I dati del rapporto Noi Italia dell’Istat

 L’Istat ha pubblicato il rapporto Noi Italia, uno studio approfondito sulla situazione delle famiglie italiane. I dati che ci sono stati restituiti sono davvero allarmanti: il tasso di persone che possono essere considerate povere e continua a crescere il numero dei disoccupati; i tagli alla spesa pubblica si fanno sentire soprattutto nel settore della sanità, portando le famiglie a dover spendere cifre sempre maggiori per l’assistenza.

Ma non solo, dal rapporto emerge che la situazione italiana è difficile sotto tutti i punti di vista. Di seguito i dettagli de Noi Italia.

Lavoro

I dati relativi al 2011 parlano di un tasso di occupazione pari al 61,2% della popolazione di 20-64 anni, appena un decimo in più dell’anno precedente, il che fa  scendere l’Italia al terzultimo posto dei paesi europei in quanto a numero do occupati, lasciandosi dietro solo la Grecia e l’Ungheria.

Inoltre, sono aumentati notevolmente i disoccupati di lungo corso (più di 12 mesi) che sono arrivati ai livelli di dieci anni fa. Anche il numero degli inattivi va crescendo: nel 2011 il tasso di inattività nella popolazione tra i 15 e i 64 anni è stato del 37,8%, contro una media europea pari al 28,8%.

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Povertà

Si può parlare di povertà ancora nel 2013? Si può, anche in Italia, dove le famiglie in condizioni di povertà relativa sono l’11,1%, per un totale di 8,2 milioni di individui, e quelle in condizioni di povertà assoluta sono il 5,2% (3,4 milioni di individui).

Spese sanitarie

La spesa sanitaria pubblica è di circa 112 miliardi di euro, nettamente inferiore ai dati che arrivano dagli altri paesi europei, con una media di 1.842 euro annui per abitante, con una netta divisione tra nord e sud del paese, dove le quote spese per la sanità ogni anno sono rispettivamente 1.163 euro e 909 euro.

Il debito della sanità pubblica

Scuola e formazione

Ecco un altro grande problema per l’Italia: l’abbandono scolastico. Il 18,2% dei giovani con età compresa tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola prima del diploma (la media europea è del 13,5%) con una maggiore concentrazione di giovani che non portano a termine i loro percorso formativo in Sicilia e in Sardegna.

Criminalità

Altra faccia della povertà: il tasso di criminalità nel nostro paese è in leggero aumento, anche se, almeno in questo caso, il numero di omicidi volontari è sotto alla media europea. Lo stesso non si può dire, però, per le rapine e i furti che sono in continua crescita (nel 2011 sono stati denunciati alle autorità oltre 40 mila, pari a 66,8 ogni 100 mila abitanti) con un aumento del 10,2% rispetto all’anno precedente.

Immigrazione 

L’Italia non è più l’Eldorado e i migranti scelgono altre destinazioni, dove la situazione economica e, quindi, le possibilità di un futuro sono più rosee. Anche se il numero degli stranieri regolarmente registrato sul territorio italiano è salito di circa 100 mila (per un totale di 3 milioni e 600 mila stranieri regolari), tra il 2010 e il 2011 si è registrato un brusco calo degli arrivi (quasi il 40% in meno).

I migranti hanno contribuito anche a compensare -almeno in parte- il saldo demografico dell’Italia, che rimane, comunque, un paese in cui la proporzione tra anziani e giovani è di 147 contro 100.

Crescono le imprese individuali con titolare straniero

Differenti effetti della crisi tra nord e sud del paese

Le condizioni economiche e sociali della popolazione e delle imprese italiane continua a manifestare la dicotomia che da sempre esiste tra il nord e il sud della penisola. Un divario che la crisi ha contribuito ad allargare, soprattutto perché in questo ultimo periodo le imprese che hanno risentito di meno della crisi sono quelle che producono per l’estero, per la maggior parte presenti nelle regioni del nordi Italia, mentre le aziende specializzate nella produzione di merce per il mercato interno, localizzate principalmente al sud, hanno avuto un tasso di mortalità molto più alto, con una conseguente perdita maggiore di posti di lavoro.

 

 

Su Pomigliano il giudice dà ragione alla Fiat

 È stato respinto dal Tribunale di Roma il ricorso della Fiom contro il licenziamento dei 19 operai dell’impianto di Pomigliano. Ancora non c’è il provvedimento esecutivo e il giudice Elena Boghetich ha sentenziato che è

necessario attendere il provvedimento finale, che rappresenta l’esito di una sequenza di fasi a valenza interna. La valutazione del pregiudizio richiede che il momento perfezionativo dell’atto sia compiuto.

Due anni di CIG per la Fiat di Melfi

L’accordo tra la Fiat e i sindacati sulle procedure della messa in mobilità dei 19 lavoratori, secondo la legge 223 del 1991, non c’è stato e la Fiat deve decidere cosa fare entro 120 giorni. Senza un accordo tra le parti il riferimento è la legge 223 del 1991 che individua i lavoratori da licenziare. I sindacati hanno però affermato che in questo modo si penalizzerebbero i dipendenti con minore anzianità aziendale che non avrebbero l’indennità di mobilità e nemmeno altri ammortizzatori sociali. I lavoratori da licenziare sarebbero quindi i neoassunti che hanno la tessera Fiom.

Fiat riassorbirà tutti i dipendenti in quattro anni

La Fiom si riferisce alla sentenza del 21 giugno del Tribunale di Roma che ha rilevato una discriminazione a carico dei dipendenti iscritti alla Fiom. Il Tribunale di Roma disposto l’obbligo di avere l’8,75% di assunzione future tra gli iscritti al sindacato delle tute blu della Cgil. Il 9 ottobre la Corte di appello di Roma disposto per la Fiat l’assunzione entro 180 giorni di 126 iscritti alla Fiom oltre a 19 lavoratori che dovevano essere individuati sempre dalla Fiom.

Impegni Fiat per l’Italia

A fine ottobre la Fiat ha iniziato le procedure di licenziamento collettivo per 19 lavoratori a causa delle difficoltà economiche e dopo circa un mese ha assunto i 19 dipendenti Fiom. La sentenza del Tribunale di Roma dice che deve essere mantenuta una determinata percentuale di iscritti alla Fiom nell’ambito dell’organico complessivo.

Modalità di utilizzo, scadenze e sanzioni per i voucher lavoro occasionale

 La riforma del lavoro ha portato degli importanti cambiamenti per quanto riguarda l’utilizzo dei buoni lavoro voucher, lo strumento di pagamento utilizzato per retribuire i lavoratori occasionale con collaborazione di tipo accessorio, che, per essere validi, dovranno essere orari, numerati progressivamente e datati e utilizzati al massimo entra 30 giorni dall’acquisto.

Tutto ha inizio con la riforma del lavoro accessorio arrivata con la legge n. 92 del 2012. Secondo la nuova normativa, a partire dal 18 luglio 2012 in poi, salvo alcuni casi specifici, il lavoro occasionale di tipo accessorio potrà essere utilizzato per tutti i tutti i settori produttivi, sempre che però sia rispettato il limite quantitativo previsto dalla riforma, di 5.000 euro di compenso sulla totalità dei committenti nel corso di un anno solare.

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Per chiarire ulteriormente la questione il Ministero del lavoro ha rilasciato una circolare, la n. 4 del 2013, con la quale si stabiliscono i limiti e le sanzioni per l’utilizzo dei voucher per il pagamento di questa tipologia di prestazioni.

Limiti e sanzioni per prestazioni che eccedono i 5.00 0 euro

Nel caso in cui, infatti, il datore di lavoro utilizzi voucher per una somma complessiva superiore al limite prefissato dei 5.000 euro (che si riducono a 2.000 se il committente è imprenditore commerciale e professionista), il lavoro svolto non potrà più essere considerato come accessorio ma sarà trasformato in rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato, con l’applicazione delle relative sanzioni civili e amministrative per il datore di lavoro che non ha rispettato il limite.

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Scadenza e sanzioni previste per l’utilizzo dei buoni voucher oltre il 30° giorno

Ulteriore novità per le scadenze dei voucher: oltre a dover essere orari, datati e numerati, i buoni lavoro dovranno essere utilizzati entro e non oltre il 30° giorno dal loro acquisto, termine oltre il quale scatta il lavoro nero, con le relative sanzioni, perché, come recita la circolare

la prestazione stessa sarà da ritenersi quale prestazione di fatto, non censita preventivamente e pertanto da considerarsi “in nero”.

Le sanzioni, in questo caso, partono da 1.500 euro per arrivare fino a 2.000 euro.

Sono due le interpretazioni possibili al limite di utilizzo dei buoni lavoro fissato al 30° giorno dalla data di acquisto. La prima considera i tempi di comunicazione per le imprese che devono dare preventivamente notifica dell’intenzione di utilizzare i voucher per il lavoro accessorio: la durata di trenta giorni permette una maggiore flessibilità nell’utilizzo del voucher, che sia in formato cartaceo o in quello telematico.

La seconda interpretazione, invece, è più restrittiva e

renderebbe assai difficile e oltremodo oneroso per il committente formalizzare preventivamente le singole giornate e le quantità di voucher da attribuire ad ogni lavoratore, in particolare in alcuni settori ove la effettuazione e la quantificazione della prestazione è condizionata da fattori esterni, anche di carattere climatico, di difficile prevedibilità.

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Limiti e sanzioni previste per durata della prestazione

La circolare n. 4/2013 prevede inoltre che il datore di lavoro può incorrere in sanzioni anche nel caso in cui la durata della prestazione resa dal dipendente occasionale sia eccedente il limite orario prefissato dai voucher. In questo caso, gli ispettori del ministero dovranno accertarsi dell’effettiva corrispondenza tra la quantità di ore lavorate dal dipendente e i buoni lavoro utilizzati per il pagamento.

 

 

Dati OCSE su occupazione

 A fianc0 dei dati Ilo sull’occupazione mondiale, sono stati pubblicati anche quelli elaborati dall’OCSE. Secondo l’Organizzazione il tasso di occupazione nel terzo trimestre del 2012 è rimasto stabile al  65% della popolazione attiva, con un lieve miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

A conferma di quanto detto dall’Ilo, anche per l’OCSE i problemi maggiori si riscontrano nella zona del vecchio continente, dove, anche se il tasso di occupazione è rimasto stabile rispetto al periodo precedente, è stato evidenziato un peggioramento pari a 0,4 punti percentuali rispetto al 2011. L’Italia è uno dei paesi in cui la situazione è peggiore: il 2012 ha fatto registrare il 56,8% di occupati, performance peggiore più bassa degli ultimi cinque anni (57% nel 2011, 56,9% nel 2010, 57,5% nel 2009 e 58,8% nel 2008).

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La situazione occupazionale, invece, sembra avere avuto un trend positivo per Stati Uniti e Giappone, con un tasso di occupazione rimasto stabile al 67,1% negli Usa e con un +0,3% di occupati in Giappone.

L’OCSE ha anche evidenziato come in tutto il mondo ci sia una forte disparità nell’occupazione tra uomini e donne: il tasso di occupazione per i primi si attesta, a livello globale, al 73,1%, mentre per le seconde si ferma al 57,1%.

Dati Ilo su occupazione mondiale

 Nel 2011 sembrava che i dati dell’occupazione mondiale fossero migliorati, ma, a guardare quanto emerge dal rapporto sui trend globali della disoccupazione negli ultimi anni elaborato dall’International Labour Organization, il trend positivo ha avuto una brusca frenata nel 2012.

L’Italia ha perso mezzo milione di posti di lavoro e sette punti di Pil

Il bilancio globale complessivo è di cinque milioni di posti di lavoro andati perduti nel quinquennio di crisi economica che l’economia mondiale sta ancora attraversando. La metà dei posti di lavoro sono andati perduti nelle economie avanzate, che solo nell’ultimo anno ne hanno persi circa 4 milioni.

Il fatto che la perdita di impiego si concentri nelle economie avanzate è un chiaro indicatore di come l’economia mondiale sia ormai totalmente interconnessa e, quindi, di come i problemi si possano contagiare velocemente da una realtà alla successiva.

Nuovi dati disoccupazione dalla UIL

L’Ilo mette in evidenza anche un peggioramento del trend occupazionale che si protrarrà anche per tutto l’anno in corso, con una ulteriore emorragia di posti di lavoro di 5,1 (si arriverà così ad un totale di 202 milioni di persone nel mondo senza un impiego) ai quali se ne dovranno aggiungere altri 3 milioni previsti per il 2014. Qual è la causa di tutto questo?

L’allarme dell’UE sulla povertà

Per l’Ilo ad incidere negativamente sulle possibilità occupazionali sono state le tante misure di austerity messe in campo da vari governi che, se da un lato hanno avuto il pregio di migliorare le condizioni finanziarie delle amministrazioni, dall’altro hanno portato ad una contrazione della domanda aggregata. Il problema è

l’incoerenza tra le politiche monetarie (accomodanti) e le politiche fiscali (restrittive) adottate in vari paesi e un approccio disorganico alla risoluzione dei problemi dei settore finanziario e del debito sovrano, specie in Europa, hanno contribuito ad aumentare l’incertezza dell’outlook globale.

 

Obblighi formativi e sanzioni per chi assume apprendisti

 Con l’apprendistato i giovani che vogliono imparare un mestiere hanno la possibilità di farlo senza smettere la loro formazione. Ma lo possono fare solo nel momento in cui i datori di lavoro danno loro questa possibilità, assumendosi il compito di formare il giovane al lavoro secondo le regole previste dai relativi contratti.

Le tipologie del nuovo apprendistato

Ma cosa succede se il datore di lavoro non rispetta gli obblighi di formazione del giovane apprendista?

Il ministero del Lavoro ha diramato in questi giorni una circolare (circolare 5/2013) con la quale si spiegano i provvedimenti per i datori di lavoro che non rispettano i contratti di apprendistato. Primo discrimine quello sulla responsabilità del datore di lavoro: la circolare chiarisce che non sempre la mancata formazione comporta una sanzione a suo carico (solitamente comminata con un pagamento maggiorato della contribuzione).

► Sgravi per gli apprendisti

Questo avverrà solo nel caso in cui la formazione del giovane apprendista non possa essere in alcun modo recuperata -in questi casi il datore di lavoro dovrà restituire la differenza tra i contributi agevolati dovuti per l’apprendistato e le aliquote normali dovute per l’ordinario rapporto subordinato con una maggiorazione pari al 100%- altrimenti al datore reo, in base a quanto scritto nel documento, viene preliminarmente inviato un invito formale direttamente dagli ispettori del lavoro per invitarlo a far recuperare il credito formativo dell’apprendista nel periodo di apprendistato rimanente.

► Nuove regole per apprendistato e contratti a termine

Inoltre la circolare definisce i limiti al numero di apprendisti che possono essere assunti da ogni azienda. Nel caso di azienda senza dipendenti specializzati il numero massimo di lavoratori che possono essere assunti con un contratto di apprendistato è 3, con la possibilità, comunque, di assumere apprendisti per il lavoro in affitto,ma solo se per questi lavoratori è previsto un contratto di somministrazione a tempo indeterminato.

Le tipologie del nuovo appendistato

 Con la riforma del lavoro entrata in vigore all’inizio dell’anno si è puntato molto sull’apprendistato, che è stato presentato come il modo migliore per i giovani per entrare a far parte del mondo del lavoro pur continuando la loro formazione.

Sgravi per gli apprendisti

Questo nuovo contratto viene applicato secondo le disposizioni contenute nei Contratti collettivi nazionali di lavoro  di ciascuna Regione, e può avere una durata che va dai sei mesi ai tre anni. In questo periodo di tempo il datore di lavoro è tenuto a garantire ciò che i contratti prevedono per la qualifica assegnata al giovane lavoratore.

Nuove regole per apprendistato e contratti a termine

Esistono tre tipologie di contratto di apprendistato:

1. apprendistato qualifica e per il diploma professionale: solo per apprendisti con età compresa tra i 15 e i 25 anni attraverso il quale viene rilasciata una qualifica o diploma professionale;

2. apprendistato  professionalizzante o contratto di mestiere: per giovani con età compresa tra 18 e 29 anni. Prevede l’assunzione del lavoratore e il rilascio, al termine del periodo di formazione di una qualifica professionale;

3. apprendistato di alta formazione e ricerca: applicabile per giovani di età compresa tra 18 e 29 anni. Prevede assunzione del lavoratore e conseguimento di diploma di scuola superiore, titolo universitario o dottorato di ricerca.

 

Nuova manovra per superare la crisi

Il ripristino delle normali operazioni di routine per quanto concerne i mercati rappresenta senza alcun dubbio il primo passo fondamentale da compiere se si vuole superare la crisi. La buona notizia è che l’Italia, in linea di massima, è apparentemente distanziata dalla cosiddetta fase acuta. La crisi, come ha evidenziato Ignazio Visco, può essere superata. Quando? Resta certo che il 2013 sarà ancora un anno molto difficile in termini di finanze dei contribuenti, i quali dovranno ancora soffrire molto dal punto di vista del pagamento delle imposte.

Occupazione

Sul fronte dell’occupazione, oltretutto, sarà molto difficile che le cose subiranno un miglioramento. Il motivo? In un primo momento, naturalmente, il ritorno della fiducia dei mercati ha bisogno di mesi e mesi prima di che  l’economia reale ne tragga nuovamente il giusto giovamente. Bisogna in altri termini un percorrere bel po’ di cammino che il mercato del credito che si trova ancora nella stretta del “grande freddo”, momento storico dell’economia così ribattezzato dai protagonisti principali, si sblocchi definitivamente.

Manca la Domanda

La questione è che c’è una grossa mancanza di un elemento di base, la domanda. Elemento in grado di far si che i motori dell’economia possano essere riaccesi al 100% e tornino ad essere funzionanti. Stiamo discutendo su quella che viene definita la domanda. In mancanza di alcuna domanda, nello specifico, in mancanza di una ripresa dei consumi, crollati da tempo a minimi storici, le imprese non possono riavviare i macchinari e avviare di conseguenza gli investimenti

Lavoro

Di conseguenza,  in assenza di tale fondamentale proiezione, l’occupazione non può certo giovarsi di un aumento considerevole. Tutt’altro, è appurato che quest’anno l’occupazione scenderà di un punto, mentre il tasso di disoccupazione salirà nel 2014 in prossimità di un picco che non si vedeva da anni, il 12%.

Il contratto a tempo indeterminato flessibile di Monti

 Mario Monti oggi è impegnato a Bergamo nella presentazione delle sua lista, per discutere i punti focali del suo programma elettorale. Il primo punto, quello ritenuto più importante, viste anche le tante polemiche dopo la riforma presentata dal suo ministro Fornero, è il lavoro

Nuovi dati disoccupazione dalla Uil

Per Mario Monti c’è bisogno di eliminare il precariato, la piaga che affligge la maggior parte dei giovani italiani, e ha intenzione di farlo con la presentazione di un nuovo contratto, del quale ha già pronta una bozza. Monti e i suoi candidati hanno intenzione di presentare un contratto a tempo indeterminato sperimentale che ha maggiore flessibilità e minori costi per il datore di lavoro, offrendo, in contemporanea, anche maggiori garanzie in caso di licenziamento.

Secondo la bozza in discussione nei primi due anni dopo l’assunzione, ogni datore di lavoro che ha assunto con questo contratto, ha il diritto di licenziare il lavoratore, semplicemente pagando un indennizzo di licenziamento proporzionale al periodo di impiego. Dopo i due anni sarà ancora possibile il licenziamento, a cui dovrà seguire, però, un crescente sussidio di disoccupazione.

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Inoltre al dipendente licenziato sarà offerto un servizio finalizzato al suo reimpiego che sarà finanziato dalle aziende e che, quindi, avranno tutto l’interesse a assumere i dipendenti rimasti senza lavoro.

Monti vuole abolire il Reddotometro

Particolare attenzione nella bozza del premier Monti per il nuovo contratto di lavoro, è stata dedicata anche ai giovani, per i quali è stato previsto  un Fondo opportunità, che inizia dal periodo scolastico e sarà proporzionale al merito, con il quale gli studenti meritevoli potranno finanziare percorsi di studio o formazione altrimenti inaccessibili.

Inoltre, il professore ha previsto anche delle agevolazioni fiscali per le imprese con un numero limitato di dipendenti, per i giovani imprenditori e per le donne.

Italia ha perso 7 punti di PIL e mezzo milione di posti di lavoro

 In questi anni dopo lo scoppio della crisi economica internazionale il nostro paese ha sofferto molto. Sono andati persi circa 567.000 posti di lavoro, la richiesta di cassa integrazione è aumentata di circa sette volte rispetto ai periodo precedenti. Questo è quanto emerge dei dati elaborati dall’Osservatorio della Cisl, ma tutte le maggiori istituzioni stanno esprimendo delle grandi preoccupazione e le stime ottimistiche secondo le quali nel corso del 2013 l’economa avrebbe iniziato a dare i primi segni di ripresa stanno scomparendo sotto la pressione dei dati che riguardano l’economia reale.

Nuovi dati disoccupazione dalla Uil

Anche il presidente dell’Istat Enrico Giovannini ha espresso delle forti preoccupazione e parla di un percorso ancora lungo e faticoso per riportare l’Italia alla performance del periodo pre-crisi, dovuto non solo alla sfavorevole congiuntura economica internazionale. In Italia, infatti, a peggiorare le condizioni ci sono anche le conseguenze di

un ventennio in cui e’ stato mangiato tutto quello che avevamo, per cui oggi il reddito pro capite e’ tornato ai livelli del ’93-’94.

Recessione europea 2013

Ed è proprio la questione occupazionale a dare le maggiori preoccupazioni. La Cisl ha confrontato i dati del 2012 su cassa integrazione e occupazione con quelli del 2008 e ne è emerso un quadro tutt’altri che roseo: nel 2012 il tasso di occupazione è del 56,9%, pari a 22.951.000 di occupati, mentre nel terzo trimestre del  2008 il tasso di occupazione era pari al 59%, corrispondente a 23.518.000 persone occupate, con una maggiore penalizzazione del commercio e delle zone dell’Italia centrale.

► Sondaggio Adecco sulla riforma del lavoro

La crisi occupazionale, secondo la Cisl , è dimostrata anche dalla riduzione del lavoro a tempo indeterminato, mentre crescono i dipendenti a termine e i collaboratori.