La produttività del lavoro cresce ma è sotto la media

 L’Istat ha pubblicato i dati sulla produttività del lavoro del 2011. Nel complesso si registra una crescita dello 0,4%, da suddividersi in produttività del lavoro e produttività del capitale.

La produttività del lavoro – che si calcola come valore aggiunto per ora lavorata – nel 2011 è crescita dello 0,3%, mentre la produttività del capitale – definita come rapporto tra il valore aggiunto e l’input di capitale – ha registrato un aumento dello 0,7%. Rapportando questi due fattori si ottiene la crescita nel valore aggiunto attribuibile al progresso tecnico, alla conoscenza e all’efficienza dei processi di produzione, pari allo 0,4% di cui sopra.

Anche se si tratta comunque di un dato positivo, se la produttività viene rapportata al periodo 1992-2011 si nota una leggera flessione: il totale della produttività si assesta nel periodo al +0,5%, come risultante dell’incremento del valore aggiunto (+1,1%) e della crescita media. La crescita di questo periodo è dovuta sia all’accumulazione di capitale e all’aumento della produttività totale dei fattori, tutte variabili che hanno mostrato un cedimento nel corso dell’anno passato.

 

Bilancio sociale dell’Inps: in Italia la situazione continua a peggiore

 La situazione sociale italiana è sull’orlo del collasso. A rivelarlo il bilancio sociale dell’Inps che più della metà dei pensionati percepisce una pensione al di sotto dei mille euro al mese (circa 7,2 milioni di persone).

Il 17% dei pensionati deve riuscire a vivere con una pensione che non arriva a toccare i 500 euro al mese, il 35% può contare su una somma compresa tra i 500 e i 1000 euro, il 24% tra i 1000 e i 1500 e solo il 2’9% ha reddito pensionistico che arriva a superare i 3000 euro mensili.

Ma non sono solo i pensionati a risentire di tagli e manovre. Anche i giovani under 30 sono una categoria che non ha grandi prospettive per il futuro, con una perdita dell’11,3% degli occupati nel settore privato tra il 2009 e il 2011. I giovani al di sotto dei 30 anni devono poi fare i conti anche con il crollo dei contratti di apprendistato: nel biennio 2009-2011 si è registrato un crollo del -14,6% per questa tipologia di contratto.

Anche l’occupazione delle donne ha subito dei profondi cambiamenti: le donne italiane tornano a fare le colf e si uniscono alla lunga fila di immigrati che da anni, ormai, erano molto presenti nel settore. Nel 2008 le domestiche e badanti di nazionalità italiana erano 119.936, fino ad arrivare a 134.037 nel 2009, 137.806 nel 2010 e 143.207 nel 2011 (23.000 in più in tre anni, circa il 20%).

Il nuovo esecutivo non cancellerà la riforma del lavoro

 Entro i primi mesi del prossimo anno un nuovo esecutivo salirà al governo e l’attuale compagine di tecnici che sta lavorando per risollevare le sorti dell’Italia tornerà alle precedenti occupazioni. In questo anno in cui è stato al potere il governo Monti ha messo a punto delle importanti manovre che stanno lentamente cambiando il volto del mondo del lavoro in Italia: alcune discusse e invise, altre attese e ben accette, ma comunque fondamentali.

E’ il Ministro del Welfare Elsa Fornero al convegno promosso da Confindustria Trento a parlare della riforma del lavoro, della sua importanza e del perché ciò che è stato fatto deve essere mantenuto.

La riforma del lavoro non sarà cancellata dal prossimo Governo: il Ministro Fornero sottolinea i vantaggi per la produttività e i giovani.

Io credo che il prossimo governo non farà a fette le mie riforme. Tornare indietro sarebbe un’operazione pericolosa e, in ogni caso, non lo permetteranno le condizioni esterne, né i prossimi decisori saranno così ”miopi” da farlo.

Ha detto la Fornero per quanto riguarda due punti fondamentali della riforma, quello della stabilizzazione finanziaria e dell’equità tra le generazioni. Il ministro ha poi continuato parlando di flessibilità in azienda:

La riforma ha introdotto un po’ più di stabilità, accompagnata da un po’ più di flessibilità, specie in alcune aree troppo protette. La riforma non punta ad una restrizione di flessibilità, ma ad un contrasto alla precarietà.

 

Indagine Confesercenti sulla tassazione

 Uno studio molto approfondito di Confesercenti offre una panoramica sulla tassazione operata nel nostro paese e in Europa, spiegando come l’Italia sia il posto più caro per i contribuenti. Ecco una breve presentazione dei risultati del rapporto.

Il primo dato interessante riguarda l’aumento netto dell’imposta calcolato nel periodo che fa dal 2001 al 2012, sembra infatti che sia stata una crescita di 9 miliardi di euro di tasse in più, mediamente, ogni anno, fino a raggiungere 103 miliardi di aumenti nell’intero periodo. 

L’incremento della tassazione è legato alla maggiore pressione fiscale introdotta progressivamente dalle manovre di finanza pubblica dalla fine del 2000 ad oggi. Il gettito complessivo è di 204 miliardi e la metà di questa quota arriva proprio dalle tasse.

Rispetto all’Europa, l’Italia è un paese molto caro, dove la pressione fiscale è cresciuta di 3,4 punti percentuali ed oggi il divario rispetto alla media UE è cresciuto fino a 5 punti. I dati ufficiali per il 2012 raccontano di una tassazione al 44,7 per cento, che vuol dire 2,2 punti in più rispetto a quanto abbiamo visto nel 2011.

In pratica, le tre manovre economiche, dalla metà del 2011 alla Legge di Stabilità, peseranno sulle tasche delle famiglie del Belpaese per ben 1450 euro. Confesercenti spiega che se l’Italia si allineasse con la tassazione all’Europa, ogni famiglia avrebbe in tasca circa 3400 euro in più ogni anno.

Il 2013 sarà un anno nero per gli statali

 Saranno i dipendenti pubblici a sentire la crisi economica e le manovre per il salvataggio dell’Italia. Il 2013 sarà infatti caratterizzato dal taglio di circa seimila dipendenti – 3.100 nei ministeri, 58 dirigenti di prima e seconda fascia e 140 impiegati negli enti di ricerca – e di quello delle buste paga, per le quali si prevede una perdita di circa 6000 mila euro in quattro anni.

Alla somma di questi, poi, vanno aggiunti altri 900 ‘tagliati’ che sono il risultato della legge 148 del 2011 che prevede la diminuzione dell’organico dell’Inail del 10%. Di questi 900 per ora sono effettivi solo 259, per i quali è stata predisposta la mobilità.

Ma le stime del totale effettivo delle persone che si ritroveranno senza lavoro o in cassa integrazione sono contrastanti. Per l’Inps, coloro che con l’anno nuovo si troveranno senza lavoro sono soltanto 2000, per i quali sarebbe già stata predisposta la sistemazione, tra pensionamenti, pre- pensionamenti e trasferimenti per circa l’80% del totale e solo il 20% saranno messi in mobilità.

Per quanto riguarda la perdita di potere d’acquisto delle buste paga delle PA, l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni ha stimato che la perdita è stata dello 0,2% rispetto al 2010, che si tradurranno in circa 240 lordi euro nel potere di acquisto entro la fine del 2014.

 

Scommettiamo sui dati dell’export italiano

 I dati dell’export italiano non fanno sicuramente piacere a quanti pensavano di far svoltare la propria attività incrementando le vendite all’estero. I numeri dell’ultimo periodo, infatti, sono deprimenti e per trovare un quadro altrettanto deprimente bisogna andare indietro fino all’inizio della crisi.

Questo non vuol dire che non si possa fare tesoro dei dati economici che riguardano il nostro paese che sono uno strumento fondamentale per chi si occupa ed investe i risparmi in opzioni binarie. In tal senso sono fondamentali i numeri precisi.

L’export italiano ha subito un calo tendenziale del 4,2 per cento a settembre e questo vuol dire che il trend si conferma al ribasso e il miraggio dell’uscita dal tunnel della crisi si allontana vistosamente. L’Italia fatica a rimettersi sul binario della crescita ma stavolta non dipende certo dalle forze nostrane.

Gli italiani producono e vogliono esportare ma è crollata la domanda dei mercati stranieri e soprattutto di quelli europei. Il dito è puntato contro la Germania che ha ridotto l’import dall’Italia del 10,3 per cento con una diminuzione mensile degli acquisti che in euro si traduce in 453 milioni.

Alla situazione tedesca si aggiunge la flessione degli acquisti di Francia e Spagna mentre fa respirare un po’ l’export verso il Regno Unito che si assesta al +1 per cento.

Niente fondi UE per il lavoro

 Da Bruxelles non arriveranno fondi destinati ai lavoratori. A dirlo è una nota della Commissione Bilancio del Parlamento Europeo: non è stato possibile approvarli perché il bilancio 2012 in cui erano previsti è ancora bloccato. In sostanza non ci sono le risorse per il 2012 e, se non verranno trovate, è impossibile sbloccare i fondi per il prossimo anno.

A farne le spese circa 5000 lavoratori (tra Italia, Spagna, Finlandia, Danimarca, Svezia, Romania e Austria) a cui dovevano essere destinati 25 milioni di euro di aiuti provenienti dal Fondo Ue di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Il FEG è stato creato con la prospettiva di dare sostegno e garanzie ai lavoratori che avrebbero perso il lavoro a causa degli adeguamenti strutturali derivanti dal commercio internazionale. La destinazione principali degli aiuti è in nuovi impieghi, formazione e sovvenzioni.

In particolare, al nostro paese spettavano 2.658.495 euro da destinare a 502 licenziati di dieci imprese produttrici di veicoli a due ruote nella regione Emilia-Romagna, produzione che è stata fortemente colpita dalla crisi e dalla crescita delle esportazioni provenienti dalle produzioni asiatiche.

Passera: Incentivi alle imprese artigiane

 Il ministro dello Sviluppo Economico si occupa delle imprese artigiane che sono una parte importante del tessuto economico del Belpaese e ricorda a tutti che ha pensato di aumentare la produttività del made in Italy attraverso finanziamenti del valore di 1,6 miliardi di euro.

Corrado Passera è intervenuto all’assemblea della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa ed ha provato a spiegare ai rappresentanti di categoria, il tessuto economico e finanziario su cui ha dovuto operare il governo Monti.

Secondo Passera siamo ad un passo dall’uscita dalla crisi e si può dire finalmente che la ricostruzione sia iniziata. Lo sforzo per rendere questo anno di transizione verso momenti migliori, un anno meno difficile, è stato di tutti. Anche per questo motivo è stato previsto un incentivo fiscale per le imprese artigiane.

Si tratta di un fondo mirato all’aumento della produttività degli artigiani. Ci sono a disposizione ben 1,6 miliardi di euro ma questa dotazione economica potrebbe ancora crescrere. Al momento sono stati congelati, perché inesistenti, i fondi per il finanziamento delle imrpese che investono nella ricerca, ma il settore resta prioritario per questo governo.

Il finanziamento per le imprese artigiane di produzione, nasce dalla considerazione che in 4 anni sono state chiuse ben 90 mila imprese che equivalgono ad una perdita di 250 mila posti di lavoro.

 

 

BCE su disoccupazione: dati stabili ma c’è ancora da fare

 Il bollettino di novembre della Banca Centrale Europea non parla solo della contrazione del Pil nell’Eurozona, ma anche dei dati riguardanti la disoccupazione e le misure che devono ancora essere prese al fine di rimettere in circolo forza lavoro e capitali tra i paesi dell’Unione.

Progressi evidenti sono stati compiuti nella correzione del costo del lavoro per unità di prodotto e degli squilibri delle partite correnti. Tuttavia occorrono ulteriori misure per accrescere la flessibilità e la mobilità nel mercato del lavoro in tutta l’area. Tali misure strutturali servirebbero a integrare e favorire il riequilibrio delle finanze pubbliche e la sostenibilità del debito.

Nella seconda metà dell’anno i dati riguardanti il tasso di disoccupazione hanno continuato a salire, per fermarsi a settembre sull’11,6%, il che vuol dire che c’è stato un incremento di 1,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Le perdite maggiori di posti di lavoro si sono registrate nell’industria e nei servizi.

Tra il primo e il secondo trimestre dell’anno, il numero di occupati è rimasto stabile, dopo tre trimestri di crescita negativa. Le ore lavorate sono invece diminuite ulteriormente dello 0,3% rispetto al trimestre precedente. A livello settoriale, si è registrato un calo congiunturale degli occupati nell’industria, specie nel settore delle costruzioni, mentre nei servizi l’occupazione è stata più stabile.

 

 

 


Rinnovabili: il mercato è in crisi

 Chi investe nelle opzioni binarie vuole essere sempre al corrente delle tendenze del mercato, vuole sapere se ci sono settori dell’economia che, più degli altri, stanno mostrando un’inaspettata vitalità. Oggi, sotto osservazione c’è il mercato delle energie rinnovabili.

Secondo una buona parte degli analisti, infatti, ancora scettici sulla diffusione massiccia di questo stile energetico, le energie rinnovabili stanno vivendo un momento di gloria ma è solo una bolla economica, come quella che interessato internet e l’ICT in generale all’inizio del 2000.

I toni euforici con cui sono state salutate le aziende che si occupano di energie rinnovabili, oggi, si sono attenuati per due motivi fondamentali: per lo stallo nella ricerca della green economy e per il taglio di tantissimi incentivi e sovvenzioni. 

Il legame con gli incentivi statali determina tra l’altro lo spostamento continuo verso terreni d’investimento più redditizi. Un caso emblematico è quello dell’azienda danese Vestas che si occupa di energia eolica.

L’azienda ha annunciato che presto taglierà ben 5 impianti di produzione localizzati nei paesi scandinavi. Ci saranno circa 3000 posti di lavoro vacanti e la possibilità di essere riallocati sì, ma altrove, in particolare in Spagna dove l’energia eolica è in espansione e dove, soprattutto lo stato prevede numerosi incentivi.