come mostrano i dati pubblicati dall’Ansa, questo esercito ha visto costantemente ingrossare le sue fila.

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A soffrire di più della cronica mancanza di occupazione sono le persone gli over 34, un milione e 150 mila circa su un totale di 1,6 milioni di scoraggiati registrati nel 2012.

La classe degli scoraggiati rientra, solitamente, nella più ampia categoria degli inattivi, le persone, cioè, che non hanno un lavoro e non studiano – per questo in questa categoria rientrano anche le casalinghe e i pensionati – ma è necessario fare un distinguo: infatti, se gli inattivi sono diminuiti del 3,9% nell’ultimo anno, gli scoraggiati, che non cercano lavoro in quanto convinti di non riuscire a trovarlo, sono aumentati del 5,3%.

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Nello specifico sono le fasce di età più alte ad essere interessate dal fenomeno. Aumentano del 13,3% gli scoraggiati con età compresa tra 45 e i 54 anni e del 23,1% quelli tra i 55 e i 64 anni. Differenti anche le percentuali che riguardano il genere: le donne scoraggiate superano quota un milione (1 milione 96 mila), in aumento dell’8,6% su base annua.

Rivalutata la funzione dei buoni locali, gli Scec

 Dietro l’acronimo SCEC c’è un mondo, c’è un progetto nato a Napoli nel 2008 e portato avanti dall’associazione Arcipelago SCEC.

In questa associazione confluiscono persone diverse che sia a livello di formazione, sia a livello culturale, appartengono a gruppi differenti ma hanno tutti messo a disposizione del progetto la loro caratteristica rilevante.

Draghi fa il quadro della situazione monetaria UE

Arcipelago ha deciso di partire con il suo progetto affrontando i temi caldi della società, quindi ha deciso di partire dal contesto economico e in particolare dalla moneta. La convinzione è che la questione monetaria sia in grado di dividere i cittadini.

Vademecum dell’Inps sull’utilizzo dei buoni lavoro

Da lì l’idea di dotarsi di una propria moneta, lo SCEC che ha come obiettivo quello di ridare valore alle comunità di persone ancor prima alle persone stesse. Anche in questo caso siamo di fronte ad un acronimo visto che SCEC sta per Solidarietà ChE Cammina. In pratica è uno sconto di cui possono usufruire i cittadini che vogliono riconoscersi negli scambi economci di beni e servizi.

Chi si associa ad Arcipelago decide autonomamente di offrire uno sconto su prodotti e servizi, la riduzione del prezzo varia in termini percentuali dal 5 al 30 per cento. Lo SCEC, è importante ricordarlo, può essere usato soltanto insieme agli euro e serve per favorire le produzioni locali.

I giovani scappano dall’Italia

 Da tanto tempo nel nostro paese si parla di fuga di cervelli, ma i dati che ha trasmesso l’Aire (Anagrafe della popolazione Italiana Residente all’Estero) mostrano come il fenomeno si stia allargando a macchia d’olio e non sono più solo i ricercatori ad andarsene dal paese in cerca di un futuro migliore, ma una grande fetta della popolazione giovanile.
► Fuga di cervelli triplicata in dieci anni

Durante lo scorso anno il numero degli italiani che decide di lasciare il proprio paese è cresciuto del 30% rispetto al 2011. A scegliere la via dell’emigrazione sono più gli uomini che le donne e il paese di destinazione prediletto è la Germania.

Nello specifico, durante il 2012 i cittadini italiani che hanno scelto l’emigrazione sono stati 78.941, contro i 60.635 del 2011, con una percentuale del 56% di uomini e del 44% di donne e una maggiore concentrazione di migranti nella fascia di età tra i 20 e i 40 anni (il 44,8% del totale).

In proporzione la regione che ha visto il maggior numero di espatri è stata la Lombardia (13.156 persone), seguita dal Veneto (7456), dalla Sicilia (7003), Piemonte, Lazio (5952), Campania (5240), Emilia Romagna (5030), Calabria (4813), Puglia  (3978) e Toscana (3887).

► Work in Progress: il rapporto dei giovani italiani con il lavoro

Le mete di destinazione più scelte sono state Germania (10.520), Svizzera (8906), Gran Bretagna (7520), Francia (7024), Argentina (6404), USA (5210), Brasile (4506), Spagna (3748), Belgio (2317) e Australia (1683).

Il dramma del lavoro in Italia: 1 milione di licenziati nel 2012

 A tracciare il quadro di questa drammatica realtà del mondo del lavoro sono i dati che emergono dal sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro. Dati che parlano fin troppo chiaro: nel 2012 il numero dei licenziamenti è stato superiore al milione (1.027.462) facendolo aumentare del 13,9% rispetto all’anno precedente (nel 2011 i licenziamenti sono stati 901.796.

 Record di licenziamenti per il 2012

Il momento peggiore è stato l’ultimo trimestre dell’anno, quando i licenziamenti sono stati 329.259 in un aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011. Un dato molto pesante che si aggiunge alla già difficile situazione emersa dai dati che hanno fatto registrare 10,2 milioni attivazioni di rapporti di lavoro contro i 10,4 milioni di rapporti cessati tra dimissioni, pensionamenti, scadenze di contratti e licenziamenti.

Oltre al dato sui licenziamenti, c’è da notare, sull’altro fronte, la costante diminuzione delle assunzioni: poco più di 1,6 milioni (1.610.779) solo nell’ultima parte del 2012, che segna, quindi, un -8,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ad essere sempre più esclusi dal mondo del lavoro i giovani con un -13,9% tra i 15-24enni e un -10,9% nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni.

► Linee guida per la contribuzione Aspi per i licenziati

Si registra, comunque, un piccolo aumento delle assunzioni dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni (+0,4%) e un aumento del 7,6% tra i lavoratori con età superiore ai 65 anni.

 

Work in Progress: il rapporto dei giovani italiani con il lavoro

 Anche se i recenti dati sulla disoccupazione in Italia mostrano come sia in calo il numero dei senza lavoro, resta comunque il fatto che molti giovani italiani, quelli che sono nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, non hanno trovato un’occupazione. Il sondaggio condotto dal Centro di ricerche sociali sul lavoro e le nuove forme di occupazione, dal titolo “Work in Progress“, dà una chiara idea di come i giovani italiani cerchino di rapportarsi a questa drammatica situazione.

► Rapporto Istat disoccupazione: record di dottori senza lavoro

Il sondaggio è stato realizzato su un campione di 800 giovani tra i 18 e i 35 anni, il 66% dei quali in possesso di una laurea di secondo livello. Il dato che balza subito all’attenzione è la grande percentuale di giovani che sarebbero disposti anche a lasciare l’Italia pur di avere un’occupazione: sono il 64% del totale e il 37% ha già intrapreso la strada dell’emigrazione inviando il proprio curriculum all’estero.

A dispetto di quanto ha detto il Ministro Fornero i ragazzi italiani non sono né choosy né legati al lavoro a tempo indeterminato: la maggior parte di loro è disposta ad essere flessibile, sottopagato (25%), a lavorare anche se non sono rispettati i termini del contratto, o comunque ad accettare l’abuso di un contratto atipico (12%) e a mettere da parte la propria integrità morale (2%).

► Le piccole imprese bocciano la Riforma Fornero

Rimanendo in tema Fornero: per il 57,6% del campione la riforma Fornero ha peggiorato la situazione, ha aumentato i costi per le imprese e il precariato per i lavoratori.

 

Scende la disoccupazione ma l’Italia non convince

 La disoccupazione è scesa all’11,6 per cento. Lo dicono gli ultimi dati disponibili in relazione all’Italia ma anche in Europa la condizione degli occupati sembra essere migliorata, nonostante la crisi. Eppure il Vecchio Continente non convince gli investitori.

La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

I cittadini italiani senza lavoro sono in leggero calo ma il limite, la soglia dei 3 milioni di disoccupati è veramente ad un passo. Rispetto a febbraio 2012, tra l’altro, nello stesso mese del 2013, il numero dei disoccupati è cresciuto del 15,6 per cento. Il problema più urgente da risolvere per il nuovo governo sono senz’altro i ragazzi disoccupati, quelli che hanno un’età compresa tra 15 e 24 anni.

Le donne al Sud lavorano meno

Per quanto riguarda l’occupazione, sembra che gli occupati siano 22,7 milioni e siano anche in crescita dello 0,2 per cento rispetto a gennaio. Se poi si prendono in esame i dati europei, si scopre allora che il livello di disoccupazione è stato confermato al 12 per cento.

Gli occupati a febbraio sono poco più di 22,5 milioni e rispetto a gennaio sono in leggero aumento (+0,2%) anche se ad essere occupate sono state principalmente le donne. Su base annua però l’occupazione è in calo di 0,5 punti percentuali e il calo interessa sia la componente maschile che quella femminile della forza lavoro.

Cosa è imponibile nella cessione d’azienda

 Le imprese, per quanto siano in affanno, in questo periodo di crisi, rappresentano comunque il tessuto economico e commerciale italiano. Per questo è importante che la fiscalità a loro carico sia orientata ai criteri di chiarezze e semplicità.

Di recente, una sentenza della Corte di Cassazione è tornata sul tema della cessione del ramo d’azienda che in genere può dare problemi riguardo beni imponibili, perdite economiche e quant’altro.

UNICO 2013 PF: beni aziendali concessi e acconti

Nella sentenza numero 6936 del 20 marzo 2013 la Corte di Cassazione ha spiegato il “caso particolare” della cessione d’azienda di una concessionaria di veicoli: nel caso in cui ci sia l’acquisto di un ramo d’azienda da parte di una concessionario automobilistica, le vetture che sono presenti nella struttura e sono iscritte al PRA devono essere considerate nella base imponibile per il calcolo della cosiddetta imposta di registro.

Come si tassa la rendita legata ad una cessione

La precisazione, come al solito, nasce da un caso pratico: l’imposta di registro versata all’Erario per l’acquisto di un ramo d’azienda da parte di una concessionaria, era stato chiesto indietro ma questa operazione ha dato il via ad una serie di ricorsi fino a che la Cassazione ha accolto l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate che dice: “il trasferimento del ramo di azienda non aveva come fine ultimo il mero trasferimento dei veicoli, bensì del complesso di beni funzionalmente destinati ad uno scopo economico unitario, come strumento dell’attività imprenditoriale”.

tati dai contribuenti e sono finalizzati allo svolgimento dell’attività professionale.

 

Guida alla normativa sui tirocini retribuiti

 La nuova normativa sui tirocini retribuiti, voluta dal Ministro Fornero con l’obiettivo di evitare che gli stage aziendali si trasformassero, come spesso accaduto, in forme di lavoro gratuito alle quali i giovani erano costretti a sottostare per poter entrare nel mondo del lavoro, è entrata in vigore con la legge n. 92/2012, alla quale ha fatto seguito la firma del documento Linee guida in materia di tirocini tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, che contiene tutte le delucidazione del caso.

Cerchiamo di capire come si sono trasformati tirocini e stage con la nuova normativa.

► Proibiti alle aziende gli stage gratuiti

Le regole di base sugli stage retribuiti

Prima di entrare nel vivo del discorso sulla nuova normativa riguardante stage e tirocini, prendiamo in esame i primi vincoli che sono stati imposti alle aziende che vogliono assumere uno stagista o un tirocinante:

1. Partendo dal presupposto che stage e tirocini no possono più essere gratuiti, ad ogni assunto con questa tipologia di contratto deve essere assicurata un’indennità minima di 300 euro.

2. Il tirocinio e lo stage hanno lo scopo di formare e preparare i giovani al lavoro, quindi non è possibile impiegare tali assunti per attività che non prevedono formazione.

3. I tirocinanti e gli stagisti non possono sostituire lavoratori in malattia, maternità o ferie.

4. I tirocinanti non possono essere impiegati come lavoratori in periodi di particolare attività.

Le nuove tipologie di stage

Le Linee guida in materia di tirocini prevedono solo tre tipologie di stage:

1. Stage formativi e di orientamento

Sono stage che possono essere svolti da giovani che hanno conseguito il titolo di studio da non più di 12 mesi e hanno lo scopo di formare ed orientare i giovani alla scelta del lavoro che vorranno fare dopo la scuola; Hanno una durata massima di 6 mesi (comprese eventuali proroghe).

2. Stage di inserimento o reinserimento

Sono dei percorsi di recupero aziendale dedicati ai lavoratori in mobilità o comunque beneficiari di ammortizzatori sociali; hanno durata massima di 12 mesi (comprese eventuali proroghe).

3. Stage di orientamento e formazione o di inserimento/reinserimento

Periodi di formazione/lavoro dedicati a persone svantaggiate o con disabilità, richiedenti asilo politico o titolari di protezione internazionale. Nel primo caso possono avere durata massima di 12 mesi, in caso si persone con disabilità la durata massima è di 24 mesi.

► Stage: solo uno su dieci si trasforma in lavoro

L’indennità di partecipazione allo stage

La nuova normativa prevede che ad ogni stagista o tirocinante venga corrisposta una indennità di partecipazione, una sorta di stipendio, nella misura minima di 300 euro lordi al mese.

L’indennità di partecipazione non deve essere corrisposta in caso di stage inserimento o di reinserimento, in quanto gli stagisti sono già fruitori degli ammortizzatori sociali.

Quali garanzie sono previste per gli stagisti?

Agli stagisti deve essere assicurata, da parte del soggetto promotore, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro presso l’INAIL, salvo diverse disposizioni previste dalle varie convenzioni, oltre alla responsabilità civile verso i terzi attraverso compagnia assicuratrice.

I dettagli del contratto di stage o tirocinio

Il contratto di stage o tirocinio è una convenzione tra le due parti interessate (soggetto promotore e stagista o tirocinante) che deve essere corredato da tutte le informazioni  su: dati anagrafici dei soggetti coinvolti, descrizione del tirocinio, descrizione del progetto formativo, diritti e doveri delle parti;

Inoltre le Linee guida in materia di tirocini prevedono che allo stagista sia assegnato un tutor o un referente, come responsabile del suo percorso di formazione che faccia una continuata attività di monitoraggio e, al termine del periodo di formazione deve essere redatto un documento che valuti l’esperienza dello stagista, al quale deve essere anche consegnato un attestato dell’attività svolta e delle competenze acquisite.

Possibilità di interruzione e sospensione dello stage

Il tirocinante olio stagista può chiedere una sospensione della sua attività di formazione per maternità o lunga malattia (rientrano nella categoria lunga malattia le assenze che superino per durata un terzo del tirocinio). I giorni di assenza non saranno conteggiati nella durata complessiva del tirocinio.

Limitazioni al numero di stagisti

Il numero di stagisti che un soggetto ospitante può assumere variano in base al numero di dipendenti delle sue unità operative:

– 5 dipendenti: 1 stagista

– 6/20 dipendenti: 2 tirocinanti

– oltre 21 dipendenti: il numero dei tirocinanti non potrà superare il 10% del numero dei dipendenti.

► Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

Quali tipologie di formazione non rientrano nelle Linee guida in materia di tirocini

Non rientrano nelle normative dettate dalle Linee guida in materia di tirocini i seguenti periodi formativi:

1. tirocini curriculari universitari;
2. periodi di pratica professionale (anche quelli per l’ingresso nelle professione che prevedono l’iscrizione all’albo o all’ordine);
3. tirocini transnazionali
4. tirocini per soggetti extracomunitari se previsti all’interno delle quote di ingresso;
5. tirocini estivi.

Per tutti dettagli consultare il testo dell’ Accordo e Linee guida sui tirocini.